great steven
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mercoledì 29 giugno 2022
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opera di taglio classico che compie il suo dovere.
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L'UFFICIALE E LA SPIA (FR/IT, 2019) diretto da ROMAN POLANSKI. Con JEAN DUJARDIN, LOUIS GARREL, GRéGORY GADEBOIS, EMMANUELLE SEIGNER, MELVIL POUPAUD, MATHIEU AMALRIC, LAURENT STOCKER, DENIS PODALYDèS, ANDRé MARCON, MICHEL VUILLERMOZ, VINCENT PéREZ, LUCA BARBARESCHI ● Il 1895 fu l’anno del terribile affaire Dreyfus: il capitano dell’esercito francese Alfred Dreyfus, ebreo, fu condannato per alto tradimento dal tribunale militare all’ergastolo presso l’Isola del Diavolo. Il suo principale accusatore, il maggiore Georges Picquart, venne successivamente promosso a tenente colonnello e nominato capo del controspionaggio.
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L'UFFICIALE E LA SPIA (FR/IT, 2019) diretto da ROMAN POLANSKI. Con JEAN DUJARDIN, LOUIS GARREL, GRéGORY GADEBOIS, EMMANUELLE SEIGNER, MELVIL POUPAUD, MATHIEU AMALRIC, LAURENT STOCKER, DENIS PODALYDèS, ANDRé MARCON, MICHEL VUILLERMOZ, VINCENT PéREZ, LUCA BARBARESCHI ● Il 1895 fu l’anno del terribile affaire Dreyfus: il capitano dell’esercito francese Alfred Dreyfus, ebreo, fu condannato per alto tradimento dal tribunale militare all’ergastolo presso l’Isola del Diavolo. Il suo principale accusatore, il maggiore Georges Picquart, venne successivamente promosso a tenente colonnello e nominato capo del controspionaggio. Nonostante le sue ferree convinzioni iniziali, ben presto Picquart cominciò a scoprire una realtà diversa intorno all’evento: raccogliendo prove e documenti preziosi e sottoponendoli alla (dubbiosa) attenzione degli ufficiali superiori, arrivò a comprendere come Dreyfus fosse il capro espiatorio di un losco complotto organizzato ai suoi danni dalle alte sfere dell’esercito e come pertanto non c’entrasse nulla col passaggio di informazioni segrete ai tedeschi. Il suo drastico voltafaccia, seppure portato avanti con coraggio e abnegazione, gli costò la carriera militare e riversò gravi conseguenze sulla sua vita privata. Il più grande scandalo del XIX secolo è l’opportunità ideale per Polanski di tornare a parlare di antisemitismo, il tema che gli è più caro perché lo riguarda molto da vicino; il regista francese di origini polacche tratta qui la sua materia narrativa prediletta attraversandola col lucidissimo sguardo di chi si interroga sull’errore giudiziario e sul profondo significato della giustizia che, ogni volta, ricerca a tutti i costi un colpevole e sacrifica l’innocenza per un bene collettivo che non merita di essere coltivato. La riabilitazione della vittima che pure non rinuncia all’autodifesa richiama le atmosfere volutamente barocche e l’importanza della figura ombrosa insinuatasi dietro il baluardo della Storia (o del personaggio storico) de L’uomo nell’ombra (2010); ma il personaggio di Dujardin (magistrale, la sua interpretazione in questo film) trova attinenze anche con Jack Gittes, il disincantato detective di Chinatown (1974), ed ecco che la ricerca della colpevolezza, spinta fino all’auto-corruzione della propria integrità, torna a far sentire il suo peso; infine, vi sono agganci a numerosi altri film del repertorio polanskiano, da Rosemary’s Baby a Carnage, senza dimenticare perfino Il pianista (2002), la cui lotta strenua per la sopravvivenza assurge anch’essa a tema cardine del tentativo parallelo di dimostrare l’innocenza di Dreyfus ad opera del maggiore Picquart. Non che i colonnelli e i generali dell’esercito francese di fine Ottocento vengano forzati a svolgere il ruolo di antagonisti, eppure il regista li mette comunque alla berlina sottolineandone la crudele ipocrisia. Non poteva mancare un sentito omaggio a émile Zola e al suo J’accuse!, editoriale che lo scrittore e giornalista pubblicò il 13/01/1898 presso il quotidiano socialista L’Aurore sottoforma di lettera aperta al Presidente della Repubblica Félix Faure, per denunciare pubblicamente le irregolarità e illegalità commesse durante il processo a Dreyfus. Cast eccellente. La fotografia di Pawel Edelman, conterraneo di Polanski, inanella un quadro dietro l’altro. Premiato a Venezia 2019 col Leone d’Argento Gran Premio della Giuria.
