intenditorevero
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lunedì 2 febbraio 2015
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occasione sprecata!
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In un gennaio colmo di Biopic per tutti i gusti, Mortem Tyldum, mediocre mestierante al suo 4° lungometraggio, ci propone un film anonimo che vive unicamente della recitazione di B.Cumberbatch, in un ruolo che comunque sembra ricalcare il personaggio di Sherlock Holmes dell' omonima serie televisa di cui appunto, Cumberbatch, interpreta il protagonista. Le premesse per la riuscita di un buon film si presentavano tutte, una trama accattivante,un cast degno di nota tra cui spiccano Matthew Goode (Match point, Stoker) e Charles Dance(Games of thrones, Alien 3)ed uno sceneggiatore che negli ultimi anni era riuscito a dire la sua nel panorama holliwoodiano, ma alcune pessime scelte hanno inficiato sul prodotto,Odiosi effetti speciali ( nelle scene di guerra come aerei e sottomarini, una colonna sonora del tutto anonima e senza vita,che mai riesce ad accompagnare i protagonisti, ed una scenggiatura che sa di ripetitivo( come la frase pronunciata nel trailer da keira Knightley ripetuta da tre differenti persone e tutte con le medesime parole.
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In un gennaio colmo di Biopic per tutti i gusti, Mortem Tyldum, mediocre mestierante al suo 4° lungometraggio, ci propone un film anonimo che vive unicamente della recitazione di B.Cumberbatch, in un ruolo che comunque sembra ricalcare il personaggio di Sherlock Holmes dell' omonima serie televisa di cui appunto, Cumberbatch, interpreta il protagonista. Le premesse per la riuscita di un buon film si presentavano tutte, una trama accattivante,un cast degno di nota tra cui spiccano Matthew Goode (Match point, Stoker) e Charles Dance(Games of thrones, Alien 3)ed uno sceneggiatore che negli ultimi anni era riuscito a dire la sua nel panorama holliwoodiano, ma alcune pessime scelte hanno inficiato sul prodotto,Odiosi effetti speciali ( nelle scene di guerra come aerei e sottomarini, una colonna sonora del tutto anonima e senza vita,che mai riesce ad accompagnare i protagonisti, ed una scenggiatura che sa di ripetitivo( come la frase pronunciata nel trailer da keira Knightley ripetuta da tre differenti persone e tutte con le medesime parole. Nonostante tutte queste problematiche il film, anche se a singhiozzi, riesce ad andare avanti annoiando in alcune parti, ma riprendendosi alquanto bene nella mezz'ora finale. The imitation game risulta quindi essere un film incompleto, un opera lasciata a metà che come punto debole ha una scarsa regia e una sceneggiature debole,visibile soprattutto dai buchi lasciati per dare spazio ai flashback, ma ha dalla sua parte alcune ottime interpretazioni ed una parte finale alquanto buona che però non riesco a salvare in toto un film le cui aspettative, visti i pareri positivi della critica, si presentavano alte.
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giordano stefani
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lunedì 2 febbraio 2015
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la società, un rompicapo irrisolvibile
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Un Cumberbatch perfettamente a suo agio nella parte, a metà tra il suo Sherlock televisivo e lo Sheldon di The Big Bang Theory (ma infinitamente più drammatico) ci porta a conoscere la vita, ai più sconosciuta, di Alan Turing, matematico inglese che durante la seconda guerra mondiale riuscì a decifrare il codice nazista Enigma, contribuendo in maniera decisiva alla fine di essa.
Parallelamente a ciò che accade nella Storia con la S maiuscola si sviluppa infatti anche la tormentata storia del protagonista, che grazie anche a flashback e prolessi, mostra quante difficoltà un “diverso” (genio, omosessuale e con difficoltà relazionali) si trovi ad affrontare nella società civile contemporanea (applicabile all’Inghilterra della anni ’40 e ’50 come ad ogni altro luogo e periodo storico), e ce ne fa cogliere l’insensata irrazionalità di regole, costumi e consuetudini, portando ad una riflessione finale su quanto coloro che la salvino e la migliorino ne rimangano poi spesso vittime.
