dariobottos
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giovedì 5 luglio 2018
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"accade ciò che deve accadere"
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Un film molto elegante, condotto con stile cinematografico maturo dagli evidenti influssi europei (nel gioco senza pallone si intravede per esempio Antonioni), ma con il sentimento e la sensibilità di un africano che ama la sua terra, e ne documenta con dolore lo snaturamento sotto i colpi degli eventi. Gli eventi prendono corpo nell'arrivo di una brigata dell'Isis a Timbuktu, leggendaria città tuaregh nel deserto del Mali, antico centro carovaniero che conobbe tempi gloriosi. La gloria di un tempo è come rimasta addosso agli abitanti attuali del villaggio che vivono con dignità e gioia le loro giornate all'ombra di una vita sociale serena ancorchè dura, e una vita religiosa sincera sotto la guida di un imam saggio e misericordioso.
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Un film molto elegante, condotto con stile cinematografico maturo dagli evidenti influssi europei (nel gioco senza pallone si intravede per esempio Antonioni), ma con il sentimento e la sensibilità di un africano che ama la sua terra, e ne documenta con dolore lo snaturamento sotto i colpi degli eventi. Gli eventi prendono corpo nell'arrivo di una brigata dell'Isis a Timbuktu, leggendaria città tuaregh nel deserto del Mali, antico centro carovaniero che conobbe tempi gloriosi. La gloria di un tempo è come rimasta addosso agli abitanti attuali del villaggio che vivono con dignità e gioia le loro giornate all'ombra di una vita sociale serena ancorchè dura, e una vita religiosa sincera sotto la guida di un imam saggio e misericordioso. La brigata prende possesso della zona e impone con cieco rigore e intransigenza quella che considerano la vera legge islamica (shari'a) alla comunità. Come in tutti i fanatismi, il capo e i suoi gregari si arrogano il diritto di interpretare nel modo corretto la volontà divina applicandola con spietatezza anche su loro confratelli di fede, che secoli di civiltà e di scambi culturali hanno mantenuto aperti al mondo e tolleranti, quasi ultimi eredi di quell'Islam che fu faro di civiltà durante i secoli bui del medioevo europeo. I "nuovi" musulmani, mercenari senza terra che simulano una tradizione nella interpretazione letterale e ottusa del Corano, a poco a poco spengono i colori e la poesia di quel mondo, così ben rappresentati in quest'opera. C'è un bel dialogo tra l'imam del villaggio e il responsabile del gruppo, nel qiuale emergono due visioni ben differenti della religione e della jihad, la lotta che ogni musulmano deve intraprendere contro "il male": per il primo è una lotta interiore, contro quella parte negativa che ogni uomo possiede; per il secondo è una lotta armata contro tutti i "nemici" dell'Islam interni ed esterni. Ed è noto quanto ogni religione metta in prima fila tra i suoi "nemici" prima gli eretici e poi gli infedeli, donde l'accanimento, fino alla soppressione violenta, contro le presunte deviazioni dalla retta via. Il buon Islam è incarnato dagli abitanti eredi di quel glorioso passato: anche di fronte ad una morte ingiusta (per l'osservatore imparziale) c'è un tentativo di comprensione religiosa, di far rientrare gli eventi in quel flusso fatalistico delle cose - così alieno ormai dalla mentalità occidentale - per il quale accade sempre ciò che "deve" accadere, ciò che - è scritto - dovrà accadere: inshallah.
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francesco2
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giovedì 13 luglio 2017
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film in sospeso.......
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.........come la storia che racconta, i suoi personaggi......forse un luogo "di crocevia", come il momento storico che stiamo vivendo.
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giorpost
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mercoledì 12 luglio 2017
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i 2 volti dell'islam in una rara lezione di cinema
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A pochi kilometri da Timbuctù, la famiglia di Kidane vive in una gigantesca tenda beduina le giornate in pace e senza troppe pretese, ma con sufficienti risorse per andare avanti dignitosamente. Nel vicino villaggio, però, fa la sua inattesa comparsa un gruppo di jihadisti dagli intenti poco rassicuranti: instaurare la Sharia, impedire alle donne di tenere il volto scoperto ed agli uomini di adoperarsi in attività ricreative, ritenute blasfeme. Ad aiutare Kidane e famiglia c'è un giovanissimo (ed orfano) pastore il quale, nell'atto di portare al pascolo le vacche, ne perde una; la povera GPS, quella che guida il resto del branco, viene precipitosamente uccisa per mano di un pescatore burbero e dal grilletto facile.
