loland10
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domenica 10 febbraio 2019
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vecchio e senza multe...
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“The Mule. Il Corriere” (The Mule, 2018) è il trentottesimo lungometraggio del regista-attore-produttore di San Francisco Clint Eastwood.
Scorrere i miti, attraversare i sentieri, percorrere i visi, sbilanciare i vuoti, contare i tempi, radersi male, specchiare gli asfalti, tracimare gli schermi e silenziare ogni radio musicante. La bocca contorce le parole e il corpo barcollante si avvicina ai nostri mondi immaginifici.
Il quasi novantenne Clint sfida se stesso, il suo mito, la sua carriera, il suo se stesso e la forma registica. Il suo tratto e il suo testamento di immagini e di icona a se stesso. Dopo anni di non più davanti alla macchina da presa, così aveva manifestato e quasi giurato, ecco che il vecchio testardo, virtuoso e sagace e non domo attore si schiude un’altra volta ( sarà l’ultima.
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“The Mule. Il Corriere” (The Mule, 2018) è il trentottesimo lungometraggio del regista-attore-produttore di San Francisco Clint Eastwood.
Scorrere i miti, attraversare i sentieri, percorrere i visi, sbilanciare i vuoti, contare i tempi, radersi male, specchiare gli asfalti, tracimare gli schermi e silenziare ogni radio musicante. La bocca contorce le parole e il corpo barcollante si avvicina ai nostri mondi immaginifici.
Il quasi novantenne Clint sfida se stesso, il suo mito, la sua carriera, il suo se stesso e la forma registica. Il suo tratto e il suo testamento di immagini e di icona a se stesso. Dopo anni di non più davanti alla macchina da presa, così aveva manifestato e quasi giurato, ecco che il vecchio testardo, virtuoso e sagace e non domo attore si schiude un’altra volta ( sarà l’ultima...come l’altro grande vecchio Robert Redford....seppure su sponde diverse) per un personaggio
La storia è tratta da un fatto vero (il veterano Leo Sharp che negli anni ottanta divenne corriere della droga verso Sinaloa); Earl Stone è un vecchio oramai privo di stimoli alcuno, coltiva orchidee ma la sua impresa va in fallimento; le vendite vanno a picco e i mezzi digitali moderni lo rendono disoccupato. L’età c’è ma la voglia pure e accetta di diventare ‘corriere’ della droga di un ‘capo’ messicano. I viaggi diventano tanti, come le quantità da trasportare e il suo stato di ‘insospettabile’ rendono il lavoro molto fruttuoso per pagare debiti, riaprire balere, conquistare amici e, forse, avvicinare la sua famiglia.
Il problema è la famiglia, il tempo, gli affetti e non certo altro. Resta poco del ’giorno’.
Trumpiano inverso o repubblicano (s)docet: mentire e saggiare il pubblico; con il ‘cavaliere pallido’ i passi oramai diventano flebili e le risposte secche e meritorie.
Hombre Mexico e hombre (muchacho) quando il guadagno facile sc(hi)accia il destino e le corse non spaventano l’angoscia e ogni borsone pieno di chilogrammi.
Escobar droga e t-pack, musica da canticchiare e Ford da cambiare, uno stop per assaporare carne di maiale e sbilenchi modi di dialogare.
Mentore e jazz-folk-ato, mesto e imbarazzato, vile e ciglione. Il Clint che non vuoi si adombra nella sua goffaggine non tanto di postura ma di servizio alla mesta verità di un’America girata in lungo e in largo....41 stati....tutto o quasi conosce il vecchio, di glorie andate e di allori mai ricevuti (‘andare a spasso’).
Umore basso, mestizia vera e ricordi sbiaditi come la famiglia persa e una figlia che vuole sposarsi. Una vita lunga che è arrivata senza un tempo di misura. Quello che non si può toccare.
Lineamenti scavati, corpo inchinato, braccia penzolanti e odori oramai passati. I balli con giovani ragazze paiono una presa in giro per una notte impossibile e un fisico spettrale.
Elegante quando serve, sbadato il giusto, rimbambito nel gioco, figlio di (quando glielo disse sul finale…), spento e mortuario, vivo e malinconico. Postura di ‘un uomo tranquillo’.
‘Internet che serve…’. Ma gli anni passano e si arriva ad un mondo dove l’antico modo finisce e non vendi neanche il pane senza uno ‘straccio di digitale’. E i fiori non sanno più di essere coltivati.
‘Voi altri’, voi che non conoscete, voi che siete persi, voi sempre attaccati al telefono. Intanto il vecchio gira sempre facendo soldi in modo molto losco.
‘È bello aiutare dei negri’ (il rimbrotto per non dire ‘neri’ non vale per il vecchio campione) per un cambio di un pneumatico. E internet non va, non c’è campo. ‘Solo quelli sapete adoperare’ e chiamare il soccorso è un problema. Adesso cosa fai? Basta poco di esperienza e senza modernismo.
‘Tutto ho comprato ma il tempo non si può comprare’. E sì il tempo è andato e in un respiro ti manca poco mentre i novanta sono alle porte. E chi si addomestica è la propria sconfitta. ‘Sono stato un cattivo padre, un cattivo marito,…’ chi sa quant’altro. Forse un ‘cattivo regista’ e anche un ‘cattivo attore’. Basta fermarsi per ritrovare la vera scena.