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Un Cumberbatch perfettamente a suo agio nella parte, a metà tra il suo Sherlock televisivo e lo Sheldon di The Big Bang Theory (ma infinitamente più drammatico) ci porta a conoscere la vita, ai più sconosciuta, di Alan Turing, matematico inglese che durante la seconda guerra mondiale riuscì a decifrare il codice nazista Enigma, contribuendo in maniera decisiva alla fine di essa.
Parallelamente a ciò che accade nella Storia con la S maiuscola si sviluppa infatti anche la tormentata storia del protagonista, che grazie anche a flashback e prolessi, mostra quante difficoltà un “diverso” (genio, omosessuale e con difficoltà relazionali) si trovi ad affrontare nella società civile contemporanea (applicabile all’Inghilterra della anni ’40 e ’50 come ad ogni altro luogo e periodo storico), e ce ne fa cogliere l’insensata irrazionalità di regole, costumi e consuetudini, portando ad una riflessione finale su quanto coloro che la salvino e la migliorino ne rimangano poi spesso vittime.
La regia e la sceneggiatura sono molto europee e lontane dallo stile celebrativo e dalla gloriosa epica americana; qui la guerra fa da sfondo alla narrazione ed è vista per la maggior parte come un gioco più difficile degli altri, una grande somma di dati sulla quale costruire un’asettica (seppur dolorosa) statistica.
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barone di firenze
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lunedì 2 febbraio 2015
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interessante
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Questo film è interessante sotto il profilo storico, infatti tutti sapevano di enigma, si sono fatti dei film al riguardo ma credo pochi sapessero che l'intelligence service britannica avesse sviluppato il primo e vero computer, e qesto ridimensiona le varie IBM - Bill Gates - e Steve Jobs,. che si sono trovati in mano uno studio già avanzato. Gli attoritornando al film da oscar sia l'attore principale che il capo del C6 anche se comprimario, bravi tutti gli altri, film da vedere se si è interessati alla storia recente.
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sweetpoem
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domenica 1 febbraio 2015
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un capolavoro
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Un solo film che affronta in maniera a dir poco magistrale temi e valori della vita come l'abbandono, l'amicizia, il sacrificio, l'amore, il tradimento, il rispetto e non per ultimo la diversità in ogni sua forma. Arriva diretto ma in modo velato, in uno scorrere di immagini e dialoghi che tengono incollato allo schermo.
Il vero Enigma siamo noi.
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antonietta dambrosio
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sabato 31 gennaio 2015
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il lampo di luce tagliente di turing
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The imitation game - recensione
La grande forza di questo film è tutta nei dialoghi e nell'abilità interpretativa di Benedict Cumberbatch che si eleva al di là dello sguardo privo di slanci scenici di Morten Tyldum, la cui narrazione è affidata al gioco del flashback che dispone la storia su tre livelli temporali. Cumberbatch è volto, mente e cuore di Alan Turing, lo scienziato inglese precursore dell'informatica che con un'équipe composta da matematici, enigmisti e linguisti è riuscito a decifrare i messaggi criptati di Enigma, la macchina attraverso cui i nazisti durante la seconda guerra mondiale comunicavano le offensive ed ha anticipato la fine della Guerra di due anni. Attraverso l'interrogatorio di Alan Turing, arrestato per atti osceni nei primi anni '50 si srotola la storia e i suoi ricordi ci portano dietro le quinte della seconda guerra mondiale, tra un gruppo scelto dalla Marina militare inglese al fine di decifrare l'indecifrabile codice di Enigma.
