linodigianni
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sabato 10 settembre 2011
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un film da vedere, comunque
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E' un film tipo quelli inutili, da cine-panettone?
No, direi che è un film che affronta, con un racconto appena un po', sopra le righe
una questione che semplice non è, ma che spesso viene affrontata come nel film:
con stereotipi, macchiette, e razzismi strapaesani.
Il telepredicatore televisivo, interpretato da Abatantuono, è perfino inferiore
alla realtà vera di Un sindaco che vuole prendere a fucilate gli stranieri, o togliere
le panchine.
E il Veneto è la grande metafora del familismo italiano, che a parole sono
dentro l'onorata famiglia, e nei fatti riempiono i locali di Lap Dance al venerdi sera.
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E' un film tipo quelli inutili, da cine-panettone?
No, direi che è un film che affronta, con un racconto appena un po', sopra le righe
una questione che semplice non è, ma che spesso viene affrontata come nel film:
con stereotipi, macchiette, e razzismi strapaesani.
Il telepredicatore televisivo, interpretato da Abatantuono, è perfino inferiore
alla realtà vera di Un sindaco che vuole prendere a fucilate gli stranieri, o togliere
le panchine.
E il Veneto è la grande metafora del familismo italiano, che a parole sono
dentro l'onorata famiglia, e nei fatti riempiono i locali di Lap Dance al venerdi sera.
Un film che non delude, senza essere un capolavoro, ma consigliabile.
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syntheticking
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venerdì 9 settembre 2011
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appropinquante fine mundi!
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film accompagnato da una marea di polemiche, decisamente ingiuste, perchè i veneti sì sono tirati in ballo direttamente, ma in questo film si parla di tutta l'italia, anzi di tutti gli italiani.
un italia che non è più belpaese, ma accozzaglia di brutture, di bassezze, di santoni anti-negri che vanno a mignotte (ovviamente nigeriane...), di poliziotti schizoidi, di insegnanti che hanno relazioni con extra-comunitari, ma non li sposano perchè intimamente bloccate (razzismo di secondo livello?).
questa è l'italia raccontata qui, e personalmente trovo il dipinto estremamente calzante.
ma oltre alla critica sociale, o supposta tale, il film è divertente, scorrevole, con un continuo saltellare tra la serietà del dramma e il dipinto ironico e pungente delle psicopatologie dei protagonisti e della cultura del "malpaese".
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film accompagnato da una marea di polemiche, decisamente ingiuste, perchè i veneti sì sono tirati in ballo direttamente, ma in questo film si parla di tutta l'italia, anzi di tutti gli italiani.
un italia che non è più belpaese, ma accozzaglia di brutture, di bassezze, di santoni anti-negri che vanno a mignotte (ovviamente nigeriane...), di poliziotti schizoidi, di insegnanti che hanno relazioni con extra-comunitari, ma non li sposano perchè intimamente bloccate (razzismo di secondo livello?).
questa è l'italia raccontata qui, e personalmente trovo il dipinto estremamente calzante.
ma oltre alla critica sociale, o supposta tale, il film è divertente, scorrevole, con un continuo saltellare tra la serietà del dramma e il dipinto ironico e pungente delle psicopatologie dei protagonisti e della cultura del "malpaese".
sì ride, si ride amaro, come hai tempi di una certa commedia all'italiana. non manca anche un pò di manierismo, di sentimentalismo e di messaggi positivi, ma non si finisce mai nel libro "cuore".
molto belli, toccanti, i rimandi e le citazioni dell'italia che fù, quella dei genitori, dei valori morali, e dei maghi che esorcizzavano le paure; il ricordo di un italia rurale, probabilmente corrotta anch'essa, ma non in maniera così lampante.
dopo tanto tempo, un film che mi ha fatto veramente piacere vedere, che mi ha fatto divertire, e che mi ha insinuato un paio di buoni spunti su cui meditare.
ma non ditelo a veneti e leghisti...
