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onufrio
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venerdì 8 gennaio 2016
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commedia teatrale
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Un film che sa di teatro; una sera, a Roma, si riunisce la famiglia Pontecorvo, l'occasione è speciale, in quanto Paolo e Simona aspettano un bambino e sono pronti a rivelare "Il Nome del Figlio", e fu così che la serata scaturì in un acceso confronto diretto fra tutti i personaggi, sbattendo in faccia la verità ad ognuno di essi, ce n'è per tutti, nessuno si salva, il tutto fatto col massimo del self-control (sin quando è possibile). Piacevole commedia italiana; l'avesse fatta Allen si sarebbe parlato dell'ennesimo capolavoro, ma l'ha fatta l'Archibugi, dunque tutto passa inosservato, niente riflettori nè riviste pattinate.
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Un film che sa di teatro; una sera, a Roma, si riunisce la famiglia Pontecorvo, l'occasione è speciale, in quanto Paolo e Simona aspettano un bambino e sono pronti a rivelare "Il Nome del Figlio", e fu così che la serata scaturì in un acceso confronto diretto fra tutti i personaggi, sbattendo in faccia la verità ad ognuno di essi, ce n'è per tutti, nessuno si salva, il tutto fatto col massimo del self-control (sin quando è possibile). Piacevole commedia italiana; l'avesse fatta Allen si sarebbe parlato dell'ennesimo capolavoro, ma l'ha fatta l'Archibugi, dunque tutto passa inosservato, niente riflettori nè riviste pattinate.
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pierri93
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mercoledì 6 gennaio 2016
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bellissimo film riflessivo
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Bellissimo film riflessivo.
Sceneggiatura curata benissimo,cast perfetto (mi ha colpito in positivo sopratutto la Golino) e scenografia semplice ma ben fatta.
Ci si sente parte delle storie raccontate.
Una delle poche commedie riflessive ed interessanti nel panorama italiano.
Adoro Virzì e bravissima la regista Archibugi.
[+] orribile copia..
(di etabeta)
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dadado
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martedì 29 dicembre 2015
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un film dal sapore teatrale
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Citazioni colte, atteggiamenti burini, segreti, bugie, rancori, amori ed amicizie, convivono insieme in questa bella commedia tutta italiana. Praticamente tutto il film si sviluppa all'interno di un'abitazione (senza per questo essere monotona), un ambientazione che ti fa entrare letteralmente in intimità con i protagonisti. La metto tra le migliori commedie italiane degli ultimi anni.
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fabio57
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giovedì 24 dicembre 2015
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bello
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Bello questo film ,remake riuscito di" una cena tra amici".Gassman è sempre più convincente,Golino bravissima come sempre,Papaleo sempre simpatico.Pur svolgendosi quasi tutto in appartamento non è mai noioso,i dialoghi sono brillanti.Da vedere
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rita branca
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giovedì 24 dicembre 2015
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l’apparenza inganna di rita branca
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Il nome del figlio, film (2015) di Francesca Archibugi con Alessandro Gassmann, Micaela Ramazzotti, Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo, Valeria Golino,
Film di grande spessore diretto con maestria da F.Archibugi che, in occasione di una cena a casa della figlia di un noto parlamentare ormai defunto, interpretato da Valeria Golino, esplora nel profondo le contraddizioni di un gruppo di personaggi legati da rapporti di parentela e amicizia. Inizialmente la situazione è idilliaca e giocosa: l’affetto e la complicità che legano padroni di casa e invitati sono in primo piano. Il film è subito credibile e lo spettatore ha la sensazione gradevole di essere uno della compagnia. Siamo in una casa benestante, colta, di sinistra, a cui si aggiunge un musicista, amico di antichissima data e il fratello della padrona di casa, imprenditore di successo che snobba gli altri o finge di snobbarli e la sua giovane moglie incinta, una popolana che, nonostante la sua estrazione sociale limitata anche culturalmente, gode di un momento di notorietà, avendo di recente pubblicato un libro ma che non gode della stima dei “veri” detentori della cultura, soprattutto del padrone di casa, professore universitario, pessimo marito e padre distratto.
