montefalcone antonio
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lunedì 24 luglio 2023
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come on barbie, let''s go…to the real world!
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“Barbie” è il primo lungometraggio live-action dopo numerosi film animati al computer e rivolti alla tv.
Dopo un’astuta campagna promozionale, di marketing e commerciale che ha fatto crescere attese, aspettative e una vera e propria Barbie-Mania, ecco finalmente arrivare nelle sale cinematografiche l’ultimo film diretto da Greta Gerwig (“Lady Bird” e “Piccole donne”), basato sull’omonima e famosa linea di fashion doll nata dalla mente di Ruth Hendler e commercializzata dalla Mattel a partire dal 1959.
“Barbie”, sceneggiata con acume e arguzia dalla regista assieme al compagno Noah Baumbach (“Storia di un matrimonio”), è una pellicola ambiziosa in cui l’omaggio alla bambola più iconica di sempre, non solo è forte di un’estetica elegante e di un cuore surrealista intriso di ricche e colte citazioni e riferimenti cinefili, ma diventa anche occasione per ragionare su cosa significhi essere donna oggi, nonché sulle difficoltà e le lotte quotidiane che questo porta con sé.
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“Barbie” è il primo lungometraggio live-action dopo numerosi film animati al computer e rivolti alla tv.
Dopo un’astuta campagna promozionale, di marketing e commerciale che ha fatto crescere attese, aspettative e una vera e propria Barbie-Mania, ecco finalmente arrivare nelle sale cinematografiche l’ultimo film diretto da Greta Gerwig (“Lady Bird” e “Piccole donne”), basato sull’omonima e famosa linea di fashion doll nata dalla mente di Ruth Hendler e commercializzata dalla Mattel a partire dal 1959.
“Barbie”, sceneggiata con acume e arguzia dalla regista assieme al compagno Noah Baumbach (“Storia di un matrimonio”), è una pellicola ambiziosa in cui l’omaggio alla bambola più iconica di sempre, non solo è forte di un’estetica elegante e di un cuore surrealista intriso di ricche e colte citazioni e riferimenti cinefili, ma diventa anche occasione per ragionare su cosa significhi essere donna oggi, nonché sulle difficoltà e le lotte quotidiane che questo porta con sé.
L’opera non è solo celebrativa, ma è anche un mix di critica (vedi le stoccate a Hollywood, alla Mattel – qui nella figura del CEO interpretato da Will Ferrell, a tutte le umane contraddizioni) e satira sociale (i controversi standard di perfezione e bellezza associati a Barbie), oltre che un cinema che parla di emancipazione femminile direttamente dalle voci sensibili di Margot Robbie e Greta Gerwig.
In questa brillante, eccentrica e fantasiosa pellicola, la bambola più famosa al mondo sperimenta la sua crescita personale, il passaggio da un mondo utopico ad uno reale, e in sostanza la sua evoluzione nel diventareessere umana e essere donna.
La protagonista sperimenta su di sé il valore delle donne e trasmette l'impossibilità della perfezione estetica (e non solo); e soprattutto afferma un forte senso di umanesimo da dover rispettare e portare avanti.
Non può esserci consapevolezza, maturità e rinascita senza (aver provato prima) sofferenza e dolore.
Il film è godibile, divertente ma anche diseguale. Alterna momenti molto riusciti ad altri meno risolti.
I suoi più efficaci punti di forza sono l’ironia, la fotografia color pastello, la scenografia dolcemente in rosa di Barbieland, i costumi, le convincenti interpretazioni di tutto il cast, le ben coreografate sequenze musical tra canzoni e balletti (c'è anche Dua Lipa – sua la hit “Dance the Night”), la colonna sonora composta da Alexandre Desplat, alcune folgoranti idee della coinvolgente sceneggiatura (valga su tutte l’incipit rievocativo del monolite di “2001: Odissea nello spazio”).
Tra i punti di debolezza, un eccessivo peso dato sia all’aspetto “sovversivo” verso ciò che ha da sempre raffigurato e rappresentato la bambola in plastica Barbie (l’ideale di corpo femminile irrealizzabile dal comportamento consumista e anarco-capitalista), sia nei riguardi di una specifica ambizione didascalica che, se potrebbero funzionare ad affermare l’intento educativo della pellicola, dall’altra frenano parecchio la fluidità narrativa, una maggiore inventiva in essa profusa, e in definitiva la carica empatica/emozionale.
Malgrado questo non equilibrio di fondo e malgrado una mescolanza di generi, toni e registri poco coesi tra loro, la pellicola è stratificata e, andando oltre le superficiali apparenze, nasconde molto di più di quel che mostra e che si potrebbe ricavare da una sua prima lettura.
