kyotrix
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lunedì 10 aprile 2023
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bel film, ma noiosetto..
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Mi aspettavo decisamente meglio. La maggior parte del film è incentrato sui problemi famigliari ( soprattutto la madre ), rendendolo noioso ( anche se fatto bene ) in alcuni momenti. Speravo più sull'arte cinematografica.
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ralphscott
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domenica 26 marzo 2023
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il sacro fuoco spento dalla noia
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L'aspetto che più apprezzo é che c'é passione, ed arriva a noi. Il sogno del cineasta in nuce, le difficoltà e gli ostacoli familiari, le delusioni, i successi, la tecnica ed i suoi strumenti, lo stupore. Tuttavia ho fatto fatica a stare sveglio, a seguire una messa in scena tanto sincera quanto intima, troppo. I genitori mi sono sembrati personaggi più riusciti o, almeno, più interessanti. Mitzi é un ibrido tra D. Day, J. Wyman (ah, quegli occhiali rossi!) e C. Colbert, infinitamente triste ed irrisolta, una personalità apparentemente esplicita, ma gratta gratta...sfuggente. Il padre, col viso unico ed irripetibile di Paul Dano, una sfinge che quasi fa rabbia: ci é o, più probabilmente, ci fa ? è tale e tanto l'amore per far chiudere gli occhi davanti alla tresca che sconvolge il povero figliuolo ? W il cinema fatto con passione, quindi, ma dal re dei registi era lecito aspettarsi di più.
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francesca meneghetti
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martedì 21 marzo 2023
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una mela non cade lontano dall'albero
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Spielberg è un mostro sacro del cinema e il suo solo nome mette soggezione. In questo film Spielberg, si fa inquadrare all’inizio del film, dichiarandone con molta semplicità il carattere autobiografico, sembra voler negare la protasi della famosa frase di Tolstoj "Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo” (Anna Karenina), nel senso che la sua famiglia fu felice per oltre un decennio in modo molto speciale. Da Brut (che impersona la figura del geniale ingegnere elettronico Arnold Spielberg) e da Mitzi (che impersona la madre Leah Adler, pianista), entrambi ebrei di origini ucraine, nacquero quattro figli che vissero un’infanzia allegra e scoppiettante, stimolante.
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Spielberg è un mostro sacro del cinema e il suo solo nome mette soggezione. In questo film Spielberg, si fa inquadrare all’inizio del film, dichiarandone con molta semplicità il carattere autobiografico, sembra voler negare la protasi della famosa frase di Tolstoj "Tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo” (Anna Karenina), nel senso che la sua famiglia fu felice per oltre un decennio in modo molto speciale. Da Brut (che impersona la figura del geniale ingegnere elettronico Arnold Spielberg) e da Mitzi (che impersona la madre Leah Adler, pianista), entrambi ebrei di origini ucraine, nacquero quattro figli che vissero un’infanzia allegra e scoppiettante, stimolante. La creatività artistica e umorale della mamma si sommava a quella razionale e pacata del padre. E non è da stupirsi che da genitori simili sia derivato un altro genio. Ma se il talento di Steven Spielberg (nel film, Sam Fabelman) si è profuso nel cinema, ciò è dovuto in parte al caso: a sei anni Sam assiste alla sua prima proiezione cinematografica, che è traumatica. C’è chi ha subito questo trauma con Bambi, e chi, in modo più motivato, con il film “Il più grande spettacolo del mondo”, dove avviene uno spettacolare incidente ferroviario. L’impatto con il cinema è stato però mediato dai genitori di Sam: il padre gli svela i segreti dell’illusione del movimento operata dal cervello, di fronte alla successione rapida di fotogrammi, e lo dota fin da bambino di videocamere;la mamma lo aiuta a capire che il cinema consente di controllare la realtà (e le paure ad essa connesse). Il racconto abbraccia circa quindici anni di vita: dal 1952 (New Jersey) fino al 1966 (un anno circa dopo il divorzio dei genitori, a Los Angeles), con una tappa intermedia a Phoenix in Arizona. Gli spostamenti derivano da esigenze di lavoro del padre e finiscono per destabilizzare tanti equilibri, mettendo anche Sam di fronte all’antisemitismo violento di certi giovanotti californiani, biondi, abbronzati, alti come sequoie, ma piccoli di cervello. Bravissimo Gabriel LaBelle a interpretare il giovane Sam. Ricorda molto Dustin Hoffman ne Il Laureato. Altro è meglio non dire per non svelare troppo, se non una raccomandazione: è una pellicola in cui i 150 minuti scorrono meravigliosamente, seminando emozioni e sorprese. Se per Sorrentino il film È stata la mano di Dio ha rappresentato una salvezza, per Spielberg questo film è stata una necessità artistica e personale.