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nino quincampoix
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giovedì 8 settembre 2011
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un filmetto leggero
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Lo spunto iniziale è simpatico, così come alcuni momenti in cui Valerio Mastrandrea riesce a strappare una risata. Però non basta. Bisognava arricchire e raccontare qualcosa in più su un tema importante come quello dell'integrazione. Mancano dei pezzi qua e là e se le storie si intrecciano (vedi rapporto tra Abatantuono e la Lodovini) lo fanno per pochi secondi e senza troppi (graditi) approfondimenti. Diego Abatantuono è davvero credibile come Pantalone di Bassano del Grappa: sembra possedere tutto, anche un dialogo diretto con l'entità superiore che ha scatenato tutto. La domanda che sorge spontanea è: l'Italia è un paese razzista? Risposta del regista: sì/no, forse,
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Lo spunto iniziale è simpatico, così come alcuni momenti in cui Valerio Mastrandrea riesce a strappare una risata. Però non basta. Bisognava arricchire e raccontare qualcosa in più su un tema importante come quello dell'integrazione. Mancano dei pezzi qua e là e se le storie si intrecciano (vedi rapporto tra Abatantuono e la Lodovini) lo fanno per pochi secondi e senza troppi (graditi) approfondimenti. Diego Abatantuono è davvero credibile come Pantalone di Bassano del Grappa: sembra possedere tutto, anche un dialogo diretto con l'entità superiore che ha scatenato tutto. La domanda che sorge spontanea è: l'Italia è un paese razzista? Risposta del regista: sì/no, forse, fate un po' voi!
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joecondor
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giovedì 8 settembre 2011
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bella commedia...mastandrea -efrikian strepitosi
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Mi sono divertito con una bella commedia divertente e riflessiva...
Mi sono ritrovato , in quanto li vivo quotidianamente, con i problemi madre - figlio badante EFRIKIAN-MASTANDREA, strepitosi, eccezzionali nel dar vita alle nevrosi,problemi relativi a chi ha una badante a casa...
Bellissima anche i padri che dicono ai figli che gli immigrati vengono dalle fogne..verissimo dicono così ...
Un film divertente,reale purtroppo ed intelligente che merita il contributo datogli dal Ministero...
Lo consiglio
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equindi65
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giovedì 8 settembre 2011
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un film "fanta-sociale" senza...finale!
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Il razzismo, la Lega, la violenza sociale e politica: ci sono tutti gli ingredienti di "denuncia" in questo film sulle incongruenze di un'Italia che non ha saputo gestire al meglio un normale processo di integrazione razziale.
L'idea è buona, anzi ottima, ma il film è davvero senza troppe pretese, buono per i passaggi televisi futuri, ma di poco impatto cinematografico.
Il finale (ciò che spesso decreta il successo o la disfatta di un film) lascia con l'amaro in bocca, quasi che il regista sia rimasto indeciso fino all'ultimo secondo se gestire una conclusione positiva o negativa, risultato: nè carne nè pesce, addirittura sembra "troncato di netto"...si esce dalla sala a passi lenti, quasi con la speranza che i titoli di coda smettano di scorrere e venga trasmesso il "vero" finale!
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qwerty
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giovedì 8 settembre 2011
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una delusione totale
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Una delusione TOTALE questo film. Non vale nemmeno la pena di spendere altre parole
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spike
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giovedì 8 settembre 2011
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occasione persa
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Il vizio del film è che non si capisce cosa il regista voglia presentarci: una commedia?, un film drammatico? Abatantuono fuori ruolo, non è credibile come veneto, il suo imprenditore è una macchietta del Prosperini televisivo. Mastandrea (ottimo attore) sprecato, la Lodovini si limita a qualche posa da maestrina e poco più. Delusione.
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faberest
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giovedì 8 settembre 2011
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mah...
