Trascorre tra Pico, Roma e la Toscana gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza. Compie gli studi universitari prima a Roma, poi a Firenze. Nel 1932 si laurea in lingua e letteratura russa, discutendo una tesi sulla poetessa Anna Achmatova. Successivamente, inizia a collaborare a testate romane (Occidente, L'Europa Orientale, L'Italia letteraria, Oggi) ed a periodici quali Letteratura e Campo di Marte. Esordisce come narratore nel 1937, con il volume di racconti Dialogo dei massimi sistemi, cui fanno seguito Il mar delle blatte e altre storie e La pietra lunare, entrambi del 1939. La novità della prosa landolfiana consiste "nell'interesse da lui dimostrato per la problematica, che verrà poi detta esistenziale, e che verte sulla condizione e sul destino dell'uomo, colto in una quotidianità che, come in Gogol, in Dostoevskij e in Kafka (autori tutti presenti in lui), si offre come una realtà minacciosamente inclinata verso zone di mistero e di avventura, interiore o intellettuale, di allucinato incubo e di assurdo, dove ogni cosa appare sconvolta e la ragione è condotta al limite della follia" (L.Martinelli). Si veda, ad esempio, il racconto Mani, ove "affiora la potente poesia landolfiana del ribrezzo e dell'orrore fisiologico, qui culminanti nell'ossessiva immagine del budello del topo" (E.Sanguineti); ma è tutto l'universo suo a fondarsi su simili tematiche che lo rendono una figura atipica nel panorama nostrano, poiché la tradizione indigena, figurativa e letteraria, non contempla omologhi di Hyeronimus Bosch o di Edgar Allan Poe. Per essersi opposto al regime fascista, subisce nel 1943 un mese di carcere alle Murate, a Firenze. Assiduo frequentatore di case da gioco, elegante e aristocraticamente appartato, è il solo scrittore del suo tempo ad aver "dedicato una minuziosa cura, degna d'un dandy romantico (quale Byron o Baudelaire), alla costruzione del proprio personaggio": un personaggio notturno, di eccezionalità stravagante, dissipatore e inveterato giocatore (G.Contini). La sua attività letteraria prosegue con il Racconto d'autunno (1947), La bière du pecheur (1953; il titolo può, emblematicamente, significare sia La birra del pescatore sia La bara del peccatore), Se non la realtà (1960), Rien va (1963), Des mois (1967), Le labrene (1974), A caso (1975). Da segnalare, ancora, la sua attività di traduttore di autori stranieri (Gogol, Puskin, Novalis, Hofmannsthal) e le assidue collaborazioni al Mondo di Mario Pannunzio negli anni '50 ed al Corriere della Sera nei due decenni successivi.
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