laurence316
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sabato 31 marzo 2018
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il grande gigionesco giocattolo si rompe in fretta
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A 5 anni da Le avventure di Tin Tin, Spielberg ritorna al cinema per ragazzi che di fatto più di ogni altro lo contraddistingue, confrontandosi per la prima volta con uno dei maggiori autori di libri per bambini, Roald Dahl (che ha avuto, comunque, già una notevole influenza sull'immaginario cinematografico, vedi La fabbrica di cioccolato di Burton).
Peccato, però che questo Il GGG – Il grande gigante gentile non solo elimini gran parte dei toni più dark e affascinanti del racconto originale (comunque non molto facilmente adattabile), optando per un tono puerile, giocoso e fanfarone fin troppo esibito e ostentato, che abbassa di molto il possibile target per il film (chiunque superi i 10 anni d’età già comincerà ad annoiarsi), ma che non riesca in alcun modo ad eguagliare i suoi film del passato.
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A 5 anni da Le avventure di Tin Tin, Spielberg ritorna al cinema per ragazzi che di fatto più di ogni altro lo contraddistingue, confrontandosi per la prima volta con uno dei maggiori autori di libri per bambini, Roald Dahl (che ha avuto, comunque, già una notevole influenza sull'immaginario cinematografico, vedi La fabbrica di cioccolato di Burton).
Peccato, però che questo Il GGG – Il grande gigante gentile non solo elimini gran parte dei toni più dark e affascinanti del racconto originale (comunque non molto facilmente adattabile), optando per un tono puerile, giocoso e fanfarone fin troppo esibito e ostentato, che abbassa di molto il possibile target per il film (chiunque superi i 10 anni d’età già comincerà ad annoiarsi), ma che non riesca in alcun modo ad eguagliare i suoi film del passato. Si rivela, sorprendentemente, un film alquanto deludente.
Procede per scenette, quadri anche simpatici, ma privi del coinvolgimento, del fascino di altri, migliori film per ragazzi. In particolare, nella prima parte fatica tremendamente a partire, arranca, si barcamena tra una sequela infinita e alla lunga estenuante di scene anche talvolta fantasiose, strabilianti effetti speciali, paesaggi mozzafiato, senza però essere in grado di appassionare realmente. Non c’è reale conflitto, manca tensione drammatica, mancano personaggi o avvenimenti realmente memorabili.
Il film poi, come preda di una qualche strana forma di schizofrenia, nella seconda parte procede invece sempre più velocemente, sino ad arrivare ad una conclusione brusca, repentina e affrettata. La battaglia finale, se così si può definirla, dura talmente poco che si rivela incapace di emozionare. Ed è preceduta da una sequenza, quella a Buckingham Palace, che vorrebbe essere comica, ma è invece solo talmente ridicola da risultare quasi imbarazzante. L’assurdità della bibita “gassata” ma con le bolle che vanno all’ingiù, e dei suoi effetti che, si suppone, vorrebbero essere esilaranti, fanno di punto in bianco precipitare il film nel kitsch, se non nel trash più infimo, e rischiano di farlo deragliare dalle parti di idiozie ridanciane come Scary Movie o parodie simili.
La perizia tecnica del regista è innegabile, ma stavolta le scelte di regia non sono particolarmente notevoli, né lo sono le prove rese dagli attori (fatto salvo per Rylance). Sì, gli effetti speciali sono spesso ottimi, ma questi come la bella e coloratissima fotografia di Kaminski e l’apprezzabile colonna sonora di Williams, non bastano a risollevare le sorti del film e a non farlo risultare un mezzo fiasco.
Ultima sceneggiatura di Melissa Mathison (la stessa di E.T. l’extra-terrestre), morta di tumore endocrino all’età di 65 anni, nel 2015, alla cui memoria il film è dedicato.
