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La politica degli autori: Brillante Mendoza

Il regista conteso dai più importanti festival internazionali.
di Mauro Gervasini

In foto Brillante Mendoza
Brillante Mendoza Altri nomi: (Dante Mendoza) (65 anni) 30 luglio 1960, San Fernando (California - USA) - Leone. Regista del film Captive.

mercoledì 20 febbraio 2013 - Approfondimenti

Il più sterile e ripetitivo dei dibattiti che pervadono il mondo del cinema è quello sui festival. Servono? A cosa servono? Per esempio a scoprire il cinema di Brillante Mendoza. Il regista filippino, classe 1960, sarebbe pressoché invisibile alle nostre latitudini se non fosse da anni conteso dalle manifestazioni internazionali (non solo occidentali: Lola ha vinto il Festival di Dubai nel 2009) dove spesso fa incetta di premi. Per oltre un lustro dal suo esordio (Masahista, 2005, in anteprima a Locarno) Mendoza è stato in Italia uno sconosciuto quasi totale, se si eccettua la nicchia di cinéphiles più radicali; persino recenti edizioni di celebri dizionari di film non citano neppure uno dei suoi titoli. Poi è arrivata la consacrazione ai più alti livelli, prima con il premio per la miglior regia nel 2009 a Cannes per Kinatay e poi con le partecipazioni alla Mostra di Venezia di Lola (2009) e Thy Womb (2012).

Nel frattempo, grazie alla risonanza internazionale i francesi coproducono Captive, presentato in concorso a Berlino nel 2012 e ora nelle sale anche italiane dal 21 febbraio (dopo l'anteprima web di lunedì 18 su MYMOVIESLIVE!, piattaforma sulla quale sarà nuovamente disponibile a partire dall'11 marzo). Ispirato a un episodio reale, Captive racconta di un gruppo di quindici occidentali rapiti e tenuti prigionieri per oltre un anno da una banda di guerriglieri islamici che vogliono ricattare i paesi di appartenenza degli ostaggi (in maggior parte turisti), tra i quali spicca Isabelle Huppert. Speriamo che Captive goda di una distribuzione decente e circoli nei cineforum, anche se lo spettacolo proposto non è decisamente da grande pubblico. Lo stile di Mendoza è unico: un impasto tra invenzione simbolica (il perenne movimento di rapitori e rapiti, l'immersione implacabile nella giungla più fitta, la violenza degli uomini contrapposta a quella inevitabile della natura) e narrazione ossessiva della realtà che trova il suo apice nella sequenza del parto, girata "in continuity". Poche concessioni allo spettacolo, anche se Mendoza assicura un coinvolgimento problematico, come se la realtà stessa e l'adesione maniacale ai suoi soggetti fossero in qualche modo "esclamative".

Funziona allo stesso modo il suo capolavoro, Kinatay (significa "massacro"), dove l'osservatore è tale anche nell'economia della finzione. Un giovane studente di criminologia frequenta per "motivi di studio" uno spacciatore di mezza tacca che però, una sera, lo coinvolge nello scempio di gruppo di una prostituta che ha cercato una volta di troppo di fregare i suoi papponi. La donna viene stuprata e poi letteralmente fatta a pezzi, con il ragazzo muto testimone ma anche partecipe, seppure meccanicamente (porta oggetti, cerca un body bag...). Una formazione "immorale" che dura lo spazio di una giornata: lo abbiamo conosciuto a inizio film allegro e pieno di energia lo lasciamo la mattina dopo devastato in una zona periferica di Manila pronto a essere di nuovo ingurgitato dal flusso delle cose. Particella elementare nel moto ininterrotto della città (anche in Lola, mentre in Captive è la foresta): ecco l'individuo di Mendoza, in bilico tra feroce allegoria e carnale verità. Come la protagonista di Thy Womb, tutto girato nella comunità di pescatori Bajau dove una donna, l'ostetrica del luogo, paradossalmente sterile, accetta il legame di convenienza del marito con una ragazza fertile. Seguendo un ritmo liquido (l'acqua e il mare sono gli elementi dominanti) Mendoza sfiora il documentario propriamente detto per lasciare che la narrazione aderisca perfettamente al flusso della vita, secondo un senso superiore non necessariamente laico. Alla religiosità di Mendoza andrebbe dedicato un capitolo a parte. Il regista oltretutto da qualche anno, con una troupe, gira i villaggi rurali filippini riprendendo il rito pasquale della Passione secondo le varie declinazioni popolari. Chissà che non sia la materia del suo prossimo film.

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