alexander 1986
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martedì 8 settembre 2015
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l'uomo-oggetto, vero supereroe moderno
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Milano, giorni nostri. Antonio Pane (Antonio Albanese) è il sogno di ogni dirigente di Confindustria: lavora come 'rimpiazzo' per lavoratori di ogni tipo che si assentano per varie ragioni. Flessibilità all'ennesima potenza: gli può capitare infatti di attaccare manifesti per strada come di lavorare a una catena di montaggio in fabbrica. Dulcis in fundo, si dovrebbe far pagare ma accetta di essere sfruttato. A lui piace lavorare perché gli permette di uscire di casa e conoscere gente nuova. Beato lui. Accetta la sua condizione mostruosa con un'altrettanto mostruosa tranquillità; è felice così com'è. Non capisce anzi come mai i giovani non lo siano come lui.
Ciò che inquieta nel film di Gianni Amelio, presentato a Venezia due anni fa, è l'ambiguità del messaggio.
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Milano, giorni nostri. Antonio Pane (Antonio Albanese) è il sogno di ogni dirigente di Confindustria: lavora come 'rimpiazzo' per lavoratori di ogni tipo che si assentano per varie ragioni. Flessibilità all'ennesima potenza: gli può capitare infatti di attaccare manifesti per strada come di lavorare a una catena di montaggio in fabbrica. Dulcis in fundo, si dovrebbe far pagare ma accetta di essere sfruttato. A lui piace lavorare perché gli permette di uscire di casa e conoscere gente nuova. Beato lui. Accetta la sua condizione mostruosa con un'altrettanto mostruosa tranquillità; è felice così com'è. Non capisce anzi come mai i giovani non lo siano come lui.
Ciò che inquieta nel film di Gianni Amelio, presentato a Venezia due anni fa, è l'ambiguità del messaggio. Non si capisce bene insomma se alla fine il personaggio interpretato con grande umanità da Albanese debba essere giudicato in senso positivo o negativo. Detto in altri termini: non è chiaro se l'ottimismo espresso dalla pellicola debba essere preso sul serio, oppure se sia una specie di presa in giro verso la crescente cultura economista che trasforma le persone sempre più in strumenti docili e passivi. Propendo per la spiegazione più credibile. In ogni caso, il film regge solo sull'interpretazione del bravo protagonista e su una buona fotografia. A livello di scrittura e messa in scena, francamente Amelio avrebbe potuto fare di meglio.
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darkovic
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lunedì 7 dicembre 2015
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soldi pubblici buttati
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Pur avendo molta stima del regista Amelio e del bravo Albanese devo proprio dire che questo film e' veramente brutto.
Una regia senza nessuna impennata,una sceneggiatura deprimente e con poco senso.,oltre che un interpretazione scarsa del pur normalmente capace Albanese,lo r
itengo comunque sempre migliore nel comico che nel drammatico,sono i tre componenti che hanno fatto si' che questo film sia stata una vera grande delusione-
Dialoghi al limite dell'irreale,una fotografia appena sufficiente e scene poco credibili fanno si ' anche che lo stato,cioe' noi,abbia buttato soldi per un film che ha un messaggio sociale scontato ,risaputo e sempliciotto
Scarso e inutile
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stefano bruzzone
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mercoledì 10 settembre 2014
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inguardabile
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Una pellicola noiosissima che definirei "inutile". Inutile perché alla fine è tutta un Albanese-one-man-show il quale si impegna sino allo stremo nell'essere drammatico diventando quasi "inutile" ai fini del film, che racconterebbe di un cinquantenne senza lavoro, e perdendo di vista quella che è la vera tragedia ,ovvero la mancanza di lavoro, per saltellare, neanche troppo allegramente, da una conversazione all'altra senza approfondire la drammaticità del momento che sta vivendo il protagonista ma anzi, a tratti, sprizzando una incomprensibile allegria. Antonio Pane è separato (banalissimo l'incontro con la ex moglie in un ristorante mentre lui sbarca il lunario vendendo rose...da libro cuore) e con un figlio sassofonista piuttosto sfortunato e rovinato dai suoi ideali .
