fabrizio54
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sabato 11 giugno 2016
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la vittoria dell'amore
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Visto ieri sera al cineforum. Inaspettatamente stracolmo di gente, al punto che è iniziato con venti minuti di ritardo.Sicuramente gente attratta dall'appeal del titolo italiano (azzeccatissimo commercialmente!) che butta un occhio ai nostri condomini ed uno ( anche nel logo) al romanticismo, al melodramma.
Il titolo originale francese "Asphalte" o quello della commercializzazione inglese "Macadam stories" ( il macadam è un tipo di pavimentazione stradale grigia ) non avrebbero sortito lo stesso risultato di audience. Ma sarebbe stato più intonato al leitmotiv della pellicola dove è il colore grigio (fisico) dei tristissimi degradati casermoni e delle strade di una imprecisata "banlieue" francese, del tempo uggioso e il grigio (dell'anima, della solitudine, dell'assenza) dei personaggi .
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Visto ieri sera al cineforum. Inaspettatamente stracolmo di gente, al punto che è iniziato con venti minuti di ritardo.Sicuramente gente attratta dall'appeal del titolo italiano (azzeccatissimo commercialmente!) che butta un occhio ai nostri condomini ed uno ( anche nel logo) al romanticismo, al melodramma.
Il titolo originale francese "Asphalte" o quello della commercializzazione inglese "Macadam stories" ( il macadam è un tipo di pavimentazione stradale grigia ) non avrebbero sortito lo stesso risultato di audience. Ma sarebbe stato più intonato al leitmotiv della pellicola dove è il colore grigio (fisico) dei tristissimi degradati casermoni e delle strade di una imprecisata "banlieue" francese, del tempo uggioso e il grigio (dell'anima, della solitudine, dell'assenza) dei personaggi ... il vero cromatico conduttore, in contrapposizione ai colori vivi e smaglianti dei film dello spagnolo Almodovar. Un film a episodi separati e non intersecanti tra tre coppie di personaggi, ognuno dei quali con la "propria solitudine" e la propria assenza, che sembrerebbe essere di primo acchito il tema principale di questo commovente e ,in alcuni rari momenti anche esilarante, francesissimo bel film, una pellicola che trasforma quella che avrebbe potuto essere la classica storia degli inquilini di un palazzo in un racconto surreale, leggero come una piuma, ambientato in una periferia straniante.
La solitudine certamente la fa da padrona, ma non è il protagonista sostanziale che è in realtà proprio l'energia primaria, l' Amore ( sempre con l'A maiuscola), in tutte le sue declinazioni: di coppia e sensuale, filiale, materno, timido Amor da dolce stilnovo, che vince la tristezza di questi "cuori infranti" combattendo la solitudine e ridando scopo alla vita di tutti e sei i meravigliosi personaggi che costituiscono le tre coppie narrate.
I dialoghi sono perfetti e poetici, divertenti e minimalisti. Si vede che Samuel Benchetrit, il regista di soli quarantatre anni, è prima di tutto uno scrittore. C'è un qualcosa che cattura lo spettatore, tutto ciò che è l'inatteso nella vita, ciò che può nascere da piccolissime cose, dettagli, dal caso, qui è presente. Il film è fatto di atmosfere: i colori delle periferie, il vuoto delle loro strade, il cielo sempre più o meno uguale, i rumori…, anzi quel rumore sinistro, agghiacciante del quale scopriremo l'origine solo negli ultimi fotogrammi.
Il regista usa molto e con estrema bravura, cine-tecnicamente parlando, la camera fissa e il piano sequenza che trova poi coronamento in un montaggio preciso, svelto,agile q.b. e nel formato video molto molto espressivo del rapporto 1.33:1. La lentezza iniziale è decisamente voluta e non appesantisce affatto la fruizione dell'opera. La musica, pure essa minimalista, è ridisegnata egregiamente sull'echeggiare del Chiaro di Luna di Beethoven.
I sei attori tutti convincenti ( 1.splendida la Huppert- personaggio delll'attrice decaduta e decadente - nel monologo sulla maternità di Agrippina, un discorso sull'amore anche in senso lato, sul femminile, sul sentire delle donne; 2. perfetta la Bruni Tedeschi nel ruolo malinconico e senza speranza, monocromatico, dell'infermiera; 3. come le esilaranti gag di un rinato Michael Pitt/l'astronauta),ma una su tutti la non professionista Tassadit Mandi che interpreta il ruolo difficilissimo e di grande responsabilità sociale della algerina Hamida col figlio in prigione, ma illuminata interiormente ( ed esteriormente) da una grande fede ecumenica.
E anche in questo lavoro cinematografico si capisce che l'essenza del Tutto sta nello scoprire interiormente noi stessi.
