writer58
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domenica 4 novembre 2012
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dimenticare rousseau...
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L'ultimo film di Oliver Stone ("Savages", tradotto con il titolo bruttino "Le belve") è pieno di difetti, ma è un'opera trascinante, che incatena l'attenzione dello spettatore. Iniziamo dai difetti, dagli squilibri. La contrapposizione tra una California descritta come un patinato paradiso in terra e un Messico feroce e primitivo, in balia dei cartelli della droga, è decisamente manichea e abbastanza irritante, soprattutto per chi, come me, conosce bene il Messico. In secondo luogo, tutta la narrazione pecca di inverosimiglianza: due produttori indipendenti non potrebbero avere mai la meglio su organizzazioni strutturate e con forti agganci istituzionali come quelle dei "narcos" messicani. Terzo elemento: il rapporto "a tre" tra i due protagonisti con O.
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L'ultimo film di Oliver Stone ("Savages", tradotto con il titolo bruttino "Le belve") è pieno di difetti, ma è un'opera trascinante, che incatena l'attenzione dello spettatore. Iniziamo dai difetti, dagli squilibri. La contrapposizione tra una California descritta come un patinato paradiso in terra e un Messico feroce e primitivo, in balia dei cartelli della droga, è decisamente manichea e abbastanza irritante, soprattutto per chi, come me, conosce bene il Messico. In secondo luogo, tutta la narrazione pecca di inverosimiglianza: due produttori indipendenti non potrebbero avere mai la meglio su organizzazioni strutturate e con forti agganci istituzionali come quelle dei "narcos" messicani. Terzo elemento: il rapporto "a tre" tra i due protagonisti con O. (che costituisce il motore di tutta la vicenda) appare fortemente improbabile e funzionale a una narrazione che lo rappresenta come una specie di "eden primordiale", un luogo di comunione esente da conflitti. Da ultimo, il doppio finale proposto (entrambe le soluzioni mi sono apparse di maniera e poco efficaci) è un escamotage che non aggiunge nulla alla narrazione, anzi la rende più pasticciata e poco onesta nei confronti dello spettatore.
Tuttavia, nonostante questi limiti pesanti, che incidono sulla carne viva del film, ho trovato l'ultima fatica di Stone avvincente e molto intensa, come se stessi sfogliando un vecchio album di Tex alle prese con banditi messicani o con il suo antagonista Mefisto. La narrazione è a tinte forti (Stone peraltro non ha mei apprezzato le mezze misure o i chiaroscuri, basti pensare a opere come "Natural Born Killers", "JFK" o "Platoon"); la battaglia prometeica tra i giovani di Laguna beach e il cartello della Baja è costellato da invenzioni che mantengono alta la tensione, dall'assalto al convoglio blindato del cartello al rapimento della figlia della boss.
Più discutibile il messaggio che l'opera propone: non esistono "buoni selvaggi" alla Rousseau, se si vuole difendere il proprio spazio e i propri affetti bisogna diventare sanguinari come i tuoi antagonisti, anzi batterli sul piano dell'astuzia e della ferocia. L'estetica della violenza (che "Le Belve" profonde a piene mani, recuperando un approccio che pare mutuato dai film di Tarantino) pare funzionale a questa tesi, condivisa peraltro da parecchie opere di questi ultimi decenni. Peccato che questa tesi, oltre ad essere moralmente ambigua, sia sostanzialmente falsa e scotomizzi i rapporti di forza reali, oltre alla coesistenza conflittuale delle pulsioni aggressive e oblative dentro ciascuno di noi.
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owlofminerva
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sabato 3 novembre 2012
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una truffa ai danni dello spettatore
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Amore, sesso, droga e violenza nella pellicola di Oliver Stone. Chon, ex marine e Ben, buddista e botanico coltivano e spacciano la migliore marijuana della California del Sud.
