chris98
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martedì 21 gennaio 2014
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maestoso
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Un film indimenticabile, seganto da grandi interpretazioni e musiche irchestrate magistralmente per adattarsi all'interpretazione degli attori. La scelta di registrare dal vivo ha dato al film un realismo unico, anche a discapito di performance canore non proprio eccellenti. Tutti si sono accaniti su Russell Crowe e il suo Javert, io non giudico il canto che comunque trovo molto ben fatto e curato, ma l'interpretazione in generale, e vi posso garantire da maniaco di Victor Hugo che la sua interpretazione di Javert's Suicide è l'unica che mi ha trasmesso le stesse emozioni del libro; altre sue grandi interpretazioni sono "On Parole", in cui traspare tutto il suo disprezzo per i criminali, e "The Confrontation", dove finalmente Javert appare come il poliziotto temibile e irrefrenabile che è nel libro.
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Un film indimenticabile, seganto da grandi interpretazioni e musiche irchestrate magistralmente per adattarsi all'interpretazione degli attori. La scelta di registrare dal vivo ha dato al film un realismo unico, anche a discapito di performance canore non proprio eccellenti. Tutti si sono accaniti su Russell Crowe e il suo Javert, io non giudico il canto che comunque trovo molto ben fatto e curato, ma l'interpretazione in generale, e vi posso garantire da maniaco di Victor Hugo che la sua interpretazione di Javert's Suicide è l'unica che mi ha trasmesso le stesse emozioni del libro; altre sue grandi interpretazioni sono "On Parole", in cui traspare tutto il suo disprezzo per i criminali, e "The Confrontation", dove finalmente Javert appare come il poliziotto temibile e irrefrenabile che è nel libro. Degli altri attori non parlo, tutti eccellenti come hanno riconosciuto tutti. Quello che adoro di questo film è che, pur avendo una trama in alcuni punti leggermente semplificata rispetto al libro, resta fedelissimo nello spirito. Senza dubbio la miglior traspozione.
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cris87
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sabato 28 dicembre 2013
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più attuale che mai
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Unico nel suo genere, finalmente un film musicale all'altezza della sua celeberrima versione teatrale: reso fedelmente, recitato e cantato benissimo.
La coraggiosa scelta del regista di far recitare cantando dal vivo sul set premia in pieno, porta quest'opera a un livello superiore e la fa brillare di luce propria.
I temi e i personaggi sono solo in apparenza relegati in un distante passato: i pregiudizi della società che ti imprigionano più della galera in cui sei stato o ti fanno diventare la prostituta che non eri, la fede religiosa tormentata, le ingiustizie e lo sfruttamento sul lavoro, l'aspirazione ad una democrazia vera, la ribellione contro sistemi di potere rigidi e stantii, la rabbia dei giovani e il coraggio dei padri, l'amore contrastato e quello non ricambiato.
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Unico nel suo genere, finalmente un film musicale all'altezza della sua celeberrima versione teatrale: reso fedelmente, recitato e cantato benissimo.
La coraggiosa scelta del regista di far recitare cantando dal vivo sul set premia in pieno, porta quest'opera a un livello superiore e la fa brillare di luce propria.
I temi e i personaggi sono solo in apparenza relegati in un distante passato: i pregiudizi della società che ti imprigionano più della galera in cui sei stato o ti fanno diventare la prostituta che non eri, la fede religiosa tormentata, le ingiustizie e lo sfruttamento sul lavoro, l'aspirazione ad una democrazia vera, la ribellione contro sistemi di potere rigidi e stantii, la rabbia dei giovani e il coraggio dei padri, l'amore contrastato e quello non ricambiato. Sono tutti elementi di estrema attualità che coinvolgono lo spettatore e lo legano indissolubilmente a questa storia.
Su "Empty chairs at empty tables" piangevo così forte che mi aspettavo di essere portata via dal personale del cinema da un momento all'altro per il disturbo che arrecavo. Per fortuna non è successo e ho potuto godermi per intero il commovente finale, straziante e trionfale allo stesso tempo.
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nik deco
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sabato 10 agosto 2013
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l'apogeo del genere musicale, ma pecca la regia.
