enzo70
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mercoledì 30 marzo 2016
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un grande omaggio al cinema
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I fratelli Coen ne fanno un’altra delle loro e mettono in scena un film che avrebbe un titolo alternativo: Ave Cinema. E così in una sorta di canto corale con due soprani, Clooney e uno strepitoso Josh Brolin, i fratelli d’oro del cinema americano sovrappongono tutti i tipi cinematografici degli States degli anni trenta ad una trama la cui apparente esilità strasborda. Perché c’è tutto, in questo film, il sogno americano e l’incubo comunista, con il maccartisimo alle porte, uomini e donne, odi ed amori. Ma soprattutto c’è il cinema, questa splendida magia per la quale il protagonista Eddie rinuncia ad un posto di altissimo dirigente nell’industria aereonautica, allora nascente.
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I fratelli Coen ne fanno un’altra delle loro e mettono in scena un film che avrebbe un titolo alternativo: Ave Cinema. E così in una sorta di canto corale con due soprani, Clooney e uno strepitoso Josh Brolin, i fratelli d’oro del cinema americano sovrappongono tutti i tipi cinematografici degli States degli anni trenta ad una trama la cui apparente esilità strasborda. Perché c’è tutto, in questo film, il sogno americano e l’incubo comunista, con il maccartisimo alle porte, uomini e donne, odi ed amori. Ma soprattutto c’è il cinema, questa splendida magia per la quale il protagonista Eddie rinuncia ad un posto di altissimo dirigente nell’industria aereonautica, allora nascente. E’ un film talmente inusuale da essere inusale addirittura per i Coen, a metà tra Fratello dove sei, a mio avviso il miglior film degli ultimi venti in assoluto, e Ladykillers, un film che fa ridere ma che ha un significato che va al di là delle apparenze. Che dire metti due registi come questi, due attori come quelli ed il gioco è fatto.
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dave san
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giovedì 18 agosto 2016
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a proposito di eddie
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Questa meta pellicola dei Cohen, sembra ritrarre la medaglia opposta del loro Davis. Eddie Mannix non è un artista, né un bohème lunatico. E’ una specie di manager anti-gossip presso gli studios Hollywoodiani. Amministra attori sotto contratto, preservandone la reputazione rispetto ai ruoli interpretati. Un uomo che si trova ad affrontare prove, assumersi responsabilità e a sciogliere nodi. Non di rado Mannix vive la sua mission come politica e patriottica. Una figura di matrice dirigenziale rispetto alla precedente. Tormentato dal caos che imperversa al di fuori, più o quanto non gli roda dentro. Il Nostro dovrà comunque ricomporre pezzi. Il contesto che lo circonda è confusionario e controverso, oltre che comico.
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Questa meta pellicola dei Cohen, sembra ritrarre la medaglia opposta del loro Davis. Eddie Mannix non è un artista, né un bohème lunatico. E’ una specie di manager anti-gossip presso gli studios Hollywoodiani. Amministra attori sotto contratto, preservandone la reputazione rispetto ai ruoli interpretati. Un uomo che si trova ad affrontare prove, assumersi responsabilità e a sciogliere nodi. Non di rado Mannix vive la sua mission come politica e patriottica. Una figura di matrice dirigenziale rispetto alla precedente. Tormentato dal caos che imperversa al di fuori, più o quanto non gli roda dentro. Il Nostro dovrà comunque ricomporre pezzi. Il contesto che lo circonda è confusionario e controverso, oltre che comico. Intorno a Eddie pullulano personalità pittoresche. L’attore di peplum, Baird Whitlock, rapito da infiltrati comunisti. Un George Clooney, che indosserà l’abito di scena per tutto lo spettacolo. DeeAnna Moran (Scarlett Johansson), attrice di show acquatici che dovrà gestire una gravidanza sconveniente. Hobie Doyle, star di western non proprio espressivo, reclutato per recitare un dramma in costume. Dall’altra, le gemelle Thora e Thessaly Thacker, in cerca di scoop per le loro riviste: vere nemesi di Mannix. Eddie dimostra il suo know-how e declina pure l’offerta presso la Lockheed Corporation, che allora partecipava a test nucleari. La pellicola offre un affresco divertito e contestualizzato. Avvalendosi di un eroe con i piedi ben saldi a terra, al servizio di una Hollywood bizzosa. Mannix e la sua vicenda sembrano possedere anche i tratti dell’emblema. Forse non siamo ancora ai livelli dell’odierno cinema e/o tv…, ma il Nostro potrebbe impersonare con zelante pionierismo, la tangibile aziendalizzazione dell’entertainment.