‘La scena della morte’ soporifera e altisonante risuona e rimbomba in modo alterno dalla bara lucida e forse ancora in foga di ‘Gran Torino’. La vita riemerge per un funerale quello della moglie. Che aspetta e non ascolta neanche le stupidaggini del vecchio Earl.
Ecco che il ‘testamento onirico’, servile. al cinema, alla sua vita, viene profuso, non sempre in modo lineare e arcaico, in quest’ultima opera, ma ciò che conta, veramente, è il passaggio del testimone verso il pubblico (l’altrui di cui non ha avuto tempo) per parlargli, dargli una mano e rivedere la voce di una prigione (come sono lontani i tempi di ‘fughe e Alcatraz’) dove poter coltivare dei fiori che durano poco e sognano un giorno rimasto.
Seppur senza l’entusiasmo di livello eccelso (da ‘Un mondo perfetto’ a ‘Gran Torino” , rimane una prova che a posteriore è il percorso d’arrivo del quasi novantenne attore-regista. Un arrivi di colpevolezza e di poco amore patrio.
È il sentore dell’agente DEA Colin Bates (l’attore, Bradley Cooper, che arresta, che vuole fare carriera, che va di pari passo, complementare a Chris di ‘American Sniper’ -2014- dello stesso regista). Quando il volto tumefatto, sporco, rigato di sangue incontra il ‘giovane aitante’ poliziotto....viene fuori la domanda (affermazione): ‘Tu?!’, ‘Si io...’. Come un gioco doppio.
La domanda risposta va oltre al loro incontro precedente, alle relazioni familiari, al mondo vile e alle strade reali e immaginifiche di un regista che trova l’attore....e l’attore che ritrova il suo regista. Tu ancora qui...ma non dovevi fermarti (ancora un altro? Avrebbe potuto chiedergli fuori onda).
Fare il Corriere per fare qualche chilometro in più dopo le migliaia e centinaia di migliaia di strade (pro)fuse e autostrade girate (in jet-set). Un Clint che recita con parsimonia accattivante, ricorda se stesso....: dà il massimo con il minimo o così sornione, stanco e provato da essere lì per caso. Un ‘mito’ che non spinge molto ma che buca lo schermo appena la sua forma e la sua ombra si avvicina. Non è parvenza ma classe innata. E più di qualcuno deve ringraziare.
“Un mondo perfetto” (1993), “Million Dollar Baby” (2004) e “Gran Torino” (2008) restano superiori (e capolavori), ma “The Mule” è il sottotitolo (‘la lode al dolore’) per coltivare fiori senza nessun disturbo. L’inquadratura vira verso l’alto come per un commiato leggero e irriverente. Una consapevolezza di cinema difficile da ‘degustare’ ma solo da ‘vivere’. Per un fiore.
Asciutto e semplice, funereo e ironico, sincronico e anacronistico, arioso e musicale, antiarrogante e s-tracotante, da radio e da viaggio. Il cinema (vita) è eccitante per Clint. Ecco che il biglietto vale per i modi parsimoniosi di un vecchio che pare fuori di testa (un vecchio ‘coglione’…ma non uno qualsiasi).
Bladey Cooper(Clin Beats) si sente a disagio (di fronte) ma ha la forza di non perdersi dentro il film.
Laurence Fishburne(agente Dea), volto notissimo e capace, come sempre, di farsi ricordare.
Regia di soppianto, acida, viva, silenziosa e cantata dalle sue labbra.
Voto: 8/10 (****)
(questi di numeri non avrebbe bisogno, chi può girare così senza accorgersene e fa dei film).
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lucio di loreto
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martedì 14 maggio 2019
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il lascito di clint
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Nick Schenk, già autore di Gran Torino e The Judge, scrive questo film, una sorta di epitaffio ed eredità che un’icona del cinema ci lascia a fine vita, sceneggiando i dialoghi con lo stesso identico ritmo dei suoi due predecessori. Eastwood si regala una regia fatta ad hoc per la sua interpretazione (ed è forse la prima volta) quasi a voler chiudere tutti i conti con la propria esistenza, i dubbi e soprattutto rimpianti, che siano cinematografici o reali. La pellicola riprende la storia vera di Leo Sharp, ultra ottantenne che per dieci anni percorse tutti gli Stati Uniti con il bagagliaio pieno di cocaina, eludendo i controlli della polizia grazie ad uno stereotipo lontano da quello dello spacciatore latino-americano.
