
Ispirato alla famosa serie omonima di Ingmar Bergman ma adattata ai giorni nostri. In anteprima alla Mostra del Cinema di Venezia e su Sky dal 20 settembre.
di Marianna Cappi
Le sei scene da un matrimonio che Bergman concepì per la televisione svedese nel 1973, e poi ridusse anche in una più contenuta versione cinematografica, diventano, quasi cinquant'anni dopo, cinque episodi targati HBO e affidati al creatore di In treatment e The Affair (non due titoli a caso) Hagai Levi.
Levi si smarca, naturalmente, dal confronto con l'originale, non solo per il timore reverenziale che avrebbe suscitato in chiunque, ma anche solo perché l'indagine sentimentale di Bergman affondava le radici in un altro tempo e in un'altra società. Eppure non vuole che questo scarto abbia il sapore di una presa di distanza e costruisce, al contrario, un complesso omaggio al lavoro del maestro svedeese, recuperando non solo a grandi linee ciò che accade alla coppia protagonista (con la decisiva, fondamentale inversione dei ruoli tra maschile e femminile) ma anche tanti piccoli elementi, un divano verde, una stringa di parole, una bottiglia di vodka, che entrano nel testo modificati e rimodernati ma carichi di un sentimento di appartenenza.
Jonathan e Mira non sono Johan e Marianne, il ruolo della donna è cambiato, il lavoro e il denaro hanno preso un altro spazio nella vita e nella conversazione, anche il sentire maschile è cambiato, e Hagai Levi non desidera misurare più tanto il prezzo (anche pragmatico) dell'unione matrimoniale, quanto quello psicologico della separazione.
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