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greatsteven
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martedì 18 luglio 2017
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carriere da aggiustare dentro la capitol pictures.
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AVE, CESARE! (USA/UK, 2016) diretto da JOEL & ETHAN COEN. Interpretato da JOSH BROLIN, GEORGE CLOONEY, SCARLETT JOHANSSON, CHRISTOPHER LAMBERT, TILDA SWINTON, RALPH FIENNES, CHANNING TATUM, DOLPH LUNDGREN, WAYNE KNIGHT, JONAH HILL, FRANCESC MCDORMAND, ALDEN EHRENREICH, ALISON PILL
Ecco a voi Eddie Mannix, presentato dalla voce narrante di Michael Gambon (Michele Kalamera nella versione italiana), stratagemma già adoperato dai due registi nella loro precedente filmografia, agente cinematografico e presidente di un immenso Studio di Hollywood, la Capital Pictures. Siamo nel 1951, e la storia racconta gli episodi, nell’arco di ventisette ore, di attori, sceneggiatori, registi e produttori dell’apogeo hollywoodiano, stuzzicando l’interesse dello spettatore mediante vizi, virtù, capricci, intrighi, giochi di potere, manipolazioni, motteggi e operazioni segrete sottobanco.
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AVE, CESARE! (USA/UK, 2016) diretto da JOEL & ETHAN COEN. Interpretato da JOSH BROLIN, GEORGE CLOONEY, SCARLETT JOHANSSON, CHRISTOPHER LAMBERT, TILDA SWINTON, RALPH FIENNES, CHANNING TATUM, DOLPH LUNDGREN, WAYNE KNIGHT, JONAH HILL, FRANCESC MCDORMAND, ALDEN EHRENREICH, ALISON PILL
Ecco a voi Eddie Mannix, presentato dalla voce narrante di Michael Gambon (Michele Kalamera nella versione italiana), stratagemma già adoperato dai due registi nella loro precedente filmografia, agente cinematografico e presidente di un immenso Studio di Hollywood, la Capital Pictures. Siamo nel 1951, e la storia racconta gli episodi, nell’arco di ventisette ore, di attori, sceneggiatori, registi e produttori dell’apogeo hollywoodiano, stuzzicando l’interesse dello spettatore mediante vizi, virtù, capricci, intrighi, giochi di potere, manipolazioni, motteggi e operazioni segrete sottobanco. Al centro c’è il rapimento dietro riscatto (ma loro lo chiamano risarcimento) di Baird Witlock, centurione romano convertito al Cristo in una produzione in costume dal titolo Hail, Caesar!, il che costerà a Mannix la bellezza di 100 milioni di dollari, racchiusi in una valigia che sarà poi depositata a vantaggio dei sequestratori, i comunisti, che perderanno il denaro durante una traversata da Malibù (dove Witlock è stato portato, e dove verrà salvato da un collega, Hobie Doyle) in cui il loro comandante deve salire su un sottomarino battente l’immancabile stella rossa. Fra i documenti accusatori di McCarthy e gli impegni improrogabili che lo tengono occupato notte e giorno, Eddie si deve destreggiare incontrando numerose personalità, una più indisponente e melliflua dell’altra, fra cui: l’affascinante DeeAnna Moran, protagonista di un musical dove interpreta il ruolo di una sirena che fuoriesce da un lago artificiale di ninfee, appena uscita da una gravidanza indesiderata e con l’obiettivo di adottare legalmente il figlio, ignorando chi sia il padre; Thora e Tessaly Thacker, due sorelle reporter totalmente agli antipodi, la prima giornalista impegnata a caccia di scoop e la seconda redattrice di gossip che si nutre di abbondanti scandali; Laurence Laurentz, regista di un film drammatico girato in un teatro di posa, uomo severo e posato che ha il suo daffare nell’insegnare a Hobie Doyle, attore di western abituato più a sparare e cavalcare che all’uso della parola, come pronunciare una battuta semplicissima da intendere; Burt Gurney, ballerino di tip-tap in un musical sui marinai che devono partire per un posto privo di fanciulle, anch’egli comunista in gran segreto; e Arne Slessum, produttore rivale che propone al fixer protagonista un’offerta vantaggiosa per uno Studio rivale, da lui prontamente rifiutata dopo qualche esitazione per poter continuare a risolvere i noccioli problematici dei suoi imprevedibili ma in fondo affezionati attori-immagine. Come