jl
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lunedì 29 aprile 2019
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biografia criminale
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Ispirato dal romanzo del pentito di ‘ndrangheta Saverio Morabito, Renato De Maria completa la sua trilogia del mondo della mala con una pellicola che arriva dopo La prima linea, basata sulle memorie dell’ex terrorista Sergio Segio, e il documentario Italian Gangsters, dedicato alla parabola dei malviventi di casa nostra, con un film che vede sugli scudi Riccardo Scamarcio che de La prima linea fu protagonista e che questa volta fra slang simil lumbàrd da meridionale trapiantato nella city, per la precisione a Buccinasco, decise, nei panni di un ragazzo di Calabria, di scalare le gerarchie della malavita quasi a sfregio nei confronti di un padre incapace di proteggerlo da una prima, ingiusta carcerazione.
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Ispirato dal romanzo del pentito di ‘ndrangheta Saverio Morabito, Renato De Maria completa la sua trilogia del mondo della mala con una pellicola che arriva dopo La prima linea, basata sulle memorie dell’ex terrorista Sergio Segio, e il documentario Italian Gangsters, dedicato alla parabola dei malviventi di casa nostra, con un film che vede sugli scudi Riccardo Scamarcio che de La prima linea fu protagonista e che questa volta fra slang simil lumbàrd da meridionale trapiantato nella city, per la precisione a Buccinasco, decise, nei panni di un ragazzo di Calabria, di scalare le gerarchie della malavita quasi a sfregio nei confronti di un padre incapace di proteggerlo da una prima, ingiusta carcerazione. Da quel momento in poi Santo iniziò ad approcciare la vita come se si stesse parlando di quella di un normale dipendente d’azienda, con il desiderio mai nascosto di scalarne i vertici rimanendo nei ranghi e al tempo stesso cercando di intrecciare conoscenze. La pellicola però fallisce in quella sorta di patos che dovrebbe unire spettatore e trama per via del probabile eccesso di offerta di storie riguardanti il mondo della malavita e nonostante una colonna sonora capace di farci viaggiare indietro nel tempo di almeno tre decadi, una perfetta ricostruzione temporale e di costume e uno Scamarcio nel ruolo di un criminale che vorrebbe ripulirsi ma che non può volare troppo alto, causa umili origini e costumi mai abbandonati del tutto e quindi ancora più efficace nell’ interpretare un malavitoso di periferia che seppe toccare il vertice della criminalità Milanese fino a uscirne confessando ogni genere di delitto per salvarsi letteralmente la vita. Sufficienza di stima per un film che quindi può essere visto ma senza l’illusione di essere al cospetto di una nuova epopea degna di Gomorra o di Romanzo Criminale.
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kronos
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sabato 27 aprile 2019
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quel bravo ragazzo
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In fin dei conti l'unico vero limite de "lo spietato" è il ripercorrere per l'ennesima volta strade battute dai tempi di Romanzo criminale (e successivi epigoni).
Chi ne ha le tasche piene di racconti gangsteristici ove la storia si mescola con la finzione, le pistolettate con la società italica in trasformazione, non se l'è filato proprio il lavoro di De Maria.
Ed è un errore, perchè questo romanzetto criminale milanese, a differenza di altri, merita il prezzo del biglietto (o dell'abbonamento su NetFlix).
Regia e fotografia sono curate nei minimi dettagli, ma è soprattutto l'elaborato montaggio a dar vita e vigore a questo affresco criminale ambientato nella Milano da bere anni '80.
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In fin dei conti l'unico vero limite de "lo spietato" è il ripercorrere per l'ennesima volta strade battute dai tempi di Romanzo criminale (e successivi epigoni).
Chi ne ha le tasche piene di racconti gangsteristici ove la storia si mescola con la finzione, le pistolettate con la società italica in trasformazione, non se l'è filato proprio il lavoro di De Maria.
Ed è un errore, perchè questo romanzetto criminale milanese, a differenza di altri, merita il prezzo del biglietto (o dell'abbonamento su NetFlix).
Regia e fotografia sono curate nei minimi dettagli, ma è soprattutto l'elaborato montaggio a dar vita e vigore a questo affresco criminale ambientato nella Milano da bere anni '80.
