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Rassegna stampa di Roger Corman

Roger Corman (Roger William Corman) è un attore statunitense, regista, produttore, è nato il 5 aprile 1926 a Detroit, Michigan (USA) ed è morto il 9 maggio 2024 all'età di 98 anni a Santa Monica, California (USA).

A CURA DELLA REDAZIONE
MYmovies.it

Singolare figura di cineasta visionario, si è dedicato ai generi del fantastico e dell'avventuroso. Ne ridusse per lo schermo l'opera di Allan Poe con ben otto film in appena cinque anni (1960-64):I vivi e i morti, Il pozzo e il pendolo ,Sepolto vivo ,I racconti del terrore ,I maghi del terrore, La città dei mostri, La maschera della morte rossa ,La tomba di Ligeia. Nel secondo si occupò di violenza sociale con pellicole come L'odio esplode a Dallas, 1961;I selvaggi, (1966), di droga (Il serpente di fuoco, 1967), di criminalità con (Il massacro del giorno di San Valentino, 1966; Il clan dei Barker, 1969). ConIl barone rosso (1990), rievocò l'ultimo leggendario duello aereo tra il barone von Richthofen e Brown. E' tornato alla macchina da presa girandoFrankenstein oltre le frontiere del tempo. Corman è stato un grande maestro al cui insegnamento si sono formati alcuni tra i migliori talenti del cinema americano di fine Novecento come Jonathan Demme, Larry Cohenm, Joe Dante e molti altri.

PIERO DI DOMENICO
MYmovies.it

LA FACTORY DI CORMAN
Corman, scoperto dalla critica europea come "autore" soprattutto per il ciclo horror tratto dai racconti di Edgar Allan Poe (The Masque of the Red Death) è stato il più brillante, personale e uno tra i più prolifici dei registi off-Hollywood che, alla fine degli anni Cinquanta, si trovarono ad affrontare la crisi dell'industria e del sistema cinematografico tradizionali. La fine di Hollywood come fabbrica dei sogni dominante (via via sostituita dalla televisione, con i suoi sogni più prosaici e spezzettati) significò anche la fine della serie B tradizionale. Al suo posto emerse il cosiddetto 'exploitation film', che esiste ancora oggi per il mercato home video, e che giocava sul sensazionalismo spudorato dei soggetti e delle situazioni, sulla velocità della narrazione, tutta costellata d'azione, sulla riconoscibilità di generi e personaggi. Proiettati nei drive-in e nelle sale della sterminata provincia americana, questi film tennero legata al cinema la generazione degli adolescenti degli anni Sessanta e Settanta, fornendo per di più a Hollywood il materiale umano e mitico per la sua rinascita.
Corman, che dirigeva fantascienza con inventivi mostri fatti in casa (come i granchi giganti di Attack of the Crab Monsters), esilaranti satire orrorifiche (come The Little Shop of Horrors e A Bucket of Blood), mostruose ossessioni personificate dall'istrione Vincent Price (il ciclo Poe), sanguinarie saghe di gangster (come Bloody Mama) aveva esordito nel cinema nel pieno di questa mutazione e ne diventò un piccolo maestro di stile e di economicità. Fin dagli anni Cinquanta, Corman affianca a quella di regista l'attività di produttore, di film propri e altrui: è l'uomo che sa girare due film diversi sullo stesso set e con gli stessi tempi di lavorazione, sfruttando gli scampoli dell'uno per costruire l'altro, che sa insegnare ai cineasti più giovani le regole essenziali per realizzare un prodotto vendibile. Jonathan Demme, che ha diretto i suoi primi tre film per la compagnia di Corman (Caged Heat, Fighting Mad e Crazy Mama), ricorda le indicazioni rapide che Corman gli diede durante il primo incontro di lavoro: "Trovare scuse legittime e motivate per muovere la macchina da presa, ma cercare sempre di muoverla. L'occhio è l'organo più usato dallo spettatore cinematografico; se non riesci a interessare l'occhio, non coinvolgerai il cervello. Non ripetere le composizioni nei primi piani. Non ricordare all'occhio che ha già visto la stessa cosa. Rendi il tuo cattivo affascinante quanto il tuo eroe. Un cattivo unidimensionale non sarà mai inquietante quanto un cattivo complicato e interessante". Sono queste (insieme alle altre che prevedono un po' di violenza, parecchio sesso, nudo calibrato, moltissima azione e una certa dose di idee di sinistra) le regole su cui si sono formati i nomi migliori della grande Hollywood successiva. Oltre a Demme, quasi tutti sembrano aver cominciato con Corman: Coppola (Dementia 13), Bogdanovich (Targets), Scorsese (Boxcar Bertha), Joe Dante (Hollywood Boulevard, Piranha e altri), Ron Howard (Deathsport, Grand Theft Auto), Curtis Harrington (Night Tide), Allan Arkush (Rock'n'Roll High School), oltre a indipendenti non convertiti alle Major come Paul Bartel (Death Race 2000), Monte Hellman (Cockfighter e i due western con Nicholson), Stephanie Rothman (The Student Nurses, The Velvet Vampire). E tutti hanno trasferito nel cinema successivo la velocità, l'inventiva e la provocazione costante imparata alla New World (questo era il nome della compagnia) di Corman. Spesso non si trattava neppure di film di genere, ma addirittura di sottogeneri o di filoni di consumo ed esaurimento istantanei: dai thrillers di Coppola e Bogdanovich girati con gli avanzi dei film di Corman, alle serie degli scontri e inseguimenti automobilistici, delle infermiere e insegnanti, delle famiglie gangster, tutti questi film delineano il passaggio dalla Hollywood classica a quella degli anni Ottanta.
Impegnato a produrre, per circa vent'anni Corman non ha diretto nessun film. è tornato alla regia nel 1990 con un film parzialmente girato in Italia, Frankenstein Unbound, quasi uno sguardo, ancora una volta ironico, alla propria storia di inventore di mostri e di registi cinematografici.

