Virgil Cole (Harris) si preoccupa di mantenere l’ordine e la legalità e lo fa di mestiere. Si sposta da una città all’altra e si fa nominare sceriffo. E’ un uomo duro, dice sempre quello che pensa e fa sempre quello che dice, segue le leggi d’onore dei pistoleri senza dimenticarsi della stella di latta che porta. Percepisce che nel mondo c’è dell’altro, legge libri e cerca di arricchire il suo vocabolario di altre parole. Queste gliele suggerisce Everett Hitch (Mortensen), amico vero e suo vice nella professione e nella vita. Everett è un ex soldato, gran tiratore come Virgil, istruito e meglio preparato ai rapporti umani, meno leader ma non meno coraggioso del compagno. E’ tecnicamente abile come i migliori sparatori ma non alla loro altezza perché gravato dalla sua dotazione di sentimenti, questo gli spiega Virgil.
Non sono due personaggi stereotipi, lo dimostra il fatto che non bevono molto.
Nel loro girovagare i due giungono ad Appaloosa, nel Nuovo Messico. Qui trovano una cittadina malversata dal ranchero Randall Bragg (Irons) il quale fa il bello ed il cattivo tempo e si è macchiato dell’omicidio dello sceriffo precedente. I notabili locali sono delle impotenti macchiette.
Presto giunge in città Allie French (Zellweger) avvenente suonatrice di piano in cerca d’autore.
Con questa Virgil si incontra mentre con Bragg, inevitabilmente, si scontra e questo diverrà il tema predominante del film.
Del genere western in questa pellicola non manca nulla, ci sono i killer prezzolati e le sparatorie, gli indiani e i cinesi, le ferrovie e la natura, le donne che si difendono come possono in un paese duro. Questo è soprattutto il caso di Allie, croce e delizia per Virgil e non solo. C’è anche un giudice itinerante ed il consiglio che questi dà ad un testimone (mosca bianca fra i cowboys di Bragg) è illuminante nel dipingere lo stato delle cose ai tempi del west.
Il tema fondamentale dell’opera va ricercato nei meccanismi dei rapporti umani e della fedeltà e qui vi si trovano i migliori esempi dei comportamenti umani. Ci sono l’amicizia vera e la lealtà disinteressata così come il tradimento e la speculazione. C’è chi rimane fedele a se stesso e agli altri e chi cambia per interesse o perché inerme ed in cerca di protezione.
Virgil che ha scoperto dei sentimenti resta sé stesso nel bene e nel male, non è capace di uscire da una situazione che potrebbe diventare un vicolo cieco. Everett no, è lui che dà una svolta agli eventi prendendo l’iniziativa e così facendo offre un’altra possibilità all’amico ed al contempo riprende la vita di un tempo restando così anch’egli fedele a se stesso.
Esemplare nel duello finale la particolare inquadratura vista dalla parte dell’avversario. In primo piano un’enorme Everett che spicca nei confronti di un defilato e minuto Virgil. Da qui si capisce come siano mutati i personaggi e che il “cattivo” non ha fatto bene i suoi conti.
Questo film è uno dei casi per cui posso dire che il genere western non è morto, a volte si addormenta in attesa di una buona storia e di chi sappia darle vita. Non è sprecato il cast blasonato in cui ognuno si esprime ad alto livello anche in parti non consuete e per Mortensen l’uso dei superlativi non mi sembra esagerato. Sulla stessa lunghezza d’onda regia e sceneggiatura.
Davvero quel che si dice “un buon film da vedere”.
Per i cultori degli oggetti di un tempo è interessante la sigla finale da godere per chi può in alta definizione.
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