francesco izzo
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domenica 29 dicembre 2019
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vero come un pugno in faccia
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Purtroppo il film è talmente vero e realistico da fare male, come fa male un pugno in faccia.
Il potere che fa quadrato attorno alla sua corporazione ed all'eventuale problema sorto in essa non è una novità. Vorrei dire, soprattutto in Italia; e forse mi consolo, ma non troppo, a vedere che invece questa è una storia francese.
Si trova sempre chi, felice di appartenervi, è pronto a mentire, a vendersi, a prostituirsi contento.
Il capitano che ascolta la sua coscienza sa il fatto suo, si sa difendere bene, ma alla fine nulla può contro il potere coalizzato contro di lui. Lo cava d'impaccio Emile Zola con la forza e la serratezza delle sue accuse pubbliche.
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Purtroppo il film è talmente vero e realistico da fare male, come fa male un pugno in faccia.
Il potere che fa quadrato attorno alla sua corporazione ed all'eventuale problema sorto in essa non è una novità. Vorrei dire, soprattutto in Italia; e forse mi consolo, ma non troppo, a vedere che invece questa è una storia francese.
Si trova sempre chi, felice di appartenervi, è pronto a mentire, a vendersi, a prostituirsi contento.
Il capitano che ascolta la sua coscienza sa il fatto suo, si sa difendere bene, ma alla fine nulla può contro il potere coalizzato contro di lui. Lo cava d'impaccio Emile Zola con la forza e la serratezza delle sue accuse pubbliche.
Forse Dreyfus alla fine si sarebbe dovuto accontentare della sua liberazione e riabilitazione.
Non perché non avesse ragione nel rivendicare ciò che al suo difensore era stato riconosciuto, e cioè l''avanzamento al grado superiore; ma alla fine per puro buon senso, gratitudine ed aderenza ad una realtà che, fino a poco prima, era stata con lui implacabile.
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giuliog02
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venerdì 27 dicembre 2019
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se ne sentiva il bisogno
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Eccellente ricostruzione del caso Dreyfus con attori validi che ben interpetano la propria parte, una sceneggiatura curata, attenta ai particolari ed all'ambientazione, ed una regia eccellente.
Il film è di estrema attualità per due ragioni contingenti nel degrado culturale e sociale in cui siamo immersi. Di queste due ragioni, entrambe fondamentali, la condanna del razzismo antiebraico è la seconda. La prima, il vero e proprio obiettivo centrale, è una chiamata all'etica, al senso di giustizia, all'onestà intellettuale, alla necessità di rettitudine e del coraggio di agire secondo le proprie convinzioni, costi quello che costi.
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Eccellente ricostruzione del caso Dreyfus con attori validi che ben interpetano la propria parte, una sceneggiatura curata, attenta ai particolari ed all'ambientazione, ed una regia eccellente.
Il film è di estrema attualità per due ragioni contingenti nel degrado culturale e sociale in cui siamo immersi. Di queste due ragioni, entrambe fondamentali, la condanna del razzismo antiebraico è la seconda. La prima, il vero e proprio obiettivo centrale, è una chiamata all'etica, al senso di giustizia, all'onestà intellettuale, alla necessità di rettitudine e del coraggio di agire secondo le proprie convinzioni, costi quello che costi.
Il regista c'è riuscito: alla fine della proiezione il pubblico resta seduto, guarda lo scorrere dei testi finali, ma è una scusa: sta meditando!
La stragrande maggioranza degli spettatori resta colpita dalla trama, dall'infingardaggine di alti ufficiali, del ministro della guerra, dei giudici militari, dall'incapacità del governo di condursi con intelligenza politica oltre che onestà d'intenti. Si è vista anche la bestialità della folla, manipolata dalle destre e ottusamente antiDreyfusiana. Si mette in risalto l'uso o l'abuso del termine "traditore" rivolto al Capitano Dreyfuss dai varri infingardi nelle diverse situazioni di discussione tra il colonnello Picquart e gli oppositori alla revisione del processo, ma i veri traditori della patria erano loro, che opponendosi alla revisione della condanna a un innocente e, addirittura, assolvendo la vera spia (Estherazy), consentivano alla vera spia di proseguire i suoi traffici a danno della nazione. Anche su questo meditavano gli spettatori seduti a fine proiezione.