sottofondo, una serie di scandali che esploderanno in un magico e soave finale a sorpresa. I Coen dirigono questa spiritosa commedia imbastendo un’ottima recitazione corale che lascia a tutti il giusto spazio espressivo, facendo risaltare un Brolin in formissima che veste i panni di un businessman in carriera capace di fronteggiare le situazioni più ardue dando sfoggio della sua ineguagliabile abilità di mediatore col pensiero fisso (e corretto) che si fa cinema per esprimere le gioie, i dolori e le bellezze della settima arte. Un atto d’amore per la recitazione cinematografica, un meta-racconto di qualità e una discesa esilarante nelle psicologie travagliate di una troupe che non lesina critiche né denunce della società americana appena entrata in un nuovo decennio, quello che concluse l’epoca del cinema statunitense classico e pose una pietra sopra un’età d’oro che i Coen ritraggono con verosimiglianza disarmante e il piglio di chi vuole divertire e al contempo indurre riflessioni non troppo leggere. Un cast stellare di attori uno più bravo dell’altro, a cominciare da Clooney, amabile guascone autoironico, per poi esaminare: la Swinton, eccellente nella duplice parte della giornalista affamata; la Johansson, nuotatrice di spettacoli acquatici rimasta incinta da nubile; Hill, ragioniere di poco conto e ragazzo non troppo brillante, che sposerà la donna di cui sopra in un matrimonio appositamente allontanato e diventerà il padre putativo del bimbo; Ehrenreich, cowboy ganzo che ruota la pistola, con scarsissime doti recitative ma dotato di un cuore aperto ai richiami dell’amicizia e del sentimento; Tatum, il cui ruolo richiama a gran voce Gene Kelly, secondo la detta di alcuni critici, invischiato nelle sottotrame politiche che gironzolano silenziosamente nello Studio e affiliato alla masnada comunista senza che nessuno lo sappia; Fiennes, cineasta impegnato che si lamenta col protagonista di aver ricevuto in dotazione un attore incapace per il suo dramma da camera. Con il ricorso efficacissimo ai finti film proiettati in sala, i due infallibili registi completano una vicenda interessante che sa prendersi in giro e ridere con gaiezza di sé stessa, instillando al contempo un germe di innocente malevolenza sullo star system che imperava allora e che oggi è addirittura degenerato, mostrando un dietro le quinte di disarmante sincerità che coglie nel segno e centra appieno il bersaglio. Il che non impedisce all’ottima sceneggiatura di puntare il dito contro l’utilizzo della cultura che spesso i film usciti dalla maggiore fucina di pellicole al mondo approntano, per pompare appositamente le storie e inventare trame al solo scopo di ottenere il gradimento del pubblico e costruirsi attorno un’aura di un determinato tipo, per quanto possibile austera e intoccabile. L’ironia, il sarcasmo, l’umorismo british e le costruzioni satiriche di Joel ed Ethan non smetteranno mai di sorprendere gli spettatori più coriacei: la loro intelligenza artistica è fuori da ogni sospetto o classificazione.
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nino pell.
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sabato 12 marzo 2016
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mega produzione per un film molto discreto
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Il pregio di questo film dei fratelli Coen è quello di deliziare lo spettatore catapultandolo nel periodo storico degli anni '50 in cui il Cinema riusciva a partorire emozioni grazie alle sue maestose scenografie sceniche e grazie ad altri tipi di contorni estetici decisamente ammalianti per il pubblico di allora. Un periodo nel quale, precisiamo, non era ancora stata inventata la televisione e dove, appunto, il Cinema era considerato l'unico, inossidabile passatempo per la mente e per gli occhi. Questa pellicola dei Coen è costata parecchio e, almeno qualche buon risultato visivo logicamente si nota: la bellissima scena della sirena che esce dall'acqua interpretata da Scalett Johansson, oppure l'elegante balletto scenico di un gruppo di marinai ambientato all'interno di una taverna.