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enrico danelli
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sabato 4 giugno 2016
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sei piccioni seduti su un ramo ...
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... cercano di riflettere sull'esistenza, ma non ci riescono. Ottime recitazioni (Huppert e Bruni Tedeschi), moltissime allegorie e simbolismi, un significato vero e profondo che si capisce solo in extremis: dispiace ancora di più perchè questo ben di Dio è tutto rovinato da una spavalda sceneggiatura che richiama quella dell'ingiustamente pluripremiato "Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza". Che modo leggero e urtante di scrivere il cinema cercando di catturare lo spettatore con alcune scenette gustose, rifilandogli perle di saggezza mescolate a banalità e tentativi mal riusciti di ricreare atmosfere surreali alla Fellini.
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... cercano di riflettere sull'esistenza, ma non ci riescono. Ottime recitazioni (Huppert e Bruni Tedeschi), moltissime allegorie e simbolismi, un significato vero e profondo che si capisce solo in extremis: dispiace ancora di più perchè questo ben di Dio è tutto rovinato da una spavalda sceneggiatura che richiama quella dell'ingiustamente pluripremiato "Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza". Che modo leggero e urtante di scrivere il cinema cercando di catturare lo spettatore con alcune scenette gustose, rifilandogli perle di saggezza mescolate a banalità e tentativi mal riusciti di ricreare atmosfere surreali alla Fellini. Fin troppo semplice individuare nel problema della solitudine condominiale (ossimoro) il cavallo di battaglia di questo film e nell'ovvietà di avere almeno un compagno la sua soluzione. Per fortuna il regista sceneggiatore ci regala alla fine la chiave di lettura del film: l'ossessivo, angoscioso e ripetuto rumore che pervade gli ambienti non è che una porta di ferro che cigola al vento. Le fantasiose e irreali spiegazioni che invece ne danno i sei personaggi non sono che illusioni, come la loro stessa esistenza.
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giajr
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giovedì 14 aprile 2016
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delicato, da leggere con molta attenzione.
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Si tratta di un film da vedere e leggere con molta attenzione. Incentrato su pochi personaggi chiave ricchi di peculiarità, sfumature e valenze caratteriali di spicco.
Particolare valore è assunto dalla "persona" intesa come individuo, nulla di scontato e, all'apparenza, potrebbe essere classificato come un film "fuori dagli schemi"; in realtà da considerarsi semplicemente studiato con dovizia. Scengrafie reali e doverosamente crude, per un film come questo.
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soleilmoon
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lunedì 11 aprile 2016
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una chiave di lettura diversa
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Vorrei proporre una interpretazione diversa da cio' che ho letto fin qui. Questo film non e' surrealista ma simbolista. Il giovane ragazzo vive con una madre assente che altro non e' che la donna assorta nel suo lavoro, nei suoi amori e nel suo declino fisico che vive appunto sullo stesso pianerottolo. Il figlio e' cresciuto, il rapporto e' cambiato. Ora e' il figlio a fornirgli un supporto morale e pratico.
L'astronauta che viene dallo spazio a trovare un'altra madre e' il figliol prodigo; il frutto fortunato della seconda generazione di immigrati. Madre e figlio non parlano piu' la stessa lingua perche' lui ha studiato e si e' integrato nella cultura occidentale mentre l'altro figlio ha preso la cattiva strada cosi comune nelle periferie multietniche.
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Vorrei proporre una interpretazione diversa da cio' che ho letto fin qui. Questo film non e' surrealista ma simbolista. Il giovane ragazzo vive con una madre assente che altro non e' che la donna assorta nel suo lavoro, nei suoi amori e nel suo declino fisico che vive appunto sullo stesso pianerottolo. Il figlio e' cresciuto, il rapporto e' cambiato. Ora e' il figlio a fornirgli un supporto morale e pratico.
L'astronauta che viene dallo spazio a trovare un'altra madre e' il figliol prodigo; il frutto fortunato della seconda generazione di immigrati. Madre e figlio non parlano piu' la stessa lingua perche' lui ha studiato e si e' integrato nella cultura occidentale mentre l'altro figlio ha preso la cattiva strada cosi comune nelle periferie multietniche.
Lo pseudo paralitico e fotografo e la pseudo infermiera rappresentano invece la disfunzionalita' della coppia. E' solo rompendo la routine che i due si riavvicinano e riscoprono la dolcezza di stare insieme.
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[+] ha perfettamente ragione
(di enrico danelli)
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(di francesco2)
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fellino_01
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lunedì 11 aprile 2016
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un passo indietro...
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...un passo indietro per il cinema francese.
Negli ultimi anni il cinema francese ha fatto enormi passi in avanti raggiungendo grande "personalità" e allo stesso tempo capacità di intrattenere. E' il miglior cinema d'europa senza dubbio.
