alberto antonelli
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domenica 7 novembre 2021
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il futuro sarà anche peggiore.
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Il primo spettacolo che finalmente torniamo a goderci è Nomadland con la straordinaria performance di Frances McDormand. E’ proprio così, se molti altri film scompaiono evaporando lentamente come all’evidenza della terza età, quelli di Frances restano aggrappati saldamente tra i migliori ricordi delle narrazioni cinematografiche. Indimenticabile lo é nel carattere di un personaggio tragico, vitale e realistico la cui vicenda conduce nel cuore della storia sociale Americana degli ultimi quarant’anni: il declino della grande industria automobilistica del midwest, gli scandali finanziari di Wall Street e di una politica miope e criminale che insieme hanno segnato la fine della classe media, contribuendo in definitiva ad accompagnare alla tomba il cadavere del mito americano.
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Il primo spettacolo che finalmente torniamo a goderci è Nomadland con la straordinaria performance di Frances McDormand. E’ proprio così, se molti altri film scompaiono evaporando lentamente come all’evidenza della terza età, quelli di Frances restano aggrappati saldamente tra i migliori ricordi delle narrazioni cinematografiche. Indimenticabile lo é nel carattere di un personaggio tragico, vitale e realistico la cui vicenda conduce nel cuore della storia sociale Americana degli ultimi quarant’anni: il declino della grande industria automobilistica del midwest, gli scandali finanziari di Wall Street e di una politica miope e criminale che insieme hanno segnato la fine della classe media, contribuendo in definitiva ad accompagnare alla tomba il cadavere del mito americano. Anche l’America è molto cambiata, non è più leader nemmeno in politica estera e il carattere egocentrico del suo popolo le ha impedito di notare il cambiamento che avveniva principalmente oltre i suoi confini.
Fern diviene un simbolo potente, l’archetipo del cittadino accusato, processato e condannato dinanzi al tribunale del capitale ed alle leggi implacabili dei mercati globali. Oltre la perdita dell’abilità giovanile, di un orizzonte incerto nascosto dai fumi della catastrofe ambientale annunciata, le resta soltanto la strenua volontà di sopravvivere attraverso la ritrovata socialità dei compagni di sventura che ne condividono avversità, senilità e stenti. Lasciamo la sala con un profondo senso di privazione. Tuttavia c’è una riflessione che chiede di essere ascoltata, al cui carattere di urgenza non possiamo sottrarci. L’idea tormentosa della dualità del personaggio/interprete dinanzi al problema sollevato dal film: Il contrasto stridente fra ogni opulenza – anche quella Hollywoodiana - e l’indigenza delle donne e uomini di cui si racconta, ripropone il dilemma dell’incontro/scontro fra chi ha troppo e chi non ha nulla. Per coloro che prediligono lo spettacolo di evasione, vorrei insistere sulla qualità delle pellicole che stimolano il ragionamento ed il pensiero critico, una prerogativa che aiuta a compiere scelte più consapevoli.
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greta martin
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sabato 27 novembre 2021
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alla ricerca di sè
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Nomadland è un film pluripremiato della regista Chloe Zhao. Nel momento della sua uscita fece molto parlare di sé.
Principalmente caratterizzato da una fotografia e una color dalle tonalità fredde, soprattutto negli ambienti esterni, e dalle tonalità calde, in particolar modo dell’interno del suo caravan.
Il suo piccolo e ormai datato caravan era l’unica cosa che gli rimaneva, avendo perso sia il lavoro che il marito, nel 2008, dopo tantissimi anni di duro servizio e vita insieme, la protagonista Fern si è ritrovata completamente da sola, ed è così che cerca di rendere calda e accogliente la sua umile dimora che con amore cerca di migliorare.
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Nomadland è un film pluripremiato della regista Chloe Zhao. Nel momento della sua uscita fece molto parlare di sé.
Principalmente caratterizzato da una fotografia e una color dalle tonalità fredde, soprattutto negli ambienti esterni, e dalle tonalità calde, in particolar modo dell’interno del suo caravan.
Il suo piccolo e ormai datato caravan era l’unica cosa che gli rimaneva, avendo perso sia il lavoro che il marito, nel 2008, dopo tantissimi anni di duro servizio e vita insieme, la protagonista Fern si è ritrovata completamente da sola, ed è così che cerca di rendere calda e accogliente la sua umile dimora che con amore cerca di migliorare.