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Il pregio di questo film dei fratelli Coen è quello di deliziare lo spettatore catapultandolo nel periodo storico degli anni '50 in cui il Cinema riusciva a partorire emozioni grazie alle sue maestose scenografie sceniche e grazie ad altri tipi di contorni estetici decisamente ammalianti per il pubblico di allora. Un periodo nel quale, precisiamo, non era ancora stata inventata la televisione e dove, appunto, il Cinema era considerato l'unico, inossidabile passatempo per la mente e per gli occhi. Questa pellicola dei Coen è costata parecchio e, almeno qualche buon risultato visivo logicamente si nota: la bellissima scena della sirena che esce dall'acqua interpretata da Scalett Johansson, oppure l'elegante balletto scenico di un gruppo di marinai ambientato all'interno di una taverna. Ma per il resto il film è al limite dell'inconsistenza per quanto riguarda una trama che non riesce ad attirare e coinvolgere per davvero. C'è molta ironia, se non proprio, vera e propria parodia sull'esasperato perfezionismo dell'epoca ma tutto questo sa di una trama dai toni risaputi e contornata da una facciata estetica meramente manieristica e insipida. Il risultato è modesto se non addirittura asettico.
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iuriv
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lunedì 21 marzo 2016
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nel regno delle illusioni.
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Una star di Hollywood viene rapita mentre sta girando un peplum sulla vita di Gesù. Al direttore dello studio spetta i compito di ritrovarlo prima che la notizia trapeli.
Dietro una trama semplice, esposta sotto forma di commedia dalle gag facili e non troppo originali, i Coen nascondono il loro gioco delle illusioni.
Nella sfolgorante Hollywood degli anni'50 sembra che ogni cosa sia il contrario di se stessa. Splendide ed eteree creature si rivelano per essere volgari dive dalla vita tumultuosa. Grandi star diventano attori incapaci al punto da smembrare gonzi, ma in realtà mostrano spirito di osservazione fuori dal comune.
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Una star di Hollywood viene rapita mentre sta girando un peplum sulla vita di Gesù. Al direttore dello studio spetta i compito di ritrovarlo prima che la notizia trapeli.
Dietro una trama semplice, esposta sotto forma di commedia dalle gag facili e non troppo originali, i Coen nascondono il loro gioco delle illusioni.
Nella sfolgorante Hollywood degli anni'50 sembra che ogni cosa sia il contrario di se stessa. Splendide ed eteree creature si rivelano per essere volgari dive dalla vita tumultuosa. Grandi star diventano attori incapaci al punto da smembrare gonzi, ma in realtà mostrano spirito di osservazione fuori dal comune. Bellimbusti che incarnano il sogno americano si trasformano nel peggiore incubo degli Stati Uniti. Attori dalle vite governate dagli studios, quasi non smettessero mai di recitare una parte.
Le pompose messe in scena dei film d'epoca vengono restituite dai registi con precisione ed alternate a uno stile più sobrio quando questi si occupano della trama principale. Ma in realtà gli stili si avvolgono in una spirale sempre più stretta che finisce per fonderli in una cosa sola.
In mezzo l'illusione delle religioni e delle ideologie. Tutto è amalgamato in un unico calderone e servito a un pubblico affamato di storie, forse ormai incapace di distinguere il reale dal fasullo e, comunque, poco interessato a farlo.
A governare questo delirante universo ci pensa Josh Brolin, che con la sua espressione eternamente rassegnata, si trova ad essere l'unico elemento davvero razionale in un mondo che sembra aver perso la possibilità di toccare la terra con i piedi. Ma la cosa gli piace e grazie al suo rapporto morboso con il confessionale riesce a mantenere un fragile equilibrio e a manovrare tutto.
E' un film strano questo, che non colpisce subito con la leggerezza del tratto. La visione superficiale è penalizzata da una commedia non riuscitissima, che cerca la risata facile e le cui gag migliori sono state bruciate dai trailer.
Però l'umorismo nero dei Coen fa il suo lavoro sottotraccia e sono convinto che il gradimento migliorerà con l'aumentare delle visioni.
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vanessa zarastro
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venerdì 1 aprile 2016
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comunisti e attori
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“Ave Cesare!” dei fratelli Coen costituisce una divertente parodia dell’America degli anni ’50, letta attraverso un film corale su Hollywood.
