anamorfo
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mercoledì 4 luglio 2018
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come distruggere una buona idea
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Idea eccellente, struttura e fotografia pure (non nel senso della "bella fotografia" ma della sua capacità di dare senso). Rovinosi sono i dialoghi e gran parte delle soluzioni di sceneggiatura. Paradossale quindi che sia stata premiata proprio quella. Il registro ora naturalistico ora di astrazione fa andare in frantumi il film, con l'esito di dialoghi ridicoli e insorgenza di "domande" nel pubblico ovviamente senza risposta (la più grave di tutte è che Martin possa avere poteri sovrannaturali o che abbia fatto qualcosa, per esempio avvelenato la limonata). L'unico elemento tragico (nel senso della tragedia greca) che doveva emergere, ossia il DESTINO, è l'unico ad essere assente dal film.
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Idea eccellente, struttura e fotografia pure (non nel senso della "bella fotografia" ma della sua capacità di dare senso). Rovinosi sono i dialoghi e gran parte delle soluzioni di sceneggiatura. Paradossale quindi che sia stata premiata proprio quella. Il registro ora naturalistico ora di astrazione fa andare in frantumi il film, con l'esito di dialoghi ridicoli e insorgenza di "domande" nel pubblico ovviamente senza risposta (la più grave di tutte è che Martin possa avere poteri sovrannaturali o che abbia fatto qualcosa, per esempio avvelenato la limonata). L'unico elemento tragico (nel senso della tragedia greca) che doveva emergere, ossia il DESTINO, è l'unico ad essere assente dal film. Si può fare di questo film un ottimo (ma forzoso) esercizio intellettuale, ma questo non cambia che sia un pessimo film.
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[+] ma è chiaro....
(di francesco2)
[ - ] ma è chiaro....
[+] non è l irrazionalità il punto
(di no_data)
[ - ] non è l irrazionalità il punto
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giacomoricci
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lunedì 2 luglio 2018
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un progetto ambizioso riuscito a metà
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Premetto che questo è un film un pò difficile da commentare. allora niente da dire sugli attori che sono tutti bravissimi a farci vivere i loro sentimenti di angoscia rabbia paura e timore e neanche alla sceneggiatura del film o alla fotografia e al fatto che sia un film motlo teso , ma vorrei presente però che il film "L'atelier" di Laurent Cantet era a mio giudizio un film ben superiore a questo ma che però era stato criticato ingiustamente dai critici che lo hanno tacciato di mancanza di fluidità quando invece a mio giudizioil dfilm che manca di fluidità è proprio "Il sacrificio del cervo sacro" il problema principlae di questo film è che manca quella scintilla che lo faccia brillare e decollare.
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Premetto che questo è un film un pò difficile da commentare. allora niente da dire sugli attori che sono tutti bravissimi a farci vivere i loro sentimenti di angoscia rabbia paura e timore e neanche alla sceneggiatura del film o alla fotografia e al fatto che sia un film motlo teso , ma vorrei presente però che il film "L'atelier" di Laurent Cantet era a mio giudizio un film ben superiore a questo ma che però era stato criticato ingiustamente dai critici che lo hanno tacciato di mancanza di fluidità quando invece a mio giudizioil dfilm che manca di fluidità è proprio "Il sacrificio del cervo sacro" il problema principlae di questo film è che manca quella scintilla che lo faccia brillare e decollare. effettivamente il traielr di questo film è molto ingannevole perchè te lo fa apparrire come un film incredibilmente teso e a tratti ache inquietante. però alla fine il film si rivela un progetto cominciato bene ma poi mano a mano sprofonda e sul finale crolla. il finale infatti come per il precedente film di lanthimos "The lobster" è un finale assurdo e senza senso che non ti ascia niente inpreso. il film è solamnte una spirale di violenza e crudeltà concentrata in un ragazzo di 16 anni che non sopporti già dall'inizio del film. comunque io aldilà di tutto non mi sento di bocciare o di stroncare nettamente questo film voglio dire è un film che si vede abbastanza volentieri però non ve lo consiglio se siete alla ricerca di quel film capolavoro e rivoluzionario dell'anno