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kimkiduk
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giovedì 5 gennaio 2017
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una favola per gli occhi
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Spesso ti aspetti molto da un film ma ne rimani deluso; altre volte invece ti aspetti non molto e ne rimani invece colpito. I film andrebbero visti il primo giorno, ma non puoi farlo per tutti. Quando aspetti troppo tempo hai già commesso l'errore di leggere recensioni (qui non molto positive) e il trailer (anche quello non certo brillante ed invogliante). Il GGG invece mi ha soprattutto coinvolto e si è fatto apprezzare per essere riuscito a farmi entrare nella favola per tutta la durata del film. Di Spielberg non certo possiamo stupirci della perfezione delle immagini o della perfezione dei particolari, ma qui veramente è piacevole la ricostruzione della storia di Dahl (che chiaramente non ho letto).
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Spesso ti aspetti molto da un film ma ne rimani deluso; altre volte invece ti aspetti non molto e ne rimani invece colpito. I film andrebbero visti il primo giorno, ma non puoi farlo per tutti. Quando aspetti troppo tempo hai già commesso l'errore di leggere recensioni (qui non molto positive) e il trailer (anche quello non certo brillante ed invogliante). Il GGG invece mi ha soprattutto coinvolto e si è fatto apprezzare per essere riuscito a farmi entrare nella favola per tutta la durata del film. Di Spielberg non certo possiamo stupirci della perfezione delle immagini o della perfezione dei particolari, ma qui veramente è piacevole la ricostruzione della storia di Dahl (che chiaramente non ho letto). Splendide infatti non solo le immagini, ma la casa del GGG e soprattutto la rappresentazione nei barattoli di vetro dei sogni. Bellissimi. Come la ricerca dei sogni stessi, come fossero farfalle; la salita in cima al monte che attraversando una nuvola passa dal giorno alla notte e passa dalla terra dei giganti al mondo dei sogni; l'immersione nello stagno da cui devi passare per entrare nel mondo dei sogni, e l'acqua come elemento isolante tra il male ed il bene, tra la realtà e la finzione; l'acqua che ritornerà alleata essendo l'elemento di paura dei giganti cattivi. Il mondo dei sogni come la realtà ha l bene ed il male, ma tutto viene racchiuso in caraffe di vetro da cui servirsene per far sognare gli umani. Un sogno di una bambina che è poi il sogno della nostra vita. Quanto sarebbe bello se i nostri sogni nascessero così? E se davvero i giganti esistessero? Spielberg come in Hugo Cabret si serve di bambini e anche qui di bambini soli, senza genitori, ma pieni di coraggio e lealtà e con la immensa voglia di sognare. Ha fatto sognare anche me e per questo merita tanto. Bello anche il finale che per le fiabe spesso sa di "e vissero felici e contenti", ma qui oltre a quello c'è la realtà dei mondi separati, vissuti, creduti, ma paralleli. Unica cosa che vorrei passasse nel nostro mondo è la bottiglia dell'acqua del GGG con le bolle al contrario ....... la vorrei tanto.
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[+] sogno e delicatezza da una storia per ragazzi
(di antonio montefalcone)
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loland10
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lunedì 9 gennaio 2017
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gentilmente vostro
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Il GGG. Il Grande Gigante Gentile (The BFG, 2016) è il trentesimo lungometraggio del regista-produttore Steven Spielberg.
Il cinema del 'director' di Cincinnati all'ennesimo film cambia registro o meglio ritorna ad una connotazione di pura fantasia come fatto in altri lustri non disdegnando la peculiarità dell'età da cui si parte, dall'attrazione verso una storia, dall'ambiente di ritrovo e, soprattutto, dalla generosità verso lo schema narrativo scritto dalla sceneggiatrice Melissa Mathison (scomparsa prematuramente l'anno scorso) e dal suo gusto di fare cinema con immagini e inquadrature degne di una pittura ('capture') minima, povera, letteraria e soprattutto dickensiana.
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Il GGG. Il Grande Gigante Gentile (The BFG, 2016) è il trentesimo lungometraggio del regista-produttore Steven Spielberg.
