
Come il wrestler perduto di Mickey Rourke, anche il professore interpretato da Brendan Fraser cerca la sua personale redenzione attraverso l’amore paterno, che non cambierà magari le cose ma aprirà la porta ad una possibilità di riscatto, e forse ad una dignitosa uscita di scena. Candidato a 3 premi Oscar e ora al cinema.
di Paola Casella
Il regista americano Darren Aronofsky ama i perdenti. E non deve necessariamente trasformarli in vincenti: gli è sufficiente offrire loro una possibilità di redenzione. Il paragone più immediato in questo senso è quello fra due suoi film, The Wrestler, Leone d’oro alla 65esima Mostra del cinema di Venezia nel 2008, e The Whale, in Concorso alla 75esima edizione della Mostra nel 2022.
Il primo era la storia di un wrestler professionista, Randy “The Ram” Robinson, molto malridotto, che dopo il successo anni Ottanta si è ritrovato ai margini dello sport e a vivacchiare prestandosi a spettacolini di provincia e raduni di nostalgici. Randy si è separato dalla moglie e ha interrotto i rapporti con la figlia Stephanie, e ora, dopo un infarto, non può più neanche combattere e fa il commesso nel reparto salumi di un supermercato.
The Whale è la storia di un professore universitario, Charlie, che interagisce con i suoi studenti solo online e a telecamera spenta perché non vuole che vedano la sua situazione deprimente: è infatti un grande obeso che riesce a stento ad alzarsi dal divano e ingurgita quantità enormi di cibo spazzatura, in preda ad un furore autodistruttivo che ha le sue radici nella scelta passata di abbandonare la moglie per un nuovo amore.
Con l’allontanamento dalla casa coniugale, Charlie ha perso anche il rapporto con la figlia adolescente Ellie, e ora che sente di essere vicino alla fine a causa dei suoi problemi di cuore legati al sovrappeso vorrebbe riavvicinarsi a lei, ma incontra solo ostilità da parte della ragazza.
Randy e Charlie sono due perdenti, due uomini fabbri della propria sfortuna e infelicità, ma che non hanno abbandonato una natura profonda empatica e gentile, e manifestano un enorme bisogno di amore, da dare e da ricevere. Aronofsky non prepara per loro una rinascita gioiosa e un futuro da vincenti, modello Rocky per capirci, e tuttavia presenta loro un modo per riscattarsi, soprattutto agli occhi di quelle figlie abbandonate e ora rancorose che non si fidano più dei propri padri.
La redenzione di Randy e Charlie avviene proprio attraverso il loro amore paterno, che non cambia le circostanze fallimentari delle rispettive vite, ma apre la porta ad una possibilità di riscatto, e forse ad una dignitosa uscita di scena.
La tenerezza con cui Aronofsky racconta questi perdenti, che fanno tornare alla mente il Terry Malloy di Fronte del porto, è la stessa con cui Mickey Rourke, ex pugile (oltre che attore) suonato dalla vita e quasi scomparso dalle scene cinematografiche, e Brendan Fraser, realmente sovrappeso (anche se ben lontano dal gigantismo con cui appare in The Whale grazie a protesi e trucco) e altrettanto reduce da un progressivo declino di popolarità e presenza cinematografica, interpretano i ruoli di Randy e di Charlie, consentendoci di immedesimarci nel loro smarrimento esistenziale e nella loro straziante ricerca di perdono.
Ed entrambi i film appaiono come un antidoto all’ottimismo yankee e alla regola dell’happy ending, conservando il coraggio di raccontare la vita come è, non come la vorrebbero i suoi antieroi.