in quel caso questo è il film sbagliato
comunqeu io in complesso do un 6 -
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alberta
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lunedì 2 luglio 2018
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un horror insensato passato come drammatico
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Buongiorno, è la prima volta che mi prendo la briga di scrivere una recensione, ma non ho saputo resistere. Il trailer infatti, complice la fattura (regia, recitazione, fotografia) di buona qualità, mistifica il genere dando l'idea che sia un thriller, con una trama avvincente e sensata, metre altro non è che un horror senza neanche colpi di scena. Sull'apprezzamento della trama mi rendo conto di poter esprimere solo un parere, un gusto, ma sul fatto che sia la vostra recensione che il trailer parlino di "drammatico" quando non c'è altro che una storia maligna e senza spiegazioni con tanto di copioso sanguinamento dagli occhi, dovuto a cosa? mentre nessuno indaga, ricerca cerca di capire, lo trovo davvero poco serio, soprattutto da un sito come il vostro che stimo e di cui mi fido.
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Buongiorno, è la prima volta che mi prendo la briga di scrivere una recensione, ma non ho saputo resistere. Il trailer infatti, complice la fattura (regia, recitazione, fotografia) di buona qualità, mistifica il genere dando l'idea che sia un thriller, con una trama avvincente e sensata, metre altro non è che un horror senza neanche colpi di scena. Sull'apprezzamento della trama mi rendo conto di poter esprimere solo un parere, un gusto, ma sul fatto che sia la vostra recensione che il trailer parlino di "drammatico" quando non c'è altro che una storia maligna e senza spiegazioni con tanto di copioso sanguinamento dagli occhi, dovuto a cosa? mentre nessuno indaga, ricerca cerca di capire, lo trovo davvero poco serio, soprattutto da un sito come il vostro che stimo e di cui mi fido. . .grazie dell'attenzione, per farmi perdonare la negatività, prometto di fare prossimamente una recensione positiva.
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lunedì 2 luglio 2018
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non basta il virtuosismo estetico per essere kubrick
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Gli ho dato una seconda chanche. Ammetto che, dopo l'esperienza allucinante di The Lobster, uno dei film più assurdi fra i non pochi assurdi che mi è capitato di vedere, mi sarei ben guardato dal risomministrarmi un prodotto di Lanthimos se non fossi stato ingannato dal trailer, che faceva pensare a qualcosa di nettamente diverso dal precedente. Invece, rieccoci: sebbene questa volta una trama teoricamente plausibile ci sia, la mescolanza della realtà più ordinaria - con i dialoghi volutamente piatti, ellittici, scontati - con una surrealtà massimamente incongrua ripete un risultato deludente. Niente da dire, per carità!, sulla maestria tecnica di sapore dichiaratamente kubrickiano, ma da un film, chi non ambisce a ritagliarsi un ruolo nell'empireo dei critici affabulatori, retorici e venditori di fumo, si aspetterebbe anche una narrativa solida e un minimo sensata.
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Gli ho dato una seconda chanche. Ammetto che, dopo l'esperienza allucinante di The Lobster, uno dei film più assurdi fra i non pochi assurdi che mi è capitato di vedere, mi sarei ben guardato dal risomministrarmi un prodotto di Lanthimos se non fossi stato ingannato dal trailer, che faceva pensare a qualcosa di nettamente diverso dal precedente. Invece, rieccoci: sebbene questa volta una trama teoricamente plausibile ci sia, la mescolanza della realtà più ordinaria - con i dialoghi volutamente piatti, ellittici, scontati - con una surrealtà massimamente incongrua ripete un risultato deludente. Niente da dire, per carità!, sulla maestria tecnica di sapore dichiaratamente kubrickiano, ma da un film, chi non ambisce a ritagliarsi un ruolo nell'empireo dei critici affabulatori, retorici e venditori di fumo, si aspetterebbe anche una narrativa solida e un minimo sensata. Qui non c'è niente del genere, e non si vengano a fare paragoni con le tragedie greche classiche: gli dèi potrebbero reagire al peccato di empietà e infliggere pene ben più terribili di quelle toccate al povero Bob. Nota di merito all'interprete di Martin: con quella faccia e quella mimica, ha un futuro assicurato di caratterista per ogni tipo di perversione e turba mentale.