Il film è costituito da una sceneggiatura impeccabile: toccanti e significativi sono i brevi dialoghi che la protagonista avrà con vecchi conoscenti, la famiglia e i nuovi amici che incontra per strada o nei lavoretti che si appresta a compiere.
Dal contatto con queste poche persone in realtà Fern non cercherà di legarsi, e anzi, nel momento in cui se ne accorge, come nel caso dell’amico Dave, se ne allontana non volendo affezionarsi, consapevole che gli affetti la renderebbero ancora più debole.
D’altronde in tutta la sua interezza fuoriesce una debolezza non tanto caratteriale di Fern, che invece con la sua tenacia non vuole lasciare la realtà a lei cara, ma dimostra invece una debolezza del paese e della società odierna che via via si disinteressa dell’individuo, delle sue necessità umane e dei suoi bisogni primari, ma lo giudica e abbandona: diversi impieghi sono stati negati a Fern solo perché dal suo aspetto e dagli abiti indossati poteva apparire come una nomade.
La società piccolo-borghese mostra di essere sola, priva di sentimenti e in balia del consumismo come esce dalle cene con la sorella o nella famiglia di Dave: la nuora di Dave, una ragazza giovanissima si è sposata con il figlio molto più grande di lei. La tavola è perfettamente imbandita con una quantità di cibo sproporzionata essendo un giorno di festa. Inoltre l’unico vanto di queste famiglie è di tenere delle case che hanno esclusivamente grazie a dei prestiti che gli sono stati forniti dalla banca.
Fern invece non ha debiti, nemmeno verso sé stessa, perché riesce a vivere e a visitare i luoghi che vuole vedere, non rimandando al domani perché il domani potrebbe non venire mai.
Il film quindi, è un inno alla vita, ma anche alla natura che durante tutte e scene è la chiave dominante: distese immense, desertiche che mostrano quanto la natura possa essere avara, ma al contempo piena di vita e significato. Una natura ancora non molto contaminata, proprio perché priva dell’essere umano che invece, non fa altro che deturparla e che non ne ha rispetto, come dimostra una delle mansioni che si ritrova Fern a svolgere, ovvero il raccogliere la spazzatura gettata dai turisti e dalle famiglie.
Il montaggio è molto lento rendendo il film di quasi due ore, non adatto agli spettatori che preferiscono maggiore movimento, ma questo permette di permeare nella realtà e nel pensiero della protagonista.
La colonna sonora è delicatissima e con degli accompagnamenti musicali al pianoforte di Ludovico Einaudi che riescono a dare maggiore ritmo e trasporto all’interno delle scene.
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gelindo
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lunedì 3 aprile 2023
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vietato agli aver 60
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Due cose
Il film
E’ stato detto molto e in nulla potrei contribuire a molte savie e documentate review già scritte.
Solo mi permetto aggiungere che, visto dalla prospettiva di un coetaneo, è un film che andrebbe centellinato, talmente sconfortante che solo chi NON ha quell’età (Zhao ha 40 anni) o quei problemi (insomma, Mcdormand è brava, ma certo non avrà bisogno di far lavoretti saltuari) può proporne una visione “senza limitì d’eta”.
Esagerando, direi quasi che andrebbe sconsigliata la visione o, come nei famosi bugiardini dei farmaci, annunciati possibili effetti avversi per chi ha più di 60-65 anni.
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Due cose
Il film
E’ stato detto molto e in nulla potrei contribuire a molte savie e documentate review già scritte.
Solo mi permetto aggiungere che, visto dalla prospettiva di un coetaneo, è un film che andrebbe centellinato, talmente sconfortante che solo chi NON ha quell’età (Zhao ha 40 anni) o quei problemi (insomma, Mcdormand è brava, ma certo non avrà bisogno di far lavoretti saltuari) può proporne una visione “senza limitì d’eta”.
Esagerando, direi quasi che andrebbe sconsigliata la visione o, come nei famosi bugiardini dei farmaci, annunciati possibili effetti avversi per chi ha più di 60-65 anni. Poi ...contenti voi.
Eppure Fern (Felce in italiano...insomma quelle piante ancestrali che si riproducono con un sistema non sessuale), a differenza di altri protagonisti, a differenza di molti altri, ovunque, ha una sorella benestante che l’accoglie. Ha qualcuno che la può aiutare. Ad altri non resta che il popolo di nomadland....e fortuna che esiste.
