fabriziog
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martedì 3 gennaio 2023
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spielberg e'' tornato!
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“The Fabelmans”, l’ultimo film di Sua Maestà il Cinema Steven Spielberg, ci proietta nella adolescenza dell’immenso regista per farci scrutare i suoi primi passi nel mondo dell’arte cineastica.
Autobiografico, intimistico, introspettivo, la narrazione scorre placida nel primo tempo, mentre, durante il secondo, si impenna per concludersi con la maestosità delle citazioni per immagini del funambolico Charlie Chaplin e del cow boy John Ford.
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“The Fabelmans”, l’ultimo film di Sua Maestà il Cinema Steven Spielberg, ci proietta nella adolescenza dell’immenso regista per farci scrutare i suoi primi passi nel mondo dell’arte cineastica.
Autobiografico, intimistico, introspettivo, la narrazione scorre placida nel primo tempo, mentre, durante il secondo, si impenna per concludersi con la maestosità delle citazioni per immagini del funambolico Charlie Chaplin e del cow boy John Ford.
L’antisemitismo americano degli anni ’60 e la pazzia della madre, la debolezza caratteriale del padre ed il suo grande amore per la moglie che insisteva nel tradirlo, la macchina da presa usata per far percepire all’altro chi fosse veramente, la finzione artistica che descriveva come i compagni di scuola erano visti nella comunità e come in realtà loro si sentivano sul serio. La pellicola come strumento di maieutica socratica e l’orizzonte che rende un film capolavoro solo se è posto in alto o in basso e mai in mezzo: la chiave di lettura che porterà Spielberg ad essere l’inveramento della cinematografia.
Una pellicola dal carattere morbido e melodico come il pianoforte che accompagna la storia. Una pellicola che raccoglie la potenza del linguaggio di settanta anni di vette del Grande Schermo a stelle e strisce.
Una pellicola di Sua Maestà Steven Spielberg.
Fabrizio Giulimondi
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fabriziog
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martedì 3 gennaio 2023
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spielberg e' tornato!
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“The Fabelmans”, l’ultimo film di Sua Maestà il Cinema Steven Spielberg, ci proietta nella adolescenza dell’immenso regista per farci scrutare i suoi primi passi nel mondo dell’arte cineastica.
Autobiografico, intimistico, introspettivo, la narrazione scorre placida nel primo tempo, mentre, durante il secondo, si impenna per concludersi con la maestosità delle citazioni per immagini del funambolico Charlie Chaplin e del cow boy John Ford.
L’antisemitismo americano degli anni ’60 e la pazzia della madre, la debolezza caratteriale del padre ed il suo grande amore per la moglie che insisteva nel tradirlo, la macchina da presa usata per far percepire all’altro chi fosse veramente, la finzione artistica che descriveva come i compagni di scuola erano visti nella comunità e come in realtà loro si sentivano sul serio.
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“The Fabelmans”, l’ultimo film di Sua Maestà il Cinema Steven Spielberg, ci proietta nella adolescenza dell’immenso regista per farci scrutare i suoi primi passi nel mondo dell’arte cineastica.
Autobiografico, intimistico, introspettivo, la narrazione scorre placida nel primo tempo, mentre, durante il secondo, si impenna per concludersi con la maestosità delle citazioni per immagini del funambolico Charlie Chaplin e del cow boy John Ford.
L’antisemitismo americano degli anni ’60 e la pazzia della madre, la debolezza caratteriale del padre ed il suo grande amore per la moglie che insisteva nel tradirlo, la macchina da presa usata per far percepire all’altro chi fosse veramente, la finzione artistica che descriveva come i compagni di scuola erano visti nella comunità e come in realtà loro si sentivano sul serio. La pellicola come strumento di maieutica socratica e l’orizzonte che rende un film capolavoro solo se è posto in alto o in basso e mai in mezzo: la chiave di lettura che porterà Spielberg ad essere l’inveramento della cinematografia.
Una pellicola dal carattere morbido e melodico come il pianoforte che accompagna la storia. Una pellicola che raccoglie la potenza del linguaggio di settanta anni di vette del Grande Schermo a stelle e strisce.