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The imitation game - recensione
La grande forza di questo film è tutta nei dialoghi e nell'abilità interpretativa di Benedict Cumberbatch che si eleva al di là dello sguardo privo di slanci scenici di Morten Tyldum, la cui narrazione è affidata al gioco del flashback che dispone la storia su tre livelli temporali. Cumberbatch è volto, mente e cuore di Alan Turing, lo scienziato inglese precursore dell'informatica che con un'équipe composta da matematici, enigmisti e linguisti è riuscito a decifrare i messaggi criptati di Enigma, la macchina attraverso cui i nazisti durante la seconda guerra mondiale comunicavano le offensive ed ha anticipato la fine della Guerra di due anni. Attraverso l'interrogatorio di Alan Turing, arrestato per atti osceni nei primi anni '50 si srotola la storia e i suoi ricordi ci portano dietro le quinte della seconda guerra mondiale, tra un gruppo scelto dalla Marina militare inglese al fine di decifrare l'indecifrabile codice di Enigma. "Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare...", e Turing con la sua andatura incerta, guidato solo dalla logica dei numeri ed incapace di decifrare il senso delle parole e dei comportamenti, introverso e scontroso, procede in uno stato febbrile lottando contro il tempo alla progettazione di "Christopher", la macchina che sconfigge Enigma e porta il nome del suo amico d'infanzia verso il quale ha provato un sentimento intenso e la cui scomparsa prematura lo ha segnato in maniera indelebile. Turing è lampo di luce tagliente che lascia il resto del mondo nell'oscurità, ed il mondo gli restituisce il buio con violenza, servendosi della sua luce e lo relega nell'ombra per quel suo modo "strano" di essere bambino, adolescente, adulto. Il gioco imitativo è esattamente la macchina Christopher, che con una logica rigorosa traduce il pensiero umano racchiuso in un codice, è il gruppo di cervelloni costretti ad operare sotto copertura sacrificando anche scelte di ordine morale, è Joan (Keira Knightley) che collaborando con Turing alla progettazione di Christopher non corrisponde esattamente ai canoni della donna voluti dalla società inglese, è Turing stesso costretto a nascondere la sua identità sessuale ad un'ottusa Inghilterra che è stata capace di punirlo e condurlo al suicidio, riconoscendo il suo genio solo a distanza di cinquant'anni. È una storia da oscar quella del martirio di Alan Turing e Benedict Cumberbatch ne è degno interprete, mentre noi ne usciamo affascinati ed amareggiati.
Antonietta D'Ambrosio
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fabrizio costa
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venerdì 30 gennaio 2015
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alta classe
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Un film di alta classe ed un elevato livello qualitativo in cui viene descritta la figura del matematico inglese Turing che assieme ad un piccolo gruppo di decrittatori riesce a decifrare il codice segreto tedesco enigma riuscendo indirettamente ad accorciare la durata della seconda guerra mondiale. A mio avviso il film poggia oltre che su un'ottima sceneggiatura e delle bellissime ambientazioni dell'Inghilterra negli anni di guerra su splendide musiche e soprattutto su una magistrale interpretazione di Benedict Cumberbutch che riesce magicamente a rendere i conflitti e le nevrosi dello scienzisto inglese dilaniato dalle pulsioni interiori derivanti sia dalla profonda attrazione per la matematica ma anche turbato da una dolorosa omosessualità.
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Un film di alta classe ed un elevato livello qualitativo in cui viene descritta la figura del matematico inglese Turing che assieme ad un piccolo gruppo di decrittatori riesce a decifrare il codice segreto tedesco enigma riuscendo indirettamente ad accorciare la durata della seconda guerra mondiale. A mio avviso il film poggia oltre che su un'ottima sceneggiatura e delle bellissime ambientazioni dell'Inghilterra negli anni di guerra su splendide musiche e soprattutto su una magistrale interpretazione di Benedict Cumberbutch che riesce magicamente a rendere i conflitti e le nevrosi dello scienzisto inglese dilaniato dalle pulsioni interiori derivanti sia dalla profonda attrazione per la matematica ma anche turbato da una dolorosa omosessualità. Sotto tono ma egualmente apprezzabile come compagna di Turing Keira Kniteley. In definitiva un'ottimo film al quale ho assegnato il punteggio più alto e che ho visto traendone una immensa gratificazione.
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fedinz
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venerdì 30 gennaio 2015
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eroe di guerra condannato per la sua omosessualita
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Il film narra la vita travagliata dell' inglese Alan Mathison Turing, geniale matematico e crittografo, amante della corsa ed omosessuale.