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rossana
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sabato 30 giugno 2018
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come rovinarsi la serata
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Forse i film che escono in estate sono proprio questo: tempo sprecato. Sono completamente d'accordo con la recensione di Samanta. Aveva a disposizione un cast eccezionale e l'ha buttato alle ortiche. Penoso!
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paul
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venerdì 29 giugno 2018
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materia, anima e mito
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Fin dalla prima inquadratura, che mostra un cuore che batte durante un’operazione, si capisce che il protagonista, un chirurgo dall’aspetto rispettabile, e dunque prevedibile, è un uomo della Materia. Coi piedi per terra, ha belle mani con cui ha costruito nel tempo una famiglia perfetta e altrettanto prevedibile: una bella moglie oftalmologa, una figlia obbediente e un figlioletto dai capelli fluenti che pare un piccolo dio greco dagli occhi vispi e indagatori. Non si sa come, a un certo punto nel ménage familiare entra in campo un 16enne dall’eloquio forbito e dal viso asimmetrico, tanto che il suo aspetto contrasta un poco col suo fare gentile e quasi cerimonioso. Fin dall’inizio si presenta come eterno affamato, quasi uscisse da un girone dantesco in cui ci si sbrana a vicenda (e non uso questo verbo a caso: non posso certo rivelarvi tutto).
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Fin dalla prima inquadratura, che mostra un cuore che batte durante un’operazione, si capisce che il protagonista, un chirurgo dall’aspetto rispettabile, e dunque prevedibile, è un uomo della Materia. Coi piedi per terra, ha belle mani con cui ha costruito nel tempo una famiglia perfetta e altrettanto prevedibile: una bella moglie oftalmologa, una figlia obbediente e un figlioletto dai capelli fluenti che pare un piccolo dio greco dagli occhi vispi e indagatori. Non si sa come, a un certo punto nel ménage familiare entra in campo un 16enne dall’eloquio forbito e dal viso asimmetrico, tanto che il suo aspetto contrasta un poco col suo fare gentile e quasi cerimonioso. Fin dall’inizio si presenta come eterno affamato, quasi uscisse da un girone dantesco in cui ci si sbrana a vicenda (e non uso questo verbo a caso: non posso certo rivelarvi tutto). Si scopre ch’è il figlio di un paziente del dottore, paziente ch’è deceduto durante un’operazione condotta tempo prima da Steven, il padre-marito integerrimo. Il ragazzo appartiene alla schiera degli enfants terribles, o meglio dei ragazzi demoniaci, di cui fa parte anche il protagonista del film Nella casa di François Ozon: essi hanno qualcosa di non-umano, di trascendente, di ultraterreno, tanto da far dubitare di ogni parola e di ogni gesto che inventano per distruggere le convenzioni sociali e gli stessi sentimenti di chi ha la ventura di trovarli sulla propria strada. Nella letteratura, nel cinema e ancor prima nella vita s’incontrano spesso tali personaggi, i quali danno anima al racconto tanto da diventarne l’insegnamento morale e dunque l’essenza. Per farla breve Martin (così si chiama il giovane dèmone che parla come un adulto assennato e pur mai banale), in un climax degno di Kubrick, ossessiona il dottore quasi fosse un amante capriccioso e scombussola l’equilibrio della famiglia perfetta rivelandogli di conoscere la causa della morte del padre. Il dr Steven dapprima lo ascolta impietrito e non osa ribattere all’accusa di aver operato il padre sotto l’effetto dell’alcool, non riesce cioè a credere a tanta superbia, a tanta hybris da parte di un 16enne. Ma il