L'estate addosso

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Una sfilata di incoerenza, follia e clichè Valutazione 2 stelle su cinque

di Paolo Salvaro


Feedback: 8581 | altri commenti e recensioni di Paolo Salvaro
giovedì 15 settembre 2016

Decimo film per Gabriele Muccino, il primo dei suoi che vedo e probabilmente avrei fatto meglio a girare al largo anche questa volta dalla sala in cui proiettavano il suo film;  questo non perchè la commedia romantica non mi piaccia, ma perchè la commedia romantica condita da drammi esistenziali forzati e gratuiti è quanto di più irritante che un cineasta possa creare.  Purtroppo, sembra essere proprio questo il genere in cui Muccino si muove più a suo agio.   Peccato che proponendo tali contenuti insieme senza sapere come gestirli, in definitiva Muccino finisce con l'ottenere un film che non è romantico, che non fa ridere e che (cosa ancora peggiore) non è nemmeno credibile nei drammi che tenta di proporre allo spettatore.   Ciò che si ottiene è un pesante guazzabuglio nel quale cercare, armati di piccone e con grande pazienza, le poche pietre preziose che consentono alla struttura del film di non crollare come un castello di carte.   

CONTIENE SPOILER!  

La storia è semplice:  un ragazzo vorrebbe andare in ferie ma non ha soldi;  fortunatamente un auto lo investe mentre sta guidando lo scooter e con i soldi intascati dall'assicurazione parte per l'America.  Per sua sfortuna parte con lui anche una sua compagna di classe con la quale non va molto d'accordo.  I due restano a vivere da una coppia di gay che si era precedentemente offerta di ospitarli.  Non succede più un cazzo, tornano a casa e finisce il film.   Ricollegandomi ad una dichiarazione fatta da Muccino durante un'intervista, a suo dire voleva fare un film piccolo che parlasse di un momento di scelte importanti.   Peccato che niente di quello che succede durante il viaggio che Marco e Maria compiono nel film è da intendersi come uno di quei lunghi percorsi di formazione che tante (troppe) volte il protagonista di un film compie, rendendosi conto di determinate cose, crescendo sotto certi aspetti e così via, ma bensì come una follia temporanea che citando Aldo, Giovanni e Giacomo, viene poi riposta nel cassetto "cazzate dell'esistenza"  da un po' tutti i personaggi, i quali addirittura non si rivedranno mai più.   

E qui mi torna in mente Y tu mamà tambien.  Non posso entrare nel dettaglio, altrimenti rovinerei quel film a chi non lo ha visto, ma posso spiegare perchè lo si può usare come metro di paragone in positivo rispetto a L'estate addosso: nel film di Cuaron la protagonista è di una forza, sensualità e carisma indescrivibili, diventa il vero cuore o nocciolo dell'intera storia ed è nel corso del viaggio legittimamente l'unico interesse amoroso dei protagonisti.  La protagonista nel film di Muccino, invece ....  è una merda.   Ma attenzione:  non è Matilda Lutz ad interpretarlo male, anzi la sua recitazione è una delle poche cose buone del film, è proprio il suo personaggio a far cagare.   Avete presente quelle ragazze giovani, intellettuali, occhialute, religiose, insicure, riservate e sulla carta pure cesse a pedali (interpretate però al cinema da attrici bellissime truccate come la nonna brutta di Dracula), ma che poi si scoprono essere solari, vivaci, ribelli e più attraenti di Jane Russell a 20 anni?   Ecco.  Lo hanno fatto di nuovo.  Di nuovo!   Ma non è solo questo:  il suo personaggio dovrebbe incarnare una normale diciottenne italiana, fornire per così dire un ritratto verosimile di una giovane odierna, così come fa il protagonista.  Il punto è che Maria è tutto fuorchè una comune ragazza italiana di diciotto anni appena uscita dal liceo, dato che parla fluentemente e con un accento invidiabile l'inglese.  Ma dove accidenti l'ha mai vista Muccino un'italiana di 18 anni che parla l'inglese come fosse una seconda lingua?  Ma se siamo talmente pieni di dialetti e parlate regionali da rasentare a mala pena l'italiano!  Come fai a prenderlo sul serio un personaggio così?   Maria sembra, anzi, è più a suo agio parlando in inglese che non in italiano, visto che è interpretata da un'attrice nata da padre americano e che ha studiato recitazione in america.  Non a caso Matilda Lutz dà il meglio di sè recitando in inglese, essendo stata formata da quella scuola.   Un paradosso assai fastidioso.    