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federico valla
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venerdì 17 marzo 2023
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steven, un uomo rimasto ragazzo
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Spielberg sembra portare sullo schermo la storia della sua vita, dal primo amore per il cinema ai traumi della giovinezza, esattamente come veniva raccontato nel documentario di Susan Lacy del 2017.
L’inizio e la fine di questo film sono fondamentali. Il giovane Sammy realizza da capo, con i suoi mezzi, una delle scene più epiche del film di De Mille. Come per esorcizzare le paure e lo shock di quel disastro, di quella “magia oscura”, di quel mito, quasi un arrivo del treno alla stazione di La Ciotat. Il mito di quegli anni lo avrebbe affrontato anche Spielberg girando coi propri “moderni” mezzi il suo West Side Story.
La vera sorpresa sono però i genitori.
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Spielberg sembra portare sullo schermo la storia della sua vita, dal primo amore per il cinema ai traumi della giovinezza, esattamente come veniva raccontato nel documentario di Susan Lacy del 2017.
L’inizio e la fine di questo film sono fondamentali. Il giovane Sammy realizza da capo, con i suoi mezzi, una delle scene più epiche del film di De Mille. Come per esorcizzare le paure e lo shock di quel disastro, di quella “magia oscura”, di quel mito, quasi un arrivo del treno alla stazione di La Ciotat. Il mito di quegli anni lo avrebbe affrontato anche Spielberg girando coi propri “moderni” mezzi il suo West Side Story.
La vera sorpresa sono però i genitori. Il padre razionale, tranquillo, preciso e coi piedi per terra. La madre libera, energica, più estroversa, ma non esente da momenti di malinconia e disagio. Due diversi tipi di temperamento e di personalità in cui il giovane Sammy (Spielberg) deve destreggiarsi. Anche ognuno di noi. C’è sempre una lotta continua in noi tra simili poli emotivi. Si vede inoltre da dove derivi l’ossessione di Spielberg per uomini, donne e figure genitoriali sbagliate, imperfette e inadeguate. Dai genitori criminali di Sugarland Express fino al Roy Neary di Incontri Ravvicinati, fino al Sean Connery, padre di Indiana Jones, e al Tom Cruise de La Guerra dei Mondi. Una semplice istruzione a un giovane attore vede riflesso un profondo trauma personale che il protagonista si porterà dietro per tutta la vita.
Questo è anche un film sul potere delle immagini, della gioia e della tristezza che generano, dei ricordi belli e brutti che rappresentano. Alla fine, come il Fabietto Schisa di Sorrentino, neanche Spielberg si é disunito, non ha dimenticato chi è, da dove viene e cosa lo ha formato. Se nei suoi film, dalle prime prove fino ai capolavori monumentali, vi erano tracce di questi fatti, di questi eventi segnanti, ora quei fantasmi diventano più vivi che mai. Vengono esorcizzati tramite la messa in scena così come quel treno a inizio film.
E qui si passa al finale, della breve e intensa lezione di quello che era allora “il più grande regista di tutti i tempi”…L’Importanza dell’orizzonte, in alto e in basso, ma mai in mezzo. La base per la monumentalitá e l’imponenza di Spielberg stesso, il cantastorie di grandi gesta di personaggi comuni che si ritrovano a vivere fatti e avventure straordinarie. L’ultima inquadratura, quel passare da un orizzonte in mezzo a uno in basso, quasi un errore da principiante, racchiude quasi in un cameo tutto ciò che è Spielberg, un uomo che non ha smesso di essere un ragazzo o un ragazzo che non è mai diventato del tutto uomo.