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Una pellicola noiosissima che definirei "inutile". Inutile perché alla fine è tutta un Albanese-one-man-show il quale si impegna sino allo stremo nell'essere drammatico diventando quasi "inutile" ai fini del film, che racconterebbe di un cinquantenne senza lavoro, e perdendo di vista quella che è la vera tragedia ,ovvero la mancanza di lavoro, per saltellare, neanche troppo allegramente, da una conversazione all'altra senza approfondire la drammaticità del momento che sta vivendo il protagonista ma anzi, a tratti, sprizzando una incomprensibile allegria. Antonio Pane è separato (banalissimo l'incontro con la ex moglie in un ristorante mentre lui sbarca il lunario vendendo rose...da libro cuore) e con un figlio sassofonista piuttosto sfortunato e rovinato dai suoi ideali . Di professione fa il rimpiazzo ovvero sostituisce sul posto di lavoro chi per svariati motivi deve assentarsi. Tutto qui. Troppe discrepanze rendono la pellicola noiosa sino allo sfinimento a cominciare proprio dal protagonista il quale fa tutti i lavori...dal cuoco al carpentiere passando per il sarto e poi il pescivendolo e addirittura il tranviere...suvvia, una caricatura surreale in un film che dovrebbe trattare un tema di triste realtà dei giorni nostri. Forse volevano fare un film d'autore,particolare, grottesco ma la riuscita è misera e inguardabile. Peccato, ci credevo.
Voto: 4
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great steven
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giovedì 8 ottobre 2015
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una salubre carica di ottimismo. sublime albanese.
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L'INTREPIDO (IT, 2013) diretto da GIANNI AMELIO. Interpretato da ANTONIO ALBANESE, LIVIA ROSSI, GABRIELE RENDINA, ALFONSO SANTAGATA, SANDRA CECCARELLI, BEDY MORATTI
Antonio Pane è un uomo decisamente fuori dal comune. Ridotto quasi in povertà dalle circostanze di una vita inclemente, si è adattato ad un lavoro alquanto speciale: il rimpiazzo. Nel senso che le sue mansioni consistono nel sostituire un mestierante che non può svolgere il suo lavoro per le ragioni più disparate, accettando tutte le responsabilità e gli oneri del caso. Così il bravo e solerte Antonio passa dal cantiere edile alla lavanderia, dal take-away ai centri commerciali, dalle strade dove affigge manifesti alle rotaie dei tram che guida con incredibile disinvoltura, nonostante soffra effettivamente per gli scarsi introiti che il suo prepotente, insensibile e vegliardo datore di lavoro gli concede con ben poca magnanimità.
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L'INTREPIDO (IT, 2013) diretto da GIANNI AMELIO. Interpretato da ANTONIO ALBANESE, LIVIA ROSSI, GABRIELE RENDINA, ALFONSO SANTAGATA, SANDRA CECCARELLI, BEDY MORATTI
Antonio Pane è un uomo decisamente fuori dal comune. Ridotto quasi in povertà dalle circostanze di una vita inclemente, si è adattato ad un lavoro alquanto speciale: il rimpiazzo. Nel senso che le sue mansioni consistono nel sostituire un mestierante che non può svolgere il suo lavoro per le ragioni più disparate, accettando tutte le responsabilità e gli oneri del caso. Così il bravo e solerte Antonio passa dal cantiere edile alla lavanderia, dal take-away ai centri commerciali, dalle strade dove affigge manifesti alle rotaie dei tram che guida con incredibile disinvoltura, nonostante soffra effettivamente per gli scarsi introiti che il suo prepotente, insensibile e vegliardo datore di lavoro gli concede con ben poca magnanimità. Antonio è anche un padre molto attento ai bisogni di un figlio, Ivo, piuttosto introverso e insicuro, che però è un ottimo virtuoso del sassofono, e vive ancora nel ricordo della donna con cui l’ha avuto, Adriana, che ora s’è ammogliata con un ricco imprenditore che arriverà anche ad offrire un impiego fisso ad un Antonio momentaneamente in difficoltà. Ma occuparsi di un solo mestiere non è nelle corde di questo eclettico individuo dalle mille risorse, e infatti il nostro protagonista riuscirà sia ad aiutare il figlio a superare la paura del palcoscenico sia a garantire la propria sicurezza lavorativa e affettiva, procedendo sempre a testa alta e con un immancabile sorriso sulle labbra (come testimonia anche l’ultima inquadratura del film, con Albanese che cammina di notte sul