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Ieri sono andato a vedere il film attendendomi che affrontasse i problemi legati alla percezione del problema dell'immigrazione da parte di un certo ceto sociale per lo meno con una buona dose di ironia. Invece ho trovato un prodotto banale e superficiale che affronta i problemi dipendenti dal rapporto con gli immigrati solo in senso strettamente utilitaristico senza provare o senza sapere mostrare allo spettatore l'assurdo della situazione: se vengono a mancare gli extracomunitari viene a mancare la bassa manovalanza, ma viene nel contempo agevolato il riavvicinamento di lui a lei, italiani doc, che invece la presenza dell'aitante extracomunitario avrebbe messo in discussione.
Meglio una badante in meno, sermbra suggerire il film allo spettatore, se ciò comporta un concorrente in meno alle grazie della maestra, soprattutto se superdotato.
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(di fedebiga)
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olgadik
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mercoledì 7 settembre 2011
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superficiale ma non innocuo
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Un’opera piccola ma non come il razzista arricchito che ne è al centro. Una questione complessa e triste, ma affrontata con spirito sdrammatizzante che, data la serietà oggettiva dell’argomento, avrebbe richiesto un po’ meno di faciloneria. Neanche lo spunto favolistico e irreale è nuovo, poiché in un vecchio film di Sergio Araru (Un giorno senza messicani), ambientato in California, lo spunto era analogo in contesti e luoghi ovviamente diversi. Ciò detto, voglio parlare di questo prodotto, non insignificante ma alla fine innocuo, come di una reazione provocatoria ai molti critici ufficiali pronti a stroncare tutto ciò che fa sorridere o ridere per esaltare filmoni gonfiati da frequentatori snob della mostra del cinema di Venezia (alludo, per esempio, a Ruggine, del quale sparlerò in altro intervento).
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Un’opera piccola ma non come il razzista arricchito che ne è al centro. Una questione complessa e triste, ma affrontata con spirito sdrammatizzante che, data la serietà oggettiva dell’argomento, avrebbe richiesto un po’ meno di faciloneria. Neanche lo spunto favolistico e irreale è nuovo, poiché in un vecchio film di Sergio Araru (Un giorno senza messicani), ambientato in California, lo spunto era analogo in contesti e luoghi ovviamente diversi. Ciò detto, voglio parlare di questo prodotto, non insignificante ma alla fine innocuo, come di una reazione provocatoria ai molti critici ufficiali pronti a stroncare tutto ciò che fa sorridere o ridere per esaltare filmoni gonfiati da frequentatori snob della mostra del cinema di Venezia (alludo, per esempio, a Ruggine, del quale sparlerò in altro intervento). Altro motivo, più banale, sotteso alla scelta è quello del bisogno di sorriso, visto che l’aria complessiva del pianeta mostra alla ribalta corruzione, recessione, povertà, sovrastanti quel poco di positivo che pure c’è. Direi infine che la mia simpatia non acritica è dovuta anche alla presenza di due attori, come Abatantuono e Mastandrea, certo diseguali nei risultati e non sempre efficaci, ma interpreti tra i meno volgari e avidi di apparire comunque. La trama di Cose dell’altro mondo è semplice, come chiaro e leggibile è il messaggio. Cosa succederebbe nel nostro paese se d’incanto, dopo un metaforico temprale, sparissero gli extracomunitari? E’ quello che ogni giorno si augura, blaterando dalla tv locale luoghi comuni della peggiore Lega, un industrialotto veneto che se ne serve per mandare avanti la sua fabbrichetta, che ne ha due come camerieri in casa, che soddisfa il suo bisogno di sesso e compagnia con una dolce prostituta nigeriana. Il film è ambientato in un paese del nord-est che si crede evoluto e benestante, mentre il razzismo serpeggia in varie forme, non solo negli imprenditori che si son fatti da sé. Non è indenne dall’indifferenza ottusa neanche un poliziotto locale, che ha affidato alla solita badante straniera la madre inferma di mente, che spesso vede e capisce più del figlio. Inoltre è insopportabile per lui che la ex-fidanzata lo abbia mollato per un aitante operaio di pelle nera. E la ex in questione si barcamena un po’ ambiguamente nel suo ruolo di maestra, anche se ha spessore diverso dagli uomini di cui sopra. Non parliamo poi dei politici e di quelli del bar, ipocritamente “migliori”, ma sguazzanti in acque ancora più basse. Accade così che ciascun componente del coro sgangherato è costretto a mettersi di fronte ai suoi errori. Scomparsi gli extracomunitari, l’economia si ferma, i vecchietti sono senza assistenza, i bimbi rimpiangono i compagni stranieri, mentre la cittadina piomba nella tristezza e nella disorganizzazione. Certamente si poteva affondare di più la lama nella questione, descrivere meno macchiettisticamente il personaggio di Abatantuono, pretender qualche sfumatura dalla Lodovini, non abbandonare al suo malinconico garbo Mastandrea. In una parola, nella forma un po’ piatta e nel contenuto superficiale, il regista poteva esprimersi con maggior presa e profondità. Date la vacche magre, per ora ci accontentiamo, ma solo per poco.
