Anno | 2021 |
Genere | Docu-fiction, |
Produzione | Italia |
Regia di | Claudio D’Elia |
Distribuzione | Draka |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento domenica 21 novembre 2021
Il film punta l'attenzione su le problematiche, le cause e le conseguenze della dispersione scolastica.
CONSIGLIATO SÌ
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Che cosa sognano i ragazzi oggi? Perché molti abbandonano la scuola? E che cosa fa la comunità per impedire questo scolastico? A chiederselo è il documentario Sogni di carta di Claudio D'Elia realizzato grazie al progetto V.E.R.S.O.A del Consorzio Sintesi e selezionato da Con i Bambini, che utilizza un finanziamento del Fondo di contrasto alla povertà educativa minorile per lavorare sul territorio nazionale, e in particolare le arre periferiche del Sud, per creare un modello di intervento che rimuova gli ostacoli all'educazione dei minori. Nel documentario l'attrice 25enne Alice Sabatini si aggira per città come Palermo e Bari chiedendo a genitori, insegnanti e ragazzi il loro parere sul valore dell'istruzione, e cerca di capire il motivo del rischio di dispersione scolastica che, come dirà una religiosa molto attenta agli studenti, "non è solo assenza fisica, ma anche dispersione delle energie cognitive dei ragazzi".
D'Elia ha molte intuizioni grafiche intelligenti, dall'utilizzo dell'animazione a quello dei disegni e delle scritte sui muri - tutti veicoli espressivi molto amati dai giovani, e da loro scelti per manifestare tanto ribellione quanto creatività - a quello di musiche che fanno parte del panorama acustico dei ragazzi, compreso un rap riportato per intero.
Sabatini, con evidente empatia naturale e senza nessuno degli atteggiamenti divistici che si potevano temere da una ex Miss Italia, avvicina con diplomazia i suoi interlocutori e li ascolta senza giudicare: e loro si lasciano andare all'emotività di un argomento che tocca da vicino tutti i diretti interessati.
Protetti dall'anonimato, sotto cappucci o dietro a pareti, mamme, docenti e studenti (o ex studenti) si raccontano con onestà e senza filtri. "La scuola non serve a niente", dice un ragazzo celato da un muro, che potrebbe essere uscito da una striscia di Zerocalcare. E a poco a poco più che l'inadempienza delle scuole (che pure viene tirata in ballo come uno dei motivi dell'abbandono dei ragazzi) emerge il senso di inadeguatezza degli studenti, la loro paura e scarsa autostima, la fragilità emotiva e la scarsa conoscenza di sé, l'incertezza del futuro e il terrore del fallimento.
"Se leggo mi sale l'ansia", dice un ragazzo intervistato, e il passaggio dalla lettura dei testi scolastici a quella dei device tecnologici viene esaminata senza demonizzarla, ma individuandola correttamente come una via di fuga dalla realtà e un modo di isolarsi, invece che uno strumento per imparare. "Bisogna far nascere l'amore per lo studio", ricorda un'insegnante, "stimolare il desiderio della conoscenza, perché in un contesto di povertà i ragazzi sono presi da altro". E il rischio è che gli studenti si creino un mondo parallelo dove "si fa finta di vivere in compagnia", "una camera blindata di protezione" che è anche ostacolo alla socialità, oltre che all'apprendimento.
La contromisura a questo allontanamento dalla scuola, suggerisce il documentario, passa attraverso il rafforzamento (o la creazione ex novo) di una comunità educante, dove "tutta la società - famiglia, scuola, ma anche vicini di casa o negozianti di quartiere - si prende cura dei propri ragazzi". Una società che collabora all'educazione dei figli, anche quelli degli altri, radicata nel territorio, e impegnata a fare da antidoto a pericolose sirene, come quella della criminalità.