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Definito "Il film più emozionante di tutti i tempi" il kolossal musicale di Tom Hooper,gia lanciato sul panorama dei grandi registi in circolazione con "Il Discorso del Re",consacra il regista fra i grandissimi cineasti viventi. Un film di indubbio valore artistico e cinematografico,atto a suscitare l'emotività dello spettatore per tutta la sua durata. Innegabilmente il miglior film dell'anno,anche se sicuramente non osannato nè dalla critica nè tantomeno dai giurati dell'Academy,che fin troppe volte nei lontani anni '50 e '60 ha privilegiato senza riserve musical di indiscusso valore ma non meritevoli dell'ambita statuetta,a scapito di capolavori quali "Un Posto al Sole" nel '52(fu premiato "Un Americano a Parigi di Vincente Minelli)e "Il Dottor Zivago" nel '66(quell'anno vinse "Tutti insieme appassionatamente" di Robert Wise).
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Definito "Il film più emozionante di tutti i tempi" il kolossal musicale di Tom Hooper,gia lanciato sul panorama dei grandi registi in circolazione con "Il Discorso del Re",consacra il regista fra i grandissimi cineasti viventi. Un film di indubbio valore artistico e cinematografico,atto a suscitare l'emotività dello spettatore per tutta la sua durata. Innegabilmente il miglior film dell'anno,anche se sicuramente non osannato nè dalla critica nè tantomeno dai giurati dell'Academy,che fin troppe volte nei lontani anni '50 e '60 ha privilegiato senza riserve musical di indiscusso valore ma non meritevoli dell'ambita statuetta,a scapito di capolavori quali "Un Posto al Sole" nel '52(fu premiato "Un Americano a Parigi di Vincente Minelli)e "Il Dottor Zivago" nel '66(quell'anno vinse "Tutti insieme appassionatamente" di Robert Wise). Così ora la prestigiosa associazione degli Oscar sembra voler ingiustamente riequilibrare la situazione non valorizzando pellicole come "Sweeney Todd" o,per l'appunto "Les Miserables". Giungendo all'analisi prettamente tecnica,il film si rivela di giusta durata,158 minuti che valorizzano gli aspetti caratteriali e psicologici dei personaggi e approfondiscono la situazione di ognuno di essi,pullulante di ottime interpretazioni da parte dell'intero cast,dalla osannata Hathaway,al vigoroso Crowe e al realistico e possente Jackman,passando per Eddie Redmayne e Samantha Barks,interpreti di personaggi secondari ma totalmente in grado di costituire una solida ossatura al film. All'interno delle splendide scenografie di Eve Stewart,vincitrice del BAFTA per il suo lavoro,prende luogo la vicenda,pitturata e valorizzata dalla pittoresca ma realistica fotografia di Danny Cohen,ingiustamente non presa in considerazione dall'Academy. Ottimo anche il lavoro svolto dagli ingegneri e dai montatori del suono (un Oscar e un BAFTA a questo reparto),che riesce a valorizzare al massimo le realistiche ma decisamente rigogliose ed energiche performance degli attori. Un film di impianto solido e totalmente apprezzabile che,pur non riuscendo ad aggiudicarsi l'Oscar al miglior film,si consola con le statuette come miglior attrice non protagonista (Hathaway), miglior trucco e miglior suono, e tre onorevolissimi Golden Globe, tra cui miglior film musicale. Un aitante film che emoziona e rende compartecipe il pubblico. Un film che,anche dal punto di vista dei temi trattati,si rivela uno dei migliori film del 2012. Un ottimo film,ma non perfetto. Si direbbe che il risultato di un film dipenda in gran parte dalle scelte registiche,ma questa affermazione poco si adatta a questa pellicola. Pecca effettivamente la regia di Tom Hooper,ben lontana dai toni accademici de "Il Discorso del Re",intenta a trasmettere toni spiccatamente moderni all'opera,del tutto sperimentali,teatrali. Accettabile e condivisibile la scelta degli intensi e prolungati primi piani,come quelli della Hathaway di "I Dreamed a Dream" o di Samantha Barks in "On My Own",ma sicuramente discutibili alcune scelte di montaggio e di determinate inquadrature nella prima metà del film. "Tom Hooper parla bene il linguaggio del primo piano,ma manca di sfruttare il dinamismo del montaggio e non sempre organizza bene lo spazio all'interno dell'inquadratura" scrive Carola Proto. Tuttavia Hooper rivela uno stile che si sposa perfettamente all'opera di Hugo nelle sequenze più maestose ed emozionanti,come l'epilogo,e rende l'intero film permeato di un gradevole,sensibile e commovente pathos.
