Anno | 2021 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Hong Kong |
Durata | 152 minuti |
Regia di | Kiwi Chow |
Uscita | giovedì 30 giugno 2022 |
Tag | Da vedere 2021 |
Distribuzione | Hongkongers |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,53 su 10 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 20 giugno 2022
Un'immersione nella realtà delle proteste di Hong Kong tra la repressione cinese e il crescente senso di comunità della popolazione. In Italia al Box Office Revolution of Our Times ha incassato 3,2 mila euro .
CONSIGLIATO SÌ
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Nel 2019, in seguito al varo di una legge sull'estradizione dei condannati dalla giustizia in Cina, Hong Kong insorge di nuovo, come nel 2015 quando l'Umbrella Movement mise in difficoltà il governo di Pechino. Orde di manifestanti occupano il quartiere di Central e raggiungono la cifra di due milioni di persone, più di un quarto della popolazione di Hong Kong. La strenua lotta a colpi di slogan, fionde e molotov contro i manganelli e i lacrimogeni della polizia si conclude con l'occupazione del Politecnico e l'arresto dei manifestanti. Ma le coscienze sono state risvegliate.
Dopo aver contribuito al fondamentale Ten Years, omnibus distopico sul futuro di Hong Kong a lungo osteggiato e proibito dal governo di Pechino, Kiwi Chow assembla un documentario che si pone come la testimonianza definitiva sui fatti del 2019 a Hong Kong.
152 minuti di durata per un film che racconta in modo diacronico le origini degli scontri, il loro sviluppo e la loro conclusione, avvalendosi di immagini straordinarie riprese dalla giornalista Gwyneth Ho o dalle Go-Pro fissate sui manifestanti stessi e delle testimonianze dei protagonisti, ora in clandestinità, in carcere oppure espatriati a Taiwan. In un montaggio di particolare pregnanza, Chow alterna le immagini della celebrazione dei 70 anni della Cina Popolare con i sanguinosi scontri che avvengono in contemporanea a Hong Kong, ricordando le tecniche del cinema sovietico.
Negli intervalli tra i momenti in cui prevale l'azione, Chow lascia spazio al dibattito tra i manifestanti, in cui emergono rimpianti e punti di vista differenti, specie sulla violenza o sul pacifismo. La disorganizzazione o l'ingenuità che talora emerge, sia negli atti che nelle parole, che spesso confondono rabbia e desiderio di giustizia, è un segno di spontaneità di rivoltosi prevalentemente giovani. Ma anche questa è una forma di protesta in tempi difficili, che non concedono spazio a troppi distinguo. Emblematico il caso del manifestante mascherato che ricorda i crimini comunisti della guerra civile, subiti dai suoi parenti, e cita - inconsapevolmente? - un passaggio di Mao Zedong per incitare alla speranza: "Anche una scintilla può incendiare una prateria".
La divisione tra manifestanti pacifici e Audaci, tipica di ogni rivolta, finisce per confondere sempre più la linea di demarcazione: i primi si sentono impotenti, i secondi trascinano il lato più passionale della rivolta ma finiscono per pagarne il prezzo. Ne emerge il ritratto di un fronte eterogeneo e diseguale, fatto di chi sventola la bandiera degli Stati Uniti e chi guarda soprattutto all'indipendenza di Hong Kong, accomunati da un clima oppressivo e dalla sensazione che senza un atto eclatante la situazione politica non potrà che peggiorare.
L'epilogo lamenta il fatto che gli adulti in larga parte non abbiano aderito alla possibile rivoluzione e che i capi del movimento abbiano dovuto scegliere tra la galera e l'esilio a Taiwan, ma la nota di chiusura è nel segno della speranza. Dopo una storia peculiare, che non ha mai permesso a Hong Kong di acquisire un'identità, sospesa tra il colonialismo britannico e un'appartenenza alla Cina di fatto solo linguistica ed etnica, ma mai storica e geografica, la generazione del Movimento è anche quella degli Hongkongers e di una possibile diaspora, che pone l'appartenenza a una città libera anche al di sopra della permanenza fisica a Hong Kong. Questa ritrovata "hongkonghesità" si riflette nella firma apposta al documentario, "Hongkongers", opera fondamentale per comprendere una situazione politica tutt'altro che definita e in continua evoluzione.