Apprezzabile sono in tal senso i concetti di esistenzialismo e individualismo che in un qualche modo sono stati argomentati e trattati negli intrecci di vicende e personaggi: sia Barbie sia Ken intraprendono percorsi simili che li porterà alla consapevolezza di se stessi, dopo essersi avventurati nel mondo reale e aver scoperto che si tratta di una società patriarcale repressiva e divergente dall'utopia matriarcale di Barbieland; un mondo reale in netto contrasto con l’autonomia di pensiero di una persona, con il rispetto dell’altro nelle sue differenze da noi, e con l’idea di ciò che ci rende umani.
Il pensarti dunque come un individuo autodeterminante ti fa mettere in discussione norme e aspettative condizionanti della società.
Inoltre, sceneggiatura, stile di regia e messinscena si muovono in modo funzionale anche al principale discorso ideologico che è alla base dell’intera opera (quell’essere semplicemente se stessi che è già abbastanza; oppure quel fatto che ogni ragazza è libera di trasformare la propria fashion doll Barbie in qualcosa di alternativo all’icona bionda ed elegante progettata originariamente dalla Mattel), però ciò malgrado lungo tutto il percorso, in precario equilibrio tra fedeltà e ribellione aziendale, rimangono un po’ troppo prigionieri di questi validi “messaggi” e della propria natura intellettuale, lasciando un po’ disordinate e disorganiche le modalità con le quali si sono affrontate le tematiche accennate, oltre che un po’ lacunosi e incompleti i loro approfondimenti (soprattutto nell'atto centrale e nell'epilogo).
Al netto di ciò, al netto di rinunce e limiti (generati anche dalla voglia di parlare a tutti e a tutte, ad ogni generazione), il film resta un intrattenimento divertente, intelligente e umanistico che si può apprezzare sia nella sua dimensione visiva-sonora, molto curata e raffinata, sia in quella più socialmente/esistenzialmente “educativa”…
Voto: 6 / 7 su 10.
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umberto
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martedì 22 agosto 2023
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una bella scatola.... vuota
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BARBIE... Premetto che ho visto questo film consapevole che non sarei stato di fronte ad un capolavoro, ma spinto più che altro dalla presenza di Margot Robbie, ancora una volta meravigliosa nell'esaltare un personaggio che, come nel caso di Harley Quinn, sembra disegnato su di lei. A questo aggiungiamo una buona scenografia che richiama perfettamente i riferimenti al mondo della famosa bambola e qualche battuta divertente che rendono lo stile molto leggero. Purtroppo per il resto lascia molto a desiderare, a partire da una sceneggiatura pessima con dei dialoghi banali (escluso quello alla fine) e una storia che, se fosse stata scritta da una bambina di 6 anni, sarebbe stata sicuramente di livello superiore.
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BARBIE... Premetto che ho visto questo film consapevole che non sarei stato di fronte ad un capolavoro, ma spinto più che altro dalla presenza di Margot Robbie, ancora una volta meravigliosa nell'esaltare un personaggio che, come nel caso di Harley Quinn, sembra disegnato su di lei. A questo aggiungiamo una buona scenografia che richiama perfettamente i riferimenti al mondo della famosa bambola e qualche battuta divertente che rendono lo stile molto leggero. Purtroppo per il resto lascia molto a desiderare, a partire da una sceneggiatura pessima con dei dialoghi banali (escluso quello alla fine) e una storia che, se fosse stata scritta da una bambina di 6 anni, sarebbe stata sicuramente di livello superiore. Per non parlare poi dell'abbondanza nauseante di politicamente corretto e di girl power di cui è intriso che, messi in questo modo pesante, secondo me, ottengono il risultato opposto di quello a cui puntano. Se poi non ci fosse stato tutto questo carico mediaditico alle spalle, sicuramente il film sarebbe stato apprezzato di più. Voto: 5
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scarlett74
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venerdì 25 agosto 2023
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femminismo da influencer e cervelli appiattiti
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Ho fatto fatica, lo ammetto, a tornare indietro con la memoria all’ultima volta che ho provato un tale imbarazzo in una sala cinematografica. Mi è sovvenuta solo quella volta, oltre 25 anni fa, in cui, ingannata dalla fiducia che nutrivo in Aurelio Grimaldi, rimasi per oltre un’ora e mezza a chiedermi perché mi trovassi li (era “il macellaio”) Di altro non mi torna allla mente niente di così tremendo!
Oggi mi sono superata e devo tenere diario di questo evento! Nella mia lunga vita di cinefila appassionata MAI sono rimasta in un cinema a vedere un film talmente insulso da apparirmi quasi impossibile!
Una sfilza impietosa di luoghi comuni, di psicologia tirata giù dalle rubriche di Confidenze e compagnia ( una per tutte il tono solenne e rivelatore di quando Barbie cita la “dissonanza cognitiva” come fosse Leon Festinger davanti ai suoi allievi 🤦🏻♀️); stereotipi riportati con la stessa creatività dei più banali pinkwashing di cui siamo sommersi; un incipit e un finale che fanno piangere per la banalità narrativa;
un pessimo tentativo di leggere positivamente il legame madre/figlia; una Margot Robbie, bella e brava, che fa il suo compitìno così noiosamente da indurti, più volte, allo sbadiglio.