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rescart
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giovedì 18 luglio 2013
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alle radici dell'imperialismo contemporaneo
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Che negli autori di questo musical ci sia un cedimento a celebrare l'imperialismo Yankee si può intuire se si pensa al titolo della loro seconda opera di successo, Miss Saigon, che trasferisce sulle rive del Mekong la trama della Madama Butterfly di Puccini. In questo caso invece la trama è aderente all'originale ed il contenuto è ben collaudato, in quanto non si tratta solo dell'opera più importante del celebre scrittore francese Victor Hugo, Les Miserables, ma della sua riduzione operistica, andata in scena con gran successo e con innumerevoli repliche in quella Broadway londinese che è il West End sin dal 1985, cinque anni dopo la sua edizione originale francese che a Parigi fu accolta meno calorosamente.
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Che negli autori di questo musical ci sia un cedimento a celebrare l'imperialismo Yankee si può intuire se si pensa al titolo della loro seconda opera di successo, Miss Saigon, che trasferisce sulle rive del Mekong la trama della Madama Butterfly di Puccini. In questo caso invece la trama è aderente all'originale ed il contenuto è ben collaudato, in quanto non si tratta solo dell'opera più importante del celebre scrittore francese Victor Hugo, Les Miserables, ma della sua riduzione operistica, andata in scena con gran successo e con innumerevoli repliche in quella Broadway londinese che è il West End sin dal 1985, cinque anni dopo la sua edizione originale francese che a Parigi fu accolta meno calorosamente. Siamo quindi in un contesto che si ricollega direttamente al grande impero che ha il suo centro nevralgico nella grande mela newyorkese dalla quale, come attraverso un worm hole, si diramano tutte le parole d'ordine che hanno fatto spirare il vento globale ora da una parte ora dall'altra, a seconda degli interessi economici e geopolitici predominanti. Riportare in luce questo residuato bellico non può che avere un significato ben preciso a 23 anni suonati dalla caduta del muro si Berlino. Stiamo infatti parlando dello stesso intervallo di tempo che intercorre tra la rivoluzione francese e la cosiddetta “restaurazione” che il Metternich realizzò in Francia e in tutta Europa dopo la caduta di Napoleone con il Congresso di Vienna. La trama del film inizia non a caso nel 1815, l'anno del Congresso che decretò il nuovo ordine europeo post-illuministico, e finisce nel 1832 con i moti parigini seguiti alla morte del generale napoleonico Lamarque, repressi nel sangue. La trama ci parla di un galeotto, tale Jean Valjean, che rubò a fin di bene ma che, messo alla prova dal capitano delle guardie che lo rilascia sulla parola per buona condotta, ricasca nell'errore, viene miracolosamente graziato e si impegna solennemente a cambiare vita. Per fare ciò però è costretto a crearsi una seconda e una terza identità clandestine, arrivando prima a ricoprire la carica di sindaco e proprietario di una fabbrica a Montreuil-sur-Mer e poi a condurre una vita agiata a Parigi in compagnia della figlia adottiva Cosette. Con lei Valjean rischia di ripetere lo stesso errore già fatto quando fu condannato la prima volta a 19 anni di lavori forzati, ma questa volta l'amore per Cosette lo spinge a sacrificarsi per salvare la vita al giovane innamorato di lei e ricambiato, che altrimenti sarebbe destinato a fare la fine dei suoi compagni rivoluzionari. Alla fine morirà lui al posto del giovane, ma sarà una morte felice che lo vedrà riunito ai martiri per la libertà del '32 e alla madre di Cosette, che lo accoglie nell'aldilà perdonandolo per non aver impedito che venisse cacciata dal suo galoppino. Oggi come allora la ricerca del tornaconto personale domina su tutto, a qualsiasi costo, ma vale ancora la pena rifuggire da facili autoassoluzioni, sia sotto forma di trionfi di thanatos sia sotto forma di improbabili famiglie allargate come nel caso di Miss Saigon. Se non altro per alzare una sorta di “firewall” spirituale all'invasiva presenza di un'egemonia culturale che pretende di controllare le coscienze estendendo il controllo globale dei comportamenti al di là dell'accettabile.