Il contesto
Quello geografico SI conta.
Il popolo di nomadland è un popolo del limbo. Strettamente ne rurale ne urbano. E’ quello dei centri intermedi, dei borghi che si spopolano. Della provincia.
Ma non immaginiamo quella italiana. Gli USA hanno 30 abitanti per km2, l’italia più di 200.
Diversa è invece l’analisi sociale.
Molti hanno usato la triste parabola del film per parlare della solita, addirittura, “tomba del mito americano” o del “fantasma del capitalismo”.
Forse. Io non lo credo.
Credo che il mito americano, o quello della classe media in generale, sia in realtà un’invenzione, bella ma durata poco...nel caso italiano diciamo dagli anni 80 fino ai primi anni 2000??
Ora, per esempio in Italia, pensiamo che tutto ciò sia immutabile. Che l’isola Italia potrà, dovrà, deve tornare ad essere quel vulcano effervescente sempre di nuovi diritti che era negli anni 70 e 80. Ignorando un mondo, miliardi di individui, che scalpita per aver anche lui parte di questi diritti e i loro benefit...e forse non c’è ne posto ne risorse per tutti.
C’è però poi anche l’analisi politica.
Il mito americano, nella tomba o già fantasma, stranamente permette di fare film come questo ad una migrante cinese. Permette a migliaia di nomadland, di girare senza limitazioni.
Non è cosi ovunque. Nelle luminose tirannie a cui forse si ispirano quegli enunciatori della “tomba del mito americano e del capitalismo”, ciò non avviene. Ne si produce il film, ne esistono i nomadland. Semplicemente perchè solo esiste l’oblio.
O andate in Cina o Russia a vedere che succede a quelli che non sono più “utili” alla società.
Date retta. Meglio anche solo aver la prospettiva di poter fare il nomadland, che l’oblio cinese o russo.
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urbansolitude
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martedì 11 giugno 2024
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nomadland, coraggioso ma non troppo.
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Fern (il meritato premio Oscar Frances McDormand) viene travolta dalla chiusura della fabbrica di cartongesso in cui il marito lavorava. Il destino si accanisce su di lei. Rimasta vedova in una cittadella fantasma nel bel mezzo del deserto del Nevada dove i meccanismi del capitalismo più bieco che costruisce città e quartieri su misura del profitto, hanno deciso la nascita prima, e il totale abbandono poi, dell'insediamento urbano nato esclusivamente attorno a quella attività economica senza prospettarle alcuna soluzione alternativa, Fern rimane priva di una casa dove poter stare. Attraversa così gli Stati Uniti con il suo furgone, portando con sé solo alcuni scatoloni e ricordi indelebili.
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Fern (il meritato premio Oscar Frances McDormand) viene travolta dalla chiusura della fabbrica di cartongesso in cui il marito lavorava. Il destino si accanisce su di lei. Rimasta vedova in una cittadella fantasma nel bel mezzo del deserto del Nevada dove i meccanismi del capitalismo più bieco che costruisce città e quartieri su misura del profitto, hanno deciso la nascita prima, e il totale abbandono poi, dell'insediamento urbano nato esclusivamente attorno a quella attività economica senza prospettarle alcuna soluzione alternativa, Fern rimane priva di una casa dove poter stare. Attraversa così gli Stati Uniti con il suo furgone, portando con sé solo alcuni scatoloni e ricordi indelebili. Il suo volto segnato dal dolore incrocia storie di senzatetto come lei.
Il suo senso di dignità e orgoglio la conducono in un ginepraio di lavori precari e sottopagati, e a dover rifiutare ogni aiuto stabile per la paura che un ennesimo terremoto, come un lutto o un rifiuto, possa farla ripiombare nella disperazione. Anche se Fern è una donna forte e tenace, la sua esistenza appare inesorabilmente così fragile.
Anche se possono a tratti sembrarlo, le storie che si innestano nel film non sono scelte di vita, così come capiamo col passare delle sequenze che anche quella di Fern non può esserlo.
È una tappa obbligata, un girone dell'inferno sulla Terra alla quale esseri umani esausti e incompresi, si rifugiano ma per sognare un futuro migliore che non sembra essere a portata di mano, in cui intravedono fantasmi del passato e timori futuri.