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Ho fatto fatica, lo ammetto, a tornare indietro con la memoria all’ultima volta che ho provato un tale imbarazzo in una sala cinematografica. Mi è sovvenuta solo quella volta, oltre 25 anni fa, in cui, ingannata dalla fiducia che nutrivo in Aurelio Grimaldi, rimasi per oltre un’ora e mezza a chiedermi perché mi trovassi li (era “il macellaio”) Di altro non mi torna allla mente niente di così tremendo!
Oggi mi sono superata e devo tenere diario di questo evento! Nella mia lunga vita di cinefila appassionata MAI sono rimasta in un cinema a vedere un film talmente insulso da apparirmi quasi impossibile!
Una sfilza impietosa di luoghi comuni, di psicologia tirata giù dalle rubriche di Confidenze e compagnia ( una per tutte il tono solenne e rivelatore di quando Barbie cita la “dissonanza cognitiva” come fosse Leon Festinger davanti ai suoi allievi 🤦🏻♀️); stereotipi riportati con la stessa creatività dei più banali pinkwashing di cui siamo sommersi; un incipit e un finale che fanno piangere per la banalità narrativa;
un pessimo tentativo di leggere positivamente il legame madre/figlia; una Margot Robbie, bella e brava, che fa il suo compitìno così noiosamente da indurti, più volte, allo sbadiglio. Non riesco a salvare neanche Ryan Gosling, al suo solito non cattivo e di spicco, ma, in un tale non contenitore, non ho potuto che provarne pena per tutte le 2 ore.🥲
Perché sono andata a vederlo? Ho letto pareri così divergenti, ho addirittura sentito gente dire che meriterebbe l’oscar per il tema affrontato (??? Per il femminismo?? Il bisogno di innovazione di mercato della Mattel stessa??? Il tema del patriarcato??? Poveri Ken; fanno una tale pena in questa boriosa pellicola che mi verrebbe voglia di fargli una mensoletta a parte!!!) che non potevo non vedere coi miei occhi per capire!!
Di certo i blockbuster non hanno mai fatto ne faranno mai per me ma qui siamo oltre!
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gabriella
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domenica 6 agosto 2023
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fragilità bionda
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Di Greta Gerwig avevo già visto "Lady Bird", modesto film semiautobiografico , e l'ultima deludente rivisitazione di "Piccole donne", che mortifica lo spirito di indipendenza del libro ,che è ben consapevole del contesto socioculturale dell'epoca, aspetto che invece sembra ignorare la regista. Il tema femminile è sempre protagonista nei lavori della Gerwig non fosse per un eccessivo didascalismo , presente anche qui. Barbie complessivamente è un buon prodotto, confezionato e infiocchettato di rosa confettato o abbacinanti fucsia e flou, un luogo idilliaco e festoso dove ogni giorno è il giorno delle ragazze, ogni cosa è perfetta nel mondo dell’immaginazione, in questa società matriarcale tutte le donne sono belle e ricoprono ruoli di prestigio,( a parte qualche emarginazione, la Barbie stramba e la Barbie incinta), i maschi , i Ken zerbino, sono inutili accessori che stanno in spiaggia tutto il giorno senza sapere bene perché.