lungofiume). Amelio ha sempre prestato la propria sconfinata attenzione ai problemi sociali, e in questo piccolo capolavoro di schietta autenticità e visione obiettiva delle cose il suo impegno viene premiato dall’eccellente esito che tutti i contributi, artistici e tecnici, forniscono per regalare al pubblico della crisi economica scoppiata nel 2008 un prodotto che, qualitativamente e stilisticamente, è fatto davvero a regola d’arte. Il merito va naturalmente anche ad Albanese, che si toglie pure lo sfizio di ridere in faccia ai critici che sostengono che il cinema sia per lui soltanto un mezzo pretestuoso per trasferirvi i suoi personaggi macchiettistici, dimostrando invece che possiede tutte le doti necessarie per calarsi anche in ruoli drammatici capaci di dare uno spaccato veritiero e spiazzante di una realtà sociale e culturale di cui alcuni dovrebbero vergognarsi, altri no. In particolar modo l’ultimo che dovrebbe vergognarsene è proprio l’irriducibile e zelante Antonio Pace, il cui spirito d’adattamento gli consente di passare da una professione all’altra senza perdere nemmeno un briciolo della sua vitalità e del suo incommensurabile spirito di sacrificio. L’attore di Olginate finisce insomma per interpretare una sorta di eroe dei nostri tempi che, pur non possedendo abilità straordinarie, si erge a simbolo (o antisimbolo?) del combattimento proletario contro le ristrettezze economiche, vivendo questa parte soprattutto come fautore di piccoli miracoli quotidiani che avvengono grazie alle piccole cose, agli sforzi minuti uniti uno dopo l’altro per formare un equilibrio interiore che si rafforza sempre più fino a diventare incrollabile. L. Rossi (Lucia, la ragazza con la quale il protagonista stringe una difficile ma utile amicizia) e G. Rendina (Ivo Pane, il giovane musicista talentuoso) fanno con quest’opera il loro debutto nel mondo cinematografico. Se la cavano egregiamente entrambi. Peccato per l’esiguità del ruolo della funzionale S. Ceccarelli, il cui carattere assume comunque un’importanza cruciale ai fini della vicenda. Fotografia: Luca Bigazzi. Musiche composte, orchestrate e dirette da Franco Piersanti. Scenografia: Giancarlo Basili. Presentato in concorso al Festival di Venezia 2013.
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renatoc.
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lunedì 27 febbraio 2017
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mala tempora currunt!!
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Brutti tempi per chi non ha lavoro quelli attuali! Il protagonista però non si scoraggia ed ogni giorno va a rimpiazzare qualche assente, e così tira avanti, sempre sorridente e senza mai scoraggiarsi! Sostituisce anche il figlio, suonatore di sassofono, quando, una sera in cui doveva esibirsi viene preso da una crisi di panico, e così tutto si aggiusta! Separato dalla moglie si affeziona ad una ragazza con i suoi stessi problemi, ma che perde la fiducia in se stessa e si suicida! Una cosa mi è poco chiara: cosa sia successo nel negozio di scarpe! Va cercare il giusto numero di scarpe per il cliente ma trova tutte le scatole vuote ed allora prende la borsa e se ne va rinchiudendo il cliente nel negozio! Cos'era successo? I totolari avevano portato via tutto
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Brutti tempi per chi non ha lavoro quelli attuali! Il protagonista però non si scoraggia ed ogni giorno va a rimpiazzare qualche assente, e così tira avanti, sempre sorridente e senza mai scoraggiarsi! Sostituisce anche il figlio, suonatore di sassofono, quando, una sera in cui doveva esibirsi viene preso da una crisi di panico, e così tutto si aggiusta! Separato dalla moglie si affeziona ad una ragazza con i suoi stessi problemi, ma che perde la fiducia in se stessa e si suicida! Una cosa mi è poco chiara: cosa sia successo nel negozio di scarpe! Va cercare il giusto numero di scarpe per il cliente ma trova tutte le scatole vuote ed allora prende la borsa e se ne va rinchiudendo il cliente nel negozio! Cos'era successo? I totolari avevano portato via tutto ed erano fuggiti lasciando solo le scarpe in vetrina? O non si sentiva adatto per quel lavoro? Come significato il film è buono solo che io quando assisto ad un film unicamente parlato e completamente privo di colonna sonosra di sottofondo, lo trovo pesantissimo, specilmente se la storia è triste!