Gli scenari mozzafiato in cui Fern è immersa sono un'intenzionale pugno nello stomaco alla crudezza della sua vita costantemente sul filo del rasoio. I lunghi silenzi di questa notevole pellicola non lasciano alcuno scampo alla superficialità o alla sottovalutazione dello spettatore.
E mentre si riflette tra dialoghi volutamente sospesi e un montaggio netto che ci richiama alla responsabilità di una società dove le istituzioni lasciano indietro esclusione e marginalità, si è immersi in quella quotidianità così scarna e drammatica fino a temere che la protagonista possa non farcela.
Il film non si perde nella retorica e né si piange addosso ma lascia che a parlare siano il susseguirsi degli eventi, l'alienazione dell'essere umano, il contrasto tra la miseria e il benessere anche ostentato di chi prospetta a se stesso rendite immobiliari.
La direzione della fotografia si sposa benissimo con ogni singolo istante nel quale i volti dei senzatetto, che non hanno mai perso una piccola speranza di felicità, ci riconsegnano l'immagine di una condizione esistenziale piena di ingegno, fratellanza, interessi e decoro.
Chloé Zhao alla regia ci indica i veri miserabili di questa storia. Non sono Fern o le sue amiche altrettanto povere e sorridenti. Sono i grandi assenti, che nella spietata prossemica diventano colpevoli di qualcosa che non c'è, e che si ostinano a mettere al centro di tutto l'idolatria del denaro nella falsa narrazione dei vincenti.
Premiato con il Leone d'oro alla 77ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, il Golden Globe per il miglior film drammatico e per la miglior regista, oltre a tre premi Oscar, rispettivamente per il miglior film, la miglior regia e la migliore attrice protagonista, Nomadland sarebbe potuto essere un capolavoro se la sceneggiatura, nata da un adattamento dall'omonimo libro della giornalista Jessica Bruder, fosse stata un po' più coraggiosa, caratterizzando anche la legittima rabbia di quei personaggi ingiustamente dimenticati e su cui ruota la trama del film, comprensibile rabbia che ritroviamo ad esempio in altri personaggi cinematografici, come ad esempio in Erin Brockovich.
Le ferite dell'anima dei vari protagonisti del film riusciamo persino a respirarle minuto dopo minuto. Non si tratta di inguaribili bohémiennes, eppure sembra che il plot narrativo sia stato elaborato per tenere sopito qualsiasi intento più marcatamente politico.
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xerox
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domenica 7 luglio 2024
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alla rispettabile età...
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... di 66 anni, Dio o chi per lui, ha voluto farmi realizzare un sogno della mia vita: un viaggio negli Stati Uniti. Sono stato in California, Nevada, Utah, Arizona. E' da quando ero alto una buatta (scatola) di pelati che vedo foto dell'America, documentari dell'America, miliardi di films dell'America. Che sento i racconti dell'America dalle mie zie partite negli anni '50 e '60 per New York. E adesso, finalmente, ho potuto esserci DI PERSONA! Tutta questa pappardella (di cui immagino freghi niente a nessuno), per dirvi qualcosa sul film...
La cosa fondamentale da dire, cari amici di My movies, è che non esistono foto, non esistono documentari, non esistono films, che possano soltanto lontanamente dare un'idea di quello che vedi e senti quando sei li.
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... di 66 anni, Dio o chi per lui, ha voluto farmi realizzare un sogno della mia vita: un viaggio negli Stati Uniti. Sono stato in California, Nevada, Utah, Arizona. E' da quando ero alto una buatta (scatola) di pelati che vedo foto dell'America, documentari dell'America, miliardi di films dell'America. Che sento i racconti dell'America dalle mie zie partite negli anni '50 e '60 per New York. E adesso, finalmente, ho potuto esserci DI PERSONA! Tutta questa pappardella (di cui immagino freghi niente a nessuno), per dirvi qualcosa sul film...