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Il nome del figlio, film (2015) di Francesca Archibugi con Alessandro Gassmann, Micaela Ramazzotti, Luigi Lo Cascio, Rocco Papaleo, Valeria Golino,
Film di grande spessore diretto con maestria da F.Archibugi che, in occasione di una cena a casa della figlia di un noto parlamentare ormai defunto, interpretato da Valeria Golino, esplora nel profondo le contraddizioni di un gruppo di personaggi legati da rapporti di parentela e amicizia. Inizialmente la situazione è idilliaca e giocosa: l’affetto e la complicità che legano padroni di casa e invitati sono in primo piano. Il film è subito credibile e lo spettatore ha la sensazione gradevole di essere uno della compagnia. Siamo in una casa benestante, colta, di sinistra, a cui si aggiunge un musicista, amico di antichissima data e il fratello della padrona di casa, imprenditore di successo che snobba gli altri o finge di snobbarli e la sua giovane moglie incinta, una popolana che, nonostante la sua estrazione sociale limitata anche culturalmente, gode di un momento di notorietà, avendo di recente pubblicato un libro ma che non gode della stima dei “veri” detentori della cultura, soprattutto del padrone di casa, professore universitario, pessimo marito e padre distratto.
Ognuno dei personaggi è un capolavoro a cui dà vita la prova altissima di recitazione di ciascun attore.
Siamo ai livelli straordinari di film come “La cena” di Ettore Scola” o “Le invasioni barbariche” di Denys Arcand
Si percepiscono la simpatia e l’amore della regista e lo sguardo indulgente verso queste creature, dalle fattezze complesse, con qualità e difetti, che si amano e per un nonnulla si detestano in maniera incontrollata e che lo spettatore finisce per adorare, riconoscendosi in qualche modo.
Tanti i colpi di scena. Degni di nota anche sceneggiatura, fotografia e colonna musicale.
Suggerito vivamente.
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gianleo67
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venerdì 18 settembre 2015
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la borghesia posticcia dell'ultima archibugi
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Quando l'agente immobiliare Paolo Pontecorvo, rampollo di una prestigiosa famiglia di partigiani ebrei, comunica durante una cena a casa del cognato Sandro e della sorella Betta che il nome scelto per il suo primogenito sarà Bettino, innesca una accesa discussione politica, culturale e personale che finisce per coinvolgere anche Simona, moglie di Paolo ed il loro comune amico Claudio. La scelta del nome si rivelerà una boutade ma anche l'occasione per disseppellire antichi rancori e nuove recriminazioni che metteranno inevitabilmente gli uni contro gli altri. Almeno finchè la nascita inaspettata di una di una bambina non rimetterà le cose a posto e riporterà l'armonia in famiglia.
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Quando l'agente immobiliare Paolo Pontecorvo, rampollo di una prestigiosa famiglia di partigiani ebrei, comunica durante una cena a casa del cognato Sandro e della sorella Betta che il nome scelto per il suo primogenito sarà Bettino, innesca una accesa discussione politica, culturale e personale che finisce per coinvolgere anche Simona, moglie di Paolo ed il loro comune amico Claudio. La scelta del nome si rivelerà una boutade ma anche l'occasione per disseppellire antichi rancori e nuove recriminazioni che metteranno inevitabilmente gli uni contro gli altri. Almeno finchè la nascita inaspettata di una di una bambina non rimetterà le cose a posto e riporterà l'armonia in famiglia.
Piece teatrale (Le Prénom di Alexandre de La Patellière e Matthieu Delaporte già adattata per il grande schermo dagli stessi autori nel 2012 ne la 'Cena tra amici') trasposta nelle forme di una tragicommedia da camera, richiama il gusto della Archibugi per il valore dell infanzia come luogo da cui si originano sentimenti e relazioni capaci di perdurare nel tempo, ma anche del senso di una inevitabile trasformazione che stravolge le vite di protagonisti capaci di scoprirsi sconosciuti non solo gli uni agli altri ma persino a se stessi. Se il film francese brillava per il solito funanbolismo verbale e la leggerezza di toni sempre sopra le righe, la Archibugi vira verso l'artificiosità di un dramma che vuole richiamare la trasversalità del pregiudizio sociale e culturale e di un pensiero (dominante?) radical chic capacissimo di guardare i difetti degli altri ma totalmente miope quando si tratta di vedere i propri, avvitandosi su di una struttura verbosa e volubile in cui abbondano il doppio senso ed il colpo di scena senza costrutto; solo per dirci che nessuno ha ragione ma neppure torto e ritrovare la quiete dopo una tempesta che richiama vecchi mestieranti di Hollywood che sapevano per filo e per segno come si scriveva una commedia senza prendere veloci appunti su di un tovagliolo di carta.