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Nick Schenk, già autore di Gran Torino e The Judge, scrive questo film, una sorta di epitaffio ed eredità che un’icona del cinema ci lascia a fine vita, sceneggiando i dialoghi con lo stesso identico ritmo dei suoi due predecessori. Eastwood si regala una regia fatta ad hoc per la sua interpretazione (ed è forse la prima volta) quasi a voler chiudere tutti i conti con la propria esistenza, i dubbi e soprattutto rimpianti, che siano cinematografici o reali. La pellicola riprende la storia vera di Leo Sharp, ultra ottantenne che per dieci anni percorse tutti gli Stati Uniti con il bagagliaio pieno di cocaina, eludendo i controlli della polizia grazie ad uno stereotipo lontano da quello dello spacciatore latino-americano. Esperto di viaggi al volante col suo pick up, a causa di un lavoro da floricultore ora in crisi per colpa delle vendite online, il vecchio è obbligato a cercarsi un’alternativa per tirare a campare, visti i prossimi e sopraggiunti problemi economici. Clint si dirige in un ruolo perfetto per lui, con tutta la tenerezza di un novantenne non più sicuro di sé fisicamente ma anche con l’astuzia, furbizia e cinismo di chi ne ha viste tante, ama la bella vita e non ha morale. Earl Stone sembra proprio l’uomo con la pistola che abbatte quello con il fucile dei western anni 60, con 50 primavere in più ma capace di mantenere una postura coriacea, la risposta sempre pronta e un sarcasmo politicamente non corretto; generoso però ad aiutare e consigliare chi ne ha bisogno. Caratteristiche che se da un lato lo aggraziano e facilitano insieme ai “soci” messicani, famiglie di colore, motocicliste lesbiche o polizia durante i controlli, lo hanno allontanato da più di un decennio dalla sua famiglia. Un personaggio per il quale non si può non fare il tifo, nonostante il crimine perpetrato ripetutamente, cosa che terrorizza l’establishment e il buonismo democratico a stelle e strisce, per il quale l’arte di arrangiarsi va compiuta nei modi più solenni del termine, cercando di raggiungere il sogno americano in modo più soave possibile: cosa pressochè impossibile per chi perde soldi e lavoro a fine vita, ma tant’è!! Da anche fastidio la ricongiunzione coi suoi cari, attratti da lui forse solo per una ripresa economica, fatta di bracciali d’oro, regali floreali e open bar offerti, tanto da assecondarlo pure dopo la sorprendente scoperta. La regia è viva, schietta e diretta e grazie al suo protagonista diventa camaleontica, passando dal thriller alla commedia, da inseguimenti e climax polizieschi a dramma familiare. Ottimo anche il supporting cast stellare, col tenero Bradley Cooper, l’onesto Michael Pena, l’intensa Dianne Wiest, il boss Andy Garcia e il tenace Laurence Fishburne a farsi da parte per assecondare il Clint One Man Show. Schenk per questo motivo non fatica troppo a sceneggiare la pellicola in modo piatto e senza squilli, lasciando ai protagonisti meriti ed incombenze. Più che altro la trama, appositamente scontata, pecca nella realtà dei fatti, dando ad un marpione del genere un falso alone di ingenuità nel non voler scoprire più a lungo possibile cosa si nasconde nel borsone, così come è troppo facile e veloce la riconquista degli affetti! Eastwood si loda come mai ed in modo indimenticabile trasformando un film normale in un regalo da custodire nel cuore, grazie pure al solito e classico armistizio morale con la propria coscienza col quale ci omaggia nel finale. Grazie Maestro!
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elgatoloco
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lunedì 23 marzo 2020
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the mule ancora una volta grande clint, completo
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"The Mule"(2018, Clint Eastwood, ispirato alla storia vera di Leo Sharp, reduce dalla Guerra Mondiale, ovviamente la seconda, che qui diventa un reduce dalla Guerra di Corea, dunque di poco più di un lustro successiva), come"Richard Jewell"è un ulteriore superbo esempio di"epopea dei vinti, dei trascurati", di coloro che non sono"politicamente corretti", come appunto il film del 2019 di cui favevo menzione, incentrato su un poliziotto poi retrocesso a guardiano, poi eroe e poi invece accutato di un attentato grave. scagionato dopo infinte peripezie. Qui il processo è inverso: il veterano, autortrasportatore per tutta la vita, si trova in una situazione difficile(ha la casa pignorata) e accetta di tornare, in tarda età, a lvaorare sulla strada, trasportando una merce che dapprima non riconosce e poi invece, casualmente, scopre quale cocaina e farà vari vaiggi per un cartello, venendo pagato lautamente e, dopo essere tornato in famiglia per assistere la moglie, gravemente malata, anzi terminale, fino al funerale e poi per prendere parte alla cerimonia di laurea della nipote, finché, durnate l'ultimo viaggio, viene"beccato"da un agente della DEA e come tale tradotto in carcere nonostnate la tarda età.
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"The Mule"(2018, Clint Eastwood, ispirato alla storia vera di Leo Sharp, reduce dalla Guerra Mondiale, ovviamente la seconda, che qui diventa un reduce dalla Guerra di Corea, dunque di poco più di un lustro successiva), come"Richard Jewell"è un ulteriore superbo esempio di"epopea dei vinti, dei trascurati", di coloro che non sono"politicamente corretti", come appunto il film del 2019 di cui favevo menzione, incentrato su un poliziotto poi retrocesso a guardiano, poi eroe e poi invece accutato di un attentato grave. scagionato dopo infinte peripezie. Qui il processo è inverso: il veterano, autortrasportatore per tutta la vita, si trova in una situazione difficile(ha la casa pignorata) e accetta di tornare, in tarda età, a lvaorare sulla strada, trasportando una merce che dapprima non riconosce e poi invece, casualmente, scopre quale cocaina e farà vari vaiggi per un cartello, venendo pagato lautamente e, dopo essere tornato in famiglia per assistere la moglie, gravemente malata, anzi terminale, fino al funerale e poi per prendere parte alla cerimonia di laurea della nipote, finché, durnate l'ultimo viaggio, viene"beccato"da un agente della DEA e come tale tradotto in carcere nonostnate la tarda età. Clint superbo anche come attore, è regista completo, che sa darci il dramma sentimentale-familiare nell'accezione migliore del termine e nel dramma è"sussunto"(incluso)anche il film poliziesco, con ovvi momenti di suspense mai"cercata"o indebitamente accentuata, un politiesco certo non"noir", smpee appunto nell'ottica dell'epopea dei"vinti", dove Eastwood, politicamente conservatore ma"libertarian", à la Barry Goldwater ossia per nulla legato al moralismo religioso di certi gruppi, difende libertà sessuale e altro(nel film il reduce dice tranquillamente, ma senza offesa"lesbiche"ad alcune mtociclistte bardate di tutto punto e programmaticamente LGTB), realizzat un film decisamente"on the road", ma lontanissimo tatnto dall'"on the road"di Jack Keroauc ma tanto pià da"Easy Rider", che era il film dell'epopea hippie, contrappoenndovi l'epopea del veterano"giramondo"o almeno "girastates". Straordinario attore, Clint, ancora una volta, in un film che vede come altri interpreti Andy Garcia, Bradley Cooper, ma anche , propro nel ruolo della figlia, non casualmente, , la figlia di Clint, Alison Eastwood. El Gato
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dandy
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giovedì 4 febbraio 2021
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"non sono mai stato uno da piano b."