Bel film. Lo rivedrò e lo consiglio vivamente
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mahleriano
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lunedì 23 dicembre 2019
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bel film
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Il film descrive un famosissimo caso storico che non ha bisogno di molte presentazioni, l'affare Dreyfus. Non parla dunque di errori giudiziari, ma di esplicite infondate accuse da parte del potere di turno (in questo caso militare) ai danni di innocenti, come molti se ne sono verificate nel corso della storia, con conseguente gogna mediatica e assoluzione spesso postuma. Basterebbe pensare, per citarne solo alcuni, ai casi Sacco e Vanzetti, passando per Galileo, Giordano Bruno, fino al "processo popolare" che chiese di scegliere fra Cristo e Barabba, ma la lista sarebbe lunga. Dunque se dei meriti il film ha, non possono risiedere nell'appartenenza a un filone solidamente navigato e conosciuto: lo spettatore sa da che parte schierarsi, conosce la verità ed è facile sfruttarne le conseguenti emozioni.
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Il film descrive un famosissimo caso storico che non ha bisogno di molte presentazioni, l'affare Dreyfus. Non parla dunque di errori giudiziari, ma di esplicite infondate accuse da parte del potere di turno (in questo caso militare) ai danni di innocenti, come molti se ne sono verificate nel corso della storia, con conseguente gogna mediatica e assoluzione spesso postuma. Basterebbe pensare, per citarne solo alcuni, ai casi Sacco e Vanzetti, passando per Galileo, Giordano Bruno, fino al "processo popolare" che chiese di scegliere fra Cristo e Barabba, ma la lista sarebbe lunga. Dunque se dei meriti il film ha, non possono risiedere nell'appartenenza a un filone solidamente navigato e conosciuto: lo spettatore sa da che parte schierarsi, conosce la verità ed è facile sfruttarne le conseguenti emozioni. Né l'attualità risiede in una riflessione su un tema presente come quello delle fake news, nei confronti del quale si assiste oggi a un'amplificazione enorme legata ai social, ma che rappresenta un problema antico quanto l'uomo: quello della calunnia è un "venticello" ben noto ed è stato ampiamente trattato anche nei film citati più su... Tuttavia il film ha una sua forza per molti aspetti. L'interpretazione del bravissimo protagonista, Jean Dujardin, già visto in The Artist, senz'altro è molto coinvolgente. E la ricostruzione della vicenda è molto avvincente per il taglio da classico giallo conferito al film nella ricostruzione delle prove, con le ulteriori ingiustizie che ne conseguono e l'immancabile divisione fra innocentisti e colpevolisti. Ma ciò che forse ho trovato più bella è la rappresentazione di Dreyfus, personaggio quasi ombra in un film che lo dovrebbe vedere protagonista, la cui apparente freddezza e distanza, nel finale, bene esprime quella consapevolezza amara che in fondo è la stessa che si ritrova nel Gattopardo: cambiare tutto perché nulla cambi. Perché, in fondo, questo è il sottile messaggio finale espresso dai due protagonisti a confronto: nessuno è mai realmente vincitore e quasi mai viene fatta vera giustizia. E in questa amarezza conclusiva sta la forza del film.
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efrem
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domenica 22 dicembre 2019
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recensione “j'accuse”
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J'accuse di Roman Polanski è un capolavoro del cinema, basta il campo lungo iniziale, che rappresenta la vastità della Francia che si abbatte sui considerati più piccoli. È un insieme di immagini sulle malefatte dei superiori. Da vedere assolutamente.
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clod
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lunedì 16 dicembre 2019
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un film solido
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sotto ogni aspetto, realizzato con grande professionalità ed equilibrio da parte di tutti: il grande cinema è questo, bellezza, e non ci potete far niente (semicit). Chi ha un minimo di dimestichezza con la storia dell'arte avrà riconosciuto diversi "tableau vivant" di opere di Degas e Manet.
