Mommy |
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Un film di Xavier Dolan.
Con Anne Dorval, Suzanne Clément, Antoine Olivier Pilonn, Patrick Huard.
continua»
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 140 min.
- Francia, Canada 2014.
- Good Films
uscita giovedì 4 dicembre 2014.
MYMONETRO
Mommy
valutazione media:
3,83
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Che fatica essere madre!di johnny1988Feedback: 5532 | altri commenti e recensioni di johnny1988 |
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lunedì 8 dicembre 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Un applauso alla Good Films e alla famiglia Agnelli, che oltre al business si concede il lusso di portare un raggio di luce nelle nostre sale, a riconferma che non bisogna passare per forza attraverso le maglie di Medusa, Rai - da un lato - e di Fandango, Bim, 01 - dall'altro. Perché, "d'accordo l'essai, ma che tiri su dei soldi, anche!" è una formula da cui neanche le distribuzioni rivolte alle nicchie si discosta, in fin dei conti. Dolan, canadese venticinquenne, gay dichiarato, figlio di attore affermato, raccoglitore di premi a Cannes da 5 anni consecutivi, è un nome ai più sconosciuto, in Italia, capace di dimostrare che non per forza essere raccomandati è sinonimo di cattiva qualità. “Tom a la ferme” si è rivelato un primo passo per vincere il muro delle distribuzioni da noi. Troppo giovane per scommetterci sopra, troppe poche facce note? O forse troppo poco riscontro al box office? Sono poche le domande plausibili. Eppure le carte per circolare in Francia e in altri paesi d'Europa, Dolan le ha. Probabilmente per un diverso approccio culturale, amministrativo, chissà. Invece titoli come “Melbourne”, “Viviane”, “Boyhood”, “Sils Maria” girano eccome da noi. Forse i prezzi sulle pellicole canadesi non sono così allettanti. Quindi perché "Mommy" dovrebbe trasgredire la regola? Guarda caso quest'ultimo è anche il primo lavoro del regista in cui il tema dell'omosessualità - tema a lui caro - non viene sfiorato. In effetti, in Italia siamo un po' di parte: abbiamo distribuito “Brokeback Mountain” - che i soldi li ha fatti ovunque – ma siamo andati a vederlo al cinema, un po' per gli attori, un po' di nascosto. Dolan racconta sia per il gusto genuino di raccontare relazioni intime, sia per esorcizzare il proprio vissuto, delegando a noi una domanda cruciale: “Al posto di quella madre, come mi comporterei?”. In un immaginario 2015, il governo canadese abrogherebbe una legge tale per cui figli portatori di disturbi mentali possono essere affidati ad istituti dai genitori, senza il vaglio di procedure legali. La vicenda gravita intorno a un ragazzo iperattivo e una madre “sbarba”, entrambi vittime perdenti – lui di una sindrome mentale, lei quella di Peter Pan – e uniti da un legame troppo instabile da non corrodersi irreparabilmente. A transitare nelle vite dei due, come elemento di equilibrio, è la vicina balbuziente, di cui non possiamo sapere molto. Non pare importante la questione del background dei personaggi, mentre lo è l'esposizione dei fatti, soprattutto come ci vengono mostrati. Dolan dimostra non solo di saper scrivere – lui stesso è sceneggiatore dei suoi film – o di dirigere – gli attori non hanno nulla da invidiare ai più grandi nomi e non devono nemmeno mettere su chili o perderne per dimostrare qualità espressive – ma anche di saper giocare, sebbene un po' narcisisticamente, con le possibilità del campo-fuori campo, a servizio completo del dramma: Steve, in un brano di spensierata felicità, apre letteralmente le quinte dell'immagine, restituendoci il formato ampio dei 16:9. Un carcerario formato 1:1 è una scelta ardimentosa da proporre a un pubblico contemporaneo già disabituato anche ai 4:3 di un tempo. Dolan si rivela, appieno, un autore coraggioso e abbastanza lucido da reggere il confronto con opere di colleghi più grandi, sebbene emergano ingenuità narrative qua e là, ma va giustamente premiato il suo coraggio, così come andrebbe compreso quello del personaggio di Mommy, prigioniera dell'amore che nutre per il figlio.
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