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Una fiaba in tre parti unite tra loro intimamente dalla comune passione per i sentimenti. Il film di Garrone è diviso in capitoli, ognuno annunciato dalla ripresa del castello. Perché nei castelli si svolgono tutte le storie. Perché parrliamo di re, regine, principi e principesse, draghi e orchi, nella migliore tradizione dei nostri incanti fanciulleschi. I temi delle semplici storie narrate, attraverso una sceneggiatura stupenda elaborata sui testi del Basile, sono queli che sostengono la nostra esistenza. Il desiderio della giovinezza come caparbia volonta di vivere, rifiutando la morte come elemento naturale della vita; l'affermarsi dell'amicizia come fondante della possibilità di evolversi dalla bestia, aldilà delle differenze sociali, disposta al sacrifico estremo; l'amore filiale, forse la storia più bella, come scoperta nella tragedia della perdita, dove un re egoista scopre l'affetto per una pulce superiore a quello per la propria figlia fino alla tragica inevitabile separazione. Tutte le storie come si conviene hanno la loro logica fine nel ricomporsi della estema armonia dell'universo; dove ognuno torna al suo posto perché la fiaba e ciò che esprime meglio la realtà e la realtà dice che si...ognuno deve stare al posto che la società umana assegna agli individui all'atto della loro nascita. Film fin troppo maturo di un giovane regista, perfetto nella fotografia e nei costumi, capace di raccontare la realtà attraverso racconti tanto antichi eppure così vicini a questi nostri tempi difficili. Un senso di sincero appagamento e di gratitudine per un cinema che ancora riesce ad entusiasmarci nella cosapevolezza del riprodursi continua della meraviglia.
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recensioni di critica, pubblico e dizionari.