TERRENCE RAFFERTY
The New York Times

"WHAT took you so long?" was the question posed, semi-rhetorically, by Jonathan Demme to the assembled multitude at the Governors Dinner of the Academy of Motion Picture Arts and Sciences on Nov. 14. Mr. Demme was on hand to present a special Oscar to his old mentor, the 83-year-old producer and director Roger Corman, whose prolific career in low-budget exploitation cinema was being recognized, at last, by the industry establishment that for most of his long working life he'd had precious little to do with. If you make even the most cursory check of the honoree's filmography, the answer to Mr. Demme's question might appear to be blindingly obvious: Directors whose résumés include titles like "Attack of the Crab Monsters," "Teenage Caveman" and "The Saga of the Viking Women and Their Voyage to the Waters of the Great Sea Serpent" tend to have to wait a while for their Oscar.
The funny thing, though, is that Mr. Corman's protégés have statuettes to burn. Seated at his table at the Governors Dinner were, along with Mr. Demme, former employees like Jack Nicholson, who performed in several of Mr. Corman's movies and wrote one ("The Trip," 1967); and Ron Howard, who starred in "Eat My Dust" (1976) and just a year later, at 23, was hired to direct his first film, "Grand Theft Auto." Peter Bogdanovich, who worked on the biker melodrama "The Wild Angels" (1966) and whose own first film, "Targets" (1968), was produced by Mr. Corman, was there too.
Not every famous ex-Cormanite was able to make the party: Francis Ford Coppola, Peter Fonda, Dennis Hopper, Robert De Niro, Martin Scorsese and Robert Towne didn't attend. But knowledge of their gaudy post-Corman track records was in the air. "He gave us all our start," Mr. Towne said a few weeks later by telephone.

