American Hustle - L'apparenza inganna |
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Un film di David O. Russell.
Con Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, Jeremy Renner, Jennifer Lawrence.
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Titolo originale American Hustle.
Drammatico,
durata 138 min.
- USA 2013.
- Eagle Pictures
uscita mercoledì 1 gennaio 2014.
MYMONETRO
American Hustle - L'apparenza inganna
valutazione media:
3,56
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un cast spettacolare per un'indagine mozzafiato.di Great StevenFeedback: 70023 | altri commenti e recensioni di Great Steven |
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lunedì 20 giugno 2016 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
AMERICAN HUSTLE – L'APPARENZA INGANNA (USA, 2014) diretto da DAVID O. RUSSELL. Interpretato da CHRISTIAN BALE, BRADLEY COOPER, JEREMY RENNER, JENNIFER LAWRENCE, AMY ADAMS, ROBERT DE NIRO, MICHAEL PENA, JACK HUSTON, LOUIS C. K., SHEA WINGHAM, ALESSANDRO NIVOLA
Stati Uniti, anni 1970: terminato lo scandalo Watergate, l’FBI mette in piedi l’operazione Abscam (vocabolo ottenuto fondendo arab e scam) allo scopo di incastrare numerosi parlamentari del Congresso avvalendosi della collaborazione di una coppia di truffatori noti alla giustizia. L’ufficio governativo sceglie come pedine da muovere sulla sconfinata scacchiera Irving Rosenfeld e Sydney Prosser (che da tempo opera sotto lo pseudonimo di Lady Edith Greensly), i quali avevano a lungo intascato notevoli gruzzoli promettendo a persone disperate cifre grosse in cambio di cifre esigue senza mai corrispondere nulla. I due si trovano, loro malgrado, a lavorare accanto all’agente federale Richard DiMaso per incriminare una serie di politici e mafiosi e smascherare così un complesso intreccio di rapporti fruttiferi tra politica e mondo della delinquenza. Uno dei criminali coinvolti in questa grande inchiesta è Carmine Polito, l’imprevedibile e ambiguo sindaco della povera città di Camden, nel New Jersey. I tradimenti reciproci e i colpi di scena si susseguono senza sosta, e fra questi ci sarà anche la presenza della moglie di Irving, Rosalyn, casalinga viziata e manipolatrice la cui presenza rovinerà profondamente i piani e risulterà fonte di parecchi guai. Scritto dal regista con Eric Warren Singer; girato fra il 18 marzo e il 19 maggio 2013 principalmente nel Massachusetts, nei dintorni di Boston e a New York, con qualche periodo di pausa a causa dell’attentato alla maratona di Boston. Distribuito dalla Sony Pictures. Introdotto e concluso dalla medesima canzone: Live and Let Die (Paul McCartney), già colonna sonora dello 007 – Vivi e lascia morire (1973). Costato 40 milioni di $, ne ha incassati 250 in tutto il mondo, di cui più di 150 solamente in patria. Tre Premi BAFTA e altrettanti Golden Globe, mentre, su dieci candidature agli Oscar, è rimasto completamente a becco asciutto. Il materiale per imbastire un capolavoro di denuncia sociale, politica ed economia c’è e, anzi, abbonda quasi al punto di non saper come sistemarlo per intessere una trama chiara, coerente e precisa. Ma Russell, non nuovo a film impegnati che smascherino le scelleratezze del paese d’oltreoceano più corrotto e corruttore, gli dà l’acqua della vita abbinando con sapiente saggezza i tasselli della fiction coi frammenti storici presi a prestito dalle vicende realmente accadute, annunciate del resto nei titoli di testa, e il risultato che ne viene sfornato non è assolutamente una banale somma delle parti, ma bensì un quadro d’insieme che sa farsi ammirare splendidamente per la sua spiazzante e carismatica trasversalità. Non c’è una sola istituzione che non venga messa alla gogna per poi essere doppiamente condannata o riscattata mediante l’azione dei personaggi