Il cinema del 'director' di Cincinnati all'ennesimo film cambia registro o meglio ritorna ad una connotazione di pura fantasia come fatto in altri lustri non disdegnando la peculiarità dell'età da cui si parte, dall'attrazione verso una storia, dall'ambiente di ritrovo e, soprattutto, dalla generosità verso lo schema narrativo scritto dalla sceneggiatrice Melissa Mathison (scomparsa prematuramente l'anno scorso) e dal suo gusto di fare cinema con immagini e inquadrature degne di una pittura ('capture') minima, povera, letteraria e soprattutto dickensiana. La letteratura, la favola, l'Ottocento e il modernismo anni ottanta dello scrittore Roald Dahl si ritrovano a braccetto come non mai (il film esce a cento anni dalla nascita dell'inglese, un omaggio è più di un omaggio ai romanzi per l'infanzia).
Il virtuosismo spielberghiano non è solo tecnica a se stante ma registro e stile di un mondo soffuso, accattivante, antesignano e allegramente malinconico.
Alla proiezione più di un bambino ha applaudito alla fine della proiezione: gli adulti se ne vergognano ma il simbolismo favoleggiante del sogno meriterebbe un ampio respiro di connotazione immaginifica per esprimerlo visualmente senza andare oltre o esagerare.
Ecco questo film sta a Spielberg come 'Oliver Twist' (2005) sta a Polanski. Una pellicola, dell'autore polacco, non amata da molti invece asettica, consuntiva, scolorata e didascalicamente sapiente. Ecco i film, molte volte, sono da leggere senza soluzioni personali o reconditi pensieri riferiti al racconto o romanzo di provenienza, oppure alla virtù ammaliatrice di un regista : opere da saggiare per quelle che rendono senza oltrepassarle e ingrandirle. Ecco il film di Spielberg è proprio questo, un raggio sporco e impreciso di un virtuosismo alleggerito e di un'opacità da raccogliere con delicatezza come dei funghi lungo un sentiero impervio di un bosco o dei fiori appassiti che si vogliono svegliare dal sonno post primaverile. È un'estate da colori inusuali, una favola per bambini che inghiotte e macina il sogno di un adulto e di un gigante che svecchia ogni pensiero interiore; che abbaglia l'autunno smorto e scaraventa verso l'alto lo specchio ( rovesciato) di Sophie che crede di essere presa in giro in un orfanotrofio silenzioso e vuoto fuori ma con un'interiorità svolazzante di sogni da incontrare. È il GGG che insegue i nostri e quelli della bambina, è il gigante che soffia dentro, è il grande sogno che si apre in una pellicola di rara gentilezza.
Il film si sviluppa in tre parti, una prima introduttiva (orfanotrofio e rapimento), una seconda di studio (casa del gigante e terra dei giganti) e una terza estemporanea (a corte dalla Regina e allontanamento dei giganti). Tutto in modo semplice ( ma non semplicistico) e sottile ( ma non evanescente): il cinema di Spielberg adopera la sua maestria saggia e dilettevole per mostre(ci) il 'fumoso ' reale e rapirci dentro un sogno o più sogni messi assieme (raccolti con cura dal gigante gentile dentro contenitori speciali); non certo siamo agli epigoni di pellicole lasciate al caso o poco sentite.
E nella storia della bambina Sophie che conosce l'amico (nano come viene chiamato dagli altri giganti) GGG con un parlare diverso (sgrammatico e compito) sa tanto di dolcezza quello di non rimproverare nessuno per quello che non sa dire o conosce (il giusto e corretto come la fedeltà e la famiglia) perché si può nascondere un segreto dentro il nascondiglio di un sogno inaspettato. E la bottiglia di vetro è ancora lì con il nome scritto dal Gigante per una dedica alla sua amica del cuore che attende alla finestra il ritorno.
In questa pellicola fanno capolino con grande maestria alcuni passaggi del regista di Cincinnati; 'E.T. L'extra-terrestre': quando il GGG sale sulla montagna con Sophie all'inquadratura prima la sagoma del gigante che cammina ha la forma del pupazzo creato da Rambaldi mentre percorre la strada avvolto dalla maschera per Halloween. E poi il bosco nerastro con cielo oscuro e bluastro riavvolge il mistero dell' extra-terreste che sta volando in bici. 'Indiana Jones': le corsie e i binari, la fuga e la cascata, il rumore e la caverna, il tunnel e la fuga; 'Incontri ravvicinati...': arriva un treno, quasi il trenino di un gioco d'infanzia e il taglio crudele di una locomotiva che scuote lo schermo ('La guerra dei mondi');
'Hook': il gioco è incerto per poter dormire e cullare il proprio sogno dentro un dondolo di una 'piccola nave' dei pirati o meglio di un ricordo d'infanzia per il il mondo dei giganti e il (nano) gigante gentile per gli altri 'non urbani'.