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rita branca
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venerdì 6 settembre 2013
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mai darsi per vinti
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L’intrepido, film (2013) di Gianni Amelio con Antonio Albanese, Gabriele Rendina, Livia Rossi e Alfonso Santagata
Un altro bel film del grande Gianni Amelio, sempre a suo agio nel rappresentare la tragedia umana, in questo caso mettendo in scena il dramma contemporaneo degli italiani e non solo senza lavoro fisso che però non si danno per vinti, almeno nel 50% dei casi, secondo la classifica deducibile dal film.
Lo straordinario Antonio Albanese offre un’ulteriore grande prova di bravura anche in quest’opera, dimostrando nuovamente la sua strabiliante duttilità di attore completo, capace di interpretare qualunque ruolo.
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L’intrepido, film (2013) di Gianni Amelio con Antonio Albanese, Gabriele Rendina, Livia Rossi e Alfonso Santagata
Un altro bel film del grande Gianni Amelio, sempre a suo agio nel rappresentare la tragedia umana, in questo caso mettendo in scena il dramma contemporaneo degli italiani e non solo senza lavoro fisso che però non si danno per vinti, almeno nel 50% dei casi, secondo la classifica deducibile dal film.
Lo straordinario Antonio Albanese offre un’ulteriore grande prova di bravura anche in quest’opera, dimostrando nuovamente la sua strabiliante duttilità di attore completo, capace di interpretare qualunque ruolo. Lo spettatore, abituato a conoscerlo in veste comica, satirica e drammatica, è colpito in questo esempio dalla dolcezza e dal lirismo del personaggio che interpreta: un uomo comune sul quale le tempeste si sono abbattute più volte, prima con la separazione dalla moglie che amava, poi dalla perdita del lavoro stabile e dalla necessità di affrontare l’emergenza quotidiana, accettando di buon grado qualunque lavoro anche brevissimo gli si offra. Questo dà al regista l’opportunità di farci conoscere aspetti del lavoro che, pur permeando la nostra vita, sono ignorati normalmente e che aggiungono interesse alla narrazione, rivelando anche gli aspetti loschi e le brutture di imprese / aziende, in realtà solo facciate pulite di organizzazioni criminali che prosperano con il lavaggio di danaro sporco e lo sfruttamento della prostituzione anche minorile.
Bella l’immagine del figlio sassofonista, molto bene interpretato dal giovane Gabriele Rendina che rinforza l’idea delle difficoltà esistenziali nella nostra epoca, meno convincente l’interpretazione della bella Livia Rossi, ancora un po’ impacciata.
Si lascia la sala con una sensazione di profonda tristezza ma con un messaggio positivo e incoraggiante a non arrendersi mai.
Rita Branca
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(di alessia guerriero)
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maria f.
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domenica 19 gennaio 2014
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evviva i buoni film!
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Antonio Pane di mestiere fa il rimpiazzo. Questo ruolo non gli crea grandi difficoltà esistenziali, è una persona che ragionando sulla situazione attuale dell’intera classe lavoratrice, ha capito che così butta, e se si vuole mangiare, bisogna adattarsi.
La vita gli ha regalato una capacità notevole, quella di adeguarsi alle situazioni senza per questo dover diventare un delinquente, un farabutto.
E’ consapevole che quella che sta vivendo non è vita, per sopravvivere scava dentro di sé e tira fuori il meglio: farsi piacere tutti i lavori, anche se questi, gli sono offerti da “caporali” che spesso non lo pagano.
