carloalberto
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venerdì 22 novembre 2019
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essere per la verità
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Con il suo J’accuse Roman Polanski ha voluto rendere omaggio al cinema di Alfred Hitchcock, in particolare penso ai film Il Delitto perfetto e Nodo alla gola, ricostruendo la nota storia di Dreyfus in sequenze che intrecciano, sin dall’inizio, le vicissitudini ed il carattere della vittima con le azioni del suo salvatore, il colonnello Picquart, concatenandosi in un contesto già compiuto, destinato ad evolversi in un finale prestabilito in cui il misfatto è svelato grazie ad un errore fatale del criminale che ha architettato malamente il piano delittuoso, e lasciando allo spettatore il compito di ripercorrere mentalmente l’ordito della trama per giungere, infine, ad una conclusione emotiva inaspettata che disorienta ed invita alla riflessione.
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Con il suo J’accuse Roman Polanski ha voluto rendere omaggio al cinema di Alfred Hitchcock, in particolare penso ai film Il Delitto perfetto e Nodo alla gola, ricostruendo la nota storia di Dreyfus in sequenze che intrecciano, sin dall’inizio, le vicissitudini ed il carattere della vittima con le azioni del suo salvatore, il colonnello Picquart, concatenandosi in un contesto già compiuto, destinato ad evolversi in un finale prestabilito in cui il misfatto è svelato grazie ad un errore fatale del criminale che ha architettato malamente il piano delittuoso, e lasciando allo spettatore il compito di ripercorrere mentalmente l’ordito della trama per giungere, infine, ad una conclusione emotiva inaspettata che disorienta ed invita alla riflessione.
Nel Delitto perfetto c’è qualcosa che il criminale ha lasciato al suo posto, ma che non avrebbe dovuto trovarsi più lì, la chiave sotto lo zerbino, che qui diventa il documento segreto tenuto in cassaforte dal maggiore Henry. In Nodo alla gola l’elemento incriminante è sotto gli occhi di tutti, ma uno soltanto lo vede per quello che è, il laccio che è servito per strangolare l’amico qui diventa il testo autografo incorniciato che falsamente incolpava Dreyfus.
La firma che autentica l’omaggio è l’apparizione dello stesso Polanski, con baffoni asburgici, sullo sfondo di una scena tra gli invitati ad un ricevimento, come piaceva fare al “maestro del brivido”.
La sovrapposizione dei temi, propria di un film ispirato a vicende storiche, la questione dell’antisemitismo, le lotte politiche e lo strapotere dell’Esercito nella Francia dell’ultimo scorcio del XIX secolo e degli inizi del XX, pur costituendo la struttura del film non predominano soffocando il dramma, ma anzi donano il giusto colore agli ambienti ed il calore della vita vera ai protagonisti, impegnati in un duello a distanza, Dreyfus e Picquart. I due eroi combattono entrambi il mondo, ma da una prospettiva diversa e per una causa diversa, la vittima per difendere la propria vita ed il proprio onore, il salvatore per difendere il principio etico della Verità che travalica ogni obbligo sociale e ogni dovere di fedeltà e di coerenza derivante dall’appartenenza all’Esercito, alla Nazione, alla razza…
Nella scena finale, ricomposto il dramma storico, si riaffrontano i duellanti, ma ora le prospettive sono capovolte. Dreyfus invoca la modifica di una legge per affermare il principio etico dell’Equità, Picquart, rientrato nei ranghi con il grado di generale, gli oppone la contingenza politica che impedisce in quel momento di cambiare una legge ingiusta. Gli obblighi sociali hanno ripreso il sopravvento e la rivoluzione per la Verità ha lasciato il posto alla gestione burocratica del potere.
La parabola umana di Picquart diventa metafora di tutte le rivoluzioni.
Ma il finale emotivo inaspettato che coinvolge lo spettatore è dovuto all’antipatia che suscita il personaggio di Dreyfus, che invece di ringraziare colui che gli ha salvato la vita, va da lui per recriminare la sua mancata promozione al grado superiore. Polanski vuole dirci che al di là dell’antipatia, ovvero delle passioni e dei sentimenti che ci suscitano le persone o i popoli, occorre riflettere sulla pretesa che essi avanzano. In questo caso Dreyfus sta chiedendo ciò che gli spetta in virtù del principio etico di Giustizia e nient’altro. E di questo parla il film, di principi etici, di Verità, di Giustizia, di Equità, che superano la vicenda storica contingente del caso Dreyfus, che non appartengono soltanto alla storia della Francia del XIX o XX secolo, ma alla storia dell’uomo, al suo essere per la verità e che vale la pena riaffermare oggi, nel XXI secolo, come valori ormai obliati dal mondo contemporaneo.
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[+] un convincente e complesso affresco storico/umano
(di antonio montefalcone)
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no_data
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domenica 8 settembre 2019
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premio speciale giuria venezia 76
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Ho trovato il film stilisticamente perfetto con una sceneggiatura impeccabile.
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peer gynt
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lunedì 2 settembre 2019
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una lezione di storia
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Che dire? Non servono lunghi discorsi, questo film parla da solo. Ottima l'ambientazione, perfetta la sceneggiatura, ottima la recitazione. Polanski mostra tutta la sua esperienza costruendo un film preciso, puntuale, scorrevole e che mostra la sfacciata falsità del Potere. Ricostruendo il famoso affare Dreyfus, Polanski non nasconde allusioni (pur se discrete) ad un oggi nel quale le accuse false, costruite su documenti inventati, pullulano in un Web spesso difficilmente controllabile. E, con buona ace della regista argentina Lucrecia Martel, presidente della giuria della 76. Mostra del cinema di Venezia (che ha dimostrato una certa insofferenza per la persona Polanski a causa dei suoi trascorsi giudiziari), questo è risultato uno dei migliori film visti in questo festival veneziano.
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