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stenoir
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mercoledì 17 novembre 2021
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un punto oscuro nella storia della francia
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Se vi è capitato di sentire, o leggere, i termini “Affare Dreyfus” oppure “Io accuso”, (in lingua originale “Affaire Dreyfus” e “J’accuse” -quest’ultimo probabilmente più famoso senza doverlo tradurre-), e non c’è mai stato modo di approfondire la ‘provenienza’, o il significato, L’Ufficiale e la Spia è l’occasione giusta per farlo. Siamo ne 1894 e Alfred Dreyfus (Louis Garrel), capitano dell’esercito francese, viene condannato all’esilio sull’Isola del Diavolo (Guyana Francese); la motivazione sarebbe alto tradimento, per aver passato documenti segreti al nemico, l’Impero tedesco.
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Se vi è capitato di sentire, o leggere, i termini “Affare Dreyfus” oppure “Io accuso”, (in lingua originale “Affaire Dreyfus” e “J’accuse” -quest’ultimo probabilmente più famoso senza doverlo tradurre-), e non c’è mai stato modo di approfondire la ‘provenienza’, o il significato, L’Ufficiale e la Spia è l’occasione giusta per farlo. Siamo ne 1894 e Alfred Dreyfus (Louis Garrel), capitano dell’esercito francese, viene condannato all’esilio sull’Isola del Diavolo (Guyana Francese); la motivazione sarebbe alto tradimento, per aver passato documenti segreti al nemico, l’Impero tedesco. Il fatto che Dreyfus sia ebreo non è secondario, perché molti vedono in questa sentenza, una presa di posizione antisemita da parte di chi ha dovuto giudicare (e di conseguenza da parte dell’esercito stesso). Però al colonnello Georges Picquart (un ottimo Jean Dujardin), diverse cose risultano poco chiare e così, grazie al suo intervento, inizia un processo che si concluderà solamente tredici anni dopo interessando anche esponenti della cultura e scrittori, come appunto Emile Zola, il quale nel 1898 farà pubblicare sul quotidiano L’Aurore, il celebre articolo J’Accuse. Roman Polanski (anche lui in esilio, da più di quarant’anni dal suolo americano, ma per motivi differenti) è il regista di questo film meritevole di essere visto, un film che analizza uno dei momenti meno “edificanti” nella storia della Repubblica francese.
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fabio 3121
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sabato 22 maggio 2021
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il bordereau che incastrò l''innocente dreyfus
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il film è basato sulla storia vera nota come "l'affare Dreyfus" che sconvolse l'opinione pubblica in Francia sul finire del 1800. Nel gennaio del 1895 il capitano dell'esercito francese Dreyfus viene degradato e condannato di alto tradimento per aver passato segreti militari ai tedeschi ed incarcerato nell'isola del diavolo. Un anno dopo il capitano Picquart viene posto a capo dei servizi segreti e, attraverso l'esame del bordereau - prova documentale del tradimento di Dreyfus - con altri documenti scritti dal maggiore Esterhazy, Picquart riapre il caso Dreyfus convinto dell'innocenza del suo ex allievo ebreo incastrato al posto della vera spia Esterhazy.
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il film è basato sulla storia vera nota come "l'affare Dreyfus" che sconvolse l'opinione pubblica in Francia sul finire del 1800. Nel gennaio del 1895 il capitano dell'esercito francese Dreyfus viene degradato e condannato di alto tradimento per aver passato segreti militari ai tedeschi ed incarcerato nell'isola del diavolo. Un anno dopo il capitano Picquart viene posto a capo dei servizi segreti e, attraverso l'esame del bordereau - prova documentale del tradimento di Dreyfus - con altri documenti scritti dal maggiore Esterhazy, Picquart riapre il caso Dreyfus convinto dell'innocenza del suo ex allievo ebreo incastrato al posto della vera spia Esterhazy. Trovandosi di fronte all'omertà ed all'insabbiamento delle prove dei vari generali dell'esercito francese, lo stesso Picquart verrà processato così come lo scrittore Emile Zola per diffamazione essendo l'autore dell'articolo "J'accuse". Alla fine però Dreyfus verrà rimpatriato per un secondo processo e verrà a galla tutta la verità sul suo caso. Davvero un bel film, con una ricostruzione dettagliata dell'affare Dreyfus, grazie anche ai flashback degli eventi antecedenti l'esilio del capitano. Protagonista principale della pellicola è l'attore Jean Dujardin che dà al suo personaggio Picquart una grande umanità. All'altezza il resto del cast così come la scenografia e soprattutto i costumi che riportano lo spettatore ad immergersi in quel preciso contesto storico. Seppure il film sia privo di musiche essendo tutto imperniato sui dialoghi dei tanti personaggi della storia, la stessa si segue con grande interesse grazie ad una ottima regia di Roman Polanski. Voto: 8,5/10.