Un Benedict Cumberbatch perfetto in questo ruolo. Sull'onda dell'entusiasmo per Sherlock Holmes, ci ha dato l'ennesima conferma di essere un attore votato per i personaggi enigmatici e fuori dall'ordinario.
Alan viene chiamato a dover risolvere l' ENIGMA dei tedeschi, creando una macchina che poi diventera il prototipo dei moderni computer.
Una pellicola travolgente che culminera con il suo successo, grazie anche al sostegno del resto del team. Alan riuscira a criptare il codice risparmiando al mondo intero circa due ulteriori anni di Grande Guerra.
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Il film narra la vita travagliata dell' inglese Alan Mathison Turing, geniale matematico e crittografo, amante della corsa ed omosessuale.
Un Benedict Cumberbatch perfetto in questo ruolo. Sull'onda dell'entusiasmo per Sherlock Holmes, ci ha dato l'ennesima conferma di essere un attore votato per i personaggi enigmatici e fuori dall'ordinario.
Alan viene chiamato a dover risolvere l' ENIGMA dei tedeschi, creando una macchina che poi diventera il prototipo dei moderni computer.
Una pellicola travolgente che culminera con il suo successo, grazie anche al sostegno del resto del team. Alan riuscira a criptare il codice risparmiando al mondo intero circa due ulteriori anni di Grande Guerra. Dopo essere diventato professore pero, verra accusato e torturato per la sua omosessualita, che lo portera al suicidio a soli 42 anni.
Il 24 Dicembre 2013 la regina Elisabetta II gli elargira la grazia postuma...un po in ritardo non credete?
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mproc
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venerdì 30 gennaio 2015
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turing: il biopic che fa un po’ poc
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Liscio! L’occasione ghiotta, oltremodo invero assai, di alzare il velo su uno dei più spinosi retroscena della seconda guerra mondiale, del tipo sapere come la suddetta è andata “pe davero”, viene clamorosamente annacquata dal film del norvegese Morten Tyldum, che brucia il nome di Turing, degno di ben altro trattamento, alle presidenziadi come personaggio del ‘900 più imbarazzante per gli storici di razza (o razza di storici).
La gente di cinema, si sa, a volte la dice com’è, più spesso ci ricama sopra, ma ciò che adora fare “pe davero” è inventarsela da zero. Questione di dna: un affabulatore è un affabulatore, capace che ti racconta anche lo scontrino, perciò, anche quando ha il destro per dare un po’ di serietà a un momento troppo spesso monopolizzato dal vincitore strisciostellato (o solostellato, dipende), decide di infilarci il melò, di buttarla sul travaglio, di farci scappare a tutti i costi la liaison, che in questo caso è quella autoimprobabile tra il Turing (Benedict Cumberbatch) e la Clarke (Keira Knightley), e raccontare infine in forma d’aneddotica tutto quanto puzza di scienza, come se le idee fulminassero sulla via di Damasco i (rari) possessori di una testa grazie a improvvise illuminazioni o allucinazioni da fungo, piuttosto che dalla diuturna fatica del cercare prima, controllare dopo e ricominciare da capo, insomma.
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Liscio! L’occasione ghiotta, oltremodo invero assai, di alzare il velo su uno dei più spinosi retroscena della seconda guerra mondiale, del tipo sapere come la suddetta è andata “pe davero”, viene clamorosamente annacquata dal film del norvegese Morten Tyldum, che brucia il nome di Turing, degno di ben altro trattamento, alle presidenziadi come personaggio del ‘900 più imbarazzante per gli storici di razza (o razza di storici).