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Di Greta Gerwig avevo già visto "Lady Bird", modesto film semiautobiografico , e l'ultima deludente rivisitazione di "Piccole donne", che mortifica lo spirito di indipendenza del libro ,che è ben consapevole del contesto socioculturale dell'epoca, aspetto che invece sembra ignorare la regista. Il tema femminile è sempre protagonista nei lavori della Gerwig non fosse per un eccessivo didascalismo , presente anche qui. Barbie complessivamente è un buon prodotto, confezionato e infiocchettato di rosa confettato o abbacinanti fucsia e flou, un luogo idilliaco e festoso dove ogni giorno è il giorno delle ragazze, ogni cosa è perfetta nel mondo dell’immaginazione, in questa società matriarcale tutte le donne sono belle e ricoprono ruoli di prestigio,( a parte qualche emarginazione, la Barbie stramba e la Barbie incinta), i maschi , i Ken zerbino, sono inutili accessori che stanno in spiaggia tutto il giorno senza sapere bene perché. Però è un attimo cadere dai tacchi a spillo poggiare bruscamente i talloni a terra e ritrovarsi con pensieri negativi, la cellulite e i piedi piatti, così la nostra protagonista, Barbie stereotipo, dovrà andare nel mondo reale e trovare la bambina che ha giocato con la bambola che la rappresenta per scoprire che nella realtà le cose sono rovesciate, vige il patriarcato , le donne non contano nulla e persino alla Mattel il corpo dirigente è formato da soli uomini. Grande delusione per Barbie, ma sensazionale scoperta per Ken che intende trasformare Barbieland in Kendom, dando luogo a una lotta tra sessi per riportare il giusto equilibrio, che in realtà dovrebbe partire da un’idea di uguaglianza ma che finisce per rimanere sul piano personale, prima bisogna capire cosa vuoi e prenderti il tuo tempo, scoprire chi sei veramente e uscire dagli schemi prestabiliti e accettarsi anche nelle imperfezioni, così alla fine è la Barbie stramba a prendersi la rivincita. Il film verte a un finale un po' caotico e contraddittorio, a mio avviso, inneggia ala libertà ma spinge verso la solitudine come unica scelta possibile, trascurando il fatto che il femminismo difende la libertà della donna, non il suo oggetto di scelta, quindi la libertà di essere o non essere madre, di essere o non essere moglie, cosa difficile da attuare se non impossibile in quanto ci vorranno millenni prima che Ken capisca chi è. Mettiamola così, non prediamolo troppo sul serio, il film va visto con leggerezza e disponibilità, senza porci inutili quesiti esistenziali, anche gli attacchi alla Mattel ( cooproduttrice del film), sono concordati se non scritti dalla Mattel stessa, perché la logica del profitto è non importa come ne parli, purché se ne parli e sopratutto ci guadagni , quindi se una bambola ha fatto uscire la gente di casa e affollare le sale, l’operazione è riuscita e se il film fa discutere, o meglio dividere ancor meglio. Parliamo degli interpreti, Margot Robbie è perfetta nel ruolo, ma Ryan Gosling si prende il podio, basta il suo inguardabile look biondo platino a renderlo irresistibilmente comico, e strano a dirsi, ma la sua frustrazione e struggimento inappagato di innamorato respinto è la cosa che rimane di più.
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luigiluke
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venerdì 19 aprile 2024
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una tortura
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Per come è stato congegnato era meglio fosse stato un musical, anche perché il commento sonoro dopo un po' diventa insopportabile. Non che il film sia meglio: I primi 20 minuti sono demenziali come una parodia di Ezio Greggio, nello spudorato tentativo di far somigliare Barbieland somigliare alla Seaheaven di The Truman Show a cui vagamente la Gerwig si ispira. L'impostazione favolistica rammenta certe produzioni DreamWorks, ma senza la simpatia generata dai cartoni animati in contesti peraltro molto più raffinati sul piano scenografico. Barbie e Ken nel mondo vero, dal minuto 30 in poi, rievocano certe commedie americane anni '80, ma non si ride mai, anche se la critica stelle e strisce ha trovato il film umoristico.
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Per come è stato congegnato era meglio fosse stato un musical, anche perché il commento sonoro dopo un po' diventa insopportabile. Non che il film sia meglio: I primi 20 minuti sono demenziali come una parodia di Ezio Greggio, nello spudorato tentativo di far somigliare Barbieland somigliare alla Seaheaven di The Truman Show a cui vagamente la Gerwig si ispira. L'impostazione favolistica rammenta certe produzioni DreamWorks, ma senza la simpatia generata dai cartoni animati in contesti peraltro molto più raffinati sul piano scenografico. Barbie e Ken nel mondo vero, dal minuto 30 in poi, rievocano certe commedie americane anni '80, ma non si ride mai, anche se la critica stelle e strisce ha trovato il film umoristico. L'operazione di marketing, così come lo strizzare d'occhio all'epistemologia da social su patriarcato e dintorni, sono evidenti, ma neanche sarebbero un problema. Il fatto è che dopo un'ora ti sei talmente annoiato e ti stai chiedendo a cosa miri questo film, che prima di mollarlo definitivamente ti trovi a pensare che Space Jam com Michael Jordan e i Looney Tunes è stato sceneggiato da un Nobel per la letteratura.
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eleonora panzeri
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mercoledì 28 febbraio 2024
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la rivincita di ken
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Il film di Barbie è già campione d’incassi e se non altro ha il merito di aver riportato fiumi di persone nelle sale cinematografiche. Detto questo sono abbastanza delusa dalla pellicola di Greta Gerwig. L’idea di fare un film sull’iconica bambola è curiosa ma l’implementazione è stata scadente a dispetto del cast stellare e dal bombardamento mediatico intorno all’uscita del film. Una trama c’è, ma molto debole e per quanto ci si metta la fantasia, perchè mai dovrebbe esistere un mondo parallelo come quello descritto nel film? Barbie, sebbene per molte bambine rappresenti l’infanzia, è pur sempre un prodotto commerciale.
