Il potere del cane

   
   
   

Wandervogel nel Montana Valutazione 3 stelle su cinque

di carlosantoni


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venerdì 10 dicembre 2021

La Campion dà un titolo inutilmente involuto a un film senz’altro degno di nota. Ho letto del significato del titolo, relato a un versetto biblico del cui senso, francamente, molto francamente, penso si possa fare a meno. Il film sarebbe bello e interessante anche se fosse intitolato: “Laggiù nel Montana, fra mandrie e cowboys, c’è sempre qualcuno di troppo fra noi”. O, più sinteticamente: “Diversi ma uguali”, come in “Palombella rossa” di Moretti, salvo che qui diversi ma uguali andrebbe inteso in altra accezione.
All’inizio del film ci sono due fratelli che non si somigliano in niente, il protagonista Phil, e Jesse. La loro polarità è messa in chiaro fin da subito da Phil, che per descriverla dice: “Siamo Romolo e Remo”.
Questa polarità lascia poi spazio, nello sdipanarsi della trama, al rapporto apparentemente polare, ma che pian piano risulta essere collaterale, fra Phil stesso e il giovane efebico Peter. Al fondo della storia c’è l’omosessualità: abbastanza esplicita e pacificamente vissuta dal giovane Peter, e quella invece mimetica e probabilmente negata di Phil. Il fatto è che Phil, crocevia delle molteplici relazioni interpersonali della storia, la sua sostanziale omosessualità la vive alla maniera dei Greci, in particolare direi degli Spartani, ossia come affermazione omosessuale (non sembri un paradosso) del primato del maschio sulla femmina: e così come nella Grecia antica la donna contava poco o niente, se non era l’Aspasia di Pericle, ed era relegata alla funzione di serva e mero strumento riproduttivo, ecco che nel Montana del 1920 la donna o è serva di casa, o puttana da saloon, o ubriacona approfittatrice. Meno male, deve pensare Phil, ci siamo noi maschi! Maschi come genere, certamente, ma non certo eterosessuali.
E come gli antichi Greci in genere e gli Spartani in particolare, anche Phil unisce alla marcata misoginia un’ottima dose di razzismo e di violenza.
Il racconto è colto, la Campion fa (almeno credo) evidente riferimento alla contemporanea vicenda tedesca dei Wandervogel, alla loro ideologia circa il primato della natura, al rapporto individuale e collettivo (soprattutto fra maschi) con l’ambiente naturale, al ripudio di tutto ciò che è “Bildung”, ancor più “Civilisation”. Come i giovani studenti maschi tedeschi suoi contemporanei, anche Phil rifugge dalle costrizioni culturali e sociali: è colto e intelligente, ma vuol esserlo in modo rozzo e spontaneo. Di famiglia molto facoltosa di allevatori, se lo volesse potrebbe vivere da perfetto borghese come il fratello George, solo che lui non lo vuole affatto: ci sono riviste, che tiene nascoste, che parlano e mostrano corpi nudi maschili, muscolosi, allenati, ginnici, lui se ne sente attratto. Porta i suoi vaqueros, o cowboys, a pranzare e a divertirsi con le donne di un saloon, ma lui non si concede a tali sollazzi, l’eterosessualità non lo stimola affatto, disprezza le donne: fa sua un’idea “maschia” dell’omosessualità, ed è seguendo questa traccia che cerca di fare da anfitrione al giovane Peter, il quale è sì’ omosessuale come lui, ma non ci pensa affatto a essere perciò “maschio”, cioè a vivere in un mondo ripulito dalle femmine: a lui, così intimamente femmineo, le femmine non danno per niente noia, anzi…
Trovo bellissima la trovata stilistica per cui, quando ad un certo punto Phil si apparta, per raggiungere un lago nascosto in cui bagnarsi, ecco che per raggiungerlo deve scoprire l’ingresso di un pertugio, penetrare in un budello fatto di vecchi rami di alberi caduti, sfociare dall’altra parte, proprio come “Alice in Wonderland”: “Wandervogel”, “Wonderland”… Sono percorsi d’iniziazione. Dall’altra parte, si denuda e in silenzio si cosparge il corpo di melma, cioè ci si mimetizza, poi ci si tuffa nell’acqua immota e fredda di un laghetto, riemerge, e con altri compari si sdraia nudo sull’erba, mentre altri cavalcano a pelo, corpo umano contro corpo equino, in un tutto indistinto, dove il tutto pare convivere in totale armonia.
Jane Campion descrive nel film questo duplice modo di vivere la propria omosessualità, e del conflitto che inevitabilmente ne esce. Parrebbe di capire (ma la mia è solo un’ipotesi) che chi la vive spontaneamente come Peter, senza troppe sovrastrutture, alla fine, contro ogni apparenza, risulta essere il più forte: perciò prevale.
Notevole la prova degli attori, soprattutto di Benedict Cumberbatch. Eccellente la fotografia, e non solo sugli esterni, che sono spettacolari, ma anche sugl’interni e sui lenti primi piani. Intelligente la colonna sonora, costruita intorno a brani di musica elettronica algida, rattenuta, che niente concede alla commozione.

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