La gente di cinema, si sa, a volte la dice com’è, più spesso ci ricama sopra, ma ciò che adora fare “pe davero” è inventarsela da zero. Questione di dna: un affabulatore è un affabulatore, capace che ti racconta anche lo scontrino, perciò, anche quando ha il destro per dare un po’ di serietà a un momento troppo spesso monopolizzato dal vincitore strisciostellato (o solostellato, dipende), decide di infilarci il melò, di buttarla sul travaglio, di farci scappare a tutti i costi la liaison, che in questo caso è quella autoimprobabile tra il Turing (Benedict Cumberbatch) e la Clarke (Keira Knightley), e raccontare infine in forma d’aneddotica tutto quanto puzza di scienza, come se le idee fulminassero sulla via di Damasco i (rari) possessori di una testa grazie a improvvise illuminazioni o allucinazioni da fungo, piuttosto che dalla diuturna fatica del cercare prima, controllare dopo e ricominciare da capo, insomma. L’idea poi che si possa restituire la veridicità storica immaginando che un professorino universitario abbia, tutto da solo, maturato la strategia dell’intelligence britannica per tutta la seconda guerra mondiale, è, insieme alla precedente, francamente un po’ troppo. Storie come questa voglio calvizie, non peluria, le devi raccontare facendo i salti mortali per non raccontarla, dirle senza annunciarle, illustrarle senza spiegarle, annoiare, quasi. L’unica interpretazione ammissibile è quella del metodo Stanislavskij vecchia maniera, in cui l’attore non è il personaggio, ma la persona stessa. Ciò che si vede invece nel film, purtroppo, è tutto l’opposto e cioè un’interpretazione fatta da interpreti. No! No! E ancora No! Va narrata, non raccontata.
A contrappeso, va detto che il film getta luce su un punto di vista poco noto e cioè sulla reale portata che hanno avuto i servizi segreti nella seconda guerra mondiale. Nel pozzo ce ne sarebbe per tutti, tipo l’armata fantasma del generale Patton che sviò i tedeschi sullo sbarco in Normandia o quello che è successo nel palazzo imperiale dopo la bomba di Nagasaki. Vero che Turing costruì un congegno per il calcolo automatico della posizione dei rotori di una macchina Enigma, anche se è falso che sia stato il primo: fu preceduto dal polacco Rejewski, che costruì una macchina analoga che decrittava una Enigma a tre rotori. Quando i tedeschi aggiunsero altri due rotori, la “bomba” polacca (questo il nome originale) venne abbandonata. Vero che la “bomba” di Turing poté risolvere il problema della decrittazione solo grazie al fatto, noto, che ogni messaggio tedesco iniziava con la parola “wetter” (tempo), altrimenti non ce l’avrebbe mai fatta. Vero che Turing fu accusato di omosessualità, vero che si suicidò a causa della castrazione chimica. Non è insomma in questo o quel dettaglio che la ricostruzione faccia acqua, ma nel modo in cui tali particolari sono stati messi in fila e collegati da nessi logico/narrativi.
Le Loro Eccellenze chiamate a dar fiato allo script (Matthew Goode, Charles Dance e tutti gli altri) ce la mettono tutta ma non chiudono il cerchio.
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catcarlo
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mercoledì 28 gennaio 2015
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the imitation game
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Il racconto della vita breve e sofferta di Alan Turing ha cominciato a diffondersi negli ultimi anni al difuori degli appassionati di storia della matematica (o, quantomeno, dei matematici). Grazie anche alle informazioni scaturite dalla caduta dei segreti di Stato su Ultra, è stato dato il giusto risalto al ruolo che il suo brillante intelletto ha giocato nella storia dell’umanità, indirizzandone il corso almeno un paio di volte (l’esito e la durata della Seconda Guerra Mondiale, le basi dell’informatizzazione), e, allo stesso tempo, è stato sottolineato il trattamento ricevuto per la sua omosessualità da quel Paese che pure tanto gli doveva (nel Regno Unito essere gay restò un reato fino alla seconda metà degli anni Sessanta).