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elgatoloco
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lunedì 19 ottobre 2020
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grande riscoperta dell''affaire dreyfus
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"J'accuse"(Roman Polansky, scritto con Robert Harris, da anni suo cosceneggiatore, autore anche del romanzo del 2013 da cui il tilm è tratto, 2019; il mtitolo è mutuat direttamente da un famoso pamplhket di Emile Zola)questo film ripropone il caso di Alfred Dreyfus, che a fine 1800 fu condannato quale"spia"dei Prussiani solo in quanto Ebreo e uomo di sinista(ma giustamente il film insiste sul primo aspetto, decisamente più centrale), poi faticosamente riabilitato da Gegorges Picquard, ufficiale preposto alle indagin complessive di ordine "controspionistico". Il processo, però, durerà anni e porterà a una faticosa e solo parizlae riabilitazione, che non si conclude neppure quando Picquard, anni dopo, sarà ministro della difesa("della guerra", nella fizione del tempo).
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"J'accuse"(Roman Polansky, scritto con Robert Harris, da anni suo cosceneggiatore, autore anche del romanzo del 2013 da cui il tilm è tratto, 2019; il mtitolo è mutuat direttamente da un famoso pamplhket di Emile Zola)questo film ripropone il caso di Alfred Dreyfus, che a fine 1800 fu condannato quale"spia"dei Prussiani solo in quanto Ebreo e uomo di sinista(ma giustamente il film insiste sul primo aspetto, decisamente più centrale), poi faticosamente riabilitato da Gegorges Picquard, ufficiale preposto alle indagin complessive di ordine "controspionistico". Il processo, però, durerà anni e porterà a una faticosa e solo parizlae riabilitazione, che non si conclude neppure quando Picquard, anni dopo, sarà ministro della difesa("della guerra", nella fizione del tempo). Il caso eclatante di una Francia non totalmente "rivoluzionata"anzi tornata ad essere, nelle alte sfere, clerico-retrograda, reazionaria o almeno iperconservatrice, odiatrice delii"etrangers"ma sopratuttto degli Ebrei in cui"scoppia"la questione(affaire)Dreyfus è paradigmatico di un odio eterno, che si identifica con la storia di Polansky stesso, Ebreo che ha vissuto il disastro della Shoah in prima persona(madre morta in campo di concentramento e padre sopravvissuto a malapne) e ha visto la salvezza solo in base a un versamento effettuato a una famiglia cattolica che lo "adottò"., Polansky ci dà un film denso e terso, quasi tutto in interni(esterni, solo quando necessario, quando si ha l'attentato contro Laborit, l'avvocato che avrebbe difeso in pieno, ossia in modo cmpleto Dreyfus), che però riesce a darci un esquisse totale di un modo, quello che preparava le due guerre mondiali, di una mentalità militare e militarisa diffusa in tutta Europa, anzi in tutto il mondo, dove il capro espiatoria è sempre uno solo, quello e ciç che non si riesce a rinchiudere nei facili recinti delle proprie sciocche"idee ricevute". Denso e terso, attento anche alle sfumature(il moralismo di facciata, per esempio), "J'Accuse", che oltre al bravisismo protagonista nel ruolo di Picquard, Jean Dujardin, vede interpreti quasi tutti della Comédie Française, a riprova del fatto che non è assolutamente vero che i veri attori possano improvvisarsi(Brecht stesso, in privato, era scettico sul suo stesso metodo dell'effetto di straniamento), per cui non si capisce o almeno io non capisco perché l'amico Luca Baronini, critico cinematrografico e direttore respponsabile di "Cenerentola", rivista mensile, dica che è un filn notevole ma non un capolavoro. Forse Polansky era più"creattivo"ai tempi di "Rosemary's Bebay"ma ora non è meno bravo, per dila in breve. El Gato
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mirko
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giovedì 10 settembre 2020
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ecco come si fa un film storico !