EMANUELA MARTINI
Il Sole-24 Ore

Corman, scoperto dalla critica europea come "autore” soprattutto per il ciclo horror tratto dai racconti di Edgar Allan Poe (The Masque of the Red Death) è stato il più brillante, personale e uno tra i più prolifici dei registi off-Hollywood che, alla fine degli anni Cinquanta, si trovarono ad affrontare la crisi dell’industria e del sistema cinematografico tradizionali. La fine di Hollywood come fabbrica dei sogni dominante (via via sostituita dalla televisione, con i suoi sogni più prosaici e spezzettati) significò anche la fine della serie B tradizionale. Al suo posto emerse il cosiddetto exploitation film, che esiste ancora oggi per il mercato home video, e che giocava sul sensazionalismo spudorato dei soggetti e delle situazioni, sulla velocità della narrazione, tutta costellata d’azione, sulla riconoscibilità di generi e personaggi. Proiettati nei drive-in e nelle sale della sterminata provincia americana, questi film tennero legata al cinema la generazione degli adolescenti degli anni Sessanta e Settanta, fornendo per di più a Hollywood il materiale umano e mitico per la sua rinascita.

EMANUELA MARTINI
Film TV

Ricordo di aver visto un cartoon anni fa, non so dove, che mostrava tutti quegli scrittori elisabettiani seduti in una taverna. E uno di loro diceva: "Dico, facciamo quello che fa Shakespeare: diamogli da divertirsi!"». Lo ha raccontato anni fa Roger Corman, in una delle tante interviste concesse, sempre con la buona grazia di un candidato alla presidenza degli Usa o, comunque, di un politico di carriera, soft, educato, inglese forbito, giacca, cravatta e pantaloni dal piombo perfetto, mai una provocazione, solo quel gusto sottile dell'ironia che trapela dai suoi film, anche i più orrifici. Esattamente quello che non ci si aspetta da un regista che, nei primi anni della sua carriera, ha firmato film dai titoli inequivocabili quali The Monster from the Ocean Floor (il suo esordio nella regia, del 1954), Attack of the Crab Monsters, The Viking Women and the Sea Serpent, Rock All Night, Teenage Caveman, e via collezionando creature dagli abissi e pin up preistoriche, motociclisti cattivi e detenute assatanate, bellezze mutanti e alieni radioattivi. Cinquantatre film in diciassette anni (dal 1954 al 1971, anno di uscita di Il barone rosso), quasi tre titoli all'anno (talvolta di più, dal momento che le produzioni degli anni '6o furono più impegnative e perciò più distanziate l'una dall'altra). Più un solitario exploit nel 1990, che fino a oggi non ha avuto seguito: Frankenstein oltre le frontiere del tempo, ovvero Frankenstein Unbound, dal notevole romanzo di Brian Aldiss, in assoluto il film più costoso che Corman abbia mai diretto, con John Hurt e Raul Julia, una rilettura del mito che anticipa parecchie successive operazioni (per esempio, il film di Branagh) più pretenziose. Oltre ai propri film, Roger Corman (ottant'anni il 5 aprile, e non li dimostra) ha prodotto decine di film altrui, ha distribuito in America opere di Bergman e Fellini, ha tenuto a battesimo l'80% dei cineasti che inventarono la New Hollywood, compresi Coppola, Bogdanovich, Scorsese, Dennis Hopper, Paul Bartel, Jonathan Demme (che gli confeziona spesso un cammeo nei propri film, di solito una parte di manager o politico impassibile e infido). Non a caso, la sua autobiografia (scritta con Jim Jerome) si intitola Come ho fatto cento film a Hollywood senza mai perdere un dollaro (Ed. Lindau) e racconta, con molto sense of humour e ancora più senso pratico, come un ingegnere ventiduenne di Detroit, impiegatosi un lunedì del 1948 alla U.S. Electrical Motors, andò il mercoledì dal suo capo e gli disse: «Ho fatto un terribile errore. Devo veramente andarmene. Oggi», e cominciò a lavorare come fattorino alla Fox. Da lì, dopo un viaggio artistico-iniziatico in Europa (Oxford, Parigi, l'Italia), decollò in California quella che sarebbe diventata una delle carriere esemplari del cinema contemporaneo. Roger Corman, con la sua prima compagnia di produzione fondata negli anni '50, e poi in società con un corpulento producer indipendente (Samuel Z. Arkoff, anima della AIP), fu il primo a intravedere, in piena crisi delle Majors, il potenziale del pubblico giovanile emergente, e cominciò a confezionare a velocità della luce film di genere (tutti i generi) distribuiti direttamente nei drive-in o nei late night show. Con una troupe tecnica praticamente fissa (Floyd Crosby alla fotografia, Charles Griffith alla sceneggiatura, Daniel Halier alla scenografia, Anthony Carras al montaggio), Corman inventa prototipi: La piccola bottega degli orrori (commedia nera poi trasformata in musical di enorme successo e, nell'86, in un nuovo film di Frank Oz) e i nuovi gangster sanguinari e iperrealistici (Al Capone in Il massacro del giorno di San Valentino, Kate "Ma" Barker in Il clan dei Barker), l'horror d'atmosfera a basso costo che gioca sulle distorsioni cromatiche e visive e sul carisma dei vecchi divi (Price, Lorre e Karloff nel ciclo Poe e affini) e gli esplosivi "angeli della strada" (I selvaggi in moto e pelle nera e gli scoppiati psichedelici di Il serpente di fuoco). Riesce a realizzare un film con gli scarti di quello appena terminato, o a girare due film contemporaneamente in nemmeno dieci giorni. Dietro l'iperattivismo e la serie B, ci sono un cervello acutissimo, un gusto raffinato, un talento visivo innato. Il ciclo Poe con Vincent Price resta un modello insuperato di comprensione e resa cinematografica del mondo di un autore letterario tra i più complessi. Senza perdere un dollaro. ".