Una pellicola di Sua Maestà Steven Spielberg.
Fabrizio Giulimondi
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silvia casali
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lunedì 2 gennaio 2023
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gruppo di famiglia attraverso l''amore per il cinem
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Devo ammettere che sono andata a vedere "The Fabelmans" con un po' di sospetto. Quelle quattro stelle e mezzo e quelle lodi sperticate della critica per il film di un regista che non amo particolarmente mi lasciavano abbastanza perplessa. Ed invece la pellicola di Spielberg mi ha affascinata e conquistata, a cominciare dallo sguardo incantato ed insieme turbato del piccolo Sam alla visione del suo primo film con uno scontro ferroviario.
"The Fabelmans" narra la storia di una famiglia borghese attraverso gli occhi di un figlio, come e' stato fatto centinaia di volte nel cinema e nella letteratura, ma qui tutto e' visto attraverso la lente dell'amore crescente del protagonista per il cinema.
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Devo ammettere che sono andata a vedere "The Fabelmans" con un po' di sospetto. Quelle quattro stelle e mezzo e quelle lodi sperticate della critica per il film di un regista che non amo particolarmente mi lasciavano abbastanza perplessa. Ed invece la pellicola di Spielberg mi ha affascinata e conquistata, a cominciare dallo sguardo incantato ed insieme turbato del piccolo Sam alla visione del suo primo film con uno scontro ferroviario.
"The Fabelmans" narra la storia di una famiglia borghese attraverso gli occhi di un figlio, come e' stato fatto centinaia di volte nel cinema e nella letteratura, ma qui tutto e' visto attraverso la lente dell'amore crescente del protagonista per il cinema. La macchina da presa gli fa cogliere e scoprire dettagli (anche dolorosi) che l'occhio nudo non sa vedere. La macchina da presa gli permette di "trasformare" le persone attraverso il suo sguardo di regista in erba.
All'interno della famiglia c'e' uno scontro, prima latente poi sempre piu' esplicito, tra la visione seria, concreta e tecnologica del padre che si occupa di computer e quella fantasiosa e creativa della madre, pianista che ha rinunciato alla carriera. E qui si inserisce il bel cameo dello strambo zio materno, interpretato da Judd Hirsch, che con modi bruschi ma efficaci spinge Sam a seguire la sua strada e la sua passione e non cio' che vorrebbe la famiglia, anche se questo lo fara' duramente soffrire.
Molto bravi anche tutti gli attori e le attrici, a cominciare da Michelle Williams (la madre) e Gabriel LaBelle (Sammy), i cui sguardi ci lasciano intravedere tutto un mondo interiore.
Silvia Casali
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stefano musacchio
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venerdì 30 dicembre 2022
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imbarazzante
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Il film è una sorta di autobiografia autocelebrativa in cui il regista sembra ridicolizzare tutti, tranne se stesso. La madre è dipinta come una psicopatica con tendenze suicide, il padre come un genio dei computers ma incapace in tutto il resto, i compagni di scuola sembrano una parodia della gioventù nazista trapiantata in California, la fidanzatina è una fanatica religiosa, gli zii sono macchiette e le sorelle delle semplici comparse dei suoi filmini. In mezzo a tutti questi matti brilla un unico genio: Il grande regista in erba, che riceve la sacra investitura nientepopodimeno che da John Ford in persona. Sembra quasi che il regista abbia voluto prendersi una vendetta da bambinone viziato e capriccioso contro tutto il resto del mondo.
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Il film è una sorta di autobiografia autocelebrativa in cui il regista sembra ridicolizzare tutti, tranne se stesso. La madre è dipinta come una psicopatica con tendenze suicide, il padre come un genio dei computers ma incapace in tutto il resto, i compagni di scuola sembrano una parodia della gioventù nazista trapiantata in California, la fidanzatina è una fanatica religiosa, gli zii sono macchiette e le sorelle delle semplici comparse dei suoi filmini. In mezzo a tutti questi matti brilla un unico genio: Il grande regista in erba, che riceve la sacra investitura nientepopodimeno che da John Ford in persona. Sembra quasi che il regista abbia voluto prendersi una vendetta da bambinone viziato e capriccioso contro tutto il resto del mondo.