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L'incredibile storia di Leo Sharp,il più anziano corriere di cui si sappia,già raccontata in un articolo del New York Times,è l'occasione per l'88enne Eastwood di tornare ad essere interprete sei anni dopo il mediocre "Di nuovo in gioco" e regista e interprete a un decennio da "Gran Torino",col quale questo film ha numerosi punti in comune:tornano la riflessione sulla vecchiaia,la presa di coscienza dello spreco della propria vita e l'ultima occasione per poter recuperarne il meglio.Anche qui il protagonista è un veterano di Corea,testardo egoista e razzista per ignoranza(aiuta una coppia afroamericana a cambiare la gomma della macchina chiamandoli "negri" con noncuranza).
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L'incredibile storia di Leo Sharp,il più anziano corriere di cui si sappia,già raccontata in un articolo del New York Times,è l'occasione per l'88enne Eastwood di tornare ad essere interprete sei anni dopo il mediocre "Di nuovo in gioco" e regista e interprete a un decennio da "Gran Torino",col quale questo film ha numerosi punti in comune:tornano la riflessione sulla vecchiaia,la presa di coscienza dello spreco della propria vita e l'ultima occasione per poter recuperarne il meglio.Anche qui il protagonista è un veterano di Corea,testardo egoista e razzista per ignoranza(aiuta una coppia afroamericana a cambiare la gomma della macchina chiamandoli "negri" con noncuranza).Ma se in "Gran Torino" la famiglia era descritta come covo di opportunisti insensibili e spregevoli,qui è Earl ad essere stato costantemente una delusione per i suoi cari(prima la moglie,poi la figlia e infine la nipote)e persino nel tentativo di metterci una pezza accentando il nuovo "lavoro" rischierà di perderli per sempre ma ne saprà riconquistare l'affetto mettendo in gioco la propria vita ed assumendosi la responsabilità delle proprie scelte.Eastwood si cala nel personaggio con consueta autoironia:battuta sempre pronta e decadimento fisico fieramente esibito,ma finendo col far(piacevolmente) prevalere la propria leggendaria figura(Earl non si risparmia avventure con donne procaci,anche se afferma che "gli scoppierà il cuore").Ma forse riserva troppo spazio per se sacrificando le figure dei parenti e facendo perdere potenza ai rapporti conflittuali con essi.Sempre eccellente invece la regia ed ottima la direzione degli attori,a partire da una fragile Wiest e un grintoso Garcia,da troppe decadi sacrificato in prodotti insulsi(peccato che il suo personaggio duri poco...).Alison Eastwood è figlia del regista.
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fabio 3121
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lunedì 21 giugno 2021
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un vecchio floricoltore si ricicla in corriere
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il film è basato sulla vera storia di Leo Sharp qui col nome di Earl Stone interpretato magistralmente da Clint Eastwood nelle vesti anche di regista. All'età di 90 anni e con una casa pignorata, Earl ha girato 41 stati su 50 degli USA per il suo lavoro di floricoltore senza mai prendere una contravvenzione. Viene quindi individuato da un cartello messicano come ideale ed insospettabile corriere della droga per trasportare sul suo pick-up borsoni di cocaina dal Texas a Chigago. Man mano che si susseguono le corse, aumenta il carico così come i suoi compensi che il vecchio utilizza per ristrutturare il centro per reduci della guerra in Corea e per mantenere la nipote al college.
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il film è basato sulla vera storia di Leo Sharp qui col nome di Earl Stone interpretato magistralmente da Clint Eastwood nelle vesti anche di regista. All'età di 90 anni e con una casa pignorata, Earl ha girato 41 stati su 50 degli USA per il suo lavoro di floricoltore senza mai prendere una contravvenzione. Viene quindi individuato da un cartello messicano come ideale ed insospettabile corriere della droga per trasportare sul suo pick-up borsoni di cocaina dal Texas a Chigago. Man mano che si susseguono le corse, aumenta il carico così come i suoi compensi che il vecchio utilizza per ristrutturare il centro per reduci della guerra in Corea e per mantenere la nipote al college. Divorziato e con una figlia che non le parla per non essersi presentato al suo matrimonio, Earl cercherà di riappacificarsi con la sua famiglia. Sulle tracce del vecchio "Tata" ci sono gli agenti della DEA che grazie ad un collaboratore di giustizia cercheranno di arrestare il Mulo. Ottima performance di Clint Eastwood; molto buone anche le interpretazioni di Andy Garcia, Bradley Cooper e Laurence Fishburne nei loro piccoli ruoli secondari. Forte di una solida sceneggiatura, la pellicola, nonostante un ritmo volutamente calmo e lento, ha nei dialoghi al vetriolo e nei sentimenti del protagonista principale il suo lodevole punto di forza. Regia all'altezza della storia. Voto: 7/10.
