Nomadland

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Un film di Chloé Zhao. Con Frances McDormand, David Strathairn, Linda May, Charlene Swankie.
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Titolo originale Nomadland. Drammatico, durata 108 min. - USA 2020. - Walt Disney uscita giovedì 29 aprile 2021. MYMONETRO Nomadland * * * 1/2 - valutazione media: 3,65 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

La strada come metafora forzata di vita Valutazione 4 stelle su cinque

di Eugenio


Feedback: 33648 | altri commenti e recensioni di Eugenio
mercoledì 20 gennaio 2021

Nomadland,vincitore del Leone d’oro al Festival del cinema di Venezia di questo tormentato 2020 appena trascorso, è un film di confine, nel senso letterale del termine, dal quale sembra non poterci essere via di ritorno, un’Espiazione alla Mc Ewan dolente e terribile, un esilio privo di casa, affetti familiari e futuro. Il luogo del senso diventa sottile e incerto come la capacità di vedere oltre, di osservare ancora con gli occhi di un giovane la realtà che appare spietata e crudele e dove "le cose accadono quando le persone non stanno al loro posto dal momento l’ordine delle cose è anche la loro morte”.
Fern, una straordinaria Frances Mc Dormand veste proprio i panni di una nomade del Terzo Millennio, una persona semplice come tante oggi, ritrovatasi di punto in bianco senza lavoro per le sempre più frequenti chiusure aziendali dettate da una crisi sociale senza tempo che avvinghia come una morsa impedendo ogni respiro.
Addirittura, storia vera, la chiusura dell’azienda per cui lavora, nel Nevada rurale determina l’abbandono totale di una cittadina costruita attorno ad essa, dall’oggi al domani sparita dalla mappa, inglobata dagli arbusti e dal deserto, senza neanche più un codice postale.
Troppo “vecchia” per riuscire a trovare una nuova occupazione e troppo “giovane” per poter aspirare ad un minimo di pensione utile a garantirle un sussidio sufficiente, a Fern non resta altro che la via della strada su una roulotte, attrezzata con le vestigia di un’esistenza superstite, in cerca di lavori saltuari e una nuova vita sempre più precaria tra lacerti di un’umanità sconvolta dalla crisi ma ancora dotata di grande dignità.
È un viaggio, quello compiuto in Nomadland, opera della regista cinese cresciuta in America, Chloé Zhao, sulle strade del Far-West de-industrializzato, dotato di forte carica realistica e poetica che alterna al volto scavato e duro di Frances McDormand, una serie di visi “colti sulla strada”, i “veri” nomadi: Linda May, Swankie, Bob Wells, i cui volti rimangono incisi nella memoria.
Ma Nomadland non ragiona soltanto sull'istanza escatologica che conduce al declino morale e psichico di una persona quanto alle conseguenze che un'attività lavorativa e la relativa perdita generano nello spirito umano, istanza che si traduce in un viaggio in cerca di spazi aperti quelli ampi e sterminati del deserto entro cui Fern si muove continuamente spostandosi di ranch in ranch, città in città con una roulotte, feticcio col passato.
Cercando di superare la perdita del lavoro e della casetta aziendale, il ricordo del marito morto, secondo l'adagio che “chi viene ricordato da qualcuno non muore mai”, Fern ricerca un po' come un Kerouac della Beat Generation, nella strada la metafora di un cammino interiore e al tempo stesso di una maturazione esistenziale oltre i demoni della sua personale e travagliata vita oramai vacua dopo la morte dei sensi.
La regista indugia volutamente su un paesaggio, volutamente dell'anima, panorama quasi spettrale come può essere il deserto roccioso tra Nord Dakota e Mexico, ai cui bordi di quegli anfratti e rocce si insedia la comunità nomade di cui Fern farà parte alla stregua dei pionieri, sempre ricercando una sua precisa identità. Qualcosa che la porterà infine ad agire contro le regole del tempo forse ricercando quel sentimento di complicità denominato famiglia.
Ispirato all’omonimo romanzo di Jessica Bruder e accompagnato dalle note coinvolgenti e struggenti di Ludovico Einaudi, Nomadland è un film potente, un affresco di un'umanità dolente ma dignitosa, un apologo dei poveri d’oggi, il ceto una volta medio, ora trovatosi più indigente in una forbice che divaria e piega ma non spezza.
Perché Fern, come tutti i nuovi nomadi che dopo un giorno, un mese, un anno si ritrovano per strada (a cui il film è dedicato), ha la forza di rialzarsi e continuare ad andare e andare sempre in direzione ostinata e contraria.

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