catcarlo
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mercoledì 21 gennaio 2015
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jimmy's hall
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Assieme a ‘Pride’, il nuovo film di Ken Loach ha segnato un Natale caratterizzato dal racconto, ravvivato in ogni caso da britannico umorismo, di gloriose sconfitte, ma anche della necessità di combattere certe battaglie indipendentemente dal loro esito: sin dall’inizio ci sono pochi dubbi su quale sia il destino che attende la lotta di Jimmy Gralton contro i mulini a vento nell’Irlanda degli anni Trenta. Ritornato dagli Stati Uniti, egli trasforma una vecchia costruzione in punto d’incontro per la gente del suo piccolo paese natale: uno spazio in cui divertirsi, ma anche dove imparare visto che di sera si balla dopo che durante il giorno si è fatto scuola o magari si è discusso di politica in tutta libertà.
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Assieme a ‘Pride’, il nuovo film di Ken Loach ha segnato un Natale caratterizzato dal racconto, ravvivato in ogni caso da britannico umorismo, di gloriose sconfitte, ma anche della necessità di combattere certe battaglie indipendentemente dal loro esito: sin dall’inizio ci sono pochi dubbi su quale sia il destino che attende la lotta di Jimmy Gralton contro i mulini a vento nell’Irlanda degli anni Trenta. Ritornato dagli Stati Uniti, egli trasforma una vecchia costruzione in punto d’incontro per la gente del suo piccolo paese natale: uno spazio in cui divertirsi, ma anche dove imparare visto che di sera si balla dopo che durante il giorno si è fatto scuola o magari si è discusso di politica in tutta libertà. Adorata dai giovani e apprezzata dalla strato più popolare degli abitanti, l’iniziativa è vista come il fumo negli occhi dai maggiorenti locali più vicini alla parrocchia e, soprattutto, dai preti stessi con il risultato che, grazie a qualche maneggio e a una certa dose di stolida violenza, il problema viene risolto alla radice: al povero Jimmy, la faccenda costa anche un nuovo allontanamento dagli affetti più cari. Malgrado la vena amara, Loach mette per immagini questa storia confermando gli assi portanti del suo pensiero oltre che del suo fare cinema: la contrapposizione tra buoni e cattivi, riecheggiata quasi nel contrasto tra interni ed esterni, è senza troppe sfumature e il regista si schiera ignorando qualsiasi tentennamento, ma d’altra parte è indiscutibile anche la passione con cui la macchina da presa segue soprattutto coloro che sono emarginati dalla storia. Così, a prescindere dai tocchi di commedia che pure non sono pochi e culminano nel comico della fuga di Jimmy dalla fattoria materna, a restare nella memoria sono soprattutto le storie d’amore: quello più generale per la libertà, simboleggiata anche dai nuovi suoni e dalle nuove danze che provengono da oltreoceano, e quello pudico e impossibile di Jimmy per Oonagh che, durante l’assenza di lui, si è sposata e ha fatto due figli senza però mai dimenticarlo. La scena che più colpisce risulta così essere quella in cui i due si incontrano nella sala vuota e buia e, nella penombra, danzano seguendo una musica che esiste solo nei loro cuori dopo che lei ha indossato il vestito che lui le ha portato dall'America: un momento di grande delicatezza grazie al quale si possono dimenticare per un attimo le tensioni che segnano il resto della storia. Tensioni che Loach sa, peraltro, ben rappresentare a partire dal ballo che inaugura la sala seguito dalla messa della mattina successiva, in cui l'implacabile padre Sheridan elenca dal pulpito i nomi dei 'peccatori' che vi hanno partecipato. Da notare che il vecchio prete, pur essendo così stolidamente legato alle proprie idee, è visto - dal regista e dallo sceneggiatore Paul Laverty che ha adattato un lavoro teatrale di Donal O'Kelly - con un occhio di un niente meno critico rispetto ad altri personaggi, tanto che gli viene concessa almeno l'ombra di un dubbio: assai peggio ne escono il rude O'Keefe e il pavido padre Seamus, incapace (o timoroso) di esprimere le proprie idee, all'apparenza diverse da quelle di Sheridan. Così, alla fine, il buon Jimmy viene espulso dal sistema al quale non vuole adattarsi e nonostante sia con lui la maggioranza di chi vive nel suo piccolo mondo: almeno, ha la consolazione di un'uscita di scena da 'O capitano! Mio capitano!' regalatagli dai ragazzi del paese con in testa la figlia di O'Keefe. L'arrivo era stato ben diverso, con il piccolo carro, quasi schiacciato dalle colline ora verdi ora brulle, che procede verso uno sperduto villaggio lontano da tutto e da tutti e dove sono molti i segni di una miseria endemica: qui Loach ambienta il suo racconto guidando un bel gruppo di attori irlandesi i cui volti sono parte attiva nella riuscita del film. Barry Ward regala a Jimmy il suo testardo cipiglio, mentre Simone Kirby sa rendere i contrasti dell'animo di Oonagh, Jim Norton è un padre Sheridan perfetto e Andrew Scott (l'unico conosciuto, ma qui un po' in disparte) interpreta le insicurezze di padre Seamus. Assieme ai protagonisti, però, altrettanto efficace è il 'coro' che li circonda, personaggi secondari i cui volti non si fanno dimenticare con tanta facilità.
