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Chabrol non gira più

È scomparso il maestro della Nouvelle Vague.
di Pino Farinotti

La scomparsa di un maestro

lunedì 13 settembre 2010 - Focus

La scomparsa di un maestro
Quando perdiamo un maestro è sempre un dolore. Soprattutto lo è in questa epoca dove i maestri sono rari e spesso occorre rifarsi a quelli "precedenti". Chabrol aveva ottant'anni, un'età che poteva essere ancora attiva, il suo ultimo film, Bellamy, è dello scorso anno. All'età di Chabrol Eastwood continua a fare film, così come De Oliveira che ha 102 anni. Chabrol era il modello di una certa cultura francese, vera, profonda, che poi diede corpo al famoso movimento che si chiama Nouvelle Vague.
Inserisco uno stralcio, opportuno, su questa corrente "C'era un gruppo di cinefili eleganti, colti, critici. Presero spunto dalla filosofia di André Bazin, uno che faceva testo. Il critico-storico del cinema fondò nel 1951 la rivista "Cahiers du Cinéma" intorno alla quale avrebbero agito Truffaut, Godard, Rohmer, Rivette, Chabrol, Resnais, divenuti poi registi, spina dorsale della Nouvelle Vague, appunto. Bazin teorizzò la qualità assoluta del cinema come arte, ponendo sullo stesso piano di nobiltà gli scrittori e i registi. Dunque veniva corretto il ruolo dell'autore di cinema. Non più un artigiano, magari un quasi-artista, al quale si affidava una storia col compito di trasformarla in film aderendo il più possibile alla sceneggiatura, senza metterci nulla di proprio; ma un vero auteur che poneva sul film oltre alla propria firma, la propria marca. Questo nuovo linguaggio poneva ai neoregisti una contraddizione da superare. Avevano visto tutti i film, non potevano non essere innamorati del cinema americano di qualità (Ford, Welles, l'Hitchcock "americano") eppure si applicarono per scardinare quei codici di racconto e di spettacolo universalmente accettati e amati. E come detto sopra, il cinema accolse quell'intelligenza, in attesa di ricollocarla storicamente, in nome dell'assunto che il cinema, alla fine, ama essere applicato solo a se stesso. E, alla fine, ciò che il tempo screma, l'essenziale che rimane, non è mai un esercizio stilistico magari intelligente e virtuoso, ma una storia ben raccontata. Nel linguaggio di quel cinema trovano spazio certe citazioni cinefile, appunto, e anche una ricerca realistica che non può non ispirarsi a quella italiana. Con una differenza: l'originale possedeva una verità riconosciuta, l'estetica di quei film viveva di luce propria. Ho detto più volte che ogni fotogramma di certi film di De Sica, Visconti, Rossellini sono piccoli capolavori "stralciati" di arte generale. I film dei francesi non possedevano quell'energia.

Il regista e le donne
Chabrol veniva dalla letteratura, dunque da una genetica che sarebbe stata la sua cultura e il suo destino. Innamorato di Hitchcock come tutti i suoi compagni si attenne alla regole del movimento senza però diventare dipendente di quelle regole. Detto in tutta semplicità, i suoi film mantengono una vedibilità maggiore rispetto alla media della Nouvelle vague. Il regista era interessato soprattutto alle donne. Raccontando di lui non si possono citare i titoli iniziali come Le beau Serge e I Cugini, ma il meglio di sé il regista lo diede nelle storie di donne, grazie anche alla ditta con Stephane Audran, una delle sue mogli. In Le biches – Le cerbiatte, il regista affrontò il tema dell'omosessualità, naturalmente con implicazioni alla Nouvelle vague, doppia e tripla ambiguità: la ricca che seduce la ragazzina, che si innamora di un uomo, la ricca che si vendica seducendo l'uomo e la ragazzina che si vendica uccidendo la ricca. Era il 1968. Il tema del mistero ambiguo della personalità femminile viene tradotto in un'altra opera importante, Stéphane, una moglie infedele, protagonista… sua moglie Audran. Importante è l'incontro successivo con Isabelle Huppert, un'attrice che per ambiguità, sessualità e mistero era perfetta per Chabrol. Ricordo un titolo fondamentale, perfetto per regista e attrice, Madame Bovary, dal capolavoro di Flaubert. La vicenda di Emma, moglie di un medico di campagna, donna curiosa e insoddisfatta, e dolente e alla fine suicida, era un richiamo perfetto per l'attitudine di Chabrol. Concludo come spesso mi succede quando scrivo di qualcuno che non c'è più. Ci mancherà Chabrol per intelligenza, talento e storia, ma soprattutto come garanzia. Lo verifichiamo continuamente lo stato del cinema attuale. Nelle grandi manifestazioni, come a Venezia, prevalgono titoli davvero molto, molto lontani da… un Chabrol.

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