In pratica ha fatto sua la lezione del cinema americano, reiterperetandola con la sensibilità europea.
Sono capaci di realizzare prodotti divertenti, emozionanti e allo stesso tempo con più piani di lettura.
Commedie come Quasi amici, la cena dei cretrini o il nome del figlio sono allo stesso tempo originali e rigorose da un punto di vista "tecnico" (parlo di sceneggiature e regie).
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...un passo indietro per il cinema francese.
Negli ultimi anni il cinema francese ha fatto enormi passi in avanti raggiungendo grande "personalità" e allo stesso tempo capacità di intrattenere. E' il miglior cinema d'europa senza dubbio.
In pratica ha fatto sua la lezione del cinema americano, reiterperetandola con la sensibilità europea.
Sono capaci di realizzare prodotti divertenti, emozionanti e allo stesso tempo con più piani di lettura.
Commedie come Quasi amici, la cena dei cretrini o il nome del figlio sono allo stesso tempo originali e rigorose da un punto di vista "tecnico" (parlo di sceneggiature e regie).
Hanno capito insomma che non per forza bisogna azzerare la colona sonora, fare un film lento o chiudere un tizio in un ascensore per comunicare emozioni.
Il Condominio dei cuori infranti è un passo indietro perchè pretende di emozionare con i silenzi, le pause e la lentezza... roba vecchia che ormai non ha più senso. E' un cinema francesce degli anni '70... probabimente gli anni degli spettatori a cui è rivolto
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writer58
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sabato 9 aprile 2016
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non solo asfalto...
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Nella mia personale classifica dei titoli più brutti, questo "Condominio dei cuori infranti" occupa uno dei gradini del podio. E' un titolo ridicolo e fuorviante, poiché "Aspalthe", secondo film di Samuel Benchetrit, non è una commediola romantico-sentimentale, ma un apologo divertente e agrodolce sulla condizione umana che si condensa nella solitudine delle periferie urbane e nell'irruzione dell'imprevisto all'interno di un condominio della banlieue parigina. Il film si svolge in una delle città-satellite che circonda Parigi, una periferia impermeabile come un'isola lontanissima dalla terraferma, un ambiente fatto di palazzi di dieci piani grigi e degradati dalle pareti scrostate e piene di scritte, con ascensori che funzionano a singhiozzo, che si specchiano in altri palazzi identici.
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Nella mia personale classifica dei titoli più brutti, questo "Condominio dei cuori infranti" occupa uno dei gradini del podio. E' un titolo ridicolo e fuorviante, poiché "Aspalthe", secondo film di Samuel Benchetrit, non è una commediola romantico-sentimentale, ma un apologo divertente e agrodolce sulla condizione umana che si condensa nella solitudine delle periferie urbane e nell'irruzione dell'imprevisto all'interno di un condominio della banlieue parigina. Il film si svolge in una delle città-satellite che circonda Parigi, una periferia impermeabile come un'isola lontanissima dalla terraferma, un ambiente fatto di palazzi di dieci piani grigi e degradati dalle pareti scrostate e piene di scritte, con ascensori che funzionano a singhiozzo, che si specchiano in altri palazzi identici. Quartieri simili alle "Vallette" di Torino o dello "Zen" di Palermo, ma ancora più distanti rispetto alla città di Parigi di cui costituiscono l'antitesi, come se fossero "buchi neri" che assorbono la luce e le esistenze individuali privando l'orizzonte di profondità e di colori. In uno di questi spazi amorfi e autosufficienti, irrompe un evento sorprendente: un austronauta americano atterra con la sua navicella sul tetto di un condominio, mentre due residenti si stanno fumando tranquillamene una canna. "Aspalthe" narra l'arrivo di questo "alieno" e l'ospitalità che riceve da una donna algerina che lo accoglie come un figlio ritrovato. Intreccia questa linea narrativa con altre vicende che si svolgono nello stesso ambito: la relazione tra un condomino che si spaccia per fotografo con un'infermiera di notte; l'amicizia tra un'attrice matura e un giovane che l'aiuta a ritrovare energie creative.
Il registro di "Aspalthe" è ironico e surreale: si tratta tuttavia di un'ironia che nasce dalle situazioni messe in scena (la riunione di condominio, gli irresistibili dialoghi telefonici tra l'astronauta e la Nasa, l'uso clandestino dell'ascensore da parte di Sternkowtiz)e non da artifici o da gag stantie. Allo stesso tempo, il regista sembra voler suggerire che la dimensione dell'incontro, della relazione tra persone differenti, dell'apertura a nuovi orizzonti è l'unico modo per qualificare la propria esistenza e per sfuggire a una vita marginale e mortifera, omologata dallo spazio anonimo delle periferie. Il film sviluppa questa tematica con leggerezza e senza alcuna retorica e, in più di un passaggio, strappa sorrisi e qualche risata. 3 stelle e mezzo.
