Blindspotting

Ashley è una giovane madre afroamericana che, tra alti e bassi, vive una vita serena a Oakland. Inaspettatamente, tornando a casa per festeggiare il Capodanno, si ritrova la polizia sull'uscio, pronta ad arrestare il suo compagno, Miles, padre di suo figlio. Costretta ad abbandonare la sua abitazione, l'unica soluzione sarà rifugiarsi nella casa della suocera e della sorellastra del marito, dove sarà ricatapultata nella realtà del ghetto.

Attraverso questo spostamento del focus sul personaggio femminile, la serie è in grado di estendere l'universo narrativo creato nell'omonimo film da cui trae origine, attraverso delle scelte formali molto riconoscibili.

Blindspotting, distribuita da Starzplay, nasce infatti come spin-off, ed è in effetti un ottimo esempio di come dovrebbe svilupparsi un prodotto di questo tipo: riconoscendo i punti di forza del prodotto originale, riutilizzandoli e variandoli al fine di creare qualcosa di nuovo. Creata e prodotta da David Diggs e Rafael Casal, come nel film i due interpretano due ruoli fondamentali anche nella serie, seppur in questo caso l'attenzione si sposti totalmente sul personaggio femminile di Ashley (Jasmine Cephan Jones), che nel film aveva avuto un posto marginale nella storia, seppur importante.

Il film di Diggs e Casal si era già fatto notare nel 2018 (con alcune importanti nomination, tra cui Sundance Film Festival e Directors Guild of America), dove i due interpreti e sceneggiatori avevano portato in scena, per mezzo di un linguaggio estremamente accessibile e vicino alla realtà e alla cultura afroamericane, alcuni punti di vista desueti sulla condizione della popolazione afroamericana negli Stati Uniti d'America del Ventunesimo Secolo. Rendendo impercettibile il passaggio dal dialogo ai pensieri espressi ad alta voce da Collin (interpretato da Diggs), attraverso frasi ritmate e rime tipiche del rap, il film era stato capace di individuare quel limite di ostilità che chi non vive la condizione della discriminazione non può comprendere, ma solo intuire.

Lo spin-off ripropone questo liminare processo di individuazione, cogliendo un punto di vista forse più complesso. Se nel film il colore della pelle è un carattere ineluttabile di distinzione, nella serie il genere della protagonista aggiunge un piano di distinzione più complesso e articolato, che si sviluppa abilmente attraverso le relazioni e i dialoghi forzati della protagonista con le due donne presenti in casa: una madre positiva, effervescente e sui generis (Helen Hunt) e una cognata che, al contrario di Ashley, assume su di sé e accetta le proprie origini, fungendo da principale elemento di scontro e, quindi, di crescita per la protagonista.

A tale difficoltà si risponde riprendendo le caratteristiche sostanziali del film (il rap, la commistione tra drama e comedy, l'ibridazione accennata tra generi da cui prevale il racconto sociale e infine la denuncia) e accentuando alcuni elementi formali. Se nel film la denuncia passava attraverso un umorismo assurdo mescolato al dramma, nella serie il dramedy diventa quasi surreale, forte della presenza di una effervescente Helen Hunt. Se nel film il passaggio dal dialogo al rap, espresso da Collin come un flusso di coscienza, era quasi impercettibile, nello spin-off esso è denunciato: Ashley guarda in macchina, le rime sono più musicali e lo scopo è quello di inviare direttamente il messaggio a uno spettatore che, data la piattaforma, è più attivo.

La presenza, inoltre, di balli e danze mescolati alla diegesi del racconto in maniera omogenea è un chiaro riferimento alla strategia adottata dal film, che proprio attraverso questi passaggi impercettibili tra finzione e realtà fu in grado di mostrare una verità fin troppo spesso nascosta. La serie propone un simile punto di vista, trasversale, sugli attuali Stati Uniti, feriti da una distinzione sociale che richiede, tanto nella serie quanto nella realtà, una "riunione di famiglia" che comporterà dolore, ma che è inevitabile per venire a patti con se stessi e, finalmente, conoscersi. 