La cosa fondamentale da dire, cari amici di My movies, è che non esistono foto, non esistono documentari, non esistono films, che possano soltanto lontanamente dare un'idea di quello che vedi e senti quando sei li. Devi essere li con i tuoi occhi, le tue orecchie, i tuoi sensi per capire che cos'è il blu infinito dei cieli dei canyons e dei deserti, macchiati da nuvole bianche come neve. Certi panorami come quello di Dead Horse Point (ricordate il volo della macchina di Thelma e Louise alla fine del film?) che fanno immaginare la nascita del nostro pianeta. L'emozione di abbracciare una sequoia (come fa Fern nel film). Gli spazi infiniti, infiniti, infiniti. Come i silenzi, rotti solo dagli uccelli e dai rapaci. L'America è quando la natura ci si mette proprio d'impegno a ricordarti che sei una caccoletta. In ogni istante del film, Fern sembra comunicarci l'assoluto fascino che questa natura travolgente esercita sull'essere umano. Fascino che ci rende incapaci di immaginarci in una normale comunità tradizionale.
Grandissima McDormand, ma indimenticabili anche gli altri suoi compagni di viaggio, di struggente umanità.
Bellissimo film, bellissima McDormand, ma soprattutto strabellissima America.
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taty23
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mercoledì 12 maggio 2021
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nomadland –nella terra dei nomadi moderni
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Il film Nomadland segue la storia di Fern(Frances McDormand) nella Grande recessione.
La donna è una vedova sessantenne che è stata obbligata a lasciare la cittadina industriale di Empire, in Nevada, perché la fabbrica a cui faceva riferimento e in cui lavorava il marito, viene chiusa. Da quel momento, ormai senza una dimora fissa, gira per gli Stati Uniti vivendo alla giornata nel suo furgone che ormai chiama casa. Incontrerà varie persone sul suo cammino, che per necessità o per scelta hanno intrapreso lo stesso percorso.
“Non ci sono addii. Ci vediamo lungo la strada”
Nomadland – Approfondimenti
Il film Nomadland ha conquistato vari premi, tra cui tre premi Oscar come miglior film, miglior regia, miglior attrice e miglior film al Festival di Venezia dov’è stato presentato.
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Il film Nomadland segue la storia di Fern(Frances McDormand) nella Grande recessione.
La donna è una vedova sessantenne che è stata obbligata a lasciare la cittadina industriale di Empire, in Nevada, perché la fabbrica a cui faceva riferimento e in cui lavorava il marito, viene chiusa. Da quel momento, ormai senza una dimora fissa, gira per gli Stati Uniti vivendo alla giornata nel suo furgone che ormai chiama casa. Incontrerà varie persone sul suo cammino, che per necessità o per scelta hanno intrapreso lo stesso percorso.
“Non ci sono addii. Ci vediamo lungo la strada”
Nomadland – Approfondimenti
Il film Nomadland ha conquistato vari premi, tra cui tre premi Oscar come miglior film, miglior regia, miglior attrice e miglior film al Festival di Venezia dov’è stato presentato.
La pellicola è un adattamento del libro Nomadland - Un racconto d'inchiesta della giornalista Jessica Bruder.
La regista Chloe Zhao si inspira al libro in maniera molto personale, tra documentario e storia di finzione sviluppa la narrazione su due livelli.
Il primo livello segue la protagonista attraverso un’America in un contesto estremo, ai margini della società in un periodo molto difficile.
Lei che si considera più una nomade che una senza tetto, vive un’esistenza fatta di lavori saltuari, piazzole di camperisti, campeggi, luoghi di fortuna dove poter parcheggiare per passare la notte.
Il secondo segue il percorso interiore di Fern, con una rielaborazione del lutto e di perdita che la porta in un circolo vizioso, ancorata ad un passato che non riesce a lasciare andare, pieno di solitudine, ricordi, qualche rimpianto. L’incontro e la condivisione delle esperienze con gli altri “nomadi” la aiuteranno a ritrovare sé stessa.
La sceneggiatura e la fotografia sono essenziali, senza essere troppo ridondanti la maggior parte delle volte. La regista propende per una ricerca di un quadro insieme piuttosto che analizzare un determinato particolare, soprattutto per quanto riguarda la fotografia, con l’utilizzo di campi lunghi o totali e con pochi inserimenti di primi piani.
Frances McDordand si cala in un personaggio a lei congeniale, non lontano da molti altri che ha interpretato nella sua carriera, che riesce a trasmettere un disagio continuo che cerca di gestire.
In conclusione
Nomadland porta sullo schermo una storia interiore, intima, di riflessione, a tratti emozionale; un road movie non solo legato alla protagonista, ma fortemente connesso con le persone e le loro esperienze di vita.
Un film che potrebbe dividere il pubblico data la tematica trattata, visto che la regista poteva approfondire ed essere un po’ più incisiva nel raccontare un determinato periodo sociopolitico.