Lo spettatore assiste imbarazzato per due ore e mezza a questa rappresentazione, e l'imbarazzo è evidente anche negli attori del film.
L'insegnamento che se ne trae è che è sempre meglio stare alla larga dai film autobiografici.
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[+] lento ,lungo e che ''non parte mai''
(di gisella)
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aldot
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giovedì 29 dicembre 2022
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intelligenza e bellezza per celebrare la potenza dell'arte
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Un film intelligente il cui regista porta lo spettatore a percepire in prima persona (creando il film nel film) la potenza che ha l'arte di svelare il reale attraverso il fantastico. Quello che il padre del ragazzo chiama Hobby e qualcosa di non reale risulta essere il mezzo che più di altri rivela il vero anche in tutta la sua crudezza oltre che bellezza.
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saokekelle
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martedì 27 dicembre 2022
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la magia del cinema
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Quando il cinema riesce a coinvolgere con la maestria del racconto, questo è Spielberg. Per me che sono cresciuto con Incontri ravvicinati e Lo Squalo, apprezzato tantissimo Duel, Schindler's List e AI. E poi mi sono divertito con la saga di Indiana Jones, Spielberg è una garanzia. Qui si è superato, riuscendo in poco più di due ore a farmi entrare nel suo mondo, nei suoi ricordi e farmi emozionare.
Michelle Williams, la madre del protagonista, da Oscar. Regia e fotografia magistrali. Sceneggiatura senza sbavature. Insomma un film come se ne vedono pochi.
Da vedere al cinema, regalandosi un pò di tempo per sè.
Eccellente.
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effepi57
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martedì 27 dicembre 2022
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la parabola di un artista
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Primo tempo decisamente soporifero, che si riscatta con un prosieguo molto più dinamico. Sorprendente che il creatore tra i massimi di film fantastici, si mostri molto debole nell'introspezione delle menti umane. E così i rapporti tra i personaggi sono molto superficiali, in secondo piano rispetto alla crescita della passione di Sam per la camera da presa. Si va via comunque con una sensazione piacevole, ma anche con la sensazione di non aver visto un grande film.
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johnny1988
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lunedì 26 dicembre 2022
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lettera di amore e perdono
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Sam Fabelman (Mateo Zoryan da piccolo, Gabrielle LaBelle da grande) sta per entrare per la prima volta in un cinema, ha sei anni ed è terrorizzato; i genitori, Mitzi (Michelle Williams) e Burt Fabelman (Paul Dano), che lo accompagnano, lo rassicurano, il padre illustrando il concetto della “persistenza visiva” applicata alla velocità dello scorrimento dei fotogrammi su pellicola, la madre affabulando invece il piccolo con l'incanto delle immagini. Il film si apre con questa sequenza, forse la più didattica ma anche una delle più “sentite” nella Storia del Cinema sino ad oggi. C'è tutto in questi due minuti, che forse sintetizzano un intero capitolo biografico e “storico”, dai movimenti di macchina alla composizione, dalla fotografia alla colonna sonora in una confluenza di arti avvolgente e calda.
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Sam Fabelman (Mateo Zoryan da piccolo, Gabrielle LaBelle da grande) sta per entrare per la prima volta in un cinema, ha sei anni ed è terrorizzato; i genitori, Mitzi (Michelle Williams) e Burt Fabelman (Paul Dano), che lo accompagnano, lo rassicurano, il padre illustrando il concetto della “persistenza visiva” applicata alla velocità dello scorrimento dei fotogrammi su pellicola, la madre affabulando invece il piccolo con l'incanto delle immagini. Il film si apre con questa sequenza, forse la più didattica ma anche una delle più “sentite” nella Storia del Cinema sino ad oggi. C'è tutto in questi due minuti, che forse sintetizzano un intero capitolo biografico e “storico”, dai movimenti di macchina alla composizione, dalla fotografia alla colonna sonora in una confluenza di arti avvolgente e calda.