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Amore, sesso, droga e violenza nella pellicola di Oliver Stone. Chon, ex marine e Ben, buddista e botanico coltivano e spacciano la migliore marijuana della California del Sud. Vivono a Laguna Beach in una lussuosa terrazza a picco sull'oceano Pacifico nella più assoluta leggerezza, sono amici per la pelle, caratterialmente agli antipodi eppure si amano al punto da condividere anche Ophelia, anzi O. che dai due ne ha tratto l'uomo perfetto, la guerra e la pace, la terra e lo spirito, il sesso e l'amore. Lei non è una puttana li ama entrambi smisuratamente ed entrambi ricambiano. La vita procede meravigliosamente tra cene e ménage à trois e fumo fino a che un cartello di trafficanti messicani decide di volere unirsi a loro. La Reina Elèna ci prova prima con le buone ma quando queste non funzionano non esita a usare la violenza. Cosi l'idillio diventa la tortura in una cantina, la droga da strumento di piacere mezzo di stupro, il coraggio di opporsi diventa la temerarietà che conduce a svolte imprevedibili e cariche di adrenalina fino alla truffa ai danni dello spettatore.
Un film crudo, violento e appassionato in cui sono tutte belve, carogne senza eccezioni, tutti dannati anche lo spettatore costretto a subire il riavvolgimento del nastro.
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faberest
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sabato 3 novembre 2012
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film tratti dai libri
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Il romanzoda cui è tratto il film è di scarsissimo spessore, pieno di luoghi comuni anche se privo di punteggiatura, ma l'autore non è un futurista redivivo. Quando lo lessi ho previsto che ne sarebbe stato tratto un film, tanto il romanzo assomigliava più ad un copione che ad un'opera letteraria, con capitoli lunghi meno di una pagina. La mia previsione si è avverata. Il film funziona, grazie soprattutto alla regia. Siamo in presenza di uno dei rarissimi film nettamente superiori all'opera letteraria da cui sono tratti.
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jukkijukki19
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venerdì 2 novembre 2012
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la magia di oliver stone
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Nonostante si tratti dela tradizionale pellicola sul commercio e sulla vendita di stupefacenti, il film riesce in ogni modo ad intrigare ed attirare l' attenzione dello spettatore ! La grande esperienza cinematografica di Oliver Stone gli ha permesso, tramite il veloce scorrimento di alcune scene della parte finale del film, di ingannare lo spettatore con un finale apparentemente burrascoso.....BUONA VISIONE !
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alessandro paladino
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venerdì 2 novembre 2012
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alessandro paladino
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Oliver Stone torna alla ribalta, dopo alcuni anni dove i suoi film hanno piuttosto deluso (personalmente trovo orrendo l'ultimo Wall Street), con Le Belve. La premessa è che non ho letto il romanzo da cui ha preso il film e non so quanto sia stato fedele e quanto ha cambiato nella costruzione del film quindi cercherò di giudicare solo il film. L'inizo del film mi aveva fatto storcere parecchio il naso, con la presentazione dei tre protagonisti vista e rivista tantissime volte ed una voce fuori campo fastidiosa e che aveva poca necessità di essere messa. La parte centrale e lo sviluppo, seppur con un minutaggio elevato, sembrava che stesse prendendo una piega più forte e convincente (anche grazie all'entrata dei nuovi personaggio) senza niente di eclatante, ma la sensazione era che il film stesse salendo di tono.