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A pochi kilometri da Timbuctù, la famiglia di Kidane vive in una gigantesca tenda beduina le giornate in pace e senza troppe pretese, ma con sufficienti risorse per andare avanti dignitosamente. Nel vicino villaggio, però, fa la sua inattesa comparsa un gruppo di jihadisti dagli intenti poco rassicuranti: instaurare la Sharia, impedire alle donne di tenere il volto scoperto ed agli uomini di adoperarsi in attività ricreative, ritenute blasfeme. Ad aiutare Kidane e famiglia c'è un giovanissimo (ed orfano) pastore il quale, nell'atto di portare al pascolo le vacche, ne perde una; la povera GPS, quella che guida il resto del branco, viene precipitosamente uccisa per mano di un pescatore burbero e dal grilletto facile. Kidane, che non accetta di aver perso un pezzo importante di quel bestiame che garantisce le uniche entrate di famiglia, proverà a farsi giustizia da solo, innescando un effetto domino che lo porterà a doversela vedere con gli ideali integralisti di quella autoproclamata polizia che, tra le tante cose, ha assunto anche il compito di giudicare e condannare la gente di questa pacifica Terra...
E' la prima volta che “incontro” il regista Sissako: cresciuto tra Mauritania e Mali, e formatosi artisticamente in Russia e Francia, con il suo Timbuktu (2014) affronta un tema molto delicato, vista l'epoca che stiamo vivendo, e la cosa non è da tutti; l'opera, infatti, riesce nel proibitivo compito di mostrarci i due volti della religione predominante del Continente, l'Islam. Se da un lato troviamo musulmani moderati, pacifici, dediti al lavoro, alla preghiera e a pomeriggi di relax stesi a terra a riflettere sulla vita, dall'altro ci troviamo a cospetto di quella parte distorta ed irrazionale (oserei dire depravata) di un culto preso a pretesto per dare sfogo alle più aberranti deviazioni umane. Quante volte abbiamo sentito parlare di Boko Haram, dei rapimenti di donne giovani, di matrimoni forzati, di schiave del sesso e di divieti assurdi? E quante altre abbiamo dovuto ascoltare, impotenti, notizie di attentati dello Stato Islamico in queste martoriate terre? Ebbene, la banda di fondamentalisti che si impossessa indebitamente del villaggio del Mali dove questa storia è ambientata, esiste nella realtà. Come nella realtà esistono quelle fascinose tende costruite con materiali di scarto da comunità che hanno come scopo unico la sopravvivenza, senza intralciare l'altrui cammino.
Sissako ci rappresenta l'Africa nell'accezione più vera possibile, quella di un Continente profondamente agli antipodi rispetto alla civiltà alla quale siamo abituati, eppure incredibilmente affascinante nella sua prorompente bellezza naturale. Questa non è una pellicola di attori, ma un'opera puramente registica, fatta di sequenze artisticamente assai elevate, come quella dell'uccisione del pescatore dopo la quale pare di scorgere, da lontano, Gesù che cammina sulle acque di quel lago-oasi che dona vita alle popolazioni del luogo. Se proprio devo muovere una critica al regista mauritano-maliano è la lungaggine di alcuni dialoghi (in 3 diverse lingue) che ci fanno, tuttavia, comprendere i diversi punti di vista dei fedeli. Culturalmente parlando, Timbuktu ci palesa una lezione scomoda, ma sostanziale: al netto degli integralismi e dei fondamentalismi, si può vivere davvero con poco, compreso un pallone che non c'è per fare una virtuale partita di calcio.
Voto: 9
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seymourhoffmann
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venerdì 7 luglio 2017
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una potenza narrativa inaudita
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film bellissimo di una potenza narrrativa inaudita...La scena piu' toccante? il momento in cui ambedue i protagonisti , marito e moglie, muoiono sotto i colpi di mitra del miliziano jihadista nell' ultimo tentativo di abbracciarsi ... un' altra scena molto potente? è quella della partita pallone giocata senza il pallone da quei ragazzi con la passione per la vita e per lo sport... ma che hanno il terrore di essere scoperti dai jihadisti per aver commesso il "grave peccato" dell' amore per il calcio ... un film profetico che annuncia l a morte dell' Islam per mano dei Jihadisti.
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film bellissimo di una potenza narrrativa inaudita...La scena piu' toccante? il momento in cui ambedue i protagonisti , marito e moglie, muoiono sotto i colpi di mitra del miliziano jihadista nell' ultimo tentativo di abbracciarsi ... un' altra scena molto potente? è quella della partita pallone giocata senza il pallone da quei ragazzi con la passione per la vita e per lo sport... ma che hanno il terrore di essere scoperti dai jihadisti per aver commesso il "grave peccato" dell' amore per il calcio ... un film profetico che annuncia l a morte dell' Islam per mano dei Jihadisti... come infatti sta gia' accadendo nell' Occidente , a partire dall' attentato al Bataclan di Parigi in poi ...