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cantodiluna
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domenica 7 luglio 2013
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mai visto niente di più emozionante
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Dopo Jesus Christ Superstar, Victor Victoria, Moulin Rouge e Chicago, non mi aspettavo di emozionarmi così tanto! Non sono una fanatica del musical, non corro a vederlo in teatro, mi accontento dello schermo.
Non amo particolarmente il vibrato lirico di vecchio stampo, eppure LES MISERABLES ha avuto il potere di stregarmi per la potenza, il lirismo fuori dal tempo, per le sue MUSICHE tutte centratissime.
Musiche 'ibride', dai colori, a volte, vagamente pucciniani, che non necessitano rigorosamente di voci liriche allo stato puro (ma consiglio di sentire il tenore Alfie Boe!).
Di questo musical, che trovo ben diretto e interpretato magistralmente da tutti o quasi (non impazzisco per Cohen e Bonham-Carter, dopo averne visto sy YouTube interpretazioni teatrali strepitose, né l'assenza di elasticità vocale di Crowe, sebbene ben calato nei panni del granitico Javert), apprezzo in assoluto l'insieme, la capacità di sintesi degli adattatori, a partire da quelli originali francesi, la bellezza delle scenografie.
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Dopo Jesus Christ Superstar, Victor Victoria, Moulin Rouge e Chicago, non mi aspettavo di emozionarmi così tanto! Non sono una fanatica del musical, non corro a vederlo in teatro, mi accontento dello schermo.
Non amo particolarmente il vibrato lirico di vecchio stampo, eppure LES MISERABLES ha avuto il potere di stregarmi per la potenza, il lirismo fuori dal tempo, per le sue MUSICHE tutte centratissime.
Musiche 'ibride', dai colori, a volte, vagamente pucciniani, che non necessitano rigorosamente di voci liriche allo stato puro (ma consiglio di sentire il tenore Alfie Boe!).
Di questo musical, che trovo ben diretto e interpretato magistralmente da tutti o quasi (non impazzisco per Cohen e Bonham-Carter, dopo averne visto sy YouTube interpretazioni teatrali strepitose, né l'assenza di elasticità vocale di Crowe, sebbene ben calato nei panni del granitico Javert), apprezzo in assoluto l'insieme, la capacità di sintesi degli adattatori, a partire da quelli originali francesi, la bellezza delle scenografie.
Ben vengano queste soluzioni musicali se vanno incontro ai gusti più 'moderni' del pubblico odierno che, come me, si scopre con piacere ancora in grado di emozionarsi e tanto!
Molti i brani toccanti:
- ONE DAY MORE: strepitosamente corale, riprende e amplia il tema di WHO AM I, una delle tante chicche cantate da Jackman
- I DREAMED A DREAM: Hathaway sconvolgente e inarrivabile
- STARS: ottimo Crowe-Javert, duro come il marmo su cui cammina
- DO YOU HEAR THE PEOPLE SING: esaltante, carico di speranza, perfetto al centro della storia e alla fine
- EMPTY CHAIRS AT EMPTY TABLES: decisamente in parte il giovane Redmayne.
Che dire di più?
Da guardare, riguardare, riascoltare e, perché no?, ricantare.