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Oliver Stone torna alla ribalta, dopo alcuni anni dove i suoi film hanno piuttosto deluso (personalmente trovo orrendo l'ultimo Wall Street), con Le Belve. La premessa è che non ho letto il romanzo da cui ha preso il film e non so quanto sia stato fedele e quanto ha cambiato nella costruzione del film quindi cercherò di giudicare solo il film. L'inizo del film mi aveva fatto storcere parecchio il naso, con la presentazione dei tre protagonisti vista e rivista tantissime volte ed una voce fuori campo fastidiosa e che aveva poca necessità di essere messa. La parte centrale e lo sviluppo, seppur con un minutaggio elevato, sembrava che stesse prendendo una piega più forte e convincente (anche grazie all'entrata dei nuovi personaggio) senza niente di eclatante, ma la sensazione era che il film stesse salendo di tono. La regia è di una mano esperta ma il buon Stone non ha esitato a sporcarla con delle scelte e dei cambiamenti che non hanno una loro logica precisa e vengono buttati lì quasi a casaccio (per fare un esempio delle inquadratura che passano dai colori al bianco e nero). Ma la nota ancora più negativa è stato il doppio finale (che non mi sono piaciuti entrambi) che è stato talmente infelice da farmi cancellare con un colpo di spugna gli elementi positivi che comunque c'erano, anticipato dalla voce fuori campo e per questo reso accettabile ma al tempo stesso poco credibile, senza quel colpo di scena finale che avrebbe potuto spiazzare lo spettatore. Tra le note più positive c'è l'interpretazione di Benicio Del Toro che è stato indubbiamente il migliore del cast. Bene anche John Travolta nel ruolo dell'intermezzo. La coppa di amici Taylor Kitsch e Aaron Johnson fanno il loro, con il secondo più profondo del primo. Mentre Salma Hayek e Blake Lively sono gli anelli deboli del cast. Non me ne vogliano le fanciulle, ma spesso in ruoli così autoritari come quello interpretato da Salma Hayek, quando è un attrice ad interpretarlo difficilmente riesce ad avere la stessa empatia che può avere un attore in tutte le sfacettature ed in tutti i contesti, senza voler sembrare maschilista, la sua interpretazione non è del tutto convincente. Blake Lively che dovrebbe essere l'intermediario del film è semplicemente troppo superficiale con poco spessore dove mostre solo le belle doti fisiche che madre natura le ha donato. La sceneggiatura del film è accettabile seppur in alcune parte è troppo forzata ed alcuni dialoghi andavano cancellati. In sintesi non mi aspettavo molto dal "Le Belve", anche se ci sono delle parti che mi sono piaciute, il giudizio finale è appena sufficiente dove Oliver Stone ha cercato di fare un qualcosa di diverso (in stile Tarantino) dove però il film diventa un ambiguo mix con il risultato di fare esclamare "c'erano delle cose carine, però..."
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lorelol
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venerdì 2 novembre 2012
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deludente
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Sinceramente mi aspettavo molto di più da questo film invece mi sono trovato davanti una perdita di soldi e di tempo.
La trama fà decisamente pena e le scene violente sono messe a casaccio per esaltare i quattordicenni che vanno a vedere questo film ( non ho niente contro nessuno è solo quello che secondo me ha pensato il regista quando ha fatto il film) e per evitare che finisca in 10 minuti -.-
Tutto lo svolgimento del film mi ha lasciato dentro un senso di amarezza come se nessuno dei personaggi stesse facendo niente,perchè in effetti l'azione c' è ma non è abbastanza "epica" per lasciarti un emozione e tende sempre ad annoiare lo spettatore.
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Sinceramente mi aspettavo molto di più da questo film invece mi sono trovato davanti una perdita di soldi e di tempo.
La trama fà decisamente pena e le scene violente sono messe a casaccio per esaltare i quattordicenni che vanno a vedere questo film ( non ho niente contro nessuno è solo quello che secondo me ha pensato il regista quando ha fatto il film) e per evitare che finisca in 10 minuti -.-
Tutto lo svolgimento del film mi ha lasciato dentro un senso di amarezza come se nessuno dei personaggi stesse facendo niente,perchè in effetti l'azione c' è ma non è abbastanza "epica" per lasciarti un emozione e tende sempre ad annoiare lo spettatore.
Il finale è una delle cose più SBAGLIATE che abbia mai visto non sò se il regista voleva fare qualcosa di originale o se era semplicemente fatto(tanto per restare in tema :) ) cmq non la trovo una grande idea anzi.....
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lo stopper
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giovedì 1 novembre 2012
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guerra di trafficanti tra tensione e sangue
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Adrenalinico, violento, non originalissimo, ma capace di tenere sempre desta l’attenzione dello spettatore.
Il film di Oliver Stone racconta la guerra senza esclusione di colpi tra un cartello della droga messicana e due “gringos” che producono la migliore erba di tutta la California, grazie ai semi importati dall’Afghanistan.