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(di alberto antonelli)
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francesca meneghetti
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domenica 2 maggio 2021
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'cause tramps like us, baby, we were born to run
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Molti dei capolavori del cinema (e della letteratura) traggono la loro forza dal nodo inestricabile tra grande storia e vicende personale che caratterizza le trame. Gli scenari storici appassionano chi ama la lettura sociologica dei film, e li legge come specchio di una certa epoca. Le storie individuali fanno presa su chi si apre emotivamente al racconto. E sono tanto più incisive quanto riescono ad essere universali, così che tutti possano riconoscersi. Nomadland si presta a entrambi le chiavi di lettura. Può essere visto come la denuncia del capitalismo americano, che spolpa le persone finché sono in grado di produrre, per poi rigettarle ai margini della società: un sistema ghiotto di profitto, incline ad alimentare bolle speculative come quella del 2008, che finisce per trasformare aziende, quartieri, città operose in relitti deserti, per non parlare delle persone, private di lavoro, dignità, tetto.
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Molti dei capolavori del cinema (e della letteratura) traggono la loro forza dal nodo inestricabile tra grande storia e vicende personale che caratterizza le trame. Gli scenari storici appassionano chi ama la lettura sociologica dei film, e li legge come specchio di una certa epoca. Le storie individuali fanno presa su chi si apre emotivamente al racconto. E sono tanto più incisive quanto riescono ad essere universali, così che tutti possano riconoscersi. Nomadland si presta a entrambi le chiavi di lettura. Può essere visto come la denuncia del capitalismo americano, che spolpa le persone finché sono in grado di produrre, per poi rigettarle ai margini della società: un sistema ghiotto di profitto, incline ad alimentare bolle speculative come quella del 2008, che finisce per trasformare aziende, quartieri, città operose in relitti deserti, per non parlare delle persone, private di lavoro, dignità, tetto. Ma può essere anche visto come storia di un lutto. Fern, impersonata da Francis McDormand (ormai diventata bandiera delle donne che combattono con le unghie e con i denti per battaglie fondamentali, estranee a obiettivi estetici), è una donna che in questo disastro ha perso il marito. E’ sola, senza figli. Il suo dolore e la scomparsa dell’azienda del marito, in cui anche lei lavorava, la portano a lasciare la casa e a decidere di guadagnarsi la vita qua e là, facendo del furgone la sua casa. Così lavora da Amazon sotto Natale, e passa le notti gelide del Nevada infagottata da giacche e coperte, poi si sposta a sud, fino a raggiungere una comunità di nomadi, illuminati da un santone molto umano e privo di fanatismi. Diventa insomma una vagabonda. Non è asociale. Anzi, è piuttosto gentile con il prossimo (costituito in questo caso da vagabondi come lei: ciascuno con la propria storia, ciascuno con il proprio dolore), ma ha paura di legarsi. Quando avverte un legame prendere corpo attorno a lei, fugge via, per ritrovare la sua libertà, per stare sola con i propri pensieri e i propri ricordi. La rincuora lo spettacolo della natura, specie quella più indomita, selvaggia, quasi inospitale. Non è una vita facile. Tutto ciò che caratterizza la vita quotidiana (bisogni fisiologici, malattie, rotture meccaniche) è amplificato. Insopportabile per molti. Ma molti altri si adattano e vi si adagiano, in cambio di una libertà quasi totale. Come contemplare un tramonto nel deserto. Al punto che un letto morbido al chiuso o un tinello borghese diventano insopportabili. Fern corre sul filo di lama: sospesa tra il bisogno di una spiritualità indipendente, non condivisa, e il piacere di condividere cibo, vino, gesti con altri esseri umani. Il finale è aperto. Ritornando nella casa coniugale, abbandonata, polverosa, sembra intenzionata a ripartire per un altro viaggio, forse meno drammatico, consapevole del fatto che per la strada si perdono persone care e se ne trovano altre. Francis McDormand è super, anche se rischia di restare imprigionata in ruoli come questo, che però portano alla luce le battaglie dure di donne che non si possono più dire fighette, anche se magari lo sono state. Intelligente e sensibile la regia. Funzionale la fotografia.