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fedezena
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giovedì 6 luglio 2017
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interessante, ma è piu un documentario che un film
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Film che racconta di alcune vicende dove sovrasta l'islam, i principali protagonisti sono una famiglia, dove il marito combina un casino e viene arrestato.
Questo film mostra come vanno le cose in quei posti, dove girano con i turbanti e gli islamiti girano armati e impongono la loro religione e il loro credo a tutti, senza troppi problemi.
È un film interessante, per chi non conoscesse come funzionano queste cose, ma quasi tutti oramai sappiamo come vanno le cose laggiú, quindi a me non ha colpito molto..
Nel film i dialoghi sono al minimo e spesso non tradotti o sottotitolati, inoltre è molto lento come regia, colonne sonore e audio praticamente assenti, per questo lo definisco piú documentario che film.
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Film che racconta di alcune vicende dove sovrasta l'islam, i principali protagonisti sono una famiglia, dove il marito combina un casino e viene arrestato.
Questo film mostra come vanno le cose in quei posti, dove girano con i turbanti e gli islamiti girano armati e impongono la loro religione e il loro credo a tutti, senza troppi problemi.
È un film interessante, per chi non conoscesse come funzionano queste cose, ma quasi tutti oramai sappiamo come vanno le cose laggiú, quindi a me non ha colpito molto..
Nel film i dialoghi sono al minimo e spesso non tradotti o sottotitolati, inoltre è molto lento come regia, colonne sonore e audio praticamente assenti, per questo lo definisco piú documentario che film.
Direi che questo film dovrebbero farlo vedere ai ragazzi piú giovani, o nelle scuole, perchè è istruttivo, ma non lo rivedrei di nuovo.
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rampante
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giovedì 29 ottobre 2015
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una storia
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Un film che lascia un ricordo struggente e doloroso, sguardi persi nell'inferno della jihad, una tremenda guerra civile scatenata dagli estremisti islamici.
Parte settentrionale del Mali, zona infiltrata da milizie jihadiste che arrivano dalla Libia, uomini armati in gran parte stranieri hanno imposto la sharia alla popolazione locale: niente musica, sigarette, calcio e le donne devono essere coperte.
Poco lontano da Timbuktu, presa in ostaggio dagli estremiste religiosi il tuareg Kidane vive pacificamente con la moglie Satima, la figlia Toya ed il pastorello Issan ma
un giorno la sua mucca favorita sfugge al controllo e rompe le reti del pescatore Amadon, che la trafigge con una lancia.
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Un film che lascia un ricordo struggente e doloroso, sguardi persi nell'inferno della jihad, una tremenda guerra civile scatenata dagli estremisti islamici.
Parte settentrionale del Mali, zona infiltrata da milizie jihadiste che arrivano dalla Libia, uomini armati in gran parte stranieri hanno imposto la sharia alla popolazione locale: niente musica, sigarette, calcio e le donne devono essere coperte.
Poco lontano da Timbuktu, presa in ostaggio dagli estremiste religiosi il tuareg Kidane vive pacificamente con la moglie Satima, la figlia Toya ed il pastorello Issan ma
un giorno la sua mucca favorita sfugge al controllo e rompe le reti del pescatore Amadon, che la trafigge con una lancia.
Con questo dramma Sissako mostra come la jihad porti dolore e lutti in terre che vorrebbero solo vivere in pace.
Il regista mauritano rappresenta una comunità di islamici moderati e pur nella tragicità delle situazioni, riesce a raccontare l'orrore della jihad senza esserne sopraffatto proprio perchè rifiuta ogni retorica spettacolare per farsi carico del vero problema del cinema di fronte alla violenza.
Si apprezza soprattutto l'appassionata difesa delle donne, prime vittime dell'integralismo.
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astromelia
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lunedì 21 settembre 2015
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traduzione
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non essendoci la traduzione in parecchi dialoghi ,ci si accontenta delle immagini,ma così il senso viene perduto,inutile farne un dvd se non è comprensibile ai più....
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alexander 1986
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venerdì 18 settembre 2015
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i nostri amici jihadisti
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Ambientato presso la celeberrima località maliana, ma situabile in molte altre in giro per il mondo ai giorni nostri. Film che racconta la vita di una piccola comunità sottoposta al controllo di militanti islamisti. Lo fa a vari livelli: dalla puerile distruzione di simulacri animisti alle tragiche esecuzioni capitali. Il regista mauritano Sissako mette in scena un'opera drammatica solo nella veste superficiale. Il vero contenuto di fondo è la rappresentazione satirica della stupidità del fondamentalismo: ragazzi poco più che dementi ordinano alle donne di indossare i guanti con 50° all'ombra e ai loro coetanei di non giocare a calcio, pretendendo di risultare loro persino simpatici.