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jacopo b98
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giovedì 2 maggio 2013
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tom hooper torna al cinema con un nuovo capolavoro
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Jean Valjean (Jackman) è un galeotto, condannato a diciannove anni di lavori forzati per aver rubato un pezzo di pane. Quando riesce a fuggire, diventa un uomo onesto, nonché sindaco di una cittadina. Arriva proprio in quella città Javert (Crowe), la guardia carceraria che lo bracca da anni. Intanto la prostituta Fantine (Hathaway) muore dopo aver affidato la figlia Cosette (Allen da piccola, Seyfried da grande) proprio a Valjean, che la cresce con sé. Cosette si innamora di Marius (Redmayne), rivoluzionario che vuole rovesciare il governo oppressivo. Quando scoppia la rivoluzione Javert si infiltra nelle linee ribelli ma viene scoperto e poi liberato da Valjean.
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Jean Valjean (Jackman) è un galeotto, condannato a diciannove anni di lavori forzati per aver rubato un pezzo di pane. Quando riesce a fuggire, diventa un uomo onesto, nonché sindaco di una cittadina. Arriva proprio in quella città Javert (Crowe), la guardia carceraria che lo bracca da anni. Intanto la prostituta Fantine (Hathaway) muore dopo aver affidato la figlia Cosette (Allen da piccola, Seyfried da grande) proprio a Valjean, che la cresce con sé. Cosette si innamora di Marius (Redmayne), rivoluzionario che vuole rovesciare il governo oppressivo. Quando scoppia la rivoluzione Javert si infiltra nelle linee ribelli ma viene scoperto e poi liberato da Valjean. La rivolta viene soffocata nel sangue dalle truppe del re, Marius viene ferito e salvato dal protagonista che viene catturato dal carceriere che, in onore del suo gesto, lo lascia andare prima di suicidarsi. Cosette e il suo grande amore si sposano, ma devono subito piangere Valjean, che muore e va a cantare inni alla libertà in paradiso. Nel 1985 Claude-Michel Schonberg e Alain Boublil trassero dal capolavoro di Victor Hugo un musical che sarebbe diventato quello di maggior successo della storia; visto da più di sessantacinque milioni di persone, è ancora rappresentato da ventisette anni a Broadway. Era solo questione di tempo che il cinema decidesse di trasportare lo spettacolo sul grande schermo. Ci ha pensato Tom Hooper, al suo terzo film da regista, già premio Oscar per il bellissimo Il discorso del re. Che dire del risultato? Innanzitutto diciamo che non è un musical tradizionale, dato che non c’è nessun balletto, sembra più che qualcuno abbia voluto trasporre un’opera di Verdi o di Rossini. Anche lo stile delle musiche è molto “ottocentesco”. Inoltre in Chicago, per fare un esempio, in due ore c’erano diciannove numeri musicali, qui, in due ore e mezzo ci sono i quarantanove del musical originale più la canzone Suddenly, composta da Shonberg apposta per il film; cinquanta in tutto. Infatti il film è cantato al 99%. Ebbene, questo a qualcuno può dare fastidio, ma bisogna dire che il risultato è grandioso: il film riesce infatti ad emozionare come pochi altri, grazie solamente alla forza eccezionale della colonna sonora, una delle più belle di tutti i tempi, a alla regia di Hooper che, tranne nell’inizio e nel finale, rimane attaccato con la cinepresa ai personaggi, valorizzando con il primo piano le interpretazioni degli attori e immergendoci nella povertà dei miserabili. Con ciò è innegabile il contributo delle scenografie, molto curate e, nel prologo e nell’epilogo, grandiose. Gli attori cantano in presa diretta, accompagnati solo da un pianoforte, e sono tutti straordinari: la Hathaway, epocale nei suoi dieci minuti e in I dreamed a dream; Redmayne, grande scoperta del film, bravissimo; la Seyfried, che lancia degli acuti grandiosi; la Bonham Carter e Baron Cohen, divertentissimi; e la giovanissima S. Barks, classe 1990, già Èponine nella rappresentazione teatrale del venticinquesimo anniversario; qualche riserva solo su Jackman e Crowe, bravi, ma un po’ senza voce per recitare in un musical come questo. Molte le canzoni bellissime, da I dreamed a dream (Hathaway) a Who am I (Jackman), fino alla straziante On my own (Barks, la migliore a cantare) ed alle orecchiabili melodie cantate dal cast completo One day more e Do you hear the people sing?. Tre Golden Globe: miglior film commedia o musical, miglior attore in commedia o musical e miglior attrice non protagonista (Hathaway). Otto meritatissime nomination agli Oscar e tre statuette: miglior attrice protagonista (sempre Hathaway), sonoro e trucco. Costato sessantuno milioni di dollari ne ha incassati oltre quattrocento in tutto il mondo.