Articolato e cucito come un fumetto, il personaggio di Eddie Mannix (il bravissimo Josh Brolin) direttore cattolicissimo degli studi cinematografici (si confessa tutti i giorni per un paio di bugie…), attraversa problemi, situazioni, scandali, primadonnismi eccetera eccetera tipici degli studios hollywoodiani.
La dolce e casta sirena (Scarlett Johansson) è rimasta incinta e bisogna farla sposare d’urgenza per evitare di offuscare la sua immagine immacolata…Il film sulla storia di Cristo potrebbe offendere la religione (o le religioni) allora si organizza “il consenso” con un incontro con i patriarchi religiosi (grecoortodosso, rabbino, alto prelato cattolico ecc.
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“Ave Cesare!” dei fratelli Coen costituisce una divertente parodia dell’America degli anni ’50, letta attraverso un film corale su Hollywood.
Articolato e cucito come un fumetto, il personaggio di Eddie Mannix (il bravissimo Josh Brolin) direttore cattolicissimo degli studi cinematografici (si confessa tutti i giorni per un paio di bugie…), attraversa problemi, situazioni, scandali, primadonnismi eccetera eccetera tipici degli studios hollywoodiani.
La dolce e casta sirena (Scarlett Johansson) è rimasta incinta e bisogna farla sposare d’urgenza per evitare di offuscare la sua immagine immacolata…Il film sulla storia di Cristo potrebbe offendere la religione (o le religioni) allora si organizza “il consenso” con un incontro con i patriarchi religiosi (grecoortodosso, rabbino, alto prelato cattolico ecc.)…Viene a mancare il protagonista maschile per un film in costume (in clinica per disintossicarsi…) allora si ricicla Hobie Doyle (Alden Ehrenreich), un cow boy che sa solo suonare la chitarra e usare il lazo, provocando la disperazione del regista gay (Ralph Fiennes) che non riesce proprio a farlo recitare. Eternamente in agguato le sorelle gemelle giornaliste del gossip ben interpretate da Tilda Swinton.
Ma il clou è dato dal rapimento di Baird Whitlock (un istrionico George Clooney) - attore di successo, donnaiolo e ubriacone che interpreta il centurione romano che sarà folgorato da Gesù Cristo – da parte di un gruppo di sceneggiatori comunisti che si firmano “il Futuro” e sognano il trionfo dei sovietici, mentre la star del musical Burt Gurney (Channing Tatum) lascia l’America per ricongiungersi ai russi salendo sul sottomarino sovietico.
Mentre il nostro eroe Eddie Mannix sembra non dormire mai, tenta di smettere di fumare e si occupa di risolvere tutte le difficoltà quotidiane provocate dalle star, è corteggiato in modo serrato da un emissario della Lockhead che riconosce in lui grandi atou manageriali e lo vorrebbe a dirigere una loro azienda, mentre sull’atollo di Bikini si fanno gli esperimenti della bomba H.: Eddie Mannix avrà pochi giorni per prendere una decisione.
Il film assomma frammenti belli ad alcuni bellissimi, la parodia di Channing Tatum che rifà il verso a Gene Kelly è deliziosa, la comunità comunista ritiratasi in una villa wrightiana sul mare di Malibu è molto divertente e riesce a raggirare e circuire con le parole perfino una star navigata come George Clooney. Con questo film i fratelli Coen forniscono un’ennesima prova della loro bravura, della loro versatilità e della loro conoscenza accurata di tutti i generi cinematografici.
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themaster
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giovedì 19 gennaio 2017
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un altro pezzo di storia targato coen
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Nonostante gli anni alla fine ritornano sempre con un nuovo capolavoro e questo Ave Cesare è destinato a entrare a forza nella storia del cinema,quella di nicchia,quella migliore.