E i mostriciattoli 'gremlins' sono diventati grandi, molto grandi e senza accorgersene hanno fatto crescere uno buono che non sputa sentenze, parla bisticciando con le parole, non mangia ciò che altri desiderano e fa anche amicizia con gli 'urbani'; e Sophie è il simbolo di una non dormiente che sogna ad occhi aperti, che vuole giocare e scappare da un orfanotrofio dove pare il sogno (con la sua vita) sia bandito.
Ci pensa GGG a smuovere il tutto è a far navigare e camminare sottosopra per far entrare nel sogno la sua amica (quando lei pensava di averne solo paura): il sogno capovolto dentro lo specchio di in lago, dentro i rami di un grande albero, dentro i colori volteggianti di un sogno avverato.
Cinema lieve, soffuso, delicato, parsimonioso, soffice come una foglia si guarda senza un rumore d'acchito della macchina da presa. Un cinema di estrema cadenza, circostanziato, asciutto nella composizione e ardimentoso nel contenuto sotto traccia. Ecco un film che lascia sgomenti gli arditi compositori per ovazioni rocambolesche e corse perdifiato: invece hanno trovato una storia che al primo vagito si intaglia come un raggio di luce dentro le ombre di una Londra tenebrosa e notturna. Il vagito di un sogno per ciascuno, per tutti quelli che vogliono rimanere piccoli dentro
Il cast arriva a dire ciò che il regista desidera; Mark Rylance (GGG) offre una prova di alto livello e il GGG ci dona uno sguardo pieno e commisurato con la mdp che si lascia trasportare dai suoi occhi, quelli del regista. Il resto è uno spuntino finito male per i Giganti vari (da Inghiotti-Ciccia a Sangue-Succhia fino a Scrocchia-Ossa) e i loro attori come ospiti. La bambina Sophie è Ruby Barnhill (al suo primo film) mentre Rebecca Hall (Regina Elisabetta II) e Rebecca Hall (mary) ‘sognano’ di rubare la scena a tutti quelli attorno, L’omaggio al ‘cartoon’ Disney ‘La carica dei 101’ (1961) è un grazie dolce con una bevanda particolare (con strane bollicine). La musica di John Williams non dilata nessuna immagine ma accompagna il tema dei sogni con vera grazia. Regia e fotografia (J. Kaminski) sono all’unisono tra semibuio, ombre, spazi e grande schermo volante.
Voto: 8½ /10.
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miraj
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domenica 8 gennaio 2017
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sophie nel paese dei sogni
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A volte la semplicità rilassa. E se viene condita con una discreta dose di magia, poi, può accarezzarti il pensiero fino a trasportarti fuori dal tuo solito ritmo vitale. Non c'è nulla di eclatante in questo film, nessun significato recondito da dover ricercare, nessuna fatica interpretativa. Il tema della favola è assolutamente un classico. Il gigante buono che fa prigioniera la bambina orfana. La loro amicizia nella rispettiva solitudine. La lotta del bene contro il male. La vittoria del bene. L'ilarità, sapientemente collocata, che rende leggera la favola e rende il racconto piacevolmente fluido. Ma nonostante la semplicità del messaggio..