demone ha ragione, è andata così? Martin si affida alla Giustizia (uno dei tanti nomi che il mito chiama Vendetta) e farnetica di una sorta di patto, ch’è invece un avvertimento piuttosto brutale e senza possibilità di scelta: o il medico sacrificherà una persona della sua famiglia oppure questa sparirà presto per intero. Di figli sacrificati pullula l’immaginario letterario e iconografico dell’Occidente: da Ifigenia, la figlia di Agamennone che avrebbe dovuto propiziare i venti per le navi achee dirette contro Ilio, alla vicenda di Isacco, posto in croce come l’agnello, che non si ribella ai carnefici e che per questo è diventato allegoria del Cristo. Un sacrificio richiede uno scambio, un do ut des: tu sconti la pena ed io ti perdono, o meglio sono costretto a ristabilire l’ordine, il Kòsmos, l’equilibrio che tu hai infranto. Che tu abbia sbagliato per inettitudine, per leggerezza o per malvagità non importa: devi pagare, e se non ci pensi tu ci penserà l’Ananke, la Necessità o come volete chiamare il Fato. E infatti il Fato agisce e paralizza prima le gambe al figlio piccolo e poi quelle della figlia più grande. Analisi dopo analisi, i due dottori non trovano nulla di patologico dal punto di vista organico, senza contare il fatto che, quando Martin ingiunge alla piccola di alzarsi e camminare, lei lo fa come se fosse uno dei paralitici guariti da Gesù. Che sia il disequilibrio tra mente e corpo oppure, chissà, persino la forza di un pensiero ossessivo e vìndice (come suggerirebbe il Mito), non importa: la Vita sta mostrando segni inequivocabili riguardo all’ineluttabile destino che spetta alla famiglia se il sacrificio non verrà messo in atto al più presto. O ti punisci tu o ti punisce il Fato: Delitto e Castigo di Dostoevskij o Il demone della perversità di Edgar Allan Poe sono solo due riferimenti colti a una letteratura sterminata che ha posto il Rimorso al centro della vicenda umana. Il mai risolto rapporto tra il potere del pensiero, della volontà, dell’intenzione da una parte e la giustizia, l’ordine, la vendetta dall’altra non può non confonderci: può la volontà di un singolo che si ritiene nel giusto piegare il Cosmo alla sua sete (nel caso di Martin, alla sua fame) di giustizia, di vendetta? Possiede addirittura la facoltà stregonesca di far sanguinare gli occhi sùbito prima della morte della vittima, unendo la maledizione del padre chirurgo a quella della madre oftalmologa? O Martin (il cui nome richiama la Guerra) è solo uno strumento di un Universo che neppur lui può cogliere nella sua essenza? Oppure è egli stesso, pur così giovane, un dio o un demone cui è permesso inventare le leggi stesse del Creato? Il Padre (che entra nelle viscere dei corpi fino a manovrarne il cuore) rappresenta la Terra, la Materia mentre la Madre (che studia gli occhi e ha una visione più acuta della media dei mortali) rappresenta la Psiche, l’Anima, che in termini moderni e non mitici si traduce in psicologia (pur avendo assistito al “miracolo” della figlia paralitica che si alza all’ingiunzione di Martin, ella crede, vista l’assenza di patologie, che i figli soffrano di mali psicosomatici); Martin rappresenta invece l’aspetto sovrannaturale, metafisico, sfuggente, rappresenta il Mistero della Vita e della Morte, rappresenta il Mito come racconto archetipico di tutto ciò ch’è stato e di tutto ciò che sarà.
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samanta
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venerdì 29 giugno 2018
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il sacrificio dello spettatore
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E' vero! Ormai quando un film riceve un premio (nel caso la migliore sceneggiatura al festival di Cannes) per forza deve essere uno spettacolo mediocre o pessimo.