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Il racconto della vita breve e sofferta di Alan Turing ha cominciato a diffondersi negli ultimi anni al difuori degli appassionati di storia della matematica (o, quantomeno, dei matematici). Grazie anche alle informazioni scaturite dalla caduta dei segreti di Stato su Ultra, è stato dato il giusto risalto al ruolo che il suo brillante intelletto ha giocato nella storia dell’umanità, indirizzandone il corso almeno un paio di volte (l’esito e la durata della Seconda Guerra Mondiale, le basi dell’informatizzazione), e, allo stesso tempo, è stato sottolineato il trattamento ricevuto per la sua omosessualità da quel Paese che pure tanto gli doveva (nel Regno Unito essere gay restò un reato fino alla seconda metà degli anni Sessanta). Alla parabola tragica della sua esistenza è ispirata la sceneggiatura che Graham Moore ha tratto da un libro di Andrew Hodges e che il norvegese Morten Tyldum ha messo per immagini: purtroppo il fatto che i due siano praticamente all’esordio (il regista è al suo primo film in inglese) finisce per farsi sentire, facendo sì che il risultato sia un solido racconto biografico che nel complesso non delude, ma che cade nella più classica trappola del genere, il desiderio di spiegare ogni cosa. Ne deriva un didascalismo che va a scapito di situazioni o scelte di realizzazione che sappiano sorprendere lo spettatore insaporendo la ricetta, tanto che è inevitabile pensare di trovarsi di fronte a un classico lavoro che aspira agli Oscar - molto inglese nella puntigliosa ricostruzione d’epoca, nonché nella scelta di ambientazioni e inquadrature - che finisce per basarsi più sull’ottima squadra di tecnici e sull’intensa partecipazione del cast che non sullo svolgersi della storia stessa. Sono tre i piani temporali che si incrociano, seppure con differente peso specifico. Il motore del tutto sta, infatti, nella difficile, testarda ma alla fine vincente decrittazione di Enigma, la macchina di cifratura tedesca all’apparenza invincibile: vicenda a cui si alternano spezzoni della vita del giovane Turing al college, dove si rivela la sua omosessualità, e l’indagine che, all’inizio degli anni Cinquanta, lo porterà al processo e alla condanna. Entrambe queste deviazioni dal tema principale hanno però come conseguenza dei cali di tensione, la prima in fondo superflua e la seconda che, spezzettata, finisce per sprecare la figura alla fine dubbiosa dell’ispettore Nock (Rory Kinnear): forse sarebbe stato meglio concentrarsi sul piccolo gruppo al lavoro su Enigma, in cui le idiosincrasie fra i personaggi di certo non mancano, lavorando a parte sull’inquietante conclusione della vita dello scienziato. Turing, scelto come capo della sua squadra da Churchill in persona, fa di tutto per rendersi insopportabile, tanto che pare difficile che basti una mela per ricomporre le fratture, in special modo quella con l’altra figura dominante Hugh (Matthew Goode): piccoli appunti a parte, la corsa contro il tempo sa appassionare, come pure coinvolgono le scelte terribili che il piccolo gruppo deve affrontare una volta risolto il ‘rebus’, a partire da quella che coinvolge il fratello di uno di loro, Peter (Matthew Beard). In tutto il processo, la squadra (e le idee) di Turing sono protetti dalla figura forse più intrigante dopo, ovviamente, il protagonista principale: quello Stewart Menzies (Mark Strong), capo del servizio segreto MI6,che, si dice, abbia ispirato M, il capo di James Bond. Mentre la guerra resta lontana - e non bastano ad avvicinarla gli inserti distribuiti qui e là – i personaggi si muovono sullo sfondo di un’Inghilterra inevitabilmente brumosa, con il sole che occhieggia quasi solo durante le corse di Turning attraverso la campagna (il matematico fu anche un buon fondista): fotografa il tutto in maniera sobria Oscar Faura, incluse le belle scenografie di Maria Djukovic che ricostruisce con cura i molti interni in cui si sviluppa la vicenda. Va infine giustamente sottolineata l’intensissima prova di Cumberbatch nel ruolo principale, tutta tesa a rendere la complessa personalità del matematico nonché la sua profonda sofferenza: l’attore ci riesce così bene da mettere un po’ in secondo piano tutti gli altri, a partire da una Keira Knightley un po’ meno ammiccante del solito nei panni della quasi altrettanto brillante, ma di certo emancipata Joan.
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angelitas
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martedì 27 gennaio 2015
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the imitation game
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FILM DA VEDERE ABSOLUTELY. FA MEDITARE SULLE VARIE SITUAZIONI DI VITA.
FA CAPIRE MOLTE COSE LASCIANDO COMUNQUE UN PO' DI AMAREZZA.
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