The Fabelmans è il film parentesi e forse il testamento d'amore di una intera carriera, come lo fu Fanny e Alexander per Ingmar Bergman. Malgrado il trailer illuda il pubblico (dovrebbero cambiare la politica sul montaggio delle anteprime, almeno per dignità intellettuale), che si tratti di un blockbuster con colpi di scena e di azione, alla stregua di un romantico Indiana Jones, Spielberg firma un'opera apologetica del cinema, e al contempo, dei suoi genitori, cardini archetipici della sua crescita ma anche esseri umani di cui deve accettare i “limiti” e le fragilità più profonde. Come il segreto che Mitzi, la figura più amata e forse meno compresa dal figlio, deve custodire, in funzione del suo ruolo di madre e moglie.
Così, nell'arco di dieci anni, assistiamo all'evoluzione di un piccolo uomo, che attraversa gioie e dolori famigliari, vive con una purezza comica lo scontro culturale e religioso con i suoi coetanei (la battuta sul Natale e il primo amore con una fervente cattolica sono da antologia) e comincia a comprendere il ruolo di regista, trasmutandosi da pubblico passivo del cinema ad artigiano della materia, con la stessa passione sperimentale che hanno caratterizzato molti cineasti che oggi amiamo ricordare, da George Lucas a Coppola, fino a Cassavetes. Tutto in un quadro dove la minaccia nucleare, le guerre, il maccartismo antisemita restano rarefatte sullo sfondo.
Spielberg, come fa in pochissimi momenti della sua vita, si “riposa” e riflette nell'intimità dei ricordi, non cerca di fare ordine, ma più che altro sembra lasciarsi attraversare dal flusso del passato, compiendo una rielaborazione esorcistica e di “perdono” di tutti i mostri rinchiusi nel cassetto dei traumi. Alcuni li ha trasformati in mostri benevoli e ultraterreni, come E.T., altri in efferati anti-eroi, come lo Squalo, e così via. Ma per una volta, Steven si toglie la tuta antiproiettile e racconta coraggiosamente una storia d'essai, la sua, senza ghirigori sentimentalisti, senza le simmetrie clichè care agli sceneggiatori di un tempo, con una libertà espressiva mai prevedibile, quasi casuale addirittura. E senza effetti speciali. L'unica specialità sta nella macchina da presa, che gioca come un “attore” con la linea dell'orizzonte, come fanno i bimbi quando superano i primi ostacoli dell'apprendimento e iniziano a dominare la materia. Spielberg ci riesce in pieno, inscenando una metafora bellissima della linea sottile che separa la realtà dall'apparenza, senza porsi domande, ma semplicemente mostrandola.
Per la produzione del film tornano tutti i membri più affezionati al regista: le musiche sono di John Williams (che si ritirerà dal cinema dopo questa ultima composizione), la fotografia contrastata e “antica” è di Kamiński, il montaggio di Michael Kahn e la sceneggiatura, a quattro mani con Spielberg stesso, di Tony Kushner.
Eeaster egg finale con un regista che non svelo. Andatelo a vedere.
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athos
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sabato 24 dicembre 2022
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delicato
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Le feste di Natale regalano ottimi film, cosa rara negli ultimi tempi. Ben vengano. Questo film è delicato, presenta in punta di piedi le vicende del regista e della sua famiglia, scivolando anche sui drammi personali. Il cameo finale di David Lynch è una gran bella scena.
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pat
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giovedì 27 ottobre 2022
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la nascita di una leggenda
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Spielberg si è dedicato un film stupendo. The Fabelmans è un atto d'amore verso il cinema sì, ma anche e soprattutto verso la sua famiglia. Dalla prima volta al cinema, ai tentativi (riuscitissimi) di realizzare piccoli film con la complicità di sorelle, compagni di scuola e famiglia al completo, Spielberg ci racconta come si costruisce un amore, come si realizza un sogno, come si affronta la sofferenza. I trasferimenti per il lavoro del padre, le discriminazioni in quanto ebreo, gli atti violenti di bullismo, la dolce follia di una madre amatissima ma infelice che a sua volta lo renderà infelice, il legame forte con le sorelle e la sua passione, il suo talento per il cinema. In quei sogni e in quella sofferenza ognuno di noi può ritrovare qualcosa ed è forse questa la potenza del film: raccontare la vita di un uomo rendendola speciale attraverso la sua universalità.
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