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Premetto che ho scritto la mia opinione a caldo, e come qualcuno avrà notato il film ha lasciato in me impressioni contrastanti. Da una parte c'è una storia interessante, a volte comica a volte amara, commovente, densa di sfumature e zone d'ombra da scoprire; dall'altra c'è il mestiere. Il mestiere di chi fa cinema. Penso che sia bello quando la storia del film, quella che ci tiene ben saldi sulle poltrone della sala cinematografica, sia in sintonia ed in armonia con le tecniche che si usano per raccontarla. Rimaniamo sorpresi quando a volte riusciamo a leggere pagine e pagine di un libro senza renderci conto che sono già le due di notte, la storia ci prende tanto che non ci rendiamo conto del tempo che passa. Siamo immersi nella storia e tutto quello che leggiamo ci sembra plausibile, vero, e restiamo li incollati alle pagine. A volte, nel film di Sorrentino, questo succede, almeno per quanto riguarda la mia persona, e questo non vuol dire che debba capitare a tutti. Altre volte, però, durante la nostra lettura, basterebbe trovare anche un solo piccolo dettaglio fuori posto che non si incastra col resto della storia per indurci a chiudere il libro. Questo con This must be the place non avviene, ovviamente; ma non posso nascondere che, durante la visione, dei cali di gradimento ci siano stati. Ho apprezzato tecnicamente la sequenza del concerto, ma non a livello narrativo, mi spiego meglio: ho avuto l'impressione che la stessa sequenza potesse funzionare anche in altri film, giusto per la qualità dell'esecuzione più che per la forza narrativa.
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