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gabriella
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martedì 30 aprile 2013
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lo scandalo della miseria
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"Finchè esisterà, per effetto delle leggi e dei costumi, una dannazione sociale che crea artificialmente, in piena civiltà, degli inferni e complica con una fatalità umana il destino che è divino; finchè i tre problemi del secolo, la degradazione dell'uomo per il proletariato, la decadenza della donna per la fame e l'atrofia del fanciullo per l'oscurità, non saranno risolti; finchè, in certe regioni, l'asfissia sociale sarà permessa; in altre parole e da un punto di vista ancora più ampio, finchè sussisteranno l'ignoranza e la miseria, i libri sul tipo di questo non saranno inutili".
Chissà se scrivendo queste parole Victor Hugo immaginava l’attualità del suo torreggiante romanzo ai giorni nostri, la crisi odierna impone delle riflessioni sulle miserie di una società che ribolle in cerca di una luce per l’avvenire, come la Parigi dell’ottocento, esplorata nei suoi meandri più segreti, nei luoghi solitari e malsani, nel suo ventre fetido che partorisce i suoi figli non solo senza un futuro, ma anche senza un presente dignitoso e degno di essere vissuto.
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"Finchè esisterà, per effetto delle leggi e dei costumi, una dannazione sociale che crea artificialmente, in piena civiltà, degli inferni e complica con una fatalità umana il destino che è divino; finchè i tre problemi del secolo, la degradazione dell'uomo per il proletariato, la decadenza della donna per la fame e l'atrofia del fanciullo per l'oscurità, non saranno risolti; finchè, in certe regioni, l'asfissia sociale sarà permessa; in altre parole e da un punto di vista ancora più ampio, finchè sussisteranno l'ignoranza e la miseria, i libri sul tipo di questo non saranno inutili".
Chissà se scrivendo queste parole Victor Hugo immaginava l’attualità del suo torreggiante romanzo ai giorni nostri, la crisi odierna impone delle riflessioni sulle miserie di una società che ribolle in cerca di una luce per l’avvenire, come la Parigi dell’ottocento, esplorata nei suoi meandri più segreti, nei luoghi solitari e malsani, nel suo ventre fetido che partorisce i suoi figli non solo senza un futuro, ma anche senza un presente dignitoso e degno di essere vissuto.
Da ciò ne scaturisce un canto, di dolore, di rabbia, di disperazione sotto un macigno di tenebre dove si fa fatica ad aprire una feritoia per intravedere la luce, è il canto accorato di Fantine e il suo sogno infranto, costretta a vendersi per sfamare la figlioletta, il canto di speranza di Jean Valjent , trasfigurato e redento in nome della giustizia divina e umana, quello di Marius e Cosette, in nome di un amore nascente, di Eponine che ama senza essere corrisposta, dei rivoluzionari, col coraggio della gioventù e l’entusiasmo di un ideale, o quello di Javert,capo della polizia, deragliato da una coscienza rettilinea, così cieca da non riuscire a intravedere la grandezza e la nobiltà dell’animo umano, capace di trasformarsi per un gesto di amore. La figura di quest’ultimo ben si adegua al contesto narrativo, anche la sua voce, da molti ritenuta non all’altezza, perché in effetti è la voce fuori dal coro, è un canto minore, il ligio uomo dei codici sempre in bilico tra una legalità da rispettare e l’abisso di un’umanità imperfetta, che si perde ma sa rialzare il capo con forza e coraggio.
Il film di Hooper è un musical denso e potente, una polveriera di emozioni che arriva dritto al cuore e lo fa sussultare di passione, di sdegno, di rabbia, di speranza e di commozione, coglie l’anima del romanzo , credo Victor Hugo avrebbe sicuramente apprezzato.
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rampante
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mercoledì 24 aprile 2013
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n. 24601
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Francia, XIX Secolo, Jean Valjean è il prigioniero n° 24601, condannato ai lavori forzati per aver rubato un pezzo di pane.