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paolorol
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mercoledì 15 marzo 2023
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le insidie del microbiografismo
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Contenuto e forma si scontrano. I contenuti sono tanti, forse troppi, e spaziano dai riferimenti colti alle storie dell'umana difficoltà ad affrontare il mestiere di vivere.
Non so quanto ci sia di vero o di inventato nella trama. E' pesante però il dubbio che anche Spielberg alla fine del suo mirabolante e versatile percorso sia in qualche modo caduto nella trappola del microbiografismo. Un'opera più agiografica che biografica che vede il protagonista affrontare e superare con destrezza ostacoli di ogni sorta, dal razzismo alle follie famigliari. C'è chi ha accostato quest'opera al melenso Nuovo Cinema Paradiso, film che non ho mai amato ma che situo a ben altro livello.
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Contenuto e forma si scontrano. I contenuti sono tanti, forse troppi, e spaziano dai riferimenti colti alle storie dell'umana difficoltà ad affrontare il mestiere di vivere.
Non so quanto ci sia di vero o di inventato nella trama. E' pesante però il dubbio che anche Spielberg alla fine del suo mirabolante e versatile percorso sia in qualche modo caduto nella trappola del microbiografismo. Un'opera più agiografica che biografica che vede il protagonista affrontare e superare con destrezza ostacoli di ogni sorta, dal razzismo alle follie famigliari. C'è chi ha accostato quest'opera al melenso Nuovo Cinema Paradiso, film che non ho mai amato ma che situo a ben altro livello.
Spielberg nel corso della sua infinita carriera con la macchina da presa ha fatto di tutto e di più. Qui invece pare riposarsi e adottare un formato narrativo vintage, lineare, orizzontale e pedante nel suo procedere cronologico.. I temi ci sono quasi tutti ma uno dei più importanti, la storicizzazione, è sorprendentemente assente. Spileberg si descrive come un tutt'uno con il suo obiettivo che diventa per lui un occhio aggiuntivo e più imparziale di quello che gli ha dato madre natura.
Film lento e noioso, dove tutto è perfetto ma dove niente è perfetto. Spielberg in qualche modo stupisce sempre e stavolta ci ha voluti stupire forse con questa soap opera ? Mahh..non lo so. quel che conta è il risultato finale: deludente, vedibile ma con molta complicità.. Un solo interrogativo mi tormenta: Spielberg ha precorso nella realtà l'Antonioni dell'immaginazione creativa? Oppure ha inventato una falsa realtà per poter omaggiare il maestro ?
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spione
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martedì 7 febbraio 2023
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un film sull''amore
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“I film sono sogni che non dimenticherai mai.”
"The Fabelmans" non è solo un ovvio capolavoro di metacinema: è anche e soprattutto un film d'amore.
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“I film sono sogni che non dimenticherai mai.”
"The Fabelmans" non è solo un ovvio capolavoro di metacinema: è anche e soprattutto un film d'amore. L'amore per il cinema, raccontato da uno dei suoi più grandi esponenti di sempre a partire dalla sua genesi a soli 5 anni, ma anche e soprattutto il suo amore per i genitori. Per la madre pianista (ruolo per il quale Michelle Williams è candidata all'Oscar come miglior attrice protagonista, ma non - curiosamente - come peggior taglio di capelli), ma anche e soprattutto per il padre pioniere dell'elettronica, con il quale probabilmente il regista cerca di riconciliarsi dopo averne bistrattato un po' troppo la figura nella sua filmografia precedente ("E.T." e "Incontri ravvicinati" per tutti).
Spielberg mette in scena se stesso adolescente, con le sue insicurezze figlie delle non facili dinamiche familiari e le sue paure di giovane bersaglio del bullismo e dell'antisemitismo al college. Ecco allora perché il cinema diventa rifugio, evasione da un quotidiano spesso doloroso, immagine che prende il posto di parole che sarebbero forse troppo pesanti. Ne esce un gustoso ritratto di un quadretto familiare che ricorda quello di "Radio Days", seppur trasposto in un assai più asettico ambiente borghese. Non la rumorosa "tribù" alleniana, dunque, ma una più bergmaniana famiglia a disagio nel gestire i sentimenti, e di cui, alla fine, il non detto finirà per travolgere l'unità.