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A volte la semplicità rilassa. E se viene condita con una discreta dose di magia, poi, può accarezzarti il pensiero fino a trasportarti fuori dal tuo solito ritmo vitale. Non c'è nulla di eclatante in questo film, nessun significato recondito da dover ricercare, nessuna fatica interpretativa. Il tema della favola è assolutamente un classico. Il gigante buono che fa prigioniera la bambina orfana. La loro amicizia nella rispettiva solitudine. La lotta del bene contro il male. La vittoria del bene. L'ilarità, sapientemente collocata, che rende leggera la favola e rende il racconto piacevolmente fluido. Ma nonostante la semplicità del messaggio...come non rimanere incantati dalla meraviglia di Sophie nel mondo dei sogni...e come non pensare ad Alice nel paese delle meraviglie? Ed alla grande forza dei bambini nel creare purezza e verità ed entusiasmo nei mondi che rivisitano con i loro occhi? Infondo, cosa altro è Sophie se non la sapienza? Quella del cuore. La sapienza incorrotta di chi sente solo con il cuore aperto e coraggioso, un cuore che non ha paura. Chi sente dove andare pur non sapendolo, solo perchè capace di seguire la danza dei sogni. Poichè nulla ha inventato in questo caso Spielberg, avendo preso in prestito favola e sentito da Dahl, la sua forza è chiaramente nelle immagini. Un personaggio azzeccatissimo quello della piccola Sophie: grandi occhi curiosi, grandi occhiali - perchè lei legge tutta la notte per via dell'insonnia - capelli corti da avventuriera, le punte dei piedi rivolti sempre verso l'interno, come i timidi e gli introversi. Come pure la cura attentissima e sapiente nella rappresentazione dei luoghi, degli oggetti, dei mostri, dei colori,dei movimenti. L'affascinante camminata notturna del gigante per le strade di Londra, nelle quali si mimetizza usando il mantello, diventando invisibile agli occhi di qualsiasi urbano. Chi non ha pensato...potrebbe anche essere vero?? Non è un film di cui mi sono rimaste in mente le parole, anzi alla lunga il linguaggio del GGG mi ha creato fastidio, ma nel trasporto delle immagini e nell'abbandonarmi alla bellezza della semplicità, una frase mi risuona in mente a distanza di giorni: "visti dall'esterno i sogni durano pochi attimi". Forse perchè vissuti dall'interno durano tutta la vita?
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ruzzante
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venerdì 6 gennaio 2017
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una grande e gigantesca noia
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Nino Frassica a "Quelli della notte" si inventò il nano più alto del mondo ... Spielberg in questo film si è inventato il gigante più basso del mondo. E questo è l'unico pensiero che mi fa sorridere, ripensando al film.
Per il resto ben poco da dire. La storia è così banale e piatta che più banale e piatta non si può: è un film per bambini, ma giusto quelli con l'età della protagonista, sui 10 anni, non di più. Come aggravante c'è il fatto che su di una trama inesistente ci hanno voluto costruire 2 ore di film, quando ne sarebbe bastata la metà. Il risultato è che ho rischiato più volte di slogarmi la mandibola per gli sbadigli.
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Nino Frassica a "Quelli della notte" si inventò il nano più alto del mondo ... Spielberg in questo film si è inventato il gigante più basso del mondo. E questo è l'unico pensiero che mi fa sorridere, ripensando al film.
Per il resto ben poco da dire. La storia è così banale e piatta che più banale e piatta non si può: è un film per bambini, ma giusto quelli con l'età della protagonista, sui 10 anni, non di più. Come aggravante c'è il fatto che su di una trama inesistente ci hanno voluto costruire 2 ore di film, quando ne sarebbe bastata la metà. Il risultato è che ho rischiato più volte di slogarmi la mandibola per gli sbadigli.
Gli unici sussulti, gli unici mezzi sorrisi li strappano i giganti cattivi, che purtroppo compaiono solo per una decina di minuti in tutto. Per il resto cose viste, riviste e straviste ... insomma il nulla, davvero il nulla ... se Spielberg non aveva più niente da dire e da offrire abvrebbe fatto meglio a lasciarci il buon ricordo dei suoi capolavori.