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barone di firenze
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lunedì 12 gennaio 2015
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delicato
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KEN LOACH non ha mai sbagliato un film, è un regista impegnato che fotografa con occhio non di parte le questioni politiche in questo caso di un comunista irlandese costretto con la forza e la violenz all'esilio dai fasciti locali coadiuvati dalla chiesa cattolica.
Gli attori molto bravi tutti dall'interprete principale a l'ultimo dei figuranti dove spicca un magistrale Jim Norton nella parte dell'infame prete anticomunista.
Film da vedere.
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silvano bersani
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domenica 11 gennaio 2015
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didascalico
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Film veramente bruttino, indisponente. Filma didascalico, film a tema. Di una inutilità sconcertante. Sceneggiatura raffazzonata. Casting assolutamente fuori luogo. Boh, ma che voleva dire? Stanno sempre a ballare dentro a sta benedetta sala.
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edosci
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giovedì 8 gennaio 2015
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se non piace, cattivo segno
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A mio modesto avviso, in questo caso si può parlare davvero di un capolavoro. È il sequel ideale di "Il vento che accarezza l'erba", del 2006, che è il potente affresco corale della guerra d'indipendenza irlandese e della successiva, sanguinosa, guerra civile tra irlandesi. Qui invece Loach vuole raccontarci una storia apparentemente insignificante, quella di un comunista irlandese, inviso agli ambienti cattolici dominanti in una contea sperduta dell'Irlanda settentrionale, che alla fine fu deportato negli Stati Uniti nel 1933, per l'unica colpa - in sostanza - di aver aperto una sala da ballo, che era diventata centro di propaganda sovversiva dell'ordine tradizionale.
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A mio modesto avviso, in questo caso si può parlare davvero di un capolavoro. È il sequel ideale di "Il vento che accarezza l'erba", del 2006, che è il potente affresco corale della guerra d'indipendenza irlandese e della successiva, sanguinosa, guerra civile tra irlandesi. Qui invece Loach vuole raccontarci una storia apparentemente insignificante, quella di un comunista irlandese, inviso agli ambienti cattolici dominanti in una contea sperduta dell'Irlanda settentrionale, che alla fine fu deportato negli Stati Uniti nel 1933, per l'unica colpa - in sostanza - di aver aperto una sala da ballo, che era diventata centro di propaganda sovversiva dell'ordine tradizionale. Ma attraverso la vicenda umana del protagonista e di quelli che lo circondano entra prepotente nella trama la grande Storia. Al pubblico meno sensibile possono bastare le splendide ambientazioni ed i ritmi musicali coinvolgenti, jazz e tradizionali irlandesi; il pubblico più attento può invece apprezzare come Loach riesca magistralmente a riportare la complessità dei rapporti di una piccola comunità, senza risultare stucchevole. Gli era riuscito nel già citato "Il vento che accarezza l'erba", ma anche nei più recenti "Il mio amico Eric" (2009) e "La parte degli angeli" (2012): è una lezione per tutti, perché cercare di capire i rapporti globali, i grandi movimenti della Storia, senza sapere come funzionano i rapporti più elementari nelle realtà "dimenticate", come quelli che si instaurano in una piccola comunità rurale o in un centro di recupero per assegnati ai servizi sociali. Dispiace che un così bel film, istruttivo sia per il messaggio che veicola attraverso gli appassionati discorsi di Jimmy Gralton che per lo scopo con cui è stato girato, sia così maltrattato dalla critica e bistrattato dal pubblico, mentre altre "cagate pazzesche" (cit.) vengano incensate in modo davvero fuori luogo.