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great steven
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martedì 21 giugno 2022
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eastwood non sbaglia un colpo!
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IL CORRIERE – THE MULE (USA, 2018) di CLINT EASTWOOD. Con CLINT EASTWOOD, BRADLEY COOPER, MICHAEL PENA, DIANNE WIEST, IGNACIO SERRICCHIO, ALISON EASTWOOD, TAISSA FARMIGA, ANDY GARCIA, LOREN DEAN, LAURENCE FISHBURNE, VICTOR RASUK, CLIFTON COLLINS JR., EUGENE CORDERO ● Il 90enne Earl Stone, veterano di guerra e dongiovanni impenitente, ha dedicato la vita alla coltivazione dei fiori, trascurando la moglie da cui è divorziato da moltissimi anni e anche la figlia, che non gli rivolge più la parola da quando non si è presentato al suo matrimonio. Con l’arrivo delle moderne tecnologie e di Internet, si ritrova costretto a far pignorare il suo negozio e a vendere tutto.
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IL CORRIERE – THE MULE (USA, 2018) di CLINT EASTWOOD. Con CLINT EASTWOOD, BRADLEY COOPER, MICHAEL PENA, DIANNE WIEST, IGNACIO SERRICCHIO, ALISON EASTWOOD, TAISSA FARMIGA, ANDY GARCIA, LOREN DEAN, LAURENCE FISHBURNE, VICTOR RASUK, CLIFTON COLLINS JR., EUGENE CORDERO ● Il 90enne Earl Stone, veterano di guerra e dongiovanni impenitente, ha dedicato la vita alla coltivazione dei fiori, trascurando la moglie da cui è divorziato da moltissimi anni e anche la figlia, che non gli rivolge più la parola da quando non si è presentato al suo matrimonio. Con l’arrivo delle moderne tecnologie e di Internet, si ritrova costretto a far pignorare il suo negozio e a vendere tutto. Non gli rimane che un pick-up scassato ma ancora ben funzionante, e d’altro canto Earl è sempre stato un guidatore attento e prudente. Motivo per cui un tale gli propone un lavoro assai remunerativo: trasportare carichi di un materiale non meglio precisato dall’Illinois al Texas per conto di alcuni messicani, i quali gli impongono di rendersi reperibile a qualsiasi ora del giorno e della notte e di non fare nessuna domanda sul contenuto dei carichi. Earl esegue con perizia le sue mansioni e viene puntualmente ricompensato con grosse somme di denaro, ma alla terza corsa la curiosità lo vince: scopre così di lavorare agli ordini di un cartello di narcotrafficanti, gestito da un anomalo boss edonista e buongustaio. Intanto la DEA, nelle vesti di un solerte agente scelto e del suo aiutante sul campo, reclutano un ragazzo messicano affinché fornisca loro informazioni utili sui movimenti del misterioso corriere che trasporta carichi di droga sempre più grossi da uno Stato all’altro, senza sospettare che si tratta di un uomo anziano che, pur sapendo ormai di lavorare alle dipendenze della malavita organizzata, continua a non fare domande e a procedere con le spedizioni. Un improvviso malore della moglie di Earl lo porterà a deviare dal percorso della corsa, con conseguenze implacabili ed estremamente pericolose per la sua persona. Ma almeno l’ex fioraio troverà un’occasione importante per riconciliarsi in modo definitivo con i suoi familiari.
La storia, verificatasi realmente, è tratta da un articolo del New York Times scritto da Sam Dolnick (The Sinaloa Cartel’s 90-year-old Drug Mule), cui ha posto mano lo sceneggiatore Nick Schenk. Da notare che questo film esce undici anni dopo Gran Torino, annunciato e accolto come il testamento del grande Eastwood. Per fortuna non lo è stato, perché ci sono stati altri otto film in mezzo. L’attore-regista interpreta qui un personaggio piuttosto vicino, come carattere ed inclinazioni, a Walt Kowalski, un uomo di principi tutt’altro che sani, politicamente scorretto, egoista e razzista, irresponsabile, ma alla fine simpatico e non cattivo, il che gli permette di prendersi in giro e divertirsi divertendo anche il pubblico, in una sequenza ininterrotta di battute caustiche e situazioni imprevedibili, sempre al centro dell’azione. Il tema della denuncia sociale della criminalità, fortificato da un incrollabile senso del dovere, ricorre anche qui a puntare un terribile indice accusatore contro la violenza insensata, le facezie gratuite, l’anarchia dilagante e l’irresolubile fragilità mascherata con atti di forza dei malvagi di turno, in questo caso spietati narcos convinti della propria autoproclamata superiorità perché rassicurati dal fatto di essere in molti e di poter contare sull’impunità avvalendosi di un complice insospettabile. L’esperimento riesce perfetto anche questa volta, ma Clint non dimentica il lato emotivo del suo repertorio cinematografico, inserendo nella trama la vicenda di una famiglia che merita le attenzioni di un nonno, di un marito e di un padre che ha fatto sempre pesare oltre ogni ragionevole misura la sua assenza. Un cast di ottimi interpreti, fra cui spiccano una bravissima D. Wiest e un B. Cooper più morigerato del solito. Forte di una fotografia ombrosa per raccontare sia l’orrore brutale dell’ambiente malavitoso che per tratteggiare a tinte fosche la sofferenza di un nucleo familiare, The Mule si conferma, insieme a Sully, il migliore film di Eastwood del decennio 2010-19.