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Sul finire dell’Ottocento un capitano ebreo dell’esercito francese viene dichiarato colpevole di tradimento. Spetta al neo capo dei servizi segreti far luce sull’accaduto. Appassionante cinepezzo da antologia, minuziosamente ambientato e dalla narrazione fitta, con delle performance incredibilmente credibili. Dall’omonimo romanzo di Robert Harris, che ha anche collaborato alla sceneggiatura. Si è aggiudicato il Gran premio della giuria a Venezia.
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enrico cotilli
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giovedì 3 settembre 2020
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affaire dreyfus sotto lente
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Recensisco positivamente questa opera di Polanski. L'immagine del soggetto principale e' sana, fuori dai tempi. Ovvie le battute di Polanski fuori scena, film e storia gli si vestono perfettamente.Emanuelle Seigner, anche se avanti con gli anni, non perde il suo charme di donna fatale.Bravissima.
Film da vedere e gustare nel massimo silenzio, e, anche se storicamente scontato, lascia col fiato sospeso.
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paolp78
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mercoledì 15 aprile 2020
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giustizia e ragion di stato
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Pellicola di valore assoluto.
Impressionante la ricostruzione storica e la messa in scena della società dell'epoca, così minuziosa che lo spettatore ci si cala dentro completamente: la cura per i dettagli mi ha molto colpito.
Da sottolineare l'eccellente rappresentazione dell'ambiente ministeriale e militare francese, di cui si respira la ferrea disciplina a cui è improntato.
Polanski è magistrale nel mantenersi rigorosamente fedele alla vicenda storica e contemporaneamente a descriverne i fatti con una narrazione piacevole e molto scorrevole, come è richiesto nell'arte cinematografica.
Per la difficoltà di questa operazione e per il soggetto scelto, particolarmente impegnativo, ritengo questa pellicola la migliore tra quelle più recenti del grande regista, insieme con "Il Pianista" (film del 2002).
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Pellicola di valore assoluto.
Impressionante la ricostruzione storica e la messa in scena della società dell'epoca, così minuziosa che lo spettatore ci si cala dentro completamente: la cura per i dettagli mi ha molto colpito.
Da sottolineare l'eccellente rappresentazione dell'ambiente ministeriale e militare francese, di cui si respira la ferrea disciplina a cui è improntato.
Polanski è magistrale nel mantenersi rigorosamente fedele alla vicenda storica e contemporaneamente a descriverne i fatti con una narrazione piacevole e molto scorrevole, come è richiesto nell'arte cinematografica.
Per la difficoltà di questa operazione e per il soggetto scelto, particolarmente impegnativo, ritengo questa pellicola la migliore tra quelle più recenti del grande regista, insieme con "Il Pianista" (film del 2002).
Viene reso perfettamente il concetto della giustizia mortificata dalla ragion di Stato (inquinata dall'antisemitismo), che è il punto centrale dell'affare Dreyfus. Lo spettatore ha la sensazione di scontrarsi con un muro di gomma e prova un'autentica frustrazione.
Benchè la pellicola sia estremamente rigorosa, riesce comunque a suscitare sentimenti forti: personalmente nel finale ho quasi provato della commozione.
Non ci sono punti morti; l'argomento trattato è impegnativo e richiede un certo sforzo di attenzione, che se si è disposti a compiere viene ampiamente ripagato da un film che non annoia mai, per tutta la sua durata.
Le interpretazioni sono assolutamente all'altezza.
Ottime scenografie e costumi.
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felicity
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lunedì 6 aprile 2020
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un saggio sul potere
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Da un episodio che ha prodotto una vastità di libri, ma poche storie al cinema, Polanski approda a un saggio sul potere e a un thriller dove coabitano racconto piano e tensivo, il dramma di un uomo e l'ottusa farsa, quasi somatica, gestuale, corporea, come dipinta più che filmata, di chi mente, falsifica, manipola, con una regia precisissima d'opera in costume che è anche un libero, individualistico film-puzzle, una stratificazione perfetta di segmenti narrativi che inclinano il senso insieme a ciò che la parola dice e nasconde.
Dreyfus è già tutto in quella bellissima, tremenda sequenza della degradazione militare che apre il film e sa schiudere già il Cinema.