La sua filosofia è non lasciarsi andare, non abbattersi, avere insomma la scusa ogni mattina per alzarsi, radersi e affrontare così una giornata dove ci saranno tante sostituzioni: da scaricatore, a tranviere, a operaio, badante, sarto, venditore di rose…… il segreto per riuscire a sobbarcarsi tutto ciò è di collaborare fattivamente agli incarichi affidatigli quali, essi siano, insomma non riscaldare il posto passivamente.
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Antonio Pane di mestiere fa il rimpiazzo. Questo ruolo non gli crea grandi difficoltà esistenziali, è una persona che ragionando sulla situazione attuale dell’intera classe lavoratrice, ha capito che così butta, e se si vuole mangiare, bisogna adattarsi.
La vita gli ha regalato una capacità notevole, quella di adeguarsi alle situazioni senza per questo dover diventare un delinquente, un farabutto.
E’ consapevole che quella che sta vivendo non è vita, per sopravvivere scava dentro di sé e tira fuori il meglio: farsi piacere tutti i lavori, anche se questi, gli sono offerti da “caporali” che spesso non lo pagano.
La sua filosofia è non lasciarsi andare, non abbattersi, avere insomma la scusa ogni mattina per alzarsi, radersi e affrontare così una giornata dove ci saranno tante sostituzioni: da scaricatore, a tranviere, a operaio, badante, sarto, venditore di rose…… il segreto per riuscire a sobbarcarsi tutto ciò è di collaborare fattivamente agli incarichi affidatigli quali, essi siano, insomma non riscaldare il posto passivamente.
Nel frattempo si prepara per tempi migliori, legge, studia si prepara alla vita diversa che alla fine vagheggia, arriverà.
La sua povertà non gli impedisce tuttavia di turbarsi e di disgustarsi quando si accorge di aver accettato un rimpiazzo che consisteva nell’accompagnare un bambino all’incontro amoroso con un uomo, pensando che questi fosse un parente.
Antonio incarna uno dei tanti martiri della nostra società subordinati a gente menefreghista, cinica, erede di quei tanti orridi, abominevoli raccapriccianti zotici arroganti Cetto Laqualunque.
Un applauso immenso per la bravura di Albanese e per l’interpretazione notevole di Gabriele Rendina. Colonna sonora incantevole.
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(di gigin1002)
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flyanto
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martedì 17 settembre 2013
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il ritratto di un eroe positivo che non si arrend
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Film dove si narra di un uomo ormai di mezz'età, di nome Antonio Pane (interpretato da Antonio Albanese), il quale, perso il proprio lavoro stabile a causa della crisi e della recessione nella società contemporanea, si adopera con ogni mezzo ad impiegare le proprie giornate svolgendo dei lavori quanto mai precari e di ogni sorta (dal muratore, al fattorino porta pizze, al badante, allo scaricatore al mercato del pesce, ecc...). I suoi lavori consistono per lo più nel sostituire per un giorno o per pochissimi giorni quei lavoratori stabili che per vari motivi non possono recarsi ad espletare il proprio impiego ed ogni volta egli vi si reca ed svolge le proprie mansioni sostitutive con un entusiasmo ed una determinazione innati ed unici.