Come fu per Il Grande Lebowski e diversamente da Fargo,Non è un Paese per Vecchi e L Uomo che Non c'era,i due cineasti mettono in scena una brillantissima commedia/noir/grottesco/musicale che racchiude in sè tanti piccoli sottogeneri quasi a voler onorare una tradizione cinematografica che compiva i suoi più grandi passi proprio nella Hollywood del secondo dopoguerra e pre guerra fredda,in cui l'anticomunismo era alle stelle,in cui le tensioni tra Stati Uniti e Russia cominciavano ad avanzare e in cui le personalità di spicco dello star system sono più che mai ingestibili tra relazioni extraconiugali,simpatizzanti per i comunisti,attori che vengono rapiti e personalità assurdamente fuori di testa,tuttavia un uomo solamente è in grado di risolvere ogni cosa e portarsi a casa la pagnotta: Eddie Mannix interpretato da un più che mai grande Josh Brolin che offre una delle performance della sua carriera e sarà lui sempre al centro della vicenda e chiunque altro si limiterà ad un cameo o poco più che una semplice comparsa e come affermerà uno stesso personaggio,le comparse vanno e vengono,così come i personaggi in Ave Cesare e l'unico che finisce per essere più pulito,affidabile e con la testa sulle spalle è proprio il nostro protagonista,mentre personaggi come Scarlett Johansson,Channing Tatum,George Clooney e molti altri sono semplicemente mine vaganti di cui non ci si può fidare.
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Nonostante gli anni alla fine ritornano sempre con un nuovo capolavoro e questo Ave Cesare è destinato a entrare a forza nella storia del cinema,quella di nicchia,quella migliore.
Come fu per Il Grande Lebowski e diversamente da Fargo,Non è un Paese per Vecchi e L Uomo che Non c'era,i due cineasti mettono in scena una brillantissima commedia/noir/grottesco/musicale che racchiude in sè tanti piccoli sottogeneri quasi a voler onorare una tradizione cinematografica che compiva i suoi più grandi passi proprio nella Hollywood del secondo dopoguerra e pre guerra fredda,in cui l'anticomunismo era alle stelle,in cui le tensioni tra Stati Uniti e Russia cominciavano ad avanzare e in cui le personalità di spicco dello star system sono più che mai ingestibili tra relazioni extraconiugali,simpatizzanti per i comunisti,attori che vengono rapiti e personalità assurdamente fuori di testa,tuttavia un uomo solamente è in grado di risolvere ogni cosa e portarsi a casa la pagnotta: Eddie Mannix interpretato da un più che mai grande Josh Brolin che offre una delle performance della sua carriera e sarà lui sempre al centro della vicenda e chiunque altro si limiterà ad un cameo o poco più che una semplice comparsa e come affermerà uno stesso personaggio,le comparse vanno e vengono,così come i personaggi in Ave Cesare e l'unico che finisce per essere più pulito,affidabile e con la testa sulle spalle è proprio il nostro protagonista,mentre personaggi come Scarlett Johansson,Channing Tatum,George Clooney e molti altri sono semplicemente mine vaganti di cui non ci si può fidare.
Come al solito i Coen dirigono i propri attori in maniera grandiosa e ognuno ha una propria utilità,perfino quel Jonah Hill la cui presenza è stata tanto millantata ma che compare per circa trenta secondi,eppure in quei pochi secondi di ruolo riesce a essere memorabile sia per il talento comico dello stesso Hill che per la scena a dire poco fuori di testa in cui è inserito.
La Hollywood di quel periodo è rappresentata con una doppia faccia,da una parte il mondo sfavillante,fanno di brillantini,vestiti sgargianti e trucchi prorompenti,dall'altra parte il peso della reputazione,amori improvvisati,sodomie omosessuali per interessi e interpreti cani odiati dai propri registi.
Nonostante i Coen non vedano di buon occhio Hollywood e si vede,non si può fare altro che notare un certo qual grado di nostalgia,si guarda alla vecchia Hollywood quasi come ad un utopìa mancata che non come un ricordo sbiadito,un sistema vivo e vibrante i cui protagonisti e le cui regole sono costantemente in mutamento.
La regia è eccezionale e sottolinea quest'aura di grandiosità che il film permea,coadiuvata alla fotografia che rende i quadri costruiti maniacalmente da Joel e Ethan delle vere e proprie opere d'arte,come la scena del sottomarino o ancora il momento in cui Baird Withlock (George Clooney) recita la sua parte nel Peplum che dà il titolo al film.
Accompagnamento musicale clamoroso e montaggio perfetto chiudono il quadro tecnico di un'opera gigantesca.
Di Ave Cesare ne escono sempre meno purtroppo,tutto in favore di finta autorialità.