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Da un episodio che ha prodotto una vastità di libri, ma poche storie al cinema, Polanski approda a un saggio sul potere e a un thriller dove coabitano racconto piano e tensivo, il dramma di un uomo e l'ottusa farsa, quasi somatica, gestuale, corporea, come dipinta più che filmata, di chi mente, falsifica, manipola, con una regia precisissima d'opera in costume che è anche un libero, individualistico film-puzzle, una stratificazione perfetta di segmenti narrativi che inclinano il senso insieme a ciò che la parola dice e nasconde.
Dreyfus è già tutto in quella bellissima, tremenda sequenza della degradazione militare che apre il film e sa schiudere già il Cinema.
J’accuse elogia il "fare il proprio dovere", mette alla berlina le alte cariche tronfie e fatue, i sottoposti correi e corrivi, divelle l’ingranaggio del potere, l’homo homini lupus istituzionalizzato, e apre alla residua speranza: tocca all’uomo, anzi, a un uomo conoscere perché non si possa più ignorare, scoprire perché non si possa più annichilire, affrancare perché non si possa più ingiustamente punire.
Dujardin ha calma, eleganza e probità, Garrel è perfetto: thriller per genere, commedia umana per guadagno, trattatello politico per analisi, grande cinema per immagini.
Con non pochi riflessi della propria vicenda personale, Polanski vuole gettare una luce, fredda e malinconica, sul nostro presente di faziosità animose, di fake news, di cacce alle streghe e agli stregoni,
Polanski non si dà arie, non si pavoneggia, solo ci fa vedere meglio: le focali lunghe della Storia, il nostro qui e ora. Chi dimentica è complice, anzi, carnefice.
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mardou_
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venerdì 31 gennaio 2020
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la vérité en marche
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Espressioni quali " Affaire Dreyfus" o "Caso Rosenberg" sono usate comunemente quando si vuole indicare, come direbbe Gadda, un qualche pasticciaccio brutto che coinvolge per lungo tempo un paese, in cui qualcuno viene messo alla gogna con prove indiziarie spesso dalla nebulosa veridicità, ma che hanno un forte impatto sull'opinione pubblica.
L' accusa di tradimento e spionaggio a favore della Germania, mossa nei confronti del capitano alsaziano di origine ebraica Alfred Dreyfus, sulla base di documenti secretati e dell'inquinamento di prove inconfutabili, altro non fu che il più grave episodio di antisemitismo della Francia durante Terza Repubblica.
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Espressioni quali " Affaire Dreyfus" o "Caso Rosenberg" sono usate comunemente quando si vuole indicare, come direbbe Gadda, un qualche pasticciaccio brutto che coinvolge per lungo tempo un paese, in cui qualcuno viene messo alla gogna con prove indiziarie spesso dalla nebulosa veridicità, ma che hanno un forte impatto sull'opinione pubblica.
L' accusa di tradimento e spionaggio a favore della Germania, mossa nei confronti del capitano alsaziano di origine ebraica Alfred Dreyfus, sulla base di documenti secretati e dell'inquinamento di prove inconfutabili, altro non fu che il più grave episodio di antisemitismo della Francia durante Terza Repubblica.
In un clima di forte nazionalismo ed isolamento della nazione, gli apparati militari, in pieno espansionismo coloniale, mostrarono il pugno di ferro contro le altre istituzioni , mentre l'affaire e le sue conseguenze di propagarono per quasi due decenni fino alla vigilia della Prima Guerra Mondiale.
La struttura della pellicola segue un impianto classico ed il ritmo di una pièce teatrale, dove il colonnello Picquart ha il volto dell'ottimo Jean Dujardin, mentre l'ebreo Dreyfus ha la sofferenza opaca e l'onore violato di Louis Garrel. Il loro dialogo è presente sulla scena ininterrottamente, anche quando è l'assenza di uno dei due a prenderne il posto, grazie alla regia di Roman Polansky che regala chiarezza e completezza alla vicenda storica, senza alcuna sbavatura o licenza poetica.
Così la storia inizia esattamente quando sembra essersi conclusa, mentre uno degli atti più salienti è rappresentato dallo J'Accuse di Émile Zola , la celebre lettera al Presidente della Repubblica del 13 gennaio 1898 che lo scrittore pubblicò sul quotidiano L'Aurore, dando vita al movimento intellettuale che sostenne la campagna innocentista...
"La Vérité En Marche
Émile Zola"
Un messaggio potente, che non conosce confini e che ci impone alla riflessione nel suo essere sempre così attuale.
Elisabetta Baou
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martedì 7 gennaio 2020
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magistrale
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