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Ambientato presso la celeberrima località maliana, ma situabile in molte altre in giro per il mondo ai giorni nostri. Film che racconta la vita di una piccola comunità sottoposta al controllo di militanti islamisti. Lo fa a vari livelli: dalla puerile distruzione di simulacri animisti alle tragiche esecuzioni capitali. Il regista mauritano Sissako mette in scena un'opera drammatica solo nella veste superficiale. Il vero contenuto di fondo è la rappresentazione satirica della stupidità del fondamentalismo: ragazzi poco più che dementi ordinano alle donne di indossare i guanti con 50° all'ombra e ai loro coetanei di non giocare a calcio, pretendendo di risultare loro persino simpatici.
A queste comiche assurdità, il regista contrappone per un residuo di par condicio politically correct una visione alternativa dell'Islam, costituita cioé da imam che non si scandalizzano più di tanto nel vedere una donna con il viso scoperto o un giovane che suona la chitarra. 'Timbuktu' rappresenta così l'impossibile dialettica fra due mini-mondi a confronto con la crescente occidentalizzazione. Notevolissima la rappresentazione dei jihadisti: niente orchi da favole, bensì uomini mediocri come tutti gli altri. Candidato agli Oscar 2015. Un bel film d'autore dall'Africa reale.
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rossijavserdze
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martedì 1 settembre 2015
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buona visione, basta mettere in muto.
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Encomiabili gli attori l'intensa espressività e la bravura - benché quest'ultima non sia messa certo a dura prova dalla sceneggiatura - per la capacità di sopravvivere a una sceneggiatura teneramente ingenua e a dialoghi decisamente irritanti per il loro unire a una dilettantistica inconsistenza una plateale ridondanza drammaturgica rispetto alle immagini. Togliete l'audio e godrete di un bel documentario, scritto con tratto infantile ma a tratti elegante e calligrafico, sulla vita in un lembo e ai bordi del deserto, nel momento in cui su questa si stringono le tenaglie di un'etica altra, ferocemente cieca e sorda alla vita dei singoli e della comunità.
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Encomiabili gli attori l'intensa espressività e la bravura - benché quest'ultima non sia messa certo a dura prova dalla sceneggiatura - per la capacità di sopravvivere a una sceneggiatura teneramente ingenua e a dialoghi decisamente irritanti per il loro unire a una dilettantistica inconsistenza una plateale ridondanza drammaturgica rispetto alle immagini. Togliete l'audio e godrete di un bel documentario, scritto con tratto infantile ma a tratti elegante e calligrafico, sulla vita in un lembo e ai bordi del deserto, nel momento in cui su questa si stringono le tenaglie di un'etica altra, ferocemente cieca e sorda alla vita dei singoli e della comunità. Muto, il film si farebbe agevolmete perdonare lo sguardo involontariamente bambino dietro la cinepresa.
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[+] ma non diciamo sciocchezze!
(di olrik)
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fabio_66
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martedì 16 giugno 2015
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cinema africano.... che bella sorpresa!
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Gradevolissima sorpresa per questo bel film africano. Si respira Africa in ogni aspetto, regia, fotografia, attori, sceneggiatura. Il mondo visto dall'Africa non è lo stesso di quello visto dall'Europa, ed anche la Jihad non è la stessa. In questo piccolo villaggio nel deserto e nella tenda del protagonista il mondo è capovolto; la Jihad è portata da stranieri, con lingue diverse ma la stessa fede. Negli abitanti notiamo un certo religioso fatalismo, incomprensibile per noi occidentali. Per quanto il tema si presti a implicazioni politiche, religiose ed alla violenza delle immagini, tutto è ovattato da una poetica elevata. Tanti sono i momenti lirici di alta emozione: la colorata partita di calcio senza palla, la profondità e la purezza degli sguardi, il dialogo fra Imam e Jihadisti, le ronde notturne, la fuga della gazzella.
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Gradevolissima sorpresa per questo bel film africano. Si respira Africa in ogni aspetto, regia, fotografia, attori, sceneggiatura. Il mondo visto dall'Africa non è lo stesso di quello visto dall'Europa, ed anche la Jihad non è la stessa. In questo piccolo villaggio nel deserto e nella tenda del protagonista il mondo è capovolto; la Jihad è portata da stranieri, con lingue diverse ma la stessa fede. Negli abitanti notiamo un certo religioso fatalismo, incomprensibile per noi occidentali. Per quanto il tema si presti a implicazioni politiche, religiose ed alla violenza delle immagini, tutto è ovattato da una poetica elevata. Tanti sono i momenti lirici di alta emozione: la colorata partita di calcio senza palla, la profondità e la purezza degli sguardi, il dialogo fra Imam e Jihadisti, le ronde notturne, la fuga della gazzella. Su tutto una natura magnificente nella sua desolazione, colorata e dignitosa... come l'Africa e l'Islam. Da vedere assolutamente... a presto Africa.
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