GIANNI AMELIO

Quando si dice che un film è “commerciale” in senso dispregiativo, due volte su tre ci si sbaglia. Fare in modo che un film incassi dei soldi non è meno sano che voler fare un’opera d’arte. Senza contare che un film bello rischia di soddisfare sia il gusto che il botteghino, mentre non è detto che un film votato al sacrificio economico sia necessariamente di qualità. Per Roger Corman c’erano un paio di comandamenti da rispettare quando produceva o dirigeva un film: che costasse poco e che almeno pareggiasse i conti. Per lui, cineasta indipendente, era questione di sopravvivenza: non rientri nelle spese, smetti di fare il tuo mestiere. E Corman il suo lo voleva fare. Per un film, si sa, c’è bisogno di molto denaro, Ma ci sono film dove i soldi “si vedono” e altri che ci lasciano di stucco quando mostrano il loro conto spese: segno che qualcosa non ha funzionato, che il lavoro è stato fatto da cialtroni o da ladri. Corman sapeva calcolare il centesimo e lo faceva fruttare. Non so - confessava - come si gestisce un film da cinquanta milioni di dollari, però non ho problemi a cavarmela con un milione o con meno ancora. Il basso costo gli faceva aguzzare l’ingegno, ma non solo. Film dopo film inventò uno stile. I film di Corman abbiamo imparato a riconoscerli al volo perché la scarsezza dei mezzi non significava miseria ma essenzialità, non squallore ma rigore. La sua fama è legata soprattutto alla saga ispirata ai racconti di Edgar Allan Poe. Otto storie decisamente anti-letterarie, se per letterario si intende un film che fa il verso alla pagina scritta, s’inchina a ogni riga, tenta di mimarla. Invece Corman taglia il racconto con l’accetta, azzarda contaminazioni sfacciate, arriva al dunque senza fronzoli. E ottiene atmosfere che non sarebbero dispiaciute al creatore di Gordon Pym. Nel libro Come ho fatto cento film a Hollywood senza mai perdere un dollaro, Corman si racconta con franchezza. Ma, nonostante il titolo e la filosofia del profitto che lo ispira, quello che viene fuori davvero è la passione per l’ingegno (proprio e altrui) quand’è impiegato a buon fine. Un esempio: stava girando in Grecia una pellicola in costume e, invece dei 500 soldati che gli servivano per una battaglia, gliene diedero 50. Ebbene, lui non si perse d’animo e aggiunse una scena dove qualcuno chiedeva al protagonista come avrebbe fatto a vincere con un numero così scarso di soldati. E il protagonista rispondeva: un piccolo gruppo di guerrieri efficienti può sconfiggere qualsiasi marmaglia, per quanto numerosa. “È questa - dice Corman - la mia teoria del cinema”.