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cinefilorosso
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sabato 14 gennaio 2017
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spielberg ci racconta il ggg
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tutti noi conosciamo la versatilità e la maestria del signor Spielberg,che negli anni ci ha deliziato con grandi capolavori e con alcune pellicole forse meno riuscite,ma d'altronde nessuno è perfetto,nemmeno John Ford lo era.Il GGG è una fiaba,una fiaba fantastica trasposta egregiamente sul grande schermo,un film che procede molto lentamente,ed è proprio grazie a questa caratteristica che permette allo spettatore di cogliere tutti i punti fondamentali del rapporto tra sophie e il gigante.La violenza e la catteveria non servono,è questo il messaggio che da l'impressione di voler lanciare Spielberg,che segue pari passo il romanzo senza tralsasciare nulla,sfociando a tratti anche in una piacevole ironia.
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tutti noi conosciamo la versatilità e la maestria del signor Spielberg,che negli anni ci ha deliziato con grandi capolavori e con alcune pellicole forse meno riuscite,ma d'altronde nessuno è perfetto,nemmeno John Ford lo era.Il GGG è una fiaba,una fiaba fantastica trasposta egregiamente sul grande schermo,un film che procede molto lentamente,ed è proprio grazie a questa caratteristica che permette allo spettatore di cogliere tutti i punti fondamentali del rapporto tra sophie e il gigante.La violenza e la catteveria non servono,è questo il messaggio che da l'impressione di voler lanciare Spielberg,che segue pari passo il romanzo senza tralsasciare nulla,sfociando a tratti anche in una piacevole ironia.Visivamente splendido e forte di un Mark Rylance semplicemente superbo ( che va a coprire un'interpretazione davvero piatta e vuota di Ruby Barnhill) il film riesce a coinvolgere,grazie anche ad un'ottima sceneggiatura.Spielberg insomma,è riuscito a farmi tornare per un'ora e mezza,un bambino.
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liuk!
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sabato 7 gennaio 2017
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grande gigante ma piccolo film
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Difficile commentare un film del genere in quanto va diviso per fascia di età: per chi è sotto i 10-11 anni è un bel lavoro, semplice, colorato e con buoni principi. A tutti gli altri si para davanti una storiella striminzita, probabilmente adatta ad una fiaba corta ma decisamente non adatta a riempire due ore di pellicola.
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Difficile commentare un film del genere in quanto va diviso per fascia di età: per chi è sotto i 10-11 anni è un bel lavoro, semplice, colorato e con buoni principi. A tutti gli altri si para davanti una storiella striminzita, probabilmente adatta ad una fiaba corta ma decisamente non adatta a riempire due ore di pellicola.
Dopo i primi dieci minuti di ambientazioni fiabesche, quando la trama ormai si è ben che capita, non rimane più nulla, se non il linguaggio storpiato del gigante che alla lunga risulta anche un po' irritante.
Il risultato? Per me GGG è un pessimo prodotto e lo annovero tra i bassi di Spielberg che nell'ultimo decennio ci ha abituato a flop colossali (War Horse, Lincoln, Munich) alternati ad ottimi lavori (Ponte delle Spie, Tin Tin, Guerra dei Mondi). Se invece chiedeste ai miei figli vi darebbero l'opinione opposta. E questo è il bello del cinema.
Ma il commento lo scrivo io, quindi non posso che stroncare questo grande gigante, sicuramente gentile ma di una noia mortale.