Quello che fa difetto al film, più che gli evidenti limiti di una messa in scena in cui la delega agli attori soverchia le loro reali capacità, è lo stucchevole punto di vista di chi inquadra le dinamiche di una resa dei conti socio-culturale (nell'ordine: i rampolli dell'aristocrazia borghese di sinistra, l'intellettuale imbucato di umili origini, il figlio della servitù diventato amante e confidente ed infine il trofeo sessuale di un sottoproletariato urbano in cerca di un improbabile riscatto culturale) dal punto di vista di un ceto sociale fasullo e vanesio che esiste solo nella accomodante immaginazione dell'autrice. Attori bravissimi, per carità, ma prigionieri di ruoli e di luoghi comuni che non saranno quelli insopportabili di Muccino e della Comencini, ma che odorano di fuffa lontano un miglio e che finiscono per vomitarsi addosso le rispettive insoddisfazione umane e professionali come da copione per chiedersi scusa un minuto dopo come se nulla fosse successo. Verrebbe da dire, nella geometrica implacabilità della trama, che l'operazione è perfettamente riuscita ma il paziente è immancabilmente morto, o meglio è nato (stato?) il figlio che poi speriamo sempre che sia femmina. Insomma si cita Pontecorvo (sotto le mentite spoglie di un ex eroe della resistenza comunista diventato regista, pardon deputato) ma si pensa a Monicelli e nel dubbio si scimmiotta Bergman. Forse era meglio provvedere a qualcosa di più originale ed emotivamente credibile senza dover necessariamente irritare lo spettatore con tutte queste moine e giri di parole in grado solo di fargli la testa come un pallone: tra la Critica della Ragion Pratica e Lucio Dalla, si sa, il passo è breve ed i panni sporchi si lavano sempre e solo in famiglia. Nastri d'Argenti 2015 per Gassman come migliore attore protagonista e per la Ramazzotti come miglior attrice non protagonista.
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marce84
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giovedì 13 agosto 2015
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ottima sceneggiatura e attori magistrali
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“Il nome del figlio” è una commedia italiana remake del film francese di successo “Cena tra amici”. Quattro amici di lunga data si ritrovano per una serata apparentemente tranquilla, ma lo svelamento del nome del prossimo figlio di uno dei protagonisti innescherà una serie di liti e svelerà alcune dinamiche relazionali solamente sopite.
Il film, nonostante si svolga interamente in un solo ambiente e in una sola serata, tiene costantemente alto il ritmo e la tensione narrativa: il merito va alla sceneggiatura curata, mai banale, spesso pungente e al limite tra l’ironia e il dramma.
Un altro punto di forza del film è il cast: i quattro attori principali offrono delle interpretazioni magistrali nel caratterizzare il proprio personaggio.
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“Il nome del figlio” è una commedia italiana remake del film francese di successo “Cena tra amici”. Quattro amici di lunga data si ritrovano per una serata apparentemente tranquilla, ma lo svelamento del nome del prossimo figlio di uno dei protagonisti innescherà una serie di liti e svelerà alcune dinamiche relazionali solamente sopite.
Il film, nonostante si svolga interamente in un solo ambiente e in una sola serata, tiene costantemente alto il ritmo e la tensione narrativa: il merito va alla sceneggiatura curata, mai banale, spesso pungente e al limite tra l’ironia e il dramma.
Un altro punto di forza del film è il cast: i quattro attori principali offrono delle interpretazioni magistrali nel caratterizzare il proprio personaggio. Peraltro ogni personaggio non raffigura solamente un carattere, ma ha molte e affascinanti sfacettature, che gli attori sono abili nel mostrare e nel fare intravedere.
“Il nome del figlio” ci mostra, se mai ce ne fosse stato bisogno, la complessità dei rapporti interpersonali e ci suggerisce che più questi rapporti sono intensi e duraturi e maggiore è la complessità e la difficoltà nell’accettare rancori, invidie, gelosie, gerarchie, rapporti di forza.
Inoltre, nel film, è curioso vedere come, a turno, ogni personaggio reciti il ruolo di vittima e carnefice dal punto di vista dialettica, in modo spesso quasi inconsapevole, ma inevitabile, dove tutti prima o poi feriscono tutti.
