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di Tommaso Tocci
Djamila Sahraoui è un’importante documentarista algerina, che con Yema torna a frequentare il cinema di finzione dopo l’esordio con Barakat! nel 2006.
La sua seconda opera narrativa è ovviamente infusa di rigore documentaristico, e basata sull’osservazione della protagonista Ouardia. Nella rilettura della parabola di Caino e Abele, Yema (ovvero “madre”) evoca fin da subito un respiro universale, senza tempo. Ma è anche un’opera che partendo dalle piccole dinamiche di una singola abitazione riesce a porre domande ampie e specifiche a livello culturale, e a indagare gli equilibri irrisolti di un paese in un particolare momento storico.
Pur nei limiti di una produzione modesta, Yema scava in profondità grazie alla precisione della messa in scena e a un montaggio incisivo che isola e scandisce i momenti del quotidiano.