Con questa pellicola i Coen omaggiano non il cinema d'autore,ma il genere puro,condensando al suo interno numerosissimi generi cinematografici tra cui il western,la commedia,il musical,il noir e il peplum e,così come le gesta di Eddie Mannix,resterà impresso nella storia dell uomo.
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cinelady
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mercoledì 26 luglio 2017
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un meccanismo ad orologeria
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Siamo a Hollywood, negli anni ’50, e assistiamo ad una giornata di lavoro di Eddie Mannix, capo della produzione della Capitol Pictures, casa cinematografica di proprietà di un ricco newyorchese. Il suo compito prevede di risolvere gli inghippi che sorgono durante la realizzazione di un film e di assicurarsi che le star non vengano coinvolte in scandali che rovinerebbero la reputazione loro e dello Studios agli occhi dei fan. Tra i vari problemi a cui deve far fronte quello più urgente è la misteriosa scomparsa di Baird Whitlok, star più importante della casa, che si scoprirà rapita da un gruppo che si firma Il Futuro e chiede un riscatto in cambio della sua liberazione.
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Siamo a Hollywood, negli anni ’50, e assistiamo ad una giornata di lavoro di Eddie Mannix, capo della produzione della Capitol Pictures, casa cinematografica di proprietà di un ricco newyorchese. Il suo compito prevede di risolvere gli inghippi che sorgono durante la realizzazione di un film e di assicurarsi che le star non vengano coinvolte in scandali che rovinerebbero la reputazione loro e dello Studios agli occhi dei fan. Tra i vari problemi a cui deve far fronte quello più urgente è la misteriosa scomparsa di Baird Whitlok, star più importante della casa, che si scoprirà rapita da un gruppo che si firma Il Futuro e chiede un riscatto in cambio della sua liberazione. Tutto questo mentre Mannix deve districarsi anche dalle pressioni esterne alla Capitol, come due giornaliste gemelle che ficcanasano in giro a caccia di scoop o l’allettante proposta per un posto di lavoro alla Lockheed Corporation.
Attraverso un protagonista che lavora dietro le quinte della grande fabbrica dei sogni per permettere che i sogni siano realizzati al loro meglio, i fratelli Coen offrono uno spaccato attento e dettagliato della scintillante Hollywood degli anni ’50, quasi un documentario ma infinitamente più interessante e divertente, rievocando un modo di fare cinema che oggi non c’è più.
La trama è costruita come un meccanismo ad orologeria, in cui ogni personaggio e ogni vicenda introdotta hanno una loro introduzione, un loro svolgimento e una loro conclusione, e offre una serie di siparietti comici davvero indimenticabili sui generi più in voga all’epoca, con spezzoni realizzati a regola d’arte che ricalcano dal western al musical, dal kolossal storico al dramma in costume, senza dimenticare i film acquatici con le coreografie di Busby Berkeley.
Ma non manca anche un occhio sui retroscena delle realizzazioni, in cui vengono mostrati i protagonisti di quel mondo, dagli attori specializzati in ruoli che non riescono ad abbandonare, a volte anche nella vita reale, ai registi pignoli ad un gruppo di sceneggiatori comunisti che criticano il sistema che secondo loro li sfrutta senza ricompensarli come dovuto; tutti personaggi caratterizzati alla perfezione e interpretati da una sfilza di star magistralmente dirette. Fotografia e colonna sonora non sono da meno.
Ogni elemento è pensato nei minimi dettagli, e occorrono più visioni per coglierli tutti, ma il film si fa gustare, e non solo dai cinefili, anche semplicemente come commedia brillante e intelligente, genere di cui il cinema contemporaneo è particolarmente carente.
Il risultato può apparire riuscito o no, ma una cosa è sicura: che siano messi in luce i suoi lati più oscuri o la sua stravaganza, e nonostante sia un mezzo del capitalismo, il mondo del cinema non stanca mai, è affascinante e non si può fare a meno di esserne attratti e coinvolti, e l’ha capito bene il protagonista del film Eddie Mannix, che per salvare e difendere questo mondo è disposto anche a sacrificare la famiglia e a infrangere la promessa fatta alla moglie di smettere di fumare.