Tra documentari e film di fiction la competizione è più che mai viva. Anche perché mentre i primi crescono in tutti i sensi, i secondi scontano la più grande crisi (almeno in sala) della storia del cinema. In questo quadro acquista rilevante importanza la distribuzione del nuovo e sin troppo nutrito lavoro di Kiki Chow, una delle autrici dell'apprezzatissimo film a episodi "Ten Years" sul futuro di [...] Vai alla recensione »
Alzi la mano chi ha memoria, nell'inusuale contesto estivo del Festival di Cannes 2021, della presentazione di Revolution of Our Times di Kiwi Chow: nonostante tratti di un tema a dir poco attuale come le proteste messe in atto a Hong Kong a seguito della proposta di legge sull'estradizione dei cittadini locali verso la "Mainland China", il film fu presentato sulla Croisette in sordina, l'ultimo giorno, [...] Vai alla recensione »
Molte rivoluzioni sono rivoluzioni mancate. Alcune sono riuscite anche se (o proprio perché) sono rivoluzioni mancate. Nessuna, riuscita o meno che sia, somiglia a quella tentata dai giovani di Hong Kong nel 2019. Ce lo ricorda questo documentario minuzioso e travolgente che rievoca le diverse fasi della rivolta e l'umanità davvero nuova che le stava dietro.
La regina ha fatto di noi la perla dell'oriente. I comunisti l'hanno distrutta". Il cartello di un manifestante a Hong Kong spiega la posta in gioco. Gli accordi tra Cina e Gran Bretagna promettevano autonomia, e due sistemi giuridici separati. I cinesi non considerano il pezzo di carta vincolante, e presentano una proposta di legge per consentire l'estradizione tra i due paesi.
In occasione del venticinquesimo anniversario dell'epocale passaggio di sovranità di Hong Kong dal Regno Unito alla Cina, avvenuto il primo luglio 1997, arriva nelle sale "Revolution of our times" di Kiwi Chow. Un documentario imponente che in poco più di due ore e mezzo cerca di ripercorrere le proteste che nel 2019 animarono il piccolo territorio nel sud del gigante asiatico.
Il documentario di Kiwi Chow, presentato a Cannes, è il resoconto della battaglia per l'autonomia di Hong Kong che il governo cinese non vorrebbe mai farvi vedere. Usando un vero e proprio martellamento di materiale ripreso da webcam e droni, Revolution of our times copre sei mesi di proteste scoppiate nel 2019 dopo l'approvazione della legge che permette l'estradizione dei cittadini di Hong Kong in [...] Vai alla recensione »
Una rivoluzione del nostro tempo per resistere alla repressione del governo della Cina continentale. Il corposo documentario d'esordio di Kiwi Chow mostra i disordini ma soprattutto le rivolte degli hongkonghesi funzionali a riottenere l'indipendenza del porto profumato dal governo di Pechino. Una battaglia che va avanti, con diversi gradi d'intensità, dal 1997 quando l'ex colonia britannica si è trasformat [...] Vai alla recensione »
Hong Kong ha un clima subtropicale, e questo vuol dire che i giorni invernali sono miti e quelli estivi afosi, piovosi. Non è quindi insolito che le persone indossino impermeabili, può essere invece singolare se un impermeabile giallo precipita dal tetto di un centro commerciale. Giù un corpo riverso sull'asfalto, su uno striscione appeso: (Il capo esecutivo) Carrie Lam ha ucciso Hong Kong HK [...] Vai alla recensione »
Nel 2019 Hong Kong è stata sconquassata da un movimento di massa, fino a due milioni di persone, che ha protestato contro l'inesorabile scivolamento dell'ex colonia britannica dall'autonomia al pieno controllo di Pechino. Revolution of Our Times di Kiwi Chow è un imponente documentario di oltre due ore e mezza che racconta quelle settimane, di fatto smorzate dalla repressione poliziesca e dall'arrivo [...] Vai alla recensione »