Come da titolo ho individuato nell'incoerenza, nella follia e nei clichè i tre mali principali del film.
L' Incoerenza:  al personaggio di Maria basta una settimana per trasformarsi da rigida bigotta ad hippie incallita, ma il protagonista non è da meno: Marco parte odiandola e finisce con l'innamorarsi di lei senza apparente motivo.  Ovviamente una battuta del tipo "ogni buco è trincea quando ce l'hai duro"  sembrava poco romantica a Muccino, perciò ha dovuto infilarci per forza l'amore anche dove non c'era posto.   Oltre a ciò,  Marco prima si bomba un'americana rimorchiata in un bar e poi ha pure il coraggio di dare della puttana a Maria che ha fatto la stessa cosa con il tizio che ospitava entrambi a New York.  Sentivamo proprio il bisogno di un altro film che ci ricordasse come agli uomini è consentito scopare quanto vogliono mentre le donne sono obbligate a reprimere ogni pulsione occasionale.  Grande film sulla libertaaaà, grazie Muccino!   Poi, non dimentichiamoci di Matt, il gay finto etero o meglio l'etero finto gay, che prima molla la sua fidanzata  per seguire il suo nuovo amore nel viaggio attraverso l'America e poi rischia di mandare nuovamente tutto a puttane baciando Maria, una tizia che conosce da una manciata di giorni.  E qui il mio facepalm ha risuonato per tutto il cinema.   Vorrei citare anche il "tutto era così perfettamente imperfetto", ma sarebbe come sparare sulla croce rossa, per cui andiamo avanti.
  
La Follia:  Paul, il gay puro e duro  (nessun doppio senso),  molla un lavoro sicuro e stabile per dedicarsi ai cavalli.  Direi che ciò permette già di giustificare questo punto.  Cioè. sul serio?  Ti licenzi per andar dietro ai cavalli?  Ma vaffanculo, chiamami che ti rimpiazzo io!   Poi, giusto per non farci mancare niente, di colpo, dal nulla, viene sganciata la fatidica frase "la vita è troppo breve per non essere felici".   Eh, si.   Certo.   Aspetta, dammi un attimo che devo andare a raccogliere i coglioni che mi sono rotolati un paio di file più avanti.   Folle!   La vita è sofferenza!  E' la prima cosa, la prima che si impara!   Folle!   Esci da The Dreamers e ritorna nel tuo film  (che poi il film di Bertolucci aveva più di un suo perchè, essendo ambientato nella Francia del '68)!   Ma credo che comunque, la follia più grande sia sceneggiare una coppia di gay americani che in casa si ascoltano ... Jovanotti.   Folli!   Che ne è stato di Celine Dion?   Libertaaaaà! 

I Clichè:   Sono infiniti!  Abbiamo la coppia gay composta ovviamente da quello sicuro di sè, a suo agio con la propria sessualità fin da bambino,  e da quello che ha scoperto di essere gay grazie all'aiuto dell'altro.  Ormai è un must per qualunque regista che decide di trattare l'argomento.  Abbiamo la scena di sesso tra il protagonista ed il suo interesso amoroso, che si rivela però non essere nient'altro che un sogno.  Sul serio, lo ha fatto pure Ruffini.  Ruffini!  Non anche tu Muccini, no! Abbiamo lui e lei che inizialmente si detestano ma che poi finiscono per fare amicizia.  Non si sa perchè, ma se all'inizio di una commedia romantica due personaggi si stanno sul cazzo stai pur sicuro che prima della fine come minimo si tireranno un limone a vicenda.   Abbiamo lo straniero che parla bene del paese da cui proviene l'ospite e l'ospite che minimizza elencandone tutti i vari difetti.   Se sceneggi una scena in cui un italiano sputtana il proprio paese, bisogna sempre che ci metti anche lo straniero di turno che ne elogia le qualità per controbilanciare, altrimenti fai la figura del comunista.   Abbiamo la scena dell'urlo.   Non so chi sia stato il primo ad inserirla,  ma da quando è nato questo clichè, in ogni film commedia/romantico/drammatico in cui ci sono degli adolescenti, stai sicuro che prima o poi almeno due di loro si metteranno a gridare la loro voglia di ribellione ai quattro venti.   Abbiamo la crisi di pianto femminile.  E questa?  Quante volte?  Sempre!   C'è un film romantico e sei un'attrice?  DEVI piangere!   Ancora meglio se sei sotto la doccia mentre lo fai, perchè è noto che le donne piangono solo in bagno per permettere alle lacrime di mimetizzarsi tra le gocce d'acqua ed a loro di nascondere il proprio dolore dal resto del mondo (??).   Poi un sacco di altre che non ho voglia di aggiungere, perchè altrimenti più che una recensione diventerebbe un'enciclopedia.  

In conclusione, il mio giudizio sul film è negativo.   Troppo zuccheroso in alcuni punti (i discorsi di Maria e Matt dopo il loro bacio,  bleah),  troppo inutilmente drammatico in altri  (vogliamo parlare del flashback in cui viene mostrato come si sono conosciuti Paul e Matt?)  e forzatamente comico in diversi spezzoni  (il cane che continua a saltare sul divano su cui cerca di dormire Marco.  Proprio no).    Tuttavia, ho assegnato due stelle al film, non solo per l'interpretazione di Matilda Lutz che nelle parti in inglese mi è davvero piaciuta, ma anche per la scena dell'addio, a mio avviso la sola pepita d'oro che si può estrarre dalla quasi vuota miniera di questo film.   La sequenza in cui Marco, Maria, Matt e Paul sono costretti a salutarsi per non rivedersi mai più, nel suo piccolo è intensa e coinvolgente al punto giusto. Niente di eccezionale per carità, ma a mio avviso è davvero godibile.   Magari se anche nel resto del film Muccino avesse avuto lo stesso senso dell'equilibrio sarebbe potuto venir fuori qualcosa di davvero buono.   Invece, ciò che ci consegna L'estate addosso è un film poco più che sopportabile.   Non certo un capolavoro.    

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