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Il film di Barbie è già campione d’incassi e se non altro ha il merito di aver riportato fiumi di persone nelle sale cinematografiche. Detto questo sono abbastanza delusa dalla pellicola di Greta Gerwig. L’idea di fare un film sull’iconica bambola è curiosa ma l’implementazione è stata scadente a dispetto del cast stellare e dal bombardamento mediatico intorno all’uscita del film. Una trama c’è, ma molto debole e per quanto ci si metta la fantasia, perchè mai dovrebbe esistere un mondo parallelo come quello descritto nel film? Barbie, sebbene per molte bambine rappresenti l’infanzia, è pur sempre un prodotto commerciale. Lo scopo della pellicola in sintesi è convincerci del contrario. Ho ravvisato una protesta sull’evoluzione dell’immagine di Barbie che da gioco di rottura che permise alle bambine di sognare d’altro rispetto alla maternità è divenuto il modello tossico di una perfezione estetica impossibile e di una vita stereotipata e profondamente superficiale. La colpa di questo cambio d’intenti è da imputare a una leadership esclusivamente maschilista ai vertici di Mattel che ha usato Barbie in modo perverso. Quello che si vede però è una barriera netta nei confronti della maternità, poichè l’agghiacciante immagine di apertura vede delle bambine che rompono i loro bambolotti, che in un film così hanno una valenza simbolica molto triste. Dopo questa scena stridente e fuori luogo, si viene poi proiettati nel cotonato e pastellato mondo di Barbie, fatto di stucchevoli gentilezze e carinerie. Nel “puoi essere ciò che vuoi”, slogan del marchio, vediamo una sfilata di professioni, come se la realizzazione personale dipendesse solo da questo e un occultamento dello sgradito personaggio di Midge, la Barbie che diventa mamma, a rimarcare l’idea inizale. Nell’evolversi della storia si cercherà di fare una debole pace con il conflitto madre/donna poichè ci viene ricordato che Barbie fu un regalo di Ruth a sua figlia e che le eroine umane sono madre e figlia. Nei fatti però il vero protagonista della storia è Ken, che riesce a dare un taglio ironico e divertente a una pellicola altrimenti piatta e lenta. La base della storia però resta il conflitto di genere che non riesce nemmeno nella fantasia a sfociare in qualcosa di diverso che in una lotta per il potere e vede per protagonista l’ennesima eroina femminile single ed emancipata, che a differenza dei suoi competitor maschi ostenta il fucsia, facendo di Barbie l’icona del neo femminismo capitalista. Personalmente la mia idea di Barbie è più romantica e moltissime sono le cose che si potevano dire per riabilitare l’immagine della bambola: ad esempio si può essere donne ma anche madri, che noi donne non siamo il nostro lavoro o i nostri vestiti e soprattutto che l’amore non è un retaggio del maschilismo. Detto questo sono certa che questo film farà fatturare tantissimo sia al botteghino che grazie ai gadget marchio Barbie già in commercio e per Mattel sarà la grassa gallina dalle uova d’oro per diverso tempo. Tuttavia per me trattasi solo di glorificazione di un trand malsano e amaro.
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fabrizio friuli
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mercoledì 2 agosto 2023
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curioso e colorato
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La vicenda si svolge in un mondo parallelo, abitato da figure femminili differenti tra di loro, ma tutte accomunate dallo stesso " nome " Barbie ( anche se svolgono professioni differenti ) ed anche da figure maschili accomunati tutti dallo stesso nome " Ken ". Tutti conducono delle vite alquanto mondane ma piuttosto ripetitive ed una di loro " Barbie Stereotipo " sembra essere incurante dei sentimenti che uno dei Ken prova per lei , ed è interessata principalmente alle serate tra donne. Tuttavia, la vita " perfetta " di Barbie Stereotipo cambia quando le viene di pensare alla morte per caso e comincia a diventare un essere umano e lei, volendo rimanere perfetta, decide di abbandonare Barbieland per trovare una bambina che voglia giocare con lei.
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La vicenda si svolge in un mondo parallelo, abitato da figure femminili differenti tra di loro, ma tutte accomunate dallo stesso " nome " Barbie ( anche se svolgono professioni differenti ) ed anche da figure maschili accomunati tutti dallo stesso nome " Ken ". Tutti conducono delle vite alquanto mondane ma piuttosto ripetitive ed una di loro " Barbie Stereotipo " sembra essere incurante dei sentimenti che uno dei Ken prova per lei , ed è interessata principalmente alle serate tra donne. Tuttavia, la vita " perfetta " di Barbie Stereotipo cambia quando le viene di pensare alla morte per caso e comincia a diventare un essere umano e lei, volendo rimanere perfetta, decide di abbandonare Barbieland per trovare una bambina che voglia giocare con lei. Quindi, lei stessa scopre un mondo molto diverso dal suo mondo carico di colori e dove il potere viene esercitato solo dalle figure femminili.