I due giovani americani, Chon e Ben, non accettano l’alleanza offerta dal cartello, e i cattivi messicani, guidati da Elena (Salma Hayek), rapiscono Ofelia (Blake Lively), la donna con la quale i due uomini conducono un menage a tre. Aiutati da alcuni ex militari professionisti e da hacker esperti di finanza internazionale, i due “ gringos” scatenano una vera e propria guerra contro il cartello, con un solo fondamentale obiettivo: liberare la donna che entrambi amano.
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Adrenalinico, violento, non originalissimo, ma capace di tenere sempre desta l’attenzione dello spettatore.
Il film di Oliver Stone racconta la guerra senza esclusione di colpi tra un cartello della droga messicana e due “gringos” che producono la migliore erba di tutta la California, grazie ai semi importati dall’Afghanistan.
I due giovani americani, Chon e Ben, non accettano l’alleanza offerta dal cartello, e i cattivi messicani, guidati da Elena (Salma Hayek), rapiscono Ofelia (Blake Lively), la donna con la quale i due uomini conducono un menage a tre. Aiutati da alcuni ex militari professionisti e da hacker esperti di finanza internazionale, i due “ gringos” scatenano una vera e propria guerra contro il cartello, con un solo fondamentale obiettivo: liberare la donna che entrambi amano. Capiranno abbastanza presto che l’unico modo per farlo e’ agire nello stesso modo dei loro nemici, vale a dire rapire la figlia di Elena, Magdalena, e proporre lo scambio.
Per tutto il film la tensione sale costantemente , alimentata soprattutto dalle azioni di Lado, spietato killer messicano interpretato da un Benicio Del Toro dai lineamenti quasi deformati dalla violenza del suo personaggio. Fondamentale anche la presenza di Dennis (John Travolta), poliziotto corrotto che cerca di barcamenarsi tra i due gruppi rivali e poi risultera’ decisivo per la conclusione della vicenda.
La voce narrante e’ quella della rapita Ofelia, una Blake Lively flessuosa e sexy, che proporra’ allo spettatore due finali: uno soltanto sognato, l’altro quello che dovrebbe essere vero, ma risulta forse un po’ troppo favolistico.
Di sangue ce n’e’ in abbondanza, anche troppo; le scene d’azione non mancano e sono fatte abbastanza bene. Continuo pero’ a non capire l’uso della camera, purtroppo sempre piu’ diffuso, con riprese in movimento e in primissimo piano, presenti soprattutto nella prima parte del film. Ma e’ proprio necessario disturbare gli occhi dello spettatore come se la camera fosse usata da un dilettante invitato ad un matrimonio?
“Le belve” non e’ un capolavoro, ma e’ un prodotto piu’ che dignitoso. Molto belle le location, a cavallo tra le spiagge californiane e i deserti tra Stati Uniti e Messico. Bravi gli attori, anche in considerazione del fatto che sono alle prese con personaggi molto estremizzati, dalle tinte fortissime, non molto distanti da quelli amati da Quentin Tarantino.
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massimo
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mercoledì 31 ottobre 2012
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please, ridatemi i soldi
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Che pizza!! Grandi registi per film mediocri ....questa è la categoria dell'opera. Non che sia brutto, semplicemente ..... già visto. Qualcosa di originale? Nessuna. Il doppiaggio della protagonista, che non recita proprio bene, è terribile .... cigliegina sulla torta!!! Ai grandi registi che fanno film deludenti dovremmo chiedere indietro quanto speso per il biglietto; soprassediamo sui danni morali!!
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mammut
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mercoledì 31 ottobre 2012
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deluso
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dal cast mi aspettavo un filmone.Tranne benicio invece non sono rimasto colpito da niente. Il mio giudizio risente però del momento storico del cinema italiano che sta tirando fuori un film più bello dell'altro, da mastandrea, herlitzka ecc o di quello francese superiore anche a quello italiano, pertanto quando si tratta di cinema americano sono,al momento, un pò prevenuto
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antonio montefalcone
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martedì 30 ottobre 2012
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un’opera d’effetto, riuscita a metà!