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vanessa zarastro
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sabato 9 febbraio 2019
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ma quanti anziani gentiluomini…
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Clint Eastwood jr. con questo film dà una calibrata risposta al “The Man & the Gun” di Robert Redford. Entrambi attori e registi, entrambi anziani (89 il primo e 83 il secondo) si cuciono addosso delle parti e dirigono se stessi inserendo molta storia del cinema nei loro film. Così scrive Pietro Masciullo in “Sentieri Selvaggi”. «Ogni gesto di Earl si carica così di un portato simbolico che affonda le radici in cinquant’anni di cinema americano rendendo superfluo ogni altra inquadratura». In entrambi i film c’è una controparte istituzionale, anche se subisce il fascino del criminale gentiluomo: Bradley Cooper nel film di Eastwood, Casey Affleck in quello di Redford, giovani attori di successo, quasi a prefigurare un futuro più etico.
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Clint Eastwood jr. con questo film dà una calibrata risposta al “The Man & the Gun” di Robert Redford. Entrambi attori e registi, entrambi anziani (89 il primo e 83 il secondo) si cuciono addosso delle parti e dirigono se stessi inserendo molta storia del cinema nei loro film. Così scrive Pietro Masciullo in “Sentieri Selvaggi”. «Ogni gesto di Earl si carica così di un portato simbolico che affonda le radici in cinquant’anni di cinema americano rendendo superfluo ogni altra inquadratura». In entrambi i film c’è una controparte istituzionale, anche se subisce il fascino del criminale gentiluomo: Bradley Cooper nel film di Eastwood, Casey Affleck in quello di Redford, giovani attori di successo, quasi a prefigurare un futuro più etico.
In “Il Corriere – The Mule” Eastwood impersona Leo Earl Sharp, noto anche come El Tata - che è morto nel 2016 a 92 anni -, un veterano statunitense della guerra di Corea realmente vissuto, un appassionato floricoltore, che divenne corriere della droga per il cartello messicano Sinaloa. Per oltre dieci anni Earl ha trasportato migliaia di chili di cocaina, diventando una sorta di leggenda tra i trafficanti di droga. Con i suoi gesti lenti da uomo anziano e perbene, sul suo pickup Lincoln ha trasportato tra i 100 e i 300 chili di cocaina alla volta, muovendosi dal confine sud degli Stati Uniti fino a Detroit, Michigan.
Nel film il regista/attore narra dodici corse (almeno un paio però ce le poteva risparmiare), in un crescendo di consapevolezza di ciò che stava realmente trasportando. Clint rappresenta un Earl cordiale, un po’ burlone che canta In’t That A Kick In The Head di Dean Martin quando guida, ama la gente, gli piacciono le belle donne e il booze, anche se è un grande lavoratore. Bisognava aspettare tanto tempo per vederlo interretare una parte sorridente e socievole. Clint però non dimentica di sottolineare quel po’ di razzismo che c’è nell’uomo medio bianco cresciuto nel Midwest della sua generazione (speriamo solo la sua…), che chiama “negros” i neri e prende in giro i messicani chiamandoli “mangiafagioli”.
L’arrivo della tecnologia man mano ha soppiantato il suo lavoro che, oltre a coltivare emerocallidi - fiori che durano un giorno solo, sbocciando al mattino e si chiudendosi verso sera-, ne curava anche il trasporto e la consegna (oggi si fa tutto con internet). Pertanto il vecchio Earl in passato aveva viaggiato molto, guidando sempre lui, ed essendo sempre in giro aveva trascurato sia la moglie Mary (Dianne Wiest) sia la figlia Iris (Alison Eastwood, realmente sua figlia), non essendo mai presente in tutte le occasioni più importanti (recite, compleanni, diplomi ecc.). Così a Earl Sharp viene pignorata la casa e la terra; si ritrova al verde a Peoria in Illinois, dove vive la sua famiglia, quando gli viene offerto di guidare attraverso il Missouri verso il New Messico per trasportare una sacca di cui nessuno gli dice cosa ci sia dentro.
Con i molti soldi che guadagna in modo così “facile”, Earl aiuta la nipote a iscriversi al college e finanzia il locale dei reduci di guerra, pronto ad aiutare coloro che si trovano in difficoltà economiche. L’agente della DEA che lo arresta non è particolarmente caratterizzato nel film – come nessun’altra delle persone attorno -, ed è interpretato, come già detto, dal fedele Bradley Cooper già insieme in “American Snipers”.
Molti critici hanno fatto un paragone tra il personaggio di Earl Sharp con Walt Kowalski di “Gran Torino” del 2008 - peraltro scritto dallo stesso sceneggiatore Nick Schenk – forse perché entrambi sono “burberi domati”, uomini soli e resi analoghi dall’interpretazione di Clint.