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(di writer58)
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vincenzo ambriola
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sabato 9 aprile 2016
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solidarietà
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Periferia parigina. Condominio sfregiato da writer e corroso dal tempo. Vite solitarie. Incontri diffidenti e scontrosi. Cinema minimalista carico di emozioni e spunti di riflessione. Solidarietà.
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stella_85
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mercoledì 6 aprile 2016
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periferici incroci di sguardi
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Visionario, surreale e urbanisticamente romantico. Tre storie diverse che si incrociano in un periferico condominio, come periferiche sono le vite di chi vi abita. Interessante lo spunto, curiosa la realizzazione, ma, a parte il geniale paragrafo dell'astronauta americano della Nasa, catapultato nel bilocale di una madre algerina, nessuna epifania coglie durante la visione. Un film francese ma non troppo, un film leggero ma non troppo, un film godibile, ma non troppo.
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zarar
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mercoledì 6 aprile 2016
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mistero buffo (e dolce)
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Favola delicata, un po’ tenera, un po’ comica, un po’ disperata, ambientata in un grigio e degradato condominio in una grigia degradata periferia. Su uno sfondo di colori spenti e gessati, di asfalto corroso, di cieli nuvolosi e lividi, di graffiti rabbiosi, di bandoni di latta che sbattono al vento in modo sinistro, il condominio è quel che può essere, luogo di un’umanità mortificata e dimessa. All’improvviso, in questo posto dove nulla di buono sembra poter succedere, alcune cose incredibili e surreali si manifestano davanti ai nostri occhi increduli ma subito conquistati. Una vecchia e dolce marocchina si vede piovere in casa un astronauta della NASA disperso, atterrato per errore sul tetto del condominio (!), e lo ospita come un figlio; si crea un sottile feeling tra un adolescente abbandonato a se stesso e un’attrice avviata verso un nevrotico tramonto a cui il ragazzo restituisce, incredibilmente, un po’ di autenticità e di speranza; un poveraccio meschino finito su una sedia a rotelle, costretto a ‘rubare’ di notte l’uso dell’ascensore a cui non ha diritto, incontra l’amore nelle sue fughe notturne per procurarsi cibo e si rimette miracolosamente in piedi pur di non perderlo.
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Favola delicata, un po’ tenera, un po’ comica, un po’ disperata, ambientata in un grigio e degradato condominio in una grigia degradata periferia. Su uno sfondo di colori spenti e gessati, di asfalto corroso, di cieli nuvolosi e lividi, di graffiti rabbiosi, di bandoni di latta che sbattono al vento in modo sinistro, il condominio è quel che può essere, luogo di un’umanità mortificata e dimessa. All’improvviso, in questo posto dove nulla di buono sembra poter succedere, alcune cose incredibili e surreali si manifestano davanti ai nostri occhi increduli ma subito conquistati. Una vecchia e dolce marocchina si vede piovere in casa un astronauta della NASA disperso, atterrato per errore sul tetto del condominio (!), e lo ospita come un figlio; si crea un sottile feeling tra un adolescente abbandonato a se stesso e un’attrice avviata verso un nevrotico tramonto a cui il ragazzo restituisce, incredibilmente, un po’ di autenticità e di speranza; un poveraccio meschino finito su una sedia a rotelle, costretto a ‘rubare’ di notte l’uso dell’ascensore a cui non ha diritto, incontra l’amore nelle sue fughe notturne per procurarsi cibo e si rimette miracolosamente in piedi pur di non perderlo... L’impossibile diventa possibile, e lo squallore si dimentica (anche se è sempre lì, insidioso, come un’irrimediabile perdita d’acqua del lavandino), quando degli essere umani, contro ogni previsione e ogni logica, si vengono incontro, sull’onda di un sentimento che li porta l’uno verso l’altro per capirsi, aiutarsi, amarsi. In una continua discontinuità di scene che sottolinea la disintegrazione dello sfondo, accentuata dal funambolico giustapporsi di banale quotidiano e surreale, di comico e tragico, il regista punta la sua camera fissa sui visi e i movimenti scomposti dei suoi personaggi e lentamente li porta a svelare il filo di umanità che dà coerenza e senso alle loro vite e li riscatta dalla loro condizione di reietti. Tutti molto bravi gli attori. Una citazione speciale merita la fotografia.
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mikirino
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martedì 5 aprile 2016
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noioso e inconcludente
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una vera delusione: tutto il bello e il divertente stava nel trailer
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