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franco cesario
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mercoledì 7 settembre 2011
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cose (purtroppo) di questo paese
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Cose dell'altro mondo è un delicato film dal regista napoletano di Pater Familias Francesco Patierno, su di una storia di ordinario razzismo (che si trasforma in metafora grottesca e straordinaria) ambientata nell'ex opulento nord-est della nostra penisola ormai alla deriva, morale ed economica.
L'opera ha il pregio di affrontare con leggerezza un tema scottante come quello dell'emigrazione e ci fa riflettere, e in alcuni momenti anche commuovere (la scena del mago che come nelle società arcaiche cerca di far ritornare i migranti scomparsi), sul quanto ormai i migranti siano parte del nostro tessuto socio-economico, di quanti ognuno di noi ne conosca e con quanti si interagisce senza (quasi e fortunatamente) essere discriminanti.
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Cose dell'altro mondo è un delicato film dal regista napoletano di Pater Familias Francesco Patierno, su di una storia di ordinario razzismo (che si trasforma in metafora grottesca e straordinaria) ambientata nell'ex opulento nord-est della nostra penisola ormai alla deriva, morale ed economica.
L'opera ha il pregio di affrontare con leggerezza un tema scottante come quello dell'emigrazione e ci fa riflettere, e in alcuni momenti anche commuovere (la scena del mago che come nelle società arcaiche cerca di far ritornare i migranti scomparsi), sul quanto ormai i migranti siano parte del nostro tessuto socio-economico, di quanti ognuno di noi ne conosca e con quanti si interagisce senza (quasi e fortunatamente) essere discriminanti.
Protagonisti un Diego Abatantuono nei panni di un imprenditore xenofobo e santone tv anti-integrazione (facente il verso ad un discusso personaggio realmente esistente, ex assessore regionale, recentemente arrestato in diretta tv per corruzione e turbativa d'asta), segretamente e paradossalmente innamorato di una prostituta nigeriana, Valerio Mastrandrea come sempre grande e perfettamente calato nel personaggio (un poliziotto schizoide e manesco innamorato e abbandonato con tanto di madre affetta da alzheimer) mentre Valentina Lodovini conferma la sua recitazione un pò forzata e ancora acerba.
Il film però ha delle pecche sia tecniche che sostanziali: una lentezza un pò eccessiva in alcuni tratti che svilisce il ritmo scenico e fa perdere il pathos creatosi nell'attesa di un quizzo che alla fine non c'è quasi mai; lo spostare la trattazione quasi esclusivamente sul piano economico (i migranti servono perchè fanno i lavori che noi non vogliamo più fare) e non sulla ricchezza che può dare un serio e circostanziato interscambio culturale.
Un ottima idea riuscita a metà: un vero peccato perchè (per quanto incredibile sia in un paese che dovrebbe essere proiettato nel III millennio e che in passato ha "prodotto" emigrati in ogni dove) oggi in Italia di storie che fanno riflettere ce ne vogliono ogni giorno.
Franco Cesario sinonimomacontrario.splinder.com
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