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Film dove si narra di un uomo ormai di mezz'età, di nome Antonio Pane (interpretato da Antonio Albanese), il quale, perso il proprio lavoro stabile a causa della crisi e della recessione nella società contemporanea, si adopera con ogni mezzo ad impiegare le proprie giornate svolgendo dei lavori quanto mai precari e di ogni sorta (dal muratore, al fattorino porta pizze, al badante, allo scaricatore al mercato del pesce, ecc...). I suoi lavori consistono per lo più nel sostituire per un giorno o per pochissimi giorni quei lavoratori stabili che per vari motivi non possono recarsi ad espletare il proprio impiego ed ogni volta egli vi si reca ed svolge le proprie mansioni sostitutive con un entusiasmo ed una determinazione innati ed unici. La sua buona predisposizione gli fa affrontare più o meno serenamente, non solo il problema pratico di venire pagato saltuariamente ed, ovviamente, in nero, ma anche tutti quelli legati sia alla figura del figlio, studente presso il Conservatorio e suonatore di saxofono, amorevole nei suoi confronti ma assai turbato psicologicamente, sia a quella dell' ex moglie la quale nel frattempo, dopo averlo abbandonato anni prima, si è messa insieme ad un altro uomo assai meglio posizionato di lui. In questa sua ultima pellicola Gianni Amelio presenta, partendo come pretesto dalla tematica della crisi e della mancanza di lavoro nella società contemporanea, il ritratto di un uomo che affronta il problema della disoccupazione e della precarietà, se non con puro ottimismo, con almeno una predisposizione positiva e quasi fiduciosa verso un futuro, forse, migliore. Si sa già che ciò non si avvera ma quello che al regista interessa rappresentare è soprattutto proprio lo spirito entusiasta con cui il protagonista lotta ed affronta il mare di avversità di cui è costituita la sua esistenza, quasi a voler dimostrare che, un atteggiamento simile, forse, rimane oggigiorno come l' unica soluzione al grave problema della perdita del lavoro e della conseguente dignità umana. Ed, infatti, alla fine di tutto, si rivelerà proprio Antonio Pane il più forte degli altri, diventandone per alcuni, quali, per esempio, il figlio, addirittura un solido sostegno. Antonio Albanese interpreta magnificamente il proprio ruolo e le sue espressioni stralunate e sorridenti risultano quanto mai esplicative di un certo modo di essere e di affrontare un' esistenza buia. A questo punto oserei affermare che il pregio del film, non scevro purtroppo di alcune incongruenze, viene determinato proprio dalla sua presenza.
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enzo70
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domenica 22 settembre 2013
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albanese resiste, ma il fiato è ormai corto
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Un film che vorrebbe essere intenso, ma che alla fine dei conti rischia di rivelarsi noioso. Albanese interpreta, bene, un uomo che vuole lavorare ai tempi dello spread. Antonio Pane accetta tutti i lavori e non per questo si ritiene precario. Lui lavoro perché ha bisogno di lavorare e perché gli piace lavorare. Quante volte ho ripetuto questo termine in poche righe? Perché il leit motiv del film è proprio questo, il lavoro come rimedio, il rimedio ad un matrimonio fallito, alle incomprensioni con il figlio ed ad un amore impossibile. In questo film di D’Amelio il velo di tristezza è reso anche dall’impianto fotografico e scenografico, che , non a caso, in diversi passaggi rievoca le scene dei film di Charlotte.
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Un film che vorrebbe essere intenso, ma che alla fine dei conti rischia di rivelarsi noioso. Albanese interpreta, bene, un uomo che vuole lavorare ai tempi dello spread. Antonio Pane accetta tutti i lavori e non per questo si ritiene precario. Lui lavoro perché ha bisogno di lavorare e perché gli piace lavorare. Quante volte ho ripetuto questo termine in poche righe? Perché il leit motiv del film è proprio questo, il lavoro come rimedio, il rimedio ad un matrimonio fallito, alle incomprensioni con il figlio ed ad un amore impossibile. In questo film di D’Amelio il velo di tristezza è reso anche dall’impianto fotografico e scenografico, che , non a caso, in diversi passaggi rievoca le scene dei film di Charlotte. Fino a qua tutto bene, ma Albanese ha perso quel carattere di originalità e di profonda diversità dai clichet del cinema contemporaneo italiano, elementi che hanno caraterizzato i suoi primi film, per appiattirsi nel consueto politicamente corretto dei nostri tempi. Alla fine il film non rende quanto potrebbe e la stessa interpretazione di Albanese sconta un certo tipo di conformismo. Nonostante le premesse ci fossero tutte. Comunque, è un film che andrebbe visto, alcune trovate sono intelligenti ed il regista, si vede, conosce il mestiere. Ma non aspettatevi altro.