E poi Scamarcio si diverte assai nel ruolo del bellimbusto dalla faccia d'angelo e il grilletto facile: tra rapine, sequestri, traffici di stupefacenti e naturalmente ... belle pupe.
Insomma, Martin Scorsese e Michele Placido sono dietro l'angolo, ma Lo spietato merita attenzione.
Voto Reale: Tre stelline e mezzo
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(di dederick)
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felicity
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martedì 11 febbraio 2020
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una crime-story tradizionale con tono dark comedy
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Scamarcio/Santo fa cose terribili, ma gestisce tutto con stile, come se fosse un manager, una specie di imprenditore del crimine, con un debole per gli abiti fatti su misura e la Francia: “ça va sans dire” è il suo intercalare preferito.
Il tutto con grande umorismo, perché Santo non prende sul serio nessuno, mai.
Se la prima parte scorre alla grande, è quando il film deve raccontare il passaggio di Santo ormai arricchito dalla strada alla malavita degli affari che è meno coeso.
La potenza del film è in quello sguardo annoiato e senza tensione, che pensa all’assassinio e non lo giustifica come evento necessario, bensì lo legittima e lo identifica come un movimento erotico, che se non ha senso o gusto, allora non va commesso e non va consumato.
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Scamarcio/Santo fa cose terribili, ma gestisce tutto con stile, come se fosse un manager, una specie di imprenditore del crimine, con un debole per gli abiti fatti su misura e la Francia: “ça va sans dire” è il suo intercalare preferito.
Il tutto con grande umorismo, perché Santo non prende sul serio nessuno, mai.
Se la prima parte scorre alla grande, è quando il film deve raccontare il passaggio di Santo ormai arricchito dalla strada alla malavita degli affari che è meno coeso.
La potenza del film è in quello sguardo annoiato e senza tensione, che pensa all’assassinio e non lo giustifica come evento necessario, bensì lo legittima e lo identifica come un movimento erotico, che se non ha senso o gusto, allora non va commesso e non va consumato.
A predominare dall’inizio della seconda metà, però, è la convenzionalità che cresce sopra le intuizioni visive.
Nello scarto tra l’entusiasmante variazione stilistica sul tema e l’improvvisa flessione in una catena di situazioni già viste, si colloca quindi la mezza delusione per un prodotto che poteva raggiungere vette qualitative importanti ma sembra alla fine volersi accontentare.
Quello che funziona benissimo nello Spietato sono la messa in scena, la ricostruzione perfetta della Milano del boom economico, le citazioni che omaggiano il noir-poliziottesco anni Settanta e Ottanta (soprattutto Milano Calibro 9 diretto da Fernando Di Leo nel 1972) e il tono da comedy dark, anche se a tratti la sceneggiatura ammicca un po’ troppo allo spettatore.
Menzione d’onore per tutto il cast, con un Riccardo Scamarcio carismatico e giustissimo nei panni del ‘cumenda’ del crimine.
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hulk1
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giovedì 5 marzo 2020
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non male
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Il Riccardo nazionale si sta specializzando nei ruoli adatti al noir, dal proletario infame ,al borghese bastardo , ha interpretato una manciata di opere degne di nota, perlomeno non le solite commedie da ballatoio, o tra cucina e tinello, per non menzionare le miccinaggini varie .
Come attore si è scavato una nicchia che lo tiene al riparo dal cinema medio italiota, ed anche bravo, in questo film sfoggia un accento polentone , degno del Kim Rossi di Vallanzasca.
Insomma il film merita una visioene e l'abbonamento a netflix
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lizzy
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venerdì 28 maggio 2021
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ça va sans dire...
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Un bel film, fatto bene, recitato bene, belle ambientazioni e bei vestiti/auto/scene.
Forse un po' troppo romanzato. Forse.
Ovviamente la realtà è sempre più squallida e banale, quindi per non far scappare uno spettatore qualcosa ce la si deve inventare.
Eppure qua non c'è un granchè che ti faccia gridare al capolavoro: come molti han sottolineato, e come non posso far a meno di ribadire, siamo in presenza di un clone di un altro clone di un altro clone.