La trama [ SPOILER]: Steven (Colin Farrel) è un affermato cardiochirurgo di Cincinnati sposato con Anna (Nicole Kidman) con due figli Bob di 12 anni e Kim di 14: Steven incontra Martin (Barry Keoghan) un ragazzo di 16 anni figlio di un paziente morto sotto i suoi ferri. Però cominciano dei gravi disturbi clinici che paralizzano le gambe e impediscono di mangiare che colpiscono prima Bob e poi Kim. Martin rivela la verità: se Steven non uccide uno dei suoi familiari tutti soffriranno di quei disturbi e moriranno uno dopo l'altro i figli, la moglie poi lo stesso Steven, tralascio alcune vicende della trama e poi essendo impossibile ogni cura nel finale Steven ammazza Bob e così il resto della famiglia si salva.
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E' vero! Ormai quando un film riceve un premio (nel caso la migliore sceneggiatura al festival di Cannes) per forza deve essere uno spettacolo mediocre o pessimo.
La trama [ SPOILER]: Steven (Colin Farrel) è un affermato cardiochirurgo di Cincinnati sposato con Anna (Nicole Kidman) con due figli Bob di 12 anni e Kim di 14: Steven incontra Martin (Barry Keoghan) un ragazzo di 16 anni figlio di un paziente morto sotto i suoi ferri. Però cominciano dei gravi disturbi clinici che paralizzano le gambe e impediscono di mangiare che colpiscono prima Bob e poi Kim. Martin rivela la verità: se Steven non uccide uno dei suoi familiari tutti soffriranno di quei disturbi e moriranno uno dopo l'altro i figli, la moglie poi lo stesso Steven, tralascio alcune vicende della trama e poi essendo impossibile ogni cura nel finale Steven ammazza Bob e così il resto della famiglia si salva.
E' un film penoso che il regista e sceneggiatore Yorgos Lanthimos ( greco con un modesto curriculum per un uomo di 45 anni circa 4 film che non ho visto e dopo questo mi rifiuto di vedere) ha scritto e diretto ispirandosi al dramma di Euripide Ifigenia in Aulide comrpeso il cervo o la cerva che sia. Innazitutto i dialoghi sono assurdi stante la drammacità della situazione e recitati con voce e aspetto monotoni, per fare un esempio: "Mia madre fa la limonata" (Martin) "Anche a me piace la limonata" (Steven) finis della scena, questo in un atmosfera lenta e noiosa, con il regista che si vede non ha capito nulla di una tragedia greca (non è detto che essendo greco le capisca) che è tutta pathos e sentimenti. Oltretutto (forse impressionato da Shining) tutta la fotografia e disposta in modo che gli ambienti siano bassi e lunghi. Le scene poi sono ridicole anche quelle erotiche (per fortuna non esplicite altrimenti chissà cosa ne veniva fuori) con Nicole Kidman che fa finta di masturbare il collega anestista di Steven per sapere cosa successe nell'operazione in cui morì il papà di Martin. Ridicola la scena finale in cui in modo farsesco Steve uccide Bob girando come una trottola e sparando a caso con un fucile ai familiari legati e incappucciati,(è un medico non era meglio fare una iniezione ?). La recitazione segue il contenuto del fim è pessima, non è una sorpresa Colin Farrel che non è un mostro di recitazione, ma stupisce Nicole Kidman brava attrice che recita come un automa, la palma del peggiore a Barry Keogahn che sa solo strabuzzare gli occhi: che sia indemoniato?
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(di lupokun)
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[+] io il film l'ho visto
(di tommy)
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(di johnny1988)
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venerdì 29 giugno 2018
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sconsigliatissimo!!
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Il film più brutto che abbia mai visto in vita mia! La gente nel cinema a metà film si alzava e andava via!!! Siamo rimasti solo x la curiosità d vedere la fine ma orrenda anche quella. Musiche altrettanto orrende,noioso lungo angosciante brutto. Sconsigliatissimo!