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flyanto
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mercoledì 7 gennaio 2015
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la vera storia di jimmy gralton
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Film in cui si narra la vera storia di Jimmy Gralton che negli anni '20, ritornato in Irlanda dal suo esilio a New York, viene persuaso dai suoi compaesani a riaprire nel suo villaggio la sala da ballo e centro di altre attività culturali al fine di potersi nuovamente riunire piacevolmente e simpaticamente. La decisione incontrerà, come molti anni prima causandogli l'esilio, molti ostacoli e l'avversione da parte della Chiesa cattolica locale e dei suoi sostenitori e pertanto, dopo numerosi scontri verbali e non il protagonista verrà condannato nuovamente e definitivamente all'esilio negli Stati Uniti.
L'ultima fatica di Ken Loach presenta un fatto appartenente alla storia irlandese dei primi decenni del secolo scorso e da un punto di vista storico la pellicola risulta estremamente ben fatta per ciò che riguarda la narrazione degli eventi e la ricostruzione ambientale e dei costumi quanto mai attinente all'epoca in cui si svolge la vicenda.
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Film in cui si narra la vera storia di Jimmy Gralton che negli anni '20, ritornato in Irlanda dal suo esilio a New York, viene persuaso dai suoi compaesani a riaprire nel suo villaggio la sala da ballo e centro di altre attività culturali al fine di potersi nuovamente riunire piacevolmente e simpaticamente. La decisione incontrerà, come molti anni prima causandogli l'esilio, molti ostacoli e l'avversione da parte della Chiesa cattolica locale e dei suoi sostenitori e pertanto, dopo numerosi scontri verbali e non il protagonista verrà condannato nuovamente e definitivamente all'esilio negli Stati Uniti.
L'ultima fatica di Ken Loach presenta un fatto appartenente alla storia irlandese dei primi decenni del secolo scorso e da un punto di vista storico la pellicola risulta estremamente ben fatta per ciò che riguarda la narrazione degli eventi e la ricostruzione ambientale e dei costumi quanto mai attinente all'epoca in cui si svolge la vicenda. Pertanto sotto questi aspetti essa risulta ineccepibile ed altamente encomiabile, ma dal punto di vista dell'attività del regista, il film non raggiunge l' incisività delle sue pellicole precedenti che sempre per tema e combattività sociale, nonchè aspetti psicologici ed originalità di contenuti e di esposizione si sono enormemente distinte. Qui Loach racconta un episodio come se fosse un documentario ed a volte si abbandona addirittura in lungaggini eccessive che appesantiscono molto la narrazione facendo risultare in alcuni momenti persino noiosa la proiezione. Insomma, manca quel mordente e quel "piglio" che carpisce l'attenzione dello spettatore, relegando il film ad un quasi banale documento storico, peraltro già visto e rivisto in altri contesti sia cinematografici che letterari tra cui, proprio, nel suo precedente "Il vento che accarezza l'erba".
Un' occasione quasi sprecata, peccato!
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luigi chierico
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martedì 6 gennaio 2015
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ricchezza e poverta'
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Protagonista principale di questo bel film è l’ Irlanda con i suoi colori, il verde dei suoi prati, la campagna accogliente con i suoI magnifici animali, cavalli e buoi. L’Irlanda lacerata nella prima metà del XX secolo da guerre d’indipendenza e civili, sommosse, scioperi, arresti e deportazioni, lotte religiose tra cattolicesimo e chiesa anglicana.
Sono proprio tanti i film che hanno trattato l’argomento, tutti toccanti; per citarne solo qualcuno che mi torna a mente: Il campo, La moglie del soldato,
Nel nome del padre ed infine Il vento che accarezzava l’erba, dello stesso regista Ken Loach.
Alle belle scene offerte dal paesaggio irlandese si accompagna tanta bella musica, canto e ballo.
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Protagonista principale di questo bel film è l’ Irlanda con i suoi colori, il verde dei suoi prati, la campagna accogliente con i suoI magnifici animali, cavalli e buoi. L’Irlanda lacerata nella prima metà del XX secolo da guerre d’indipendenza e civili, sommosse, scioperi, arresti e deportazioni, lotte religiose tra cattolicesimo e chiesa anglicana.
Sono proprio tanti i film che hanno trattato l’argomento, tutti toccanti; per citarne solo qualcuno che mi torna a mente: Il campo, La moglie del soldato,
Nel nome del padre ed infine Il vento che accarezzava l’erba, dello stesso regista Ken Loach.