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ralphscott
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domenica 15 dicembre 2019
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il cinema civile
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Opportuno in questo (?) contesto storico di tentato revisionismo, utile per capire un passo storico importante e complesso, rigoroso nella messa in scena ed ineccepibile nella recitazione. Fallisce parzialmente l'obbiettivo primario che si vorrebbe dal grande cinema: emozionare.
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andrea manfredi
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sabato 14 dicembre 2019
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magistrale, ma...
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Film eccelso, emozionante dalla prima all'ultima immagine, girato con una fermezza di mano che gli permette di stare continuamente in bilico fra generi diversi (noir, legal thriller, ricostruzione storica, denuncia politica ecc.) senza cadere mai in nessuno. Grandi gli attori, compreso il Garrel-Dreyfus quasi automa nel suo ruolo di vittima. Unico neo (se mi si perdona lo snobismo): è mai possibile che in un film dedicato al caso Dreyfus non uno dei doppiatori sia in grado di pronunciare correttamente il nome del protagonista, con la u francese, e dicano tutti invece "Dreyfiús"?
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samanta
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martedì 10 dicembre 2019
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la verità è sempre scomoda per tutti ...
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Un conto è la storia e un conto è un film che nel caso anche per evidenti motivi sentimentali ovvero per necessità cinematografiche tende a banalizzare una vicenda complessa. Diceva Chesterton "Dreyfus è innocente, forse non lo sono i dreyfusardi".
Cominciamo dall'antisemitismo o meglio dell'antiebraismo diffuso In Francia nei settori i più svariati, molti dimenticano Voltaire (quello che faceva soldi con la tratta degli schiavi neri) che nel "Dizionario filosofico" affermava che "l'ebreo è il più abominevole popolo del mondo". D'altra parte quando succede l'affaire, Mercier Ministro della guerra era un repubblicano progressista, il Presidente del Consiglio Dupuy è un massone, il Presidente della Repubblica Laubert è il propugnatore delle leggi anticlericali che comporteranno l'espropriazione dei beni dell Chiesa Cattolica comprese le chiese, la soppressione degli ordini religiosi e determinarono le dimissioni di centinaia di pubblici funzionari cattolici (compresi militari).
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Un conto è la storia e un conto è un film che nel caso anche per evidenti motivi sentimentali ovvero per necessità cinematografiche tende a banalizzare una vicenda complessa. Diceva Chesterton "Dreyfus è innocente, forse non lo sono i dreyfusardi".
Cominciamo dall'antisemitismo o meglio dell'antiebraismo diffuso In Francia nei settori i più svariati, molti dimenticano Voltaire (quello che faceva soldi con la tratta degli schiavi neri) che nel "Dizionario filosofico" affermava che "l'ebreo è il più abominevole popolo del mondo". D'altra parte quando succede l'affaire, Mercier Ministro della guerra era un repubblicano progressista, il Presidente del Consiglio Dupuy è un massone, il Presidente della Repubblica Laubert è il propugnatore delle leggi anticlericali che comporteranno l'espropriazione dei beni dell Chiesa Cattolica comprese le chiese, la soppressione degli ordini religiosi e determinarono le dimissioni di centinaia di pubblici funzionari cattolici (compresi militari). L'esercito non era affattto dominato dai cattolici, ma da una casta miltare nazionalista bonapartista. I Complotti ci furono ma furono creati dopo la condanna. Tutto parte dal borderau , venne fatto un profilo della spia e qui fu il primo errore: il profilo era sbagliato la spia non era un esperto in cannoni, ma semplicemente un ufficiale Esterhazyy (Laurent Mantella) che raccoglieva notizie di second'ordine e le passava ai tedeschi per un pò di soldi. Fra i 4 o 5 profili individuati fu scelto quello di Dreyfus non perché ebreo come racconta il film ma solo perché la scrittura del malcapitato vagamente assomigliava a quella del borderau. L'errore fu compiuto dal maggiore Henry (Grègory Gadebois) e dal suo capo del controspionaggio, ma Henry oltre ad essere un inetto, era anche un fellone, redasse documenti falsi per incastrare Dreyfus rendendosi conto che le accuse erano troppo deboli, dopo divenne anche un traditore perché protesse la vera spia.