Il film si apre con una citazione cinematografica : vengono mostrate delle bambine che giocano con delle bambole ( o dei bambolotti ) ma quando vedono una Barbie Stereotipo formato gigante, esse rimangono esterrefatte e cominciano a battere i loro bambolotti sulle rocce , quindi, viene citata la famosa scena del lungometraggio di Stanley Kubrick intitolato 2001: Odissea nello spazio, e nella scena iniziale una voce narrante parla delle origini delle bambole. In seguito, il film mostra il mondo curioso e colorato dove vivono tutte le Barbie e tutti i Ken , ma nel mondo, apparentemente perfetto, non è presente una vera e propria parità dei sessi, dato che la società di Barbieland è palesemente matriarcale e il protagonista maschile del film Ken ( interpretato dal famoso e anche bravo attore Ryan Gosling ) non si sente apprezzato dalla sua " amata " Barbie ( interpretata dalla famosa e iconica attrice Margot Robbie ) quindi, quando scoprono l' esistenza del mondo reale, Ken scopre l' esistenza del patriarcato ( pur non capendolo in modo completo ) e mentre Barbie viene aiutata da una madre e da una figlia a scappare dal CEO della Mattel ( interpretato da Will Ferrell ) e dai suoi collaboratori ( che non accettano la sua presenzanel mondo reale ), Ken ritorna a Barbieland e permette ai Ken di diventare i nuovi " padroni " di Barbieland, divenuta temporaneamente " Kenland " ovviamente, il mondo non è migliorato affatto, perché il sessismo ( sia maschile che femminile ) non è mai buono, ma la vera parità dei sessi è la soluzione , e dopo aver ripreso il potere , raggirato tutti i Ken , Barbie decide di parlare con un affranto Ken ed entrambi riescono a chiarirsi adeguatamente, e dopo aver incontrato e discusso la sua creatrice Ruth Handler ( non essendo più sicura di chi sia realmente ) Barbie abbandona la sua identità da Bambola per diventare un' umana in carne ed ossa. Nonostante questo film racchiuda in sé anche delle scene simpatiche ( come quella in cui Barbie dice a degli operai molesti che l' hanno adescata, di non essere dotata di un organo femminile , così come Ken ) purtroppo, in alcuni momenti, la pellicola diventa piuttosto tediosa e magari potrebbe non essere gradita dal pubblico maschile ( anche se è poco probabile che, al pubblico maschile, potrebbe interessare un film come Barbie ), per via della scena in cui le Barbie , per sovvertire la società patriarcale creata da Ken, abbindolano i personaggi maschili sfruttando l' ego maschile, ma alla fine, tutto viene sistemato, ed anche Barbie Stramba ( un simpatico personaggio che a causa del suo strano aspetto, viene considerata una reietta ) ottiene un posto nella società di Barbieland.
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[+] barbie nazi-femminista
(di claudio)
[ - ] barbie nazi-femminista
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maramaldo
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martedì 15 agosto 2023
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andare a barbieland
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Può sembrare uno scherzo. Non scherza, invece, il film. Non v'inganni la baldoria a tinte pastello e sapor di caramello. Le problematiche emergono. La principale è quando si proclamano banditi dall'intimo gli apparati urogenitali. Si esagera, ma davvero volete andar dietro ancora a ghiandole e ormoni con le complicazioni che ne derivano non esclusi strascichi giudiziari. Non so se evolutivo ma si tratta di un trend ben avviato. Non venite a raccontarmi che si sono affinate le facoltà visive, uditive, olfattive non ne parliamo con certe vicinanze. L'impiego del cervello, poi, conosce un'incipiente obsolescenza a favore, saggiamente, dell'intelligenza artificiale.
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Può sembrare uno scherzo. Non scherza, invece, il film. Non v'inganni la baldoria a tinte pastello e sapor di caramello. Le problematiche emergono. La principale è quando si proclamano banditi dall'intimo gli apparati urogenitali. Si esagera, ma davvero volete andar dietro ancora a ghiandole e ormoni con le complicazioni che ne derivano non esclusi strascichi giudiziari. Non so se evolutivo ma si tratta di un trend ben avviato. Non venite a raccontarmi che si sono affinate le facoltà visive, uditive, olfattive non ne parliamo con certe vicinanze. L'impiego del cervello, poi, conosce un'incipiente obsolescenza a favore, saggiamente, dell'intelligenza artificiale. Fatevene una ragione e in caso di nostalgie consolatevi con questo film.
Omaggio a Ryan Gosling e ai suoi Ken di complemento (Kingley Ben-Adin e John Cera). Consolante, mi ha fatto capire che per noi maschietti e dintorni nulla è ancora perduto. Gosling è protagonista. Attento e ironico, artista versatile, riverbera sui suoi policromi cloni danzanti eleganza e dinamismo.