Alle belle scene offerte dal paesaggio irlandese si accompagna tanta bella musica, canto e ballo. Jimmy’s hall è il locale in cui si raccolgono tutti coloro che hanno voglia di imparare qualcosa, dalla pittura alla letteratura, dalla musica al canto, pugilato ecc, non si fa politica, non si professa religione o culto, c’è tanta amicizia, puro divertimento, c’è gioia di vivere la propria età, ci sono deliziose figure di bambini, bei ragazzi e ragazze nella loro adolescenza, gioventù ai primi approcci amorosi, coppie sposate con figli e anziani.
Tutto in un periodo in cui ancora vi è conflitto civile e religioso. E’ proprio la figura bigotta del parroco, il cui cuore “non conosce cosa sia l’amore”, a distruggere tutto, incendia gli animi e le case, condanna dal suo pulpito la libertà di esprimersi, di fare le proprie scelte,addita la sala di Jimmy come posto di perdizione proibendo ai fedeli di frequentarla.
Un film tanto dolce e bello quanto forte e critico.
L’amore è espresso con poesia, un desiderio fortissimo che si consuma in un abbraccio durante un ballo invocato, è l’addio tra innamorati che si sono perduti e ritrovati per tornare a lasciarsi. Le loro mani si stringono, i loro corpi volteggiano durante il ballo in una stanza vuota ma colma di ricordi e rimpianti,
i visi e le labbra si sfiorano, i capelli fanno da cornice ad un amplesso fatto solo di sguardi di intesa, mai cercato e mai provato. E’ una scena bellissima che vede il contrasto di un amore puro in un mondo di cattiveria, di tradimento, di orrori e persecuzione. Per l’occasione Oonagh (Simone Kirby) indossa un vestito nuovo regalatole da Jimmy (Barry Ward ) mai indossato, un sogno vissuto e subito interrotto da una terribile condanna: esiliato!
Il vestito nuovo è un presagio per una Irlanda nuova, libera, indipendente.
La cattiveria, l’interesse, l’egoismo portano la gente cacciata di casa a cercare
“Il capitale”, ed è questo che sconvolge il parroco dimentico delle parole del Vangelo “Quello che avrai dato a loro lo avrai dato a me”.
Non aspettatevi un capolavoro ma solo un bel film da gustare e leggere attraverso immagini e musica locale e jazz, in un ambiente che riporta fedelmente all’epoca a cui si riferisce: un grammofono, il tip tap, le scarpette, i vestiti, la raccolta del fieno, la madre anziana che offre il classico tè nella modesta teiera d’allora,questa l’Irlanda!
Attori protagonisti e comparse bravissimi in un contesto che vede tre momenti esaltanti in cui ovviamente domina il personaggio Jimmy che il regista ha voluto presentarci: la riapertura della sala, il suo discorso, la confessione-accusa col parroco, l’addio con un corteo di biciclette; che spettacolo per dire addio allo spettatore! chibar22@libero.it
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zarar
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domenica 4 gennaio 2015
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qualche volta dormicchia anche ken loach
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Non è uno dei migliori film di Ken Loach, anche se è interessante l’approccio indirizzato a mostrare il conflitto di classe che intreccia strettamente il conflitto religioso cattolico-protestante e quello nazionalistico. Chi non può dimenticare l’Irlanda di registi come Sheridan o Greengrass, o anche solo, per es., Philomena, per quanto riguarda il peso della Chiesa cattolica irlandese sui destini degli individui, non riesce ad emozionarsi per un film un tantino agiografico, con uno sfondo da cartolina nostalgica e parecchie concessioni al sentimentalismo. I temi su cui Loach è grande, a mio parere, perché li sente proprio nella pelle, non sono quelli storico-politici, ma le storie anonime di vita in cui l’individuo si misura nel quotidiano con il sistema capitalistico in una lotta tanto più titanica, quanto più oscura e inavvertita tra le pieghe della grande storia.