In seguito si crearono i fronti: da una parte un fronte progressista che cercò di tramutare un errore giudiziario in un complotto di reazionari e un fronte di destra che per i medesimi motivi sosteneva un complotto di ebrei e massoni contro l'esercito per indebolire la Francia. In mezzo l'esercito permeato da uno spirito nazionalista-massonico-bonapartista con generali ottusi e incapaci (saranno quelli che pochi anni dopo manderanno al macello 1.400.000 soldati) che invece di riconoscere un errore giudiziario, si interstardirono.a coprire il vero colpevole. Il film rende bene il personaggio del colonnello Picquart anche per l'interpretazione di Jean Dujardin, chi in qualche modo ristabilì l'onore della Francia, gli bastò vedere gli atti per capire l'innocenza di Dreyfus e lottare, andando in carcere, anche se il maggiore non gli era simaptico, agendo per ragioni di giustizia e salvare la rispettabilità dell'esercito. Il film ricostruisce abbastanza bene l'ambientazione dell'epoca bravi gli attori meno quello che interpreta Dreyfus (Luis Garrel) che sembra una marionetta. Il maggiore era un uomo ricco, di cultura, moto affezionato all'esercito e fedele repubblicano con molte relazioni importanti, qualità che gli nocquero perché sembrò che la sua famiglia usasse i mezzi e la sua influenza per salvare una spia. La storia di amore di Picquart con Pauline (Emmanuelle Seigner) appare un pò forzata nella trama del film, fuori luogo le dichiarazioni di Polanski che cerca di paragonare le sue disavventure giudiziarie con quelle di Dreyfus.
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maramaldo
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domenica 8 dicembre 2019
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anche polanski insegna
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Un'altra lezione di Storia. Una versione della Belle Epoque secondo Roman.
Orgoglio ferito dalla disfatta, miseria di popolo spesso in sommossa non impedivano ricevimenti eleganti, incontri galanti, cancan e champagne. Déshabillé extraconiugali. Se ne occupa Emmanuelle Seigner (Pauline Monnier), ammiccamenti peccaminosi, protofemminismo.
Amor di Patria, uomini d'onore sono rappresentati in una marzialità spettacolare: presentat'arm chilometrici, scintillar di sciabole, sbatter di tacchi, decorazioni e medaglie, pennacchi e bandiere.
George Picquart, il protagonista. Jean Dujardin, The Artist, smesso il sobrio frac sfoggia giubbe istoriate.
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Un'altra lezione di Storia. Una versione della Belle Epoque secondo Roman.
Orgoglio ferito dalla disfatta, miseria di popolo spesso in sommossa non impedivano ricevimenti eleganti, incontri galanti, cancan e champagne. Déshabillé extraconiugali. Se ne occupa Emmanuelle Seigner (Pauline Monnier), ammiccamenti peccaminosi, protofemminismo.
Amor di Patria, uomini d'onore sono rappresentati in una marzialità spettacolare: presentat'arm chilometrici, scintillar di sciabole, sbatter di tacchi, decorazioni e medaglie, pennacchi e bandiere.
George Picquart, il protagonista. Jean Dujardin, The Artist, smesso il sobrio frac sfoggia giubbe istoriate. Parla pure, poco ma sentenzioso e lapidario. Si accorge che informazioni continuano ad arrivare ai Tedeschi anche dopo l'allontanamento dell'infelice capitano. Non gli pare vero gettare nello scompiglio i caporioni gallonati i quali si erano illusi di prendere con una fava due piccioni: additare un traditore, colpevole immancabile delle sconfitte nonchè sbarazzarsi di un ebreo.
Dreyfus (Louis Garrel) poco più di un simbolo. Freddo e impassibile, compassato persino nelle dichiarazioni d'innocenza, introverso e sfuggente, vi avrei visto anch'io - come tanti allora - un master spy.