Con Margot Robbie posso non essere obiettivo. Soggioga e prevarica la belva esuberante di Babylon al cui confronto Brad Pitt è un poveraccio frustrato e depresso. Badate, l'australiana può far tutto. Greta Gerwig se ne serve in tanti modi.
Non proprio innocentina la favoletta. Leggetevela, ha fatto scalpore all'estero la storia della "Real World Map". Ho guardato a lungo il disegno, non proprio un "child's drawing" secondo gli imbonitori dalla Warner Bros. Tutt'altro, la deformazione delle aree denota una competenza geopolitica, colori ben assortiti, forse un'influenza di Mirò. Nondimeno indecifrabile, destinata a chi è cresciuto a riso e ideogrammi. Non un'ordinaria piaggeria bottegaia, penso. Rivolta ai cinesi, anzi alle cinesi. Non quelle di un tempo, sottomesse, piedini fasciati, bassine. Guardatele adesso, slanciate, vigorose, belle. Splendide: atlete, attrici, manager, in affari, perfino le malviventi, sguinzagliate per il pianeta, in patria le rieducano. L'inconveniente è che ne nascono sempre di meno. Senza approfondire come e perchè si profilano scenari inquietanti. Continuando così si ripristeranno pratiche di un'arcaica poliandria (come in Tibet, ancora in Australia ai primi del '900). Oppure, come in alcune isole del Pacifico, ci si risolve a tirar su fin dall'infanzia appositi "femminielli" per una bisogna dettata dalla penuria (lasciate perdere l'etimologia).
La Gerwig sa tutto questo e sa pure che tra i milioni di spettatori ci può essere qualcuno ancora retrò da credere ancora alla forza della... Natura. Di sicuro, Margot ne è munita. Tuttavia, alla fine viene incaricata di tranquillizzare la platea recandosi da chi può rilasciare un certificato dopo una constatazione de visu.
Sospiro di sollievo, che il Ciel la benedica.
P.S. Barbenheimer. Questa non me l'aspettavo. Che diavolo significa? che nesso c'è tra i due film a parte essere usciti contemporaneamente?
Nolan, poi... L'avessi sempre capito, in qualche fumoseria pure noiosetto. Non in Dunkirk. Mi sorprese, mi convinse, mi entusiasmò. Onestà, sincerità, coraggio. Ad usar la litote, non proprio frequenti e apprezzati, specie da noi, commenti in tal senso non piacquero. Certo argomenti delicati e controversi, ora con le paturnie di Julius è come camminare sulle uova. Per quieto vivere rimarrò attaccato finchè posso ai vezzi di Barbie sia pu artificiosi, senza fallo (il doppio senso è casuale ma non ci sta male).
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francesco
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lunedì 24 luglio 2023
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un’occasione mancata di uscire dal dualismo
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Il pregio di barbie film è avere all’origine un operazione di affermazione del femminismo, del diritto al frivolezza che non è superficialità, al ribaltamento dei ruoli maschile /femminile, attingendo all’ironia del banale e del prevedibile come linguaggio narrativo.
La produzione è di altissimo livello, con musiche e scenografie estremamente curate, ma la scrittura non è all’altezza ed il film non osa, ma si limita a giocare sul sicuro.
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Il pregio di barbie film è avere all’origine un operazione di affermazione del femminismo, del diritto al frivolezza che non è superficialità, al ribaltamento dei ruoli maschile /femminile, attingendo all’ironia del banale e del prevedibile come linguaggio narrativo.
La produzione è di altissimo livello, con musiche e scenografie estremamente curate, ma la scrittura non è all’altezza ed il film non osa, ma si limita a giocare sul sicuro.
Resta però un’occasione mancata, una riflessione sul femminismo che non vuole o non riesce a fare il passo successivo.
La Gerwig gioca solo sulle contrapposizioni ma non ci mostra un nuovo modello capace di uscire dal semplice dualismo maschi contro femmine, patriarcato contro matriarcato, stereo-tipo contro strambo-(etero-) tipo. In Barbie, le categorie sono sì rovesciate ma rimangono intatte. Non c'è tentativo di superarle, neanche in maniera ideale: è questa la vera occasione mancata.
Manca l'approfondimento del rapporto madre/adolescente, che si risolve in un nulla cosmico e senza esplorare il disagio delle nuove generazioni, che non si riconoscono più nel femminismo di genere. Non si approfondisce né si risolve il rapporto Barbie/Ken, che non arriva a proporre una soluzione, una vera riconciliazione, ma si limita al ME contro TE, sicuramente né nuovo né originale, in cui Barbie vince su Ken e si riprende il controllo di se stessa e del suo mondo.
Alla fine il senso del viaggio di Barbie, metafora del viaggio del femminismo, è quello di ritornare al mito del femminino=procreazione.
E’ davvero questo che il massimo a cui potevamo auspicare?