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Non è uno dei migliori film di Ken Loach, anche se è interessante l’approccio indirizzato a mostrare il conflitto di classe che intreccia strettamente il conflitto religioso cattolico-protestante e quello nazionalistico. Chi non può dimenticare l’Irlanda di registi come Sheridan o Greengrass, o anche solo, per es., Philomena, per quanto riguarda il peso della Chiesa cattolica irlandese sui destini degli individui, non riesce ad emozionarsi per un film un tantino agiografico, con uno sfondo da cartolina nostalgica e parecchie concessioni al sentimentalismo. I temi su cui Loach è grande, a mio parere, perché li sente proprio nella pelle, non sono quelli storico-politici, ma le storie anonime di vita in cui l’individuo si misura nel quotidiano con il sistema capitalistico in una lotta tanto più titanica, quanto più oscura e inavvertita tra le pieghe della grande storia. Là il conflitto è profondamente interiorizzato dai personaggi, vittime ed eroi vitali e intensi, con tutte potenzialità negative e positive e le contraddizioni che li rendono veri. Qui il conflitto è tutto esterno e il nostro eroe Jimmy, bello, buono e allegro, ha una sola dimensione, dall’inizio alla fine. I personaggi di contorno sono sbiaditi, o, come il prete, troppo schematici anche quando vorrebbero esprimere un’intima e non risolta contraddizione. Una piccola comparsa che merita da sola una citazione: la bambinetta paffuta che con due sole apparizioni conquista il cuore con una faccina buffa indimenticabile.
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enrico danelli
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domenica 4 gennaio 2015
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comunismo di propaganda
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Superficiale. Miope. I titoli di testa scorrono su immagini della crisi del '29 negli Stati Uniti, crisi che sembrerebbe la madre di tutti i mali (nel proseguio del film così si sentenzia). La cattivissima chiesa cattolica ostacola in tutti i modi un onesto ragazzone irlandase che all'inzio ha il solo scopo di far ballare al calduccio i suoi compaesani e poi si scopre essere comunista e per giunta con l'immagine di un giovane Lenin appesa nel suo locale. I salti logici nel film sono moltissimi: uno su tutti. Il vero coinvolgimento politico del protagonista viene preceduto da una discussione molto approfondita dei suoi accoliti, discussione che si conclude per una astensione.
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Superficiale. Miope. I titoli di testa scorrono su immagini della crisi del '29 negli Stati Uniti, crisi che sembrerebbe la madre di tutti i mali (nel proseguio del film così si sentenzia). La cattivissima chiesa cattolica ostacola in tutti i modi un onesto ragazzone irlandase che all'inzio ha il solo scopo di far ballare al calduccio i suoi compaesani e poi si scopre essere comunista e per giunta con l'immagine di un giovane Lenin appesa nel suo locale. I salti logici nel film sono moltissimi: uno su tutti. Il vero coinvolgimento politico del protagonista viene preceduto da una discussione molto approfondita dei suoi accoliti, discussione che si conclude per una astensione. Nella scena immediatamente successiva troviamo invece il nostro a capeggiare la manifestazione che segnerà poi la sua rovina. L'atteggiamento di chiusura del parroco Sheridan sembra puro oscurantismo se non viene calato nella situazione storica di allora:: proprio negli stessi anni (1929-1930) in Russia si chiudono o demoliscono 6.715 chiese e il 26 agosto 1929 si instaura la settimana di 6 giorni proprio per eliminare la Domenica, ma l'accenno a Stalin e ai suoi orrori è fugacissimo e (volutamente) male sprecato in bocca all'iroso parroco. Per il resto si salva solo il travaglio psicologico proprio del parroco che in extremis concede l'onore delle armi al nemico sconfitto condannato all'esilio. Una ammiccante apertura di credito del regista al nuovo corso di papa Bergoglio ?
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omero27
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sabato 3 gennaio 2015
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un ken loach vecchia/nuova maniera
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Ken Loach propone una dramma dolce ambientato nell'irlanda rurale degli anni '30.
Loach abbandona , o quasi, i lirismi e l'intimismo dei sui ultimi film e torna agli inizi. Un ritorno alle origini, quasi una riscoperta delle proprie radici culturali, personali, stilistiche.
un bel film che consiglio a tutti ( credo che un pubblico maturo lo apprezzi moltissimo).
Favolosi i primi 30 secondi del film, una fotografia della crisi americana del '29, un po' Fitzgerald e un po' De Sica.
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drumtaps
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domenica 28 dicembre 2014
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un quadrifoglio di emozioni
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...come sempre Ken Loach è riuscito nella difficile operazione di far convivere il buon cinema a temi storici e sociali di alto spessore.
Bella l'ambientazione e pur nella linearità della costruzione non mancano momenti di forte emozione.
L'ennesimo centro di un regista lucido e appassionato.
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