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luca scialo
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sabato 8 maggio 2021
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l'altra america
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La regista cinese Chloé Zhao, al suo terzo lungometraggio, traspone l'omonimo libro della giornalista Jessica Bruder Nomadland - Un racconto d'inchiesta, pubblicato nel 2017. La scelta della Zhao è però quella di svuotare la storia del taglio politico che c'è sul libro, cercando invece una matrice più ottimistica. La protagonista Fern, interpretata da una sempre straordinaria Frances McDormand, si adatta con straordinaria resilienza agli eventi negativi che la vita continua a riservarle. Dalla perdita del marito a quella del lavoro, e, di conseguenza della casa. Dato che viveva ad Empire, un quartiere dotato di tutto, ideato per i dipendenti della fabbrica per cui lavorava, che ha chiuso nel 2011.
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La regista cinese Chloé Zhao, al suo terzo lungometraggio, traspone l'omonimo libro della giornalista Jessica Bruder Nomadland - Un racconto d'inchiesta, pubblicato nel 2017. La scelta della Zhao è però quella di svuotare la storia del taglio politico che c'è sul libro, cercando invece una matrice più ottimistica. La protagonista Fern, interpretata da una sempre straordinaria Frances McDormand, si adatta con straordinaria resilienza agli eventi negativi che la vita continua a riservarle. Dalla perdita del marito a quella del lavoro, e, di conseguenza della casa. Dato che viveva ad Empire, un quartiere dotato di tutto, ideato per i dipendenti della fabbrica per cui lavorava, che ha chiuso nel 2011. Fern diventa così una homeless, più che una senza tetto, dato che vive in un camper. Conosce così un autentico Guru in materia, e si aggrega di tanto in tanto ad altri "nomadi del 2000" come lei. Vincitore di un Leone d'oro a Venezia e di 3 Oscar, si presenta a tratti come un documentario, quando alcuni homeless reali vengono intervistati. Bella la fotografia degli sterminati paesaggi americani, lontani dai grattacieli che hanno preso, purtroppo, il loro posto nel rappresentare il Paese. Alla distanza, però, sembra qualcosa di già visto. Uno dei soliti film sull'altra faccia dell'America. Quella che incarna i guasti del sistema capitalista americana. Paradossalmente, a criticare tale sistema è proprio una cinese.
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cardclau
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venerdì 7 maggio 2021
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libertà e condivisione dopo che hai tutto perduto
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Questo film di Chloé Zhao è il benvenuto perché ben condotto, con un’attrice protagonista in un ruolo molto difficile, dagli elementi di pensiero piuttosto articolati, clamorosamente privo di effetti speciali, in un cinema (americano) dove negli ultimi anni, spesso, questi tendono a sostituirsi all’impoverimento delle idee. La prima protagonista è la natura, bellissima, sorprendente, di un immensamente grande. Apparentemente imperturbabile accoglie sempre anche l’antropizzazione di un capitalismo all’ultimo stadio, dove la dimensione della povertà, del lavoro precario, delle risicate risorse sociali, delle ferite irrisolte delle generazioni portate alle guerre, fanno meglio comprendere la Rivoluzione Francese.
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Questo film di Chloé Zhao è il benvenuto perché ben condotto, con un’attrice protagonista in un ruolo molto difficile, dagli elementi di pensiero piuttosto articolati, clamorosamente privo di effetti speciali, in un cinema (americano) dove negli ultimi anni, spesso, questi tendono a sostituirsi all’impoverimento delle idee. La prima protagonista è la natura, bellissima, sorprendente, di un immensamente grande. Apparentemente imperturbabile accoglie sempre anche l’antropizzazione di un capitalismo all’ultimo stadio, dove la dimensione della povertà, del lavoro precario, delle risicate risorse sociali, delle ferite irrisolte delle generazioni portate alle guerre, fanno meglio comprendere la Rivoluzione Francese. In questa atmosfera dove sogno e incubo si mescolano in modo solo in apparenza surreale, si inserisce la storia di Fern. Lei ha lavorato molti anni con l’amato marito Bo all’Empire, entrambi con dedizione, una industria di carton gesso del Nevada. Poi il marito muore di cancro, da lei assistito fino alla fine. Non hanno avuto figli. L’Empire chiude per sempre nel’88. Fern ha perso tutto, tutto troppo presto. Comincia una vita randagia fatta di un camioncino, di continui spostamenti, di lavori saltuari, di relazioni con altri simili a lei. Riguadagna, aiutata in questo dalla natura, una dimensione di libertà. Ma forse non c’è più spazio per la condivisione, forse c’è il timore di legarsi per poi tutto perdere, ancora. L’apparente componente anaffettiva di Fern suggerisce solo un grande dolore. «Nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice ne la miseria …
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fabrizio friuli
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mercoledì 5 maggio 2021
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una nomade chiamata fern
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Tutto ruota intorno ad una sessantenne americana che decide di attraversare gli Stati Uniti occidentali, avvalendosi del suo furgone/ dimora , dopo aver lasciato la città del Nevada chiamata Empire , avendo perso sia il lavoro sia il marito durante la crisi economica mondiale riconosciuta come Grande Recessione. Durante il suo percorso Fern ha modo di conoscere altre persone che , come lei , hanno deciso o sono state costrette a vivere come dei nomadi moderni , al di ruoli dei costumi sociali.