E qua torniamo, come da chiusura del cerchio, all'affermazione di prima: la realtà è sempre banale e questi "fatti della mala" sono fotocopie uno dell'altro.
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Un bel film, fatto bene, recitato bene, belle ambientazioni e bei vestiti/auto/scene.
Forse un po' troppo romanzato. Forse.
Ovviamente la realtà è sempre più squallida e banale, quindi per non far scappare uno spettatore qualcosa ce la si deve inventare.
Eppure qua non c'è un granchè che ti faccia gridare al capolavoro: come molti han sottolineato, e come non posso far a meno di ribadire, siamo in presenza di un clone di un altro clone di un altro clone.
E qua torniamo, come da chiusura del cerchio, all'affermazione di prima: la realtà è sempre banale e questi "fatti della mala" sono fotocopie uno dell'altro.
E a meno di eccessivi voli pindarici la frase che puoi pronunciare dopo il "the end" è "visto uno visti tutti".
Tutto qua.
Bella "Malamore". Carino il resto della colonna sonora.
Film da vedere di notte quando non hai altro da visionare.
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rescart
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domenica 11 luglio 2021
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non c''è due senza tre
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Il padre di Santo è un miracolato, perchè il suo sgarro da pecoraio calabrese non è stato punito con la morte ma con l’esilio a Milano ed in questa debolezza della criminalità organizzata s’inserisce il figlio, che, finito al carcere minorile Beccaria per un nonnulla in occasione dei festeggiamenti di un capodanno meneghino di fine anni Sessanta, inizia la sua carriera di delinquente incallito e, a differenza dei veri ‘ndranghetisti’, spietato. Perche Santo è anche un bravo attore che sa fare il Vincenzo - quello “troppo stupido per vivere” della canzone di Fortis - e sa trattenere i “bollenti spiriti”, tranne quelli del maschio latino.
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Il padre di Santo è un miracolato, perchè il suo sgarro da pecoraio calabrese non è stato punito con la morte ma con l’esilio a Milano ed in questa debolezza della criminalità organizzata s’inserisce il figlio, che, finito al carcere minorile Beccaria per un nonnulla in occasione dei festeggiamenti di un capodanno meneghino di fine anni Sessanta, inizia la sua carriera di delinquente incallito e, a differenza dei veri ‘ndranghetisti’, spietato. Perche Santo è anche un bravo attore che sa fare il Vincenzo - quello “troppo stupido per vivere” della canzone di Fortis - e sa trattenere i “bollenti spiriti”, tranne quelli del maschio latino.
Ma iniziamo con ordine, che non segue la trama del film fatto piuttosto di ripetuti flashback. Il contesto è quello degli anni di piombo e pare normale fare soldi con le rapine alle casse dei negozi. Non c’è però alcuna motivazione ideologica, neanche nei rapimenti. Ma gabbare le forze dell’ordine e lasciare un rampollo della ricca borghesia milanese come una salsiccia frollata a suon di calci e pugni avvolto in un tappeto abbondonato in un cassonetto: priceless!
Il passo successivo sarà accreditarsi presso la ‘ndarngheta e per fare questo Santo deve accettare di fare l’ultima ruota del carro e subire umiliazioni alle quali reagirà a tempo debito, facendosi strada a suon di colpi di pistola ma sempre rimanendo esterno, non affiliato a nessun clan malavitoso.
In tal modo riesce a mantenere un’apparenza di normalità nelle vesti di imprenditore edile.
Ben presto però finirà in carcere una seconda volta e come la prima ne uscirà tutt’altro che riabilitato.
Ma non c’è due senza tre - come il numero di componenti della sua "storica" banda - e stavolta anche lo spiitato capisce che la sua carriera criminale è finita, probabilmente perchè a quel punto il passo successivo sarebbe stato fare le scarpe a qualcuno troppo in alto e non glielo avrebbero mai permesso. Non gli resta che vuotare il sacco ovvero, per usare un eufemismo, diventare collaboratore di giustizia e prendersi così l’ultima vendetta personale verso quel mondo che non lo ha mai voluto veramente accettare: la ‘ndrangheta calabrese.
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