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A metà tra il thriller appassionato e il western contemporaneo, l’ultima fatica di Oliver Stone, “Le belve (Savages)”, risulta un coinvolgente e piacevole spettacolo d’intrattenimento, ma nel complesso una pellicola troppo banale e pasticciata.
Accantonato il sequel di “Wall Street”, il regista americano torna al cinema con un film dai toni più “spensierati” e con storie di narcotrafficanti, agenti corrotti, sparatorie, sangue e belle donne.
Seppur non tutto è convincente e perfettamente riuscito, si può comunque apprezzare il suo lato adrenalinico, avvincente e godibile. L’opera poi, formalmente, è ineccepibile: montaggio dinamico e vivace, fotografia accaldata e iperrealista, dialoghi surreali, ritratto di tanti personaggi diversi tra loro (molto sfaccettati, seppur poco credibili), estetica patinata e attenta ai dettagli, cast molto efficace (su tutti John Travolta).
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A metà tra il thriller appassionato e il western contemporaneo, l’ultima fatica di Oliver Stone, “Le belve (Savages)”, risulta un coinvolgente e piacevole spettacolo d’intrattenimento, ma nel complesso una pellicola troppo banale e pasticciata.
Accantonato il sequel di “Wall Street”, il regista americano torna al cinema con un film dai toni più “spensierati” e con storie di narcotrafficanti, agenti corrotti, sparatorie, sangue e belle donne.
Seppur non tutto è convincente e perfettamente riuscito, si può comunque apprezzare il suo lato adrenalinico, avvincente e godibile. L’opera poi, formalmente, è ineccepibile: montaggio dinamico e vivace, fotografia accaldata e iperrealista, dialoghi surreali, ritratto di tanti personaggi diversi tra loro (molto sfaccettati, seppur poco credibili), estetica patinata e attenta ai dettagli, cast molto efficace (su tutti John Travolta).
Tuttavia, i pregi vengono presto offuscati dai rilevanti difetti.
L’improbabile plot, tratto dall’omonimo romanzo di Don Winslow e "manipolato" dallo stesso regista, in sé diverte, ma poteva essere più sintetico e migliorato in alcuni snodi narrativi; così come stonano sia una certa incoerenza di fondo quando retorica e moralismo vanno a cozzare col cinismo del racconto, sia la forzatura pretenziosa di certi argomenti riguardanti l’attualità. Non ha giovato nemmeno l’aver esagerato troppo in ironie, sequenze d’azione e violenza, a tratti mal sposati tra loro, che in più punti hanno fatto scadere l’opera nella farsa più efferata ed insipida. Non serve, inoltre, neanche andare a scomodare (in riferimenti o per qualità raggiunte) il cinema di Leone o di Tarantino per descrivere questo film, perché Stone ricalca semplicemente il suo stile e il suo cinema, tra pregi e difetti: per cambio di registri ed estetiche ricorda infatti, e molto da vicino, “Natural Born Killers” dello stesso.
E' sfacciatamente il cinema delle provocazioni e delle tinte forti, colorito ed enfatico, ridondante e dallo stile concitato, quello dai nobili e sinceri intenti civili. Tutto questo è riproposto abbastanza efficacemente in questa pellicola, soltanto con una grande e non trascurabile differenza: un tempo aveva più smalto, ardore e spessore, e oggi invece appare solo ripetitivo di se stesso, scialbo e per nulla vitale.
Comunque, anche in una pellicola “disimpegnata” e di genere come questa, Stone non tralascia di toccare i suoi abituali temi socio-politici. Aspetto molto apprezzabile. Nel film si può esplicitamente leggere la metafora degli Stati Uniti come un paese che ha perso di vista i veri valori esistenziali. Ciò che purtroppo ne è derivato è soltanto un uso improprio di soldi, potere e avidità che ha reso selvaggia la società e come belve feroci gli stessi uomini...
Lo spettatore è avvisato!
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