Per i due non c'è simpatia. Picquart, uno che diventa ministro per di più dopo essere passato per le stanze dei servizi. Dreyfus alla fine inoltra domanda di riscatto di anni 5 di detenzione ai fini di un avanzamento di grado.
Diversamente da come la vede Spielberg o un Oliver Stone (altri insegnanti di storia) la vocazione a spia per Polanski non deriva da una tensione morale bensì da ristrettezze economiche. Detto chiaramente: Dreyfus non poteva tradire non perchè uomo integro ma in quanto disponeva di una rendita pari a 20 volte la paga militare. Infatti, chi è la talpa? Un vitaiolo indebitato (Esterhazy, Laurent Natrella). Vantava una goccia di sangue blu danubio pervenutagli per alcove traverse: albagia, pochi contanti, ancor meno scrupoli. Metaforizzando la vicenda collegandola alle sue persecuzioni remote e attuali, Polanski non è proprio rigoroso "nell'affresco storico", indulge a qualche manierismo da repertorio. Profitta pure per ricordare, en passant, di essere sempre uno dei "perfidi". Costruisce, comunque un potente apologo di condanna dell'abiezione di una casta, di tutta una gente.
Una piccola ingiustizia anche da parte sua. Pochi frettolosi tratti su Emile Zola, colui che scrisse L'Assommoir dove riecheggia quella che oggi chiamiamo macelleria sociale, vicino ai veri reietti di quel tempo e di ogni tempo. Sfidò il Potere che gli inflisse un anno di carcere più un'ammenda. Il figlio di un Veneziano non scontò l'uno nè pagò l'altra, scappò in inghilterra. Ai suoi funerali, a Parigi, non andò Picquart. Meno ingrato, vi partecipò Dreyfus giusto per prendersi una pistolettata direttagli dal solito dimostrante scalmanato. Iellato come sempre, l'Alfred. Non a tutti brilla la stella dei Roman Polanski.
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nadia meden
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domenica 8 dicembre 2019
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la storia insegna.......
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Ho potuto assistere all' ultimo capolavoro Roman Polanski " L'ufficiale e la spia ", un film accuratissimo ed elegante con un cast di attori molto, molto bravi tra i quali spiccano sicuramente Louis Garrel nei panni del Capitano Alfred Dreyfus e Jean Dujardin nei pani del Colonnello Picquart. Il film tratta di una storia vera , meglio conosciuta come L' affare Dreyfus e si svolge in Francia alla fine del 1800, dove il Capitano dell' esercito Dreyfus viene giudicato colpevole di alto tradimento e "svestito militarmente " sulla pubblica piazza di fronte a tutto il Corpo Militare. Egli verrà destinato a prigionia sull' isola del Diavolo e gli verrà tolta anche la posssibilità di parlare.
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Ho potuto assistere all' ultimo capolavoro Roman Polanski " L'ufficiale e la spia ", un film accuratissimo ed elegante con un cast di attori molto, molto bravi tra i quali spiccano sicuramente Louis Garrel nei panni del Capitano Alfred Dreyfus e Jean Dujardin nei pani del Colonnello Picquart. Il film tratta di una storia vera , meglio conosciuta come L' affare Dreyfus e si svolge in Francia alla fine del 1800, dove il Capitano dell' esercito Dreyfus viene giudicato colpevole di alto tradimento e "svestito militarmente " sulla pubblica piazza di fronte a tutto il Corpo Militare. Egli verrà destinato a prigionia sull' isola del Diavolo e gli verrà tolta anche la posssibilità di parlare. Il Colonnello Picquart è convinto che egli venga accusato non perchè colpevole ma in quanto ebreo e per dimostrare la verità si batterà per lungo tempo. Polanski ci da' una lezione storica sull' antisemitismo che ha radici molto molto lontane e che purtroppo , ahimè sta ritornando di "moda" . Dovremmo tutti pensare molto bene a cosa ha portato l' odio razziale e capire che non è il caso di innescare nuovamente tali brutalità. Grazie
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