Clint ha debuttato sullo schermo nel 1955 diventando poi famoso con la trilogia di Sergio Leone negli anni Sessanta: “Per un pugno di dollari” del 1964, “Per qualche dollaro in più” del 1965 e “Il buono, il brutto, il cattivo” del 1966, dando origine al genere spaghetti-western. Dal 1971 al 1988 sarà Harry Callaghan in vari film, l’ispettore di ghiaccio, burbero e scontroso. Parallelamente ha diretto film (trentasette in totale), ma il vero successo da regista arriva solo negli anni duemila, anche se io ricordo un paio di film che mi piacquero molto come “Bird” del 1988, la storia di Charlie Parker a Parigi e “I ponti di Madison County” del 1995. Da allora ho cominciato a pensare che fosse più bravo come regista che come attore. Posso comunque dire, in tutta tranquillità che, in oltre 50 anni di cinema e 30 da regista, questo non è il suo miglior film.
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(di paolp78)
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paolp78
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domenica 10 febbraio 2019
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stavolta clint spara a salve ... o forse no
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In questo film il grande Clint Eastwood narra una storia che per certi versi mi pare assimilabile a quelle antiche storielle attribuite ai vecchi saggi orientali ... storielle all'apparenza molto semplici, ma che portano con sé insegnamenti morali molto profondi e penetranti.
Se credo di avere capito il messaggio principale che il film vuole lasciare (tanto è esplicito che è difficile non coglierlo), non sono altrettanto sicuro di avere ben compreso tante altre licenze narrative di cui il grande maestro americano si è servito, almeno così mi pare di intuire.
Potrei divertirmi a fare qualche ipotesi azzardata ... tipo che questa pellicola piatta in cui dopo tutto succede ben poco, costituisce una sorta di metafora della vita, che bisogna stare attenti a non sprecare.
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In questo film il grande Clint Eastwood narra una storia che per certi versi mi pare assimilabile a quelle antiche storielle attribuite ai vecchi saggi orientali ... storielle all'apparenza molto semplici, ma che portano con sé insegnamenti morali molto profondi e penetranti.
Se credo di avere capito il messaggio principale che il film vuole lasciare (tanto è esplicito che è difficile non coglierlo), non sono altrettanto sicuro di avere ben compreso tante altre licenze narrative di cui il grande maestro americano si è servito, almeno così mi pare di intuire.
Potrei divertirmi a fare qualche ipotesi azzardata ... tipo che questa pellicola piatta in cui dopo tutto succede ben poco, costituisce una sorta di metafora della vita, che bisogna stare attenti a non sprecare. Però non mi pare opportuno azzardare troppo, mi limiterò pertanto ad una classica recensione.
In quest'ottica devo dire che da quella che potrebbe essere l'ultima pellicola di uno degli autori che ho amato di più, francamente avrei voluto ricevere maggiori emozioni (come tante e tante volte Clint è stato capace di fare), per questo non devo nascondere che alla fine il film mi ha anche un po' deluso.
D'altra parte credo anche di avere compreso che un quasi novantenne come Clint avesse l'aspirazione, del tutto legittima, di fare un'opera più intima e impegnata, con cui raccontare se stesso, la sua età, e lasciare qualche insegnamento che l'esperienza maturata gli consente di poter impartire.
Come opera cinematogtrafica, il film è riuscito a metà: non ti resta addosso, nè ti emoziona un granchè, ma se ci ripensi ti fa pensare.
La pellicola è comunque diretta in modo magistrale; ce se ne accorge perchè scorre piacevolmente, mantenendo l'attenzione dello spettatore sempre molto desta, nonostante che i fatti narrati, come gli stessi personaggi, non siano particolarmente interessanti o sosprendenti.
La recitazione è di alto livello, e in particolare ho apprezzato tantissimo proprio lui, il grande Clint Eastwood, a mio avviso in una delle sue migliori performance come in "Million Dollar Baby" e "Gran Torino".
Un particolare: nella prima scena in cui compare non avevo neppure riconosciuto Andy Garcia, molto ingrassato ed invecchiato.
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daniela montanari
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domenica 10 febbraio 2019
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la fragilità del declino e sostenuta dall'arduo
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Earl, ultra ottantenne, coltiva un particolare tipo di giglio che resta fiorito un solo giorno (hemerocallis) non per vezzo, o perchè si creda un giardiniere tenace. A lui non importa dei fiori, men che meno della famiglia, con la quale non ha più rapporti se non con la nipote prossima alle nozze, ma insegue qualcosa di invisibile, che non lo faccia sentire un ex-combattente, un pignorato, un vecchio sulla via del declino. Earl Stone ha viaggiato in quasi tutti gli Stati Uniti d'America col suo Pickup, senza mai prendere una multa, ed è per questo vanto che viene ingaggiato da una pedina del cartello messicano, proponendogli di trasportare droga a bordo del suo veicolo, dal Texas fino a Chicago.
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Earl, ultra ottantenne, coltiva un particolare tipo di giglio che resta fiorito un solo giorno (hemerocallis) non per vezzo, o perchè si creda un giardiniere tenace. A lui non importa dei fiori, men che meno della famiglia, con la quale non ha più rapporti se non con la nipote prossima alle nozze, ma insegue qualcosa di invisibile, che non lo faccia sentire un ex-combattente, un pignorato, un vecchio sulla via del declino. Earl Stone ha viaggiato in quasi tutti gli Stati Uniti d'America col suo Pickup, senza mai prendere una multa, ed è per questo vanto che viene ingaggiato da una pedina del cartello messicano, proponendogli di trasportare droga a bordo del suo veicolo, dal Texas fino a Chicago.