Graziato è ricercato per anni dallo spietato Ispettore Javert per aver violato la libertà condizionata.
Cambia identità e vive in un villaggio dove è conosciuto per la sua generosità e per l'aiuto che offre ai più deboli. E' un cittadino rispettabile, imprenditore e sindaco pronto a fare del bene e si occupa in particolare di una povera operaia Fantine e di sua figlia, Cosette.
L'arrivo sul posto dello stesso poliziotto Javert viene riconosciuto e poichè la sua ricerca della giustizia non conosce pausa costringe Valjean nuovamente alla fuga.
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Francia, XIX Secolo, Jean Valjean è il prigioniero n° 24601, condannato ai lavori forzati per aver rubato un pezzo di pane.
Graziato è ricercato per anni dallo spietato Ispettore Javert per aver violato la libertà condizionata.
Cambia identità e vive in un villaggio dove è conosciuto per la sua generosità e per l'aiuto che offre ai più deboli. E' un cittadino rispettabile, imprenditore e sindaco pronto a fare del bene e si occupa in particolare di una povera operaia Fantine e di sua figlia, Cosette.
L'arrivo sul posto dello stesso poliziotto Javert viene riconosciuto e poichè la sua ricerca della giustizia non conosce pausa costringe Valjean nuovamente alla fuga.
Il film si attiene alla struttura dello spettacolo originale, senza recitativi o dialoghi ma cantato dal vivo, ha un ricco contenuto poetico e un'autentica emozione è
trasmessa dagli intermezzi comico-grotteschi della coppia Bonham Carter/ Sacha Baron.
Grande sapienza della regia.
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davone_92
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sabato 16 marzo 2013
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la rivoluzione che incanta e commuove
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Incanto e pianti sono le sensazioni che suscita il nuovo capolavoro di Tom Hooper che, dopo il film premio Oscar "Il discorso del re", si riconferma uno dei registi migliori sulla scena con "Les Miserables". Un film che oggettivamente non può che essere considerato un capolavoro, anche essendo un genere particolare che non tutti apprezzano. Immeritata la mancata statuetta come miglior film visto che a mio avviso a differenza di Argo, che è un altro gran bel film, non ha regalato le giuste sensazioni ed emozioni che invece ha dato la pellicola di Hooper. Passando agli attori sottolineo l'acclamata e immensa Anne Hathaway, che incanta la scena con un'interpretazione a dir poco perfetta ( con la commovente "I dreamed a dream" ) , che le vale la statuetta che sembra gli sia stata cucita addosso.
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Incanto e pianti sono le sensazioni che suscita il nuovo capolavoro di Tom Hooper che, dopo il film premio Oscar "Il discorso del re", si riconferma uno dei registi migliori sulla scena con "Les Miserables". Un film che oggettivamente non può che essere considerato un capolavoro, anche essendo un genere particolare che non tutti apprezzano. Immeritata la mancata statuetta come miglior film visto che a mio avviso a differenza di Argo, che è un altro gran bel film, non ha regalato le giuste sensazioni ed emozioni che invece ha dato la pellicola di Hooper. Passando agli attori sottolineo l'acclamata e immensa Anne Hathaway, che incanta la scena con un'interpretazione a dir poco perfetta ( con la commovente "I dreamed a dream" ) , che le vale la statuetta che sembra gli sia stata cucita addosso. Ottime anche le interpretazioni di Russel Crowe, Amanda Seyfried, Eddie Redmayne e la sorpresa Samantha Barks nota attrice di musical teatrali. Per ultimo ma non meno importante, anzi, la fantastica interpretazione di Hugh Jackman che, a detta di tutti gli attori presenti, è stato il vero faro che ha dato grandi motivazioni e stimoli a tutto il cast proprio come un secondo regista sul set. Perfetta la sua recitazione, dove impressiona soprattutto l'immersione unica e maniacale nel personaggio, proprio come la sua collega Hathaway. Immeritata la sua mancata premiazione, anche se non ho ancora visto Lincoln del premiato Daniel Day - Lewis. Concludo consigliando vivamente a tutti la visione di questo film, 3 ore di contune emozioni che rimangono impresse....a lungo...almeno per il momento non se ne sono ancora andate....