Cinema che parla di cinema, si diceva, con più "Hugo Cabret" che Godard, più "Amarcord" che "8½", e dove, non sorprendentemente, le citazioni abbondano per la gioia del cinefili: da Cecil B. DeMille, passando per l'autocitazione schindleriana "io ti perdono", fino al sontuoso cameo finale di David Lynch nei panni di John Ford che esorta il protagonista a "cercare l'orizzonte": sicuramente il momento più alto del film.
Al botteghino "The Fabelmans" è stato un flop: il peggior risultato finanziario di sempre per un film diretto e prodotto da Spielberg. Anche in questo caso, direi, non sorprendentemente. E davvero non saprei che motivo migliore darvi per incoraggiarvi a vederlo.
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peppy86
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sabato 4 febbraio 2023
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c’era una volta… il cinema
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Un bambino va’ per la prima volta al cinema. Si spaventa, torna a casa e assieme alla madre gira la stessa scena che lo aveva tanto spaventato in sala.
Comprendendo la finzione cinematografica, il bambino esorcizza le sue paure e da quel momento in poi saprà di dover diventare un regista.
Ma mi raccomando, mai mettere l’orizzonte al centro dell’inquadratura!
Un capolavoro.
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gisella
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giovedì 2 febbraio 2023
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lungo,lento e che “non parte mai”
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Non lo so,non l’ho capito questo film che non decolla mai ma che si fa sentire nei dolori posturali delle due ore e mezza di controversie con la poltrona del cinema.. Perché quando il film non catalizza si fa sentire estremamente scomoda.
Un’autobiografia che mi pare abbia fatto più per se stesso che per il pubblico che ne coglie solo la parte superficiale di personaggi poco rilevanti nella narrazione come i camei buttati lì della nonna austera ,lo zio esaltato che riappare dopo anni e scompare di nuovo dopo un paio di giorni passati in famiglia, o la fidanzata invasata.. Sì avranno un senso per lui ma non per il pubblico che non li comprende appieno. Posso dire che le immagini erano belle,lo spaccato di vita della tipica famiglia americana borghese di quegli anni ma non tanto di più.
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Non lo so,non l’ho capito questo film che non decolla mai ma che si fa sentire nei dolori posturali delle due ore e mezza di controversie con la poltrona del cinema.. Perché quando il film non catalizza si fa sentire estremamente scomoda.
Un’autobiografia che mi pare abbia fatto più per se stesso che per il pubblico che ne coglie solo la parte superficiale di personaggi poco rilevanti nella narrazione come i camei buttati lì della nonna austera ,lo zio esaltato che riappare dopo anni e scompare di nuovo dopo un paio di giorni passati in famiglia, o la fidanzata invasata.. Sì avranno un senso per lui ma non per il pubblico che non li comprende appieno. Posso dire che le immagini erano belle,lo spaccato di vita della tipica famiglia americana borghese di quegli anni ma non tanto di più.. Boh!
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rosmersholm
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lunedì 16 gennaio 2023
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innocuo
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Tra autobiografia e finzione, il film gradevole e innocuo di un vecchio boy scout. Una stella in più per l'aggiustamento della MdP nell'ultima inquadratura, unica zampata del cineasta.
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clod
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sabato 14 gennaio 2023
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un grande mestiere
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permette di realizzare opere gradevoli e interessanti ma non è sufficiente a generare capolavori, come purtroppo si conferma in questo film di Spielberg.
Quello che non funziona e convince è la convenzionalità un pò scontata della vicenda narrata e la confezione impeccabilmente leccata ma senza alcun guizzo e in fondo senza coraggio. L'autocompiacimento del regista risulta così un pò fuori misura: tale vezzo infatti si può perdonare ad un Michelangelo, ma non a un Pinturicchio.
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