PIERO ZANOTTO

Così il critico e storico francese Georges Sadoul sintetizzò la figura di cineasta di Roger Corman: «Le recordman des films B: 60 en dix ans (1954-1964). Intelligent, racé, cultivé, désinvolte, il a excellé dans la science-fiction, l’horreur, le western, les gangsters, le fantastique. Il est peutètre le successeur en 1960 de ce que tut en 1920 Tod Browning». Nato a Detroit, Corman è passato disinvoltamente attraverso i menzionati « generi » uscendo dal calderone della routine soprattutto con la traduzione visiva dei demenziali deliri di Edgar Allan Poe. Prima, negli anni Cinquanta, i suoi interessi sembrarono rivolgersi alla fantascienza; a quel tipo di space-opera sensazionalistica, popolata di mostri grotteschi infantilmente risibili, patrimonio d’un filone che s’ostinava a voler rimanere sottoprodotto, comunque convogliante dentro un universo di annientamento fisico e mentale che Roger Corman affinerà con gli anni ottenendo dalle varie tecniche che il cinema gli metterà a disposizione giuste atmosfere di delirio. Vi sono nella sua opulenta filmografia (Corman è anche produttore di pellicole affidate ad altri registi) cadute di gusto, concessioni oltre il lecito al plateale orrorifico - facciamo un paio di esempi - Not in this Earth (Il vampiro del pianeta rosso) a X-the - Man with theX-Ray Eyes (L’uomo dagli occhi a raggi X). In quest’ultimo un motivo fantascientifico diviene il pretesto per trovate da baraccone: uno scienziato trova un collirio capace di donare alla vista facoltà eccezionali, e su questa partenza insiste sino a risvolti assurdi e grotteschi. Ma saprà proprio con Poe (e Lovercraft: Hutend Palace, ovvero «La città dei morti» nella edizione italiana), di cui tra l’altro piega alle proprie esigenze espressive i racconti The Fall of the House of Usher, The Pit and the Pendulum, The Masque of e Red Death, The Tomb of Ligeia, trovare gli accenti giusti per dare visionaria dimensione alle angosce demenziali che sempre in Poe procura la Morte, sotto qualsiasi aspetto essa si presenti.

PRESSBOOK

La carriera del realizzatore indipendente Roger Corman contraddice apertamente la famosa affermazione di F. Scott Fitzgerald, secondo il quale, “Non ci sono secondi atti nelle vite americane”. La carriera di Corman è una storia di successo in tre atti.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, è stato un pioniere della produzione indipendente ed un regista fuori dal comune, realizzando un numero fenomenale di film a basso costo di vario genere.
La sua reputazione di creatore di tendenze ottenuta grazie alla realizzazione in questo periodo di alcuni classici divenuti cult, compresi la piccola bottega degli orrori (con un giovanissimo Jack Nicholson in un indimenticabile ruolo di paziente masochista), Il mostro del pianeta perduto, L'odio esplode a Dallas (il primo film a raccontare la storia dell'integrazione nelle scuole del sud degli Stati Uniti), un ciclo di horror classici basati sui racconti di Edgar Allan Poe, I selvaggi (il primo film di “motociclisti”, con Peter Fonda, che ha inaugurato la Mostra del Cinema di Venezia ed è diventato il film indipendente che ha incassato di più nel 1966) e Il serpente di fuoco (scritto da Jack Nicholson ed interpretato da Peter Fonda e Dennis Hopper, presentato al Festival di Cannes).

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