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samuelemei
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mercoledì 13 marzo 2013
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hugo a broadway
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Ambizioso e struggente..."Les Misérables" è un musical in costume che senza dubbio si farà ricordare. Il film è ambientato nella Francia post-napoleonica, tra il 1815 e il 1832. Ricostruire la trama in sintesi è pressoché impossibile: sia per l'imponente articolazione cronologica della storia, sia per lo stratificato e ricco sistema dei personaggi, sia per le diverse implicazioni psicologiche, sociali e politiche sottese al romanzo di Victor Hugo. È giusto ricordare infatti che “Les Misérables” è sostanzialmente un'operazione intersemiotica di secondo grado: si tratta infatti dell'adattamento cinematografico del fortunatissimo musical teatrale del 1985 (in lingua inglese), che, a sua volta, traspone sulla scena il romanzo-capolavoro dell'800 francese, “Les Misèrables” di Hugo.
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Ambizioso e struggente..."Les Misérables" è un musical in costume che senza dubbio si farà ricordare. Il film è ambientato nella Francia post-napoleonica, tra il 1815 e il 1832. Ricostruire la trama in sintesi è pressoché impossibile: sia per l'imponente articolazione cronologica della storia, sia per lo stratificato e ricco sistema dei personaggi, sia per le diverse implicazioni psicologiche, sociali e politiche sottese al romanzo di Victor Hugo. È giusto ricordare infatti che “Les Misérables” è sostanzialmente un'operazione intersemiotica di secondo grado: si tratta infatti dell'adattamento cinematografico del fortunatissimo musical teatrale del 1985 (in lingua inglese), che, a sua volta, traspone sulla scena il romanzo-capolavoro dell'800 francese, “Les Misèrables” di Hugo. L'onere e l'onore di realizzare il delicato passaggio dal proscenio allo schermo è toccato a Tom Hooper, regista premio Oscar per “Il discorso del re”, il quale, dal canto suo, è riuscito nell'impresa di costruire un “lavoro fatto bene”. Il punto di forza de “Les Misérables”, come spesso avviene nei musical, risiede nell'intensità emozionale e interpretativa degli attori e nell'incisività del canto in quanto canalizzatore immediato dei sentimenti dei personaggi. Le figure principali del film sono quattro: l'eroe “trasformista” in grado di risorgere e di redimersi, Jean Valjean (uno Hugh Jackman a tutto tondo); il granitico tutore della legge Javert (un Russel Crowe sempre credibile); la povera Fantine, impersonata da una stupenda Anne Hathaway (da Oscar!) che, svestiti i panni della comedy girl, ci regala una delle interpretazioni più “patetiche” (in senso positivo) della storia del cinema; più in ombra Cosette, figura angelicata e passiva, interpretata dalla bella Amanda Seyfried.
Completano un cast stellare gli strampalati locandieri imbroglioni (unico excursus comico in un mare di miseria) Sacha Baron Cohen e Helena Bonham Carter. La pellicola è arricchita inoltre dalla bellezza dei costumi, dall'ottimo trucco e soprattutto dalla solidità delle performances canore.
D'altra parte “Les Misérables” non è esente da difetti: l'eccessiva fedeltà all'impostazione teatrale provoca una contrazione della fluidità registica; risulta quasi indigesta la schiacciante superiorità delle parti cantate sull'esiguità monosillabica dei dialoghi; l'insistita analisi psicologica dei personaggi privilegia scene individuali e statiche (quasi monologhi interiori) a discapito delle sequenze più dinamiche in cui si muove la folla (per esempio: la scena delle barricate). Nel complesso prevale la componente privata e melodrammatica della vicenda, mentre la dimensione pubblica e politica, pur accennata nella ricostruzione dello status dei miserabili, risulta alquanto depotenziata rispetto alle suggestioni cristiano-socialiste presenti nel romanzo di Hugo.
Si tratta comunque di un'opera affascinante e poetica. Chi apprezza il musical, le emozioni forti e i buoni sentimenti non potrà non amarlo.
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