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pepito1948
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lunedì 16 settembre 2013
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milano, italia
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Uscito dal contesto storico-letterario di Camus (l’Algeria agli inizi delle lotte per l’indipendenza), Amelio si rituffa nell’Italia di oggi, quella di una crisi che morde in senso orizzontale ed a tutto campo, in cui mancano tante cose utili o necessarie: solidarietà, contiguità sociale, colori (anche interiori) e soprattutto lavoro, e ce ne sono tante di cui vorremmo fare a meno, come la scarsa qualità della vita, la solitudine, la mancanza di protezione, la deriva culturale, la difficoltà di relazionarsi e di realizzarsi.
In una Milano in cui queste contraddizioni sono visivamente ben messe in rilievo, in un’atmosfera brunita, quasi metallica, si muove un uomo di mezza età, prototipo ai confini della surrealtà della precarietà odierna.
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Uscito dal contesto storico-letterario di Camus (l’Algeria agli inizi delle lotte per l’indipendenza), Amelio si rituffa nell’Italia di oggi, quella di una crisi che morde in senso orizzontale ed a tutto campo, in cui mancano tante cose utili o necessarie: solidarietà, contiguità sociale, colori (anche interiori) e soprattutto lavoro, e ce ne sono tante di cui vorremmo fare a meno, come la scarsa qualità della vita, la solitudine, la mancanza di protezione, la deriva culturale, la difficoltà di relazionarsi e di realizzarsi.
In una Milano in cui queste contraddizioni sono visivamente ben messe in rilievo, in un’atmosfera brunita, quasi metallica, si muove un uomo di mezza età, prototipo ai confini della surrealtà della precarietà odierna.
Albanese fa il rimpiazzatore, sostituisce chi per qualche motivo si assenta temporaneamente dal lavoro, senza farsi domande, senza voler sapere che succederà domani, e soprattutto senza disperazione. Lo fa e basta, accettando con convinta accondiscendenza una realtà mutevole, spesso spietata, che tutto decide senza chiedergli nulla e senza fornire prospettive predefinite.
Albanese non ha famiglia se non un figlio su cui convoglia i suoi affetti, non ha relazioni importanti, e quando ci prova ad instaurarne, forze endogene si oppongono inesorabilmente, non ha progettualità o aspettative di nuove conquiste, accontentandosi di una vita frammentata, discontinua, di tappare buchi aperti da altri, di rapporti mutevoli e fugaci. Ma ha uno strumento di autogestione del proprio essere raramente riscontrabile, che è la consapevolezza di accettare con pacifica adesione la mutevolezza del vivere giorno per giorno, insinuandosi anche per poco nelle brevi pause altrui con leggerezza, se non con il sorriso. Solo negli affetti che contano sa che non può permettersi una rassegnata passività, deve coltivare la relazione con intelligenza e con un equilibrato interventismo; ed i fatti lo premieranno, quando il figlio, grazie anche all’azione e la vicinanza del padre, riuscirà ad imporsi con il suo talento secondo le sue regole, e forse gestirà la sua vita secondo linee continue, così come quella del padre resterà frammentata ed andrà avanti per segmenti, di tempo, di spazio, di affetti.
Metafora di una società involuta, perennemente irrisolta, ossessionata da stridenti ossimori come ricchezza e povertà, socialità e solitudine, modernità ed arretratezza, Amelio lancia un grido di speranza, lo svelamento di possibilità sia pure tra le pieghe e nella frantumazione spesso violenta di una comunità che lascia intravedere angoli, aree recondite, sprazzi recettivi in cui potersi rifugiare sempre galleggiando e senza mai farsi sopraffare dalla irta e spesso disumana dimensione della precarietà. E lo sguardo finale, monitorio e incoraggiante insieme, verso la macchina da presa è un chiaro invito al pubblico a tener conto di questa strada.
Albanese si conferma attore versatile e capace di vestire i panni di un personaggio drammatico non meno di quando indossa le sue esilaranti maschere sociali. Così come suggestivo è il “clima” creato da Amelio intorno ai personaggi e la sua bravura nel valorizzarne la resa artistica, tenendoli sempre per mano e modulando i toni di atmosfera attraverso i colori, sbiaditi ma sempre appropriati.
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