Una scena di questo film ricorda vagamente un' altra scena che appare in un film di Paolo Sorrentino intitolato Youth - la giovinezza di Paolo Sorrentino, ed è quella in cui l'attrice protagonista viene ripresa nel fiume senza indumenti, più o meno come viene ripresa Madalina Ghenea all'interno di una piscina , oppure, potrebbe trattarsi di una semplice impressione , un' altra scena degna di nota è quella dove si verifica un dialogo tra Fern ed un' altra residente della " comunità " che afferma di avere qualche mese di vita , ed anche di non voler fare ritorno all' ospedale e in un' altra scena mostra un altro dialogo tra lei e Bob , ed egli dice di aver perso suo figlio a trentatré anni a causa di un suicidio, per poi confessare che lui ha deciso di vivere come un nomade per il supporto morale dagli altri membri , in sostanza, Nomadland è provvisto di scene ben realizzate e dialoghi degni di nota , senza tralasciare igli attori che hanno dato il loro essere ai corrispettivi personaggi , tuttavia, il personaggio di Bob viene impersonato da un vandweller americano , famoso per essere diventato una fonte d' ispirazione per migliaia di persone che abbracciano uno stile di vita nomade ed anche minimalista basato sul vandwelling.
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Tutto ruota intorno ad una sessantenne americana che decide di attraversare gli Stati Uniti occidentali, avvalendosi del suo furgone/ dimora , dopo aver lasciato la città del Nevada chiamata Empire , avendo perso sia il lavoro sia il marito durante la crisi economica mondiale riconosciuta come Grande Recessione. Durante il suo percorso Fern ha modo di conoscere altre persone che , come lei , hanno deciso o sono state costrette a vivere come dei nomadi moderni , al di ruoli dei costumi sociali.
Una scena di questo film ricorda vagamente un' altra scena che appare in un film di Paolo Sorrentino intitolato Youth - la giovinezza di Paolo Sorrentino, ed è quella in cui l'attrice protagonista viene ripresa nel fiume senza indumenti, più o meno come viene ripresa Madalina Ghenea all'interno di una piscina , oppure, potrebbe trattarsi di una semplice impressione , un' altra scena degna di nota è quella dove si verifica un dialogo tra Fern ed un' altra residente della " comunità " che afferma di avere qualche mese di vita , ed anche di non voler fare ritorno all' ospedale e in un' altra scena mostra un altro dialogo tra lei e Bob , ed egli dice di aver perso suo figlio a trentatré anni a causa di un suicidio, per poi confessare che lui ha deciso di vivere come un nomade per il supporto morale dagli altri membri , in sostanza, Nomadland è provvisto di scene ben realizzate e dialoghi degni di nota , senza tralasciare igli attori che hanno dato il loro essere ai corrispettivi personaggi , tuttavia, il personaggio di Bob viene impersonato da un vandweller americano , famoso per essere diventato una fonte d' ispirazione per migliaia di persone che abbracciano uno stile di vita nomade ed anche minimalista basato sul vandwelling., ed un soggetto come Bob Wells è assolutamente idoneo per un film di questo tipo , esattamente come Frances Mcdormand si è rivelata una scelta idonea per questo lungometraggio che vanta una regia eccellente ed una sceneggiatura puramente professionale. Magari sarà munito di una lentezza "bradipale" ( come la Grande Bellezza ) , tuttavia, è giusto vedere Nomadland ed apprezzarlo , se si possiede la capacità di farlo , in caso contrario, Nomadland non è un film per tutti.
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