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riccardo tavani
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mercoledì 1 febbraio 2017
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il popolo dei sogni dentro il cuore dei bambini
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Che cosa c’è dentro l’inconscio di ogni bambino, del bambino che rimane sempre, anche da adulti, in ognuno di noi? C’è qualcosa di molto più grande di quello che riesce a percepire alla luce del giorno; qualcosa che intuisce quando è solo con se stesso, nel suo letto, alla soglia critica tra il buio della stanza e il sogno. È soprattutto questa condizione originaria[+]
Che cosa c’è dentro l’inconscio di ogni bambino, del bambino che rimane sempre, anche da adulti, in ognuno di noi? C’è qualcosa di molto più grande di quello che riesce a percepire alla luce del giorno; qualcosa che intuisce quando è solo con se stesso, nel suo letto, alla soglia critica tra il buio della stanza e il sogno. È soprattutto questa condizione originaria universale che al regista Steven Spielberg interessava mettere in luce nella sua versione cinematografica del grande racconto letterario di Roald Dahl. Sofia, la bambina protagonista della storia, già nel nome indica il suo carattere, la sua propensione al voler raggiungere la luce del sapere, della conoscenza, della saggezza. Questo le va vincere la paura dell’inconscio, il buio della caverna inesplorata nel proprio sottosuolo. E cosa scopre Sofia seguendo GGG? Lei che non sogna mai, scopre che in una parte ancora più nascosta della caverna c’è l’immenso mondo capovolto dei sogni. Un mondo segreto, un immenso scrigno aperto che brilla dei fuochi luminosi come diamanti, pietre preziose dei sogni. Di tutti i sogni, anche quelli brutti, anzi proprio orrendi. GGG cerca di riprendere nella propria rete tutta questa materia onirica dispersa, di separare quella buona da quella cattiva, e la notte uscire nelle strade solitarie e non illuminate della città – della civiltà – per soffiarla dentro il respiro dei bambini, con una sua specie di strana tromba che suona silenziosa luce buona. Chi è allora questo grande gigante, che nel titolo originale è BFG, Big Friendly Giant, in cui è il termine friendly, amico, amichevole che risalta? È il deposito stesso di sogni, storie, favole, leggende, intuizioni che sedimenta nel suo percorso la storia di ogni popolo. Quanti anni hai? – domanda Sofia al Gigante. Non lo so– gli risponde lui – Ci sono da sempre e ci sarò ancora. Ma GGG stesso è considerato un nano dagli altri giganti davvero grandi e crudeli che vorrebbero divorare Sofia. Esso stesso è di fatto un bambino: con quel suo deposito ancora grezzo, informe di parole, frasi, modo di dire che costituiscono il sostrato più profondo di quella che chiamiamo non a caso la madrelingua. Ricordiamo che infanzia significa appunto mancanza ancora di parola, di facoltà logica piena. Il rapporto tra gigante amico e popolo lo capiamo in tutta la grande scena simbolica e allo stesso tempo esilarante, travolgente della Regina. È come se Sofia dicesse alla sovrana, a chi detiene il potere, che un popolo sono i suoi stessi sogni, le sue favole, i suoi racconti attorno al fuoco dell’immaginazione, che anche quando è adulta è pur sempre autenticamente bambina. La Regina deve proteggere, salvare il suo popolo, salvare lo scrigno onirico prezioso custodito dall’infanzia originaria di ogni popolo.
Per questo il sogno di Sofia è alla fine il sogno di tutto il film, di tutto il racconto di Roald Dahl, nel quale i tratti favolistici dell’animazione cinematografica si alternano e sono addirittura impastati dentro quelli reali. Lo stesso GGG cattura i tratti somatici dell’attore Mark Rylance dentro quelli di un cartone animato dalle grandi orecchie a sventola. Grandi e amichevole anch’esse, perché il popolo gigante dei sogni, dei racconti sarà sempre pronto ad ascoltare il cuore delle bambine e dei bambini che lo chiamano dal profondo della propria caverna segreta. Pronto ad ascoltarli e ad afferrarli sulla soglia tra la stanza buia e il sonno.
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ghigs2000
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domenica 7 maggio 2017
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spielberg si cimenta con una favola....
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Steven Spielberg torna dietro la macchina da presa per realizzare questa stupenda favola dove un gigante viene scoperto a perlustrare la città ma viene visto da una piccola bambina orfana e per questo rapita e portata nel mondo dei giganti . Inizia così una pellicola che vede crescere l’amicizia verso due razze completamente differenti : il gigante e la bambina . Come in ogni film che si rispetti non poteva mancare i cattivi di turno ed in questo caso sono interpretati da un branco di giganti cattivi con un fiuto eccezionale verso gli umani che ritengono sia il loro pasto migliore .