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rmarci 05
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martedì 23 aprile 2019
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teologia e cinema in un film esilarante e satirico
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Dopo due pellicole profondamente malinconiche e drammatiche come "Il Grinta" e "A proposito di Davis", i fratelli Coen tornano a divertire e divertirsi: "Ave, Cesare" infatti possiede tutte le caratteristiche della commedia tipica dei due registi, dissacrante e beffarda, esilarante ma al contempo riflessiva e satirica, intrisa di un umorismo meravigliosamente intelligente; il film è soprattutto una critica esplicita e graffiante all'industria cinematografica di quegli anni, in cui però si intravedono ammiccamenti cinefili, omaggi nostalgici all'epoca d'oro di Hollywood e dibattiti teologici esilaranti, e per questo di grande spessore. I dialoghi, i personaggi tragicomici, la recitazione sopra le righe e le situazioni irresistibili sono al limite del parodistico, ma c'è sempre un fondamento di realtà.
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Dopo due pellicole profondamente malinconiche e drammatiche come "Il Grinta" e "A proposito di Davis", i fratelli Coen tornano a divertire e divertirsi: "Ave, Cesare" infatti possiede tutte le caratteristiche della commedia tipica dei due registi, dissacrante e beffarda, esilarante ma al contempo riflessiva e satirica, intrisa di un umorismo meravigliosamente intelligente; il film è soprattutto una critica esplicita e graffiante all'industria cinematografica di quegli anni, in cui però si intravedono ammiccamenti cinefili, omaggi nostalgici all'epoca d'oro di Hollywood e dibattiti teologici esilaranti, e per questo di grande spessore. I dialoghi, i personaggi tragicomici, la recitazione sopra le righe e le situazioni irresistibili sono al limite del parodistico, ma c'è sempre un fondamento di realtà. Gli aspetti più deboli invece sono sicuramente il ritmo altalenante e l'atmosfera a tratti priva della vivacità che caratterizzava le precedenti commedie dei Coen. 3.5 stelle su 5.
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maumauroma
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giovedì 17 marzo 2016
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ave cesare
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Vedere un film dei fratelli Coen e' sempre un toccasana per gli occhi e un arricchimento per la mente. I due massimi esponenti del cinema indipendente americano hanno infatti la rara capacita' di condensare in umorismo e ironia dissacrante e dissonante ma mai volgare o blasfema i grandi temi dell'esistenza umana,religiosi,sociali,filosofici.Basta loro una battuta, una sempice inquadratura, un gesto o una postura dei personaggi per coagulare in pochi istanti una problematica esistenziale o affrontare un dilemma psicosociale o politico. In Ave Cesare viene rievocata la fabbrica dei sogni del cinema degli anni cinquanta attraverso una rivisitazione degli Studios di Hollywood.
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Vedere un film dei fratelli Coen e' sempre un toccasana per gli occhi e un arricchimento per la mente. I due massimi esponenti del cinema indipendente americano hanno infatti la rara capacita' di condensare in umorismo e ironia dissacrante e dissonante ma mai volgare o blasfema i grandi temi dell'esistenza umana,religiosi,sociali,filosofici.Basta loro una battuta, una sempice inquadratura, un gesto o una postura dei personaggi per coagulare in pochi istanti una problematica esistenziale o affrontare un dilemma psicosociale o politico. In Ave Cesare viene rievocata la fabbrica dei sogni del cinema degli anni cinquanta attraverso una rivisitazione degli Studios di Hollywood. E tra i vari set dove vengono girati Kolossal biblici, Western, commedie musicali e romantiche ci accompagna Eddie Mannix, una sorta di demiurgo che ha il compito di appianare contrasti tra attori e registi, risolvere problematiche con la severa censura del tempo e con le varie fedi religiose,addirittura risolvere un caso di rapimento di un famoso attore da parte di sceneggiatori filocomunisti In mezzo balletti di tip tap di marinai con retrogusto gay, un sottomarino sovietico che emerge dalle acque di Malibu,cowboys incapaci di recitare una battuta,una attempata irresistibile addetta al montaggio che rischia di soffocare con la sciarpa, attiricette con colpevole gravidanza da nascondere, dispensatori di sacchetti pasto alle comparse durante la crocifissione ecc ecc. Stile stupendo,regia perfettta con rimandi ai fumetti degli anni cinquanta,grandi interpreti, Forse c'e' qualche lungaggine di troppo e un doppiaggio non sempre all'altezza, ma quello dei fratelli Coen e' sempre grande cinema.
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