Non ci si aspetta, e non si viene smentiti, un film sui narcotrafficanti e sulla polizia a caccia di titoli sui giornali, quanto piuttosto una conferma del cinema di Clint Eastwood di quando è davanti alla cinepresa ma anche dietro alla medesima, a dirigere pause, a far emergere battute arroganti razziste o sessiste o, ancora, sul quanto le persone anziane non considerino mai benevolmente l'avanguardia e le innovazione che essa si porta appresso. Purtroppo ci si aspetta un attore che ci ricordi un ispettore Callaghan oppure un Walt Kowalski di Gran Torino, mentre invece il protagonista non è soltanto truccato per sembrare un anziano novantenne: sono proprio le movenze rallentate dalla sua vera età, le espressioni aggravate dai solchi sul viso, la pelle di braccia e mani così vecchie da renderlo ancora più vulnerabile, a disturbare la scena della trama, facendo entrare lo spettatore nell'abitacolo del pickup nel tentativo di soccorrerlo, di scuoterlo, di curarlo, di convincerlo ad occuparsi, una volta per tutte, della sua vita reale, dei suoi sentimenti, di quanto lo ha allontanato sempre più dal nucleo chiamato casa. Dal cartello, è soprannominato "Tata", con una leggera cadenza dispregiativa, ma è comunque un diligente autista che compie ogni viaggio con sorprendente lucidità. In scena brevemente anche Bradley Cooper, responsabile dell'operazione antidroga condotta della Dea, Andy Garcia a capo di un cartello e Alison Eastwood, sua figlia dentro e fuori dal set.
La trama in sè non conclude e, al contario, lascia sospese alcune ipotesi, anche poco realistiche, ma conoscendo i suoi precedenti capolavori da regista come Million Dollar Baby, Mystic River, Gran Torino o Hereafter, Clint Eastwood conferma di essere un uomo libero, che pur basandosi sulla narrazione di storie veramente accadute, porta alla luce in realtà, non le storie stesse ma la dualità che ci rappresenta, come società che cambia ma che non vorrebbe cambiare; come il dolore che tempra, il rifuggire la bellezza, l'auspicarsi la pace. Clint Eastwood si lascia commiserare per la sua avanzata età senza farsene comunque scudo, e ancora una volta il suo colpo d'insieme parte dalla cinecamera ma illumina e fissa chi siamo o chi non vorremmo mai essere. Che in fondo, sono la stessa cosa.
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robert eroica
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domenica 10 febbraio 2019
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grazie, vecchio
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Dal Texas all’Illinois, il novantenne Earl Stone accetta di fare il corriere della droga per rifarsi dei soldi che ha perso dalla sua attività di fiorista. Buona la prima, il vecchietto ci prende gusto mentre la polizia ci impiega una vita per arrivare sulle sue tracce. Earl sembra spassarsela, tra chili di eroina, donne facili (?!) e fiumi di soldi, con cui riassesta il fallimentare (in ogni senso) bilancio familiare, ma il momento della resa dei conti con la giustizia (e con la propria coscienza) prima o poi arriva sempre… Tornato a dirigersi a undici anni da Gran Torino, Clint Eastwood prende spunto da una storia realmente accaduta per mettere in scena con spirito pragmatico e una stupefacente energia la traiettoria di un vecchio-cometa, ripreso all’apice della sua parabola, prima dello spegnimento definitivo.
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Dal Texas all’Illinois, il novantenne Earl Stone accetta di fare il corriere della droga per rifarsi dei soldi che ha perso dalla sua attività di fiorista. Buona la prima, il vecchietto ci prende gusto mentre la polizia ci impiega una vita per arrivare sulle sue tracce. Earl sembra spassarsela, tra chili di eroina, donne facili (?!) e fiumi di soldi, con cui riassesta il fallimentare (in ogni senso) bilancio familiare, ma il momento della resa dei conti con la giustizia (e con la propria coscienza) prima o poi arriva sempre… Tornato a dirigersi a undici anni da Gran Torino, Clint Eastwood prende spunto da una storia realmente accaduta per mettere in scena con spirito pragmatico e una stupefacente energia la traiettoria di un vecchio-cometa, ripreso all’apice della sua parabola, prima dello spegnimento definitivo. La prima parte è folle e senza ancore come un Clint degli anni Ottanta, tra dialoghi ironicamente aggressivi e politicamente scorretti ( - “Grazie vecchio!” – “Prego, lesbiche !”; - “Ne ho le palle piene !” – “Beh, che vuoi che ti dica ?!, fatti vedere da un andrologo”) e una sana sventatezza di un personaggio negativo che non ha piu’ nulla da perdere e che si mangia il film con pericolosa irrequietezza. Quando Clint si trova a tirare le fila della vicenda, obbligandosi a diventare il testimone “morale” che troppa critica ha creduto di intravvedere, pellicola dopo pellicola, incupisce in modo triste e si spegne fiocamente, risultando ideologicamente poco sincero. E certe riconciliazioni domestiche, telefonate e pianificate da una sceneggiatura spesso farraginosa, fanno rimpiangere il Clint oltre il tempo massimo di “Un mondo perfetto” e “Changeling”. – “Ho sbagliato tutto nella vota” dice Earl alla figlia. E lei, che ha perdonato la sua assenza, lo consola : “- Sei solo sbocciato tardi”. E’ l’epitaffio consolatorio verso chi sta continuando a sbagliare ancora tutto. Cinema da vedere comunque, ma smettiamola ad ogni film di definire Clint l’ultimo dei classici, film fordiani, etc, etc.. In fondo Eastwood è il primo ad infischiarsene delle definizioni e a prendere la vita per quello che è: un flusso in cui l’unico valore è il tempo (perduto).
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