Perché il nostro futuro, quello a cui auspichiamo, dovrebbe essere più di una semplice lotta o contrapposizione, dovrebbe presentare un modello diverso, ideale, senza più distinzioni, dove non esistono più i muri, ma c’è solo un’unica umanità, senza genere ma anche senza razza o preconcetti.
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fabriziog
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venerdì 4 agosto 2023
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questo film proclama valori tradizionali
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Mi sono chiesto e mi hanno chiesto come mai il film “Barbie” di Greta Gerwig sta sbancando al botteghino come terzo film più visto nelle sale dopo le riaperture post pandemia. La risposta è semplice e basta guardare la pellicola con attenzione, scrutando i dettagli sino alla fine.“Barbie” è un lavoro cinematografico di liberazione dello spettatore dalla opprimente imposizione fluida, liquida, queer egender. È esaltata la “Bellezza” femminile, la bellezza di donne vere, non frutto del laboratorio transgender. Le differenze corporee e psicologiche dei due sessi, maschio e femmina, sono marcate, in chiave ovviamente macchiettistica, in modo chiaro e senza equivoci.
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Mi sono chiesto e mi hanno chiesto come mai il film “Barbie” di Greta Gerwig sta sbancando al botteghino come terzo film più visto nelle sale dopo le riaperture post pandemia. La risposta è semplice e basta guardare la pellicola con attenzione, scrutando i dettagli sino alla fine.“Barbie” è un lavoro cinematografico di liberazione dello spettatore dalla opprimente imposizione fluida, liquida, queer egender. È esaltata la “Bellezza” femminile, la bellezza di donne vere, non frutto del laboratorio transgender. Le differenze corporee e psicologiche dei due sessi, maschio e femmina, sono marcate, in chiave ovviamente macchiettistica, in modo chiaro e senza equivoci.
Nel mondo irreale e plastificato di Barbie - quello della bambola immessa in commercio il 9 marzo 1959 - la felicità è artefatta perché vissuta da donne irreali, prive di vagina, in quanto tali incomplete, e l’elemento maschile è un optional, un Ken, un maschio finto, senza il pene.
Il maschio vive di riflesso alla femmina: Ken vive per farsi notare da Barbie. Maschile e femminile sono in contrapposizione secondo la concezione vetero-femminista. La Barbie soppianta le bambole di un tempo che aiutavano le donne, sin dalla loro infanzia, a divenire buone mogli e breve madri.
Barbierivoluziona la percezione delle donne nella società, strumento ludico di lotta alla discriminazione.
Barbieè una wasp. È bianca, americana, bionda, molto californiana, bella e sexy: è femmina, parecchio femmina. Questa femminilità non smette mai di esistere e di imporsi per tutta la durata della proiezione, con i tacchi o con le orribili Birkenstock, con o senza trucco: Margot Robbie - l’attrice che veste i panni della creazione di Ruth Handler - è bellissima. La femminilità, l’essere donna, sono l’autentico leitmotiv della trama. Non si può essere donna senza il reale, senza l’umanità ed i suoi risvolti negativi, senza il pianto, il dolore e la morte. Barbie vuole questo per essere vera, completa, tutta ragazza, tutta essere umano. Barbie, così, decide di fare parte di quella Umanità composta di uomini con il pene e donne con la vagina. I dettagli sono fondamentali. Le ultime immagini mostrano una bambola Barbie con il bambino da inserirle nella pancia. La vagina è aperta alla vita e Barbie si reca dal ginecologo perché, in quanto donna e per volontà della natura, è potenzialmente madre. Non v’è alcuna concessione agli LGBT. Alcuna. Gli uomini e le donne sono complementari, non gli uni contro le altre: solo complementari realizzano se stessi, completano se stessi e possono cercare di migliorare l’esistenza umana, perpetuandone la specie.
Questo film è l’esaltazione della normalità e della naturalità e avversa gli stereotipi. Il pianto non appartiene solo all’ “altra metà del cielo” ma anche all’uomo, che non perde la propria mascolinità versando lacrime.
Ad essere preso in giro è chi qualifica “fascista” tutto ciò che non rientra fra le sue idee, ma v’è salvezza anche per lui. L’adolescente woke, eternamente triste e arrabbiata, ritroverà il sorriso e l’amore per la madre proprio entrando in contatto con il mondo leggero e “curvilineo” di Barbie.
Le citazioni sono numerose: dalle scene iniziali di “2001: Odissea nello spazio” con lo splendido brano “Così parlò Zarathustra” ai musical di Broadway (penso a “Tommy” degli Who), sino ai cantanti rock e rapper anni ’70 e ’80 con la pelliccia sopra il petto nudo (segno di virilità non di altro come taluni, inventando, hanno ideologicamente affermato).
Secondo me si sono sbagliati a produrre questa pellicola: proclama, in modo esplicito o subliminale, valori tradizionali.
Fabrizio Giulimondi
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