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Steven Spielberg torna dietro la macchina da presa per realizzare questa stupenda favola dove un gigante viene scoperto a perlustrare la città ma viene visto da una piccola bambina orfana e per questo rapita e portata nel mondo dei giganti . Inizia così una pellicola che vede crescere l’amicizia verso due razze completamente differenti : il gigante e la bambina . Come in ogni film che si rispetti non poteva mancare i cattivi di turno ed in questo caso sono interpretati da un branco di giganti cattivi con un fiuto eccezionale verso gli umani che ritengono sia il loro pasto migliore . Tutta la pellicola è realizzata in modo certosino con un perfetto mix di digitale e computer grafica con un ottimo rispetto per la proporsione e la profondità . Il ritmo non dei piu elevati , parte molto piano ed è in crescendo verso un finale che fa alzare l’asticella del voto . Il primo impatto infatti non è dei migliori , sembra diassistere ad un cartone animato per bambini piccoli ma piano piano che la storia passa si va in crescendo fino ad arrivare alla scena della cena con la regina che mi ha fatto veramente ridere a crepapelle . I dialoghi del gigante sono fenomenali , ottimamente doppiati in italiano e altamente credibile . Il film è cosigliato sicuramente ad un pubblico giovanile , una favola piacevole da vedere che trasmette molti messaggi positivi in un’epoca che tende a dividere le conoscenze …
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elgatoloco
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domenica 7 gennaio 2018
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dahl and spielberg
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Non sembrava realistico pensarlo, invece il grande Steven Spielberg ha reso filmicamente"The BFG"(2016)di Roald Dahl, che finora aveva avuto, più di un quarto di secolo fa, solo una versione animata. L'ha fatto, con aderenza all'originale, senza forzare i termini,accentuando con estremo rigore e un'efficacia assoluta la bellezza della produzione di senso e dichiarazione di fondo("gentilezza versus violenza e sopraffazione") insita nel libro di Dahl-in questo Spielberg è più che mai coerente con quanto ha espresso già in tutte le sue opere, da"E.T."a"The Schindler's List"a tutte le altre, la cui enumerazione sarebbe troppo lunga, in questa sede. Bella la ricostruzione di un ambiente degradato, nella Great Britain di Maggie Tatcher e le relative telefonate della"Queen"a Nancy Reagan per contattare Ronnie(sempre Reagan, ça va de soi.
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Non sembrava realistico pensarlo, invece il grande Steven Spielberg ha reso filmicamente"The BFG"(2016)di Roald Dahl, che finora aveva avuto, più di un quarto di secolo fa, solo una versione animata. L'ha fatto, con aderenza all'originale, senza forzare i termini,accentuando con estremo rigore e un'efficacia assoluta la bellezza della produzione di senso e dichiarazione di fondo("gentilezza versus violenza e sopraffazione") insita nel libro di Dahl-in questo Spielberg è più che mai coerente con quanto ha espresso già in tutte le sue opere, da"E.T."a"The Schindler's List"a tutte le altre, la cui enumerazione sarebbe troppo lunga, in questa sede. Bella la ricostruzione di un ambiente degradato, nella Great Britain di Maggie Tatcher e le relative telefonate della"Queen"a Nancy Reagan per contattare Ronnie(sempre Reagan, ça va de soi...), dal quale la protagonista pre-.adolescente, ospite di un orfanotrofio, desidera "the escape", la fuga, che però le riesce solo quando, appunto, è il BFG(grande gigante gentile)a rapirla-liberarla. Il problema è che i suoi colleghi giganti(come nella tradizione mitologica, dal"Poema di Gilgamesh"all'Odissea", alla"Bibbia", al"Kalevala"etc., i giganti(talora detti"Titani")non sono per nulla molto"gentili", anzi violenti, crudeli, sopraffattori, dunque totalmente nemici del genere umano, dunque non serve amarli troppo, anzi. IL"giant"del titolo è dunque decisamente un'eccezione e difatti viene sbeffeggiato egli stesso come"nano"dai tristi energumeni che lo minacciano e maltrattano continuamente. Anche gli effetti speciali, mai"rutilanti", sono assolutamente funzionali a una messa in scena per nulla"sontuosa", al contrario al servizio di una produzione di senso assolutamente chiara, cristallina e decisamente priva di orpelli o abbellimenti. Chi vorrebbe tout court uno Spielberg più"impegnato", non ha capito che il suo"impegno"è anche, pienamente, in un film come questo. Interpreti decisamente efficaci. El Gato
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