Ma nonostante i contrasti e i rancori, “Il nome del figlio” è in fin dei conti un film positivo, perché è un film sull’amicizia, sulla forza dell’amore: perché se è vero che i rapporti intensi e duraturi sono i più complessi e anche vero che basta poco per fare pace e ritornare a volersi bene e a ricomporre ferite, liti e malintesi.
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marco petrini
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sabato 1 agosto 2015
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capire....
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Leggendo i vari commenti nel forum vengono fuori giudizi contrastanti: devo dire che a me è piaciuto, mi fa interrogare su quanto possa essere complicata l'amicizia... e quanto sia difficile viverla! Ma se c'è, quante difficoltà possono essere appianate con il suo aiuto!
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alessandro vanin
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lunedì 20 luglio 2015
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nulla è veramente come sembra .. neppure il film
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Premetto di non avere visto né il pezzo teatrale né il film francese dai quali questo film prende spunto. Raramente un film mi ha provocato dei sentimenti e giudizi così contrastanti tra loro. Il film inizia con i soliti clichè di un certo cinema italiano: gli ultraquarentenni nostalgici in crisi, stereotipo magnificamente preso in giro da Nanni Moretti in "Caro diario" nella famosa battuta "neanche gli optalidon sono più quelli di una volta" Questi ultrquarantenni a causa di uno stupido schezo arrivano comportarsi e litigare come bambini e a rinfacciarsi cose mai dette. Peter Pan che non vogliono cresere. Nulla di più banale e stereotipato.
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Premetto di non avere visto né il pezzo teatrale né il film francese dai quali questo film prende spunto. Raramente un film mi ha provocato dei sentimenti e giudizi così contrastanti tra loro. Il film inizia con i soliti clichè di un certo cinema italiano: gli ultraquarentenni nostalgici in crisi, stereotipo magnificamente preso in giro da Nanni Moretti in "Caro diario" nella famosa battuta "neanche gli optalidon sono più quelli di una volta" Questi ultrquarantenni a causa di uno stupido schezo arrivano comportarsi e litigare come bambini e a rinfacciarsi cose mai dette. Peter Pan che non vogliono cresere. Nulla di più banale e stereotipato. Ma poi il film prende una piega inaspettata: lo scherzo porta a scoprire una reltà inaspettata: che spesso nulla è veramente come sembra. Persone che si conoscono da 30 anni, da quando erano ragazzini di 12 anni scoprono di non sapere in realtà poco o nulla dell'altro.Un tema già trattato da Pirandello, ma sempre attuale. Lo stesso vale per il film sembra un film drammatico quarantenni che litigano rinfacciandosi di tutto, ma grazie a battute bellissime è anche una commedia esilarante ..appunto nulla è veramente come sembra Putroppo Francesca Archibugi non è forse la regista adatta a fare una commedia, ma gli attori (tutti bravi) alcune buone battute e idee, tipo il piccolo elicottero drone con telecamera teleguidato dai bambini che filma gli adulti che litigano e il coro sulla canzone "Telefonami tra vent'anni" di Lucio Dalla salvano il film
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sergio dal maso
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mercoledì 17 giugno 2015
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il nome del figlio
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“… ma ecco che si avvicina con un salto siamo nel duemila
alle porte dell'universo importante è non arrivarci in fila
ma tutti quanti in modo diverso” Telefonami tra vent’anni (Lucio Dalla)
Parafrasando la bella canzone di Lucio Dalla, che si rivelerà l’emozionante tema musicale del film, agli anni duemila e all’età matura i quattro amici d’infanzia protagonisti dello splendido Il nome del figlio ci sono arrivati, senza dubbio, in modo diverso.
Cresciuti nell’ambiente borghese e aristocratico della famiglia ebrea dei Pontecorvo hanno scelto e percorso strade differenti, pur restando legati da una amicizia tutto sommato sincera.
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“… ma ecco che si avvicina con un salto siamo nel duemila
alle porte dell'universo importante è non arrivarci in fila
ma tutti quanti in modo diverso” Telefonami tra vent’anni (Lucio Dalla)
Parafrasando la bella canzone di Lucio Dalla, che si rivelerà l’emozionante tema musicale del film, agli anni duemila e all’età matura i quattro amici d’infanzia protagonisti dello splendido Il nome del figlio ci sono arrivati, senza dubbio, in modo diverso.