che la rappresentano: in particolar modo, le associazioni criminose e i politici collaborazionisti, non essendo affatto visti di buon occhio, pagano lo scotto e diventano gli antagonisti della storia senza che si ricorra ad alcuna forzatura o manicheismo, e già questo è un merito che pochi sceneggiatori possono vantare di saper giocare. Quanto ai tutori dell’ordine pubblico, ai maestri dell’inganno, ai politici internazionali e ai semplici civili che desiderano avere voce in capitolo, il dipinto che li raffigura ha i colori della pietà, del senso civico e della maturità, e ritaglia per ciascuno un considerevole angolo d’espressione per prendere parte ad un immenso gioco di società in cui è la società stessa a dettare legge e regole. Ma l’obiettivo primario di tutti, buoni o cattivi che siano (ma anche qui il confine è piuttosto labile e indistinto), è sempre e comunque la pecunia. Gli intrighi, i tradimenti e le reciproche minacce hanno tutte come scopo l’arricchimento fine a sé stesso, per quanto gli scopi, diciamo così, "secondari" (smorzando notevolmente la potenza del termine), quali la carità, il bisogno di giustizia e la solidarietà tra complici, si facciano sentire con scoppi improvvisi d’importanza e non ammettano un’eccessiva subordinazione. Le interpretazioni, ad ogni modo, sono il suo fiore all’occhiello, tutte da applauso e preparate con un puntiglio degno di uno scrittore consumato e ultra-navigato: Bale, coi suoi inseparabili occhiali trasparenti e i capelli pettinati in modo che non si noti la calvizie, è un affascinante uomo di mondo che mescola le sue abilità innate sia che abbia a che fare con sottane femminili sia che si tratti di giri monetari; la Adams, finalmente in un ruolo di primo piano dopo tante opere in cui non era riuscita a prevaricare, gli fa da compagna accentuando un languido sessappiglio e una forte indipendenza; B. Cooper, di cui Russell ha ormai scoperto e lanciato il suo lato drammatico (che lo valorizza maggiormente rispetto alle commedie slapstick e banali con le quali era divenuto celebre), è un poliziotto deciso, accorto e prudente che, nonostante i richiami dell’illegalità, sa sempre operare nei confini che gli vengono stabiliti da un potere superiore e dalla sua intrinseca correttezza; J. Lawrence, anche lei pupilla del regista che ne ha ormai fatto una giovane star, sfodera una grinta che la rende simpaticamente birichina e in grado di tenere in scacco, benché da semplice osservatrice, il baldanzoso spettacolo distruttore che le si apre sotto il naso; J. Renner, tenuto forse un po’ troppo in disparte, compensa l’esiguità delle sequenze in cui compare con una recitazione di buon livello che ne evidenzia la virile convinzione e un curioso tratto sarcastico. Infine, non può mancare una nota di merito per De Niro, il cui quarto d’ora di recitazione nella pellicola è un pezzo di bravura stratosferica: nelle vesti del mafioso italiano capace di esprimersi in arabo, gli occhiali da sole e la pelata prominente, aggiunge un altro carattere eccezionale alla sua galleria di tipi eccentrici, sopra o sotto le righe e ammalianti, contraddicendo chi sostenga che ormai è a fine carriera: Russell, come ha fatto analogamente con Cooper e Lawrence, ha saputo risollevare il Premio Oscar e fornirgli nuova linfa vitale per scendere sul set a testa alta. Le musiche di Danny Elfman sono un altro immancabile gioiello che impreziosisce una corona per certi versi pesante da indossare, ma della quale nessuno può dubitare né il fascino, né la perizia compiuta per incastonarla né tantomeno il significato vagamente satirico e potentemente accusatorio che veicola tramite una serie di immagini nelle quali la loquacità espressiva va a braccetto con la sobrietà dell’indagine.
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