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carlosantoni
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giovedì 28 giugno 2018
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progetto ambizioso riuscito a metà
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Da dove cominciare? Da Kubrick direi, visto che il film di Lanthimos è pieno di riferimenti all’opera del Grandissimo. “Shining”, ovviamente, sia per il profilo della storia, che si fa horror in crescendo, sia per la continua riproposizione di corridoi (qui di ospedale, là di un hotel) lunghissimi, silenziosi, disabitati, ripresi qui come là da una mdp che spesso segue i soggetti da dietro e dal basso. Ma anche “Eyes Wide Shut”, già per la presenza di N. Kidman come interprete principale femminile, sia per la presenza altrimenti ingiustificata di un tavolo da biliardo, sia perché il protagonista maschile è un medico, come il Bill di EWS, anche se in questo caso cardiochirurgo.
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Da dove cominciare? Da Kubrick direi, visto che il film di Lanthimos è pieno di riferimenti all’opera del Grandissimo. “Shining”, ovviamente, sia per il profilo della storia, che si fa horror in crescendo, sia per la continua riproposizione di corridoi (qui di ospedale, là di un hotel) lunghissimi, silenziosi, disabitati, ripresi qui come là da una mdp che spesso segue i soggetti da dietro e dal basso. Ma anche “Eyes Wide Shut”, già per la presenza di N. Kidman come interprete principale femminile, sia per la presenza altrimenti ingiustificata di un tavolo da biliardo, sia perché il protagonista maschile è un medico, come il Bill di EWS, anche se in questo caso cardiochirurgo.
Giuste a mio parere le osservazioni della critica che alludono anche alle tematiche proprie di Haneke, che ci sono, quali l’irrompere inatteso della violenza più efferata e al tempo stesso priva di giustificazione razionale (il sequestro di Martin e la violenza assai efferata che ne scaturisce): una violenza che c’è, come fenomeno col quale è inevitabile confrontarci, restandone sconfitti, e tuttavia privo una spiegazione.
I punti di forza, più che nella sceneggiatura ambiziosa ma piena di falle, stanno secondo me nella fotografia (anche se i movimenti lentissimi della mdp avanti e indietro alla lunga finiscono per risultare stancanti), con inquadrature dalle angolazioni inconsuete, molto spesso dal basso, o invece a seguire dall’alto… e nella colonna sonora: musiche di Ligeti (altro riferimento a EWS) che scombussolano, stordiscono nella loro magnifica “brutalità” metallica.
Interessante, e credo studiato e voluto, il contenuto dialogico quasi sempre scarsissimo: si parla di poco o niente, come tra alienati… salvo quando entra in gioco Martin, il quale, specialmente nella seconda parte del film (la meno riuscita) parla e allude in maniera assolutamente matura, feroce e inconsueta per un sedicenne.
Punti di debolezza: certe smagliature della trama, quali quella per cui la giovane Kim chiede a suo fratellino “Posso tenermi il tuo lettore MP3, quando sarai morto?”, dialogo del tutto privo di giustificazione. Oppure quella specie di tragico tiro al piccione col quale si conclude la tragedia, o il voler tirare in ballo l’Ifigenia di Euripide, esplicitamente citata verso la fine del film, o il fatto che il padre, essendosi convinto della necessità del sacrificio, preferirebbe che fosse un professore scolastico a decidere per lui, in base… a un giudizio sulle qualità di studenti dei suoi figli! O la scena finale, quasi uno happy end, che peraltro contraddice l’irresolubilità propria di ogni tragedia greca.
Da vedere, ma stringendo i denti e se si è di stomaco buono.
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[+] quasi d'accordo....
(di danimani)
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lunedì 11 giugno 2018
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film cupo,
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film confuso, viene da chiedersi come sia stato possibile per l a giuria di cannes premiarlo per la sceneggiatura,
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