Cresciuti nell’ambiente borghese e aristocratico della famiglia ebrea dei Pontecorvo hanno scelto e percorso strade differenti, pur restando legati da una amicizia tutto sommato sincera.
Sandro (Luigi Lo Cascio) è diventato un professore universitario, intellettualoide e moralista, ma anche precario e frustrato, ridicolmente affetto da social network. Ha finito col sposare proprio Betta Pontecorvo (Valeria Golino), anch’essa insegnante e di sinistra, un po’ repressa e dedicata a tempo pieno ai loro due bambini. Completamente diverso è il fratello di Betta, Paolo Pontecorvo (Alessandro Gassmann), immobiliarista di successo, spaccone e impulsivo, del tutto estraneo alla tradizione politica progressista della sua famiglia. Paolo aspetta un figlio dalla compagna Simona (Micaela Ramazzot-ti), un’attrice televisiva un pò ingenua e coatta, scrittrice di romanzetti erotici, incredibilmente vendutissimi, l’unica estranea al gruppo “storico” degli amici d’infanzia. L’ultimo è Claudio (Rocco Papaleo), musicista jazz, eccentrico e snob, che tutti credono gay solo perché single e gentile nei modi.
Il film si svolge nell’arco temporale di una cena, convocata da Paolo nella casa, gremita di libri e di ricordi, di Betta e Sandro, per festeggiare l’attesa del bambino e annunciarne il nome.
Proprio l’annuncio del nome del figlio, in realtà uno scherzo maldestro di Paolo, scatenerà un confronto veemente e una reazione a catena in cui ognuno rinfaccerà agli altri fatti passati, con invettive e recriminazioni che faranno emergere rivelazioni imprevedibili. Il ritorno alla regia, a sette anni dall’al-trettanto bello Questione di cuore, della cineasta romana Francesca Archibugi si rivela una commedia riuscitissima, brillante e coinvolgente, impeccabile nella forma e ricca di contenuti.
Qualcuno aveva storto il naso, prima di vederlo, perché si tratta di un remake di un film francese (Cena tra amici) di qualche anno fa. In realtà non è proprio così, chiamarlo remake è sbagliato, pri-ma di tutto perché la pellicola transalpina a sua volta si è ispirata a una piéce teatrale (Le prenom). Inoltre, la Archibu-gi e lo sceneggiatore Francesco Piccolo hanno svolto un lavoro di scrittura straordinario, rielaborando i dialoghi e “italianizzando” i vari personaggi. Ne esce uno spaccato antropologico agrodolce e graffiante. L’iniziale dicoto-mia destra-cialtrona-ma-simpatica contro sinistra-idealista-ma-snob lascia ben presto spazio all’umanità e ai sentimenti dei personaggi, esuberanti ma senza scadere mai nel macchiettismo. L’interpretazione corale dei cinque attori principali è semplicemente memorabile. L’accoppiata Lo Cascio-Gassmann, già vista in I nostri ragazzi, è straordinaria per intensità e coinvolgimento, non meno bravi Valeria Golino e Rocco Papaleo. Formidabile anche Micaela Ramazzotti nel personaggio forse più difficile, essenziale per garantire equilibrio e respiro alla storia. Tra l’altro nella scena finale è filmato il vero parto della sua seconda figlia, Anna. La regia della Archibugi è impeccabile, efficace l’utilizzo dei diversi flash-back che ci fanno conoscere il passato e l’infanzia dei protagonisti, ma anche alcune trovate registiche davvero origi-nali come la telecamera nell’elicotterino telecomandato dai bambini con la quale questi osservano gli adulti. Proprio lo sguardo curioso ma distaccato dei bambini, elemento tipico dei film di Francesca Archibugi fin dal suo esordio con Mignon è partita, dà il senso del tramonto di un’epoca storica che oramai appartiene al passato, la società italiana è profondamente cambiata.
Se la nostalgia del passato e delle ideologie rischia di far emergere la parte peggiore (e ridicola) dei cinque prota-gonisti, a riportare la serenità ci pensa l’amicizia, la capacità e la voglia di condividere sentimenti e ricordi.
La vita continua, si rinnova, il testimone passa ai figli, per dirlo con le parole di Lucio Dalla “… aspettiamo che ritorni la luce, di sentire una voce, aspettiamo senza avere paura, domani ... e se è una femmina si chiamerà futura”.
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