angelo umana
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domenica 4 settembre 2011
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35 telefonini e jeans griffati col sedere scoperto
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Sarebbe una cosa dell’altro mondo se un giorno d’improvviso sparissero tutti gli immigrati che lavorano in Italia, o segnatamente nell’ (a volte) xenofobo nord-est: immondizie che si accumulano per strada, la ditta del “sciur Brambilla” trevigiano, Abatantuono, senza quasi più operai, classi scolastiche e prigioni quasi vuote, anziani soli che vanno in sedia a rotelle a comprarsi le medicine o in coda a far la spesa, il poliziotto Mastandrea che deve accudire la madre anziana Laura Efrikian (ufficialmente affetta da Alzheimer, ma che pronuncia frasi molto accorte). Svuotata la canonica del prete che ne accoglieva alcuni.
Questo ha immaginato il regista Francesco Patierno, fornendo così una risposta fattiva al sciur Brambilla che declama i più beceri concetti anti-stranieri nella televisione locale che finanzia, concetti chiari e banali alla Borghezio.
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Sarebbe una cosa dell’altro mondo se un giorno d’improvviso sparissero tutti gli immigrati che lavorano in Italia, o segnatamente nell’ (a volte) xenofobo nord-est: immondizie che si accumulano per strada, la ditta del “sciur Brambilla” trevigiano, Abatantuono, senza quasi più operai, classi scolastiche e prigioni quasi vuote, anziani soli che vanno in sedia a rotelle a comprarsi le medicine o in coda a far la spesa, il poliziotto Mastandrea che deve accudire la madre anziana Laura Efrikian (ufficialmente affetta da Alzheimer, ma che pronuncia frasi molto accorte). Svuotata la canonica del prete che ne accoglieva alcuni.
Questo ha immaginato il regista Francesco Patierno, fornendo così una risposta fattiva al sciur Brambilla che declama i più beceri concetti anti-stranieri nella televisione locale che finanzia, concetti chiari e banali alla Borghezio. Non è un caso che politici del suo partito abbiano fatto addirittura interrogazioni parlamentari per la presunta “provocazione” del film – come non avessero cose più importanti a cui badare - ma forse hanno visto solo il trailer.
Il film è appena stato presentato alla 68° Mostra del Cinema di Venezia, il distributore è Medusa, al cui capo anziano – quello che nel tempo libero finge di esercitare la funzione di presidente del Consiglio - più di uno slogan si richiama.
Abatantuono più santone o predicatore di concetti terra-terra che capo azienda. Nel messaggio televisivo di scuse alla popolazione straniera sparita tira fuori la grande verità: questi ospiti consentono ai nostri figli di fare l’avvocato, il notaio, il professionista, di avere 35 telefonini e i jeans griffati che lasciano mezzo sedere scoperto. Mastandrea un pò ciondolante, a volte superpoliziotto a volte troppo umano. Ricche risate del pubblico e tanta tristezza, a immaginare cosa davvero accadrebbe se gli “sgraditi” ospiti se ne andassero. Sono solo i bambini della maestra Valentina Lodovini che riescono a considerare i compagni di colore diverso semplicemente persone, lasciano di colore bianco la faccia nei disegni segnaletici per ritrovarli. Nella colonna sonora di Simone Cristicchi una frase dice, più o meno, “ci mandiamo sms coi cellulari per dirci ti amo”: ma non riusciamo a stabilire rapporti umani con questi stranieri, che consideriamo solo in quanto ci servono.
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pepito1948
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martedì 6 settembre 2011
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occasione sprecata
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Un pifferaio magico (o qualcosa del genere; qui l’apparente causa è rappresentata da un’anomala tempesta) porta via improvvisamente e tutti insieme gli extracomunitari più o meno integrati di una comunità del nostro Nord Est italiano (ma in realtà il fenomeno è molto più esteso, come gli speaker televisivi ci fanno intendere); quasi una punizione divina o comunque una reazione inspiegabile alla telepredicazione di un imprenditorotto del luogo che, entrando nelle case della gente che per lo più la pensa come lui, lancia quotidianamente tuoni e fulmini (come la suddetta tempesta) contro i migranti che hanno “invaso” quelle terre, con il consueto repertorio di rozze volgarità e becere motivazioni cui da anni ci hanno abituato giornali e telegiornali.
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Un pifferaio magico (o qualcosa del genere; qui l’apparente causa è rappresentata da un’anomala tempesta) porta via improvvisamente e tutti insieme gli extracomunitari più o meno integrati di una comunità del nostro Nord Est italiano (ma in realtà il fenomeno è molto più esteso, come gli speaker televisivi ci fanno intendere); quasi una punizione divina o comunque una reazione inspiegabile alla telepredicazione di un imprenditorotto del luogo che, entrando nelle case della gente che per lo più la pensa come lui, lancia quotidianamente tuoni e fulmini (come la suddetta tempesta) contro i migranti che hanno “invaso” quelle terre, con il consueto repertorio di rozze volgarità e becere motivazioni cui da anni ci hanno abituato giornali e telegiornali.
Ed ora che succede, come è possibile organizzare la vita senza badanti, raccoglitori di ortaggi, operai addetti alle mansioni più faticose, panettieri e pizzaioli? Chi li sostituirà? Chi ridarà ai bambini che vanno a scuola i loro amichetti diversamente colorati, chi riempirà i loro banchi vuoti? Chi rimetterà in moto quel meccanismo complesso dai molti componenti spurii, ma perfettamente funzionanti, anzi molto più efficaci dei pezzi originali?
La comunità attonita cerca di rimboccarsi le maniche, si mette in fila, si sporca le mani come da tempo non succedeva, ma il vuoto è incolmabile e nulla è come prima. Il predicatore Dio-Patria-Famiglia e Italianità prende atto, cerca rimedi di ogni tipo, ma alla fine si arrende, e non può sottrarsi agli imperiosi richiami coniugali a partecipare alle mansioni domestiche; dovrà lavare, pulire, fare insomma ciò che prima era demandato a chi rientrava nel novero dei maledetti da rimandare a casa, e non gli resta che osservare mestamente i capannoni aziendali semivuoti.
Ma per contrappasso finirà per dirottare la sua vita alla ricerca di qualcuno di cui non riesce a fare a meno (di colore, naturalmente).
Nel sottofondo del grigiore xenofobo ed opportunista che connota il paesaggio umano di quelle parti, oltre all’imprenditore dispensatore di razzismo spicciolo si stagliano altre figure che agiscono in primo piano: un poliziotto lasciato dalla donna che ama–ovviamente conquistata da un aitante nero- disincantato e mammone (almeno per necessità), che si incarica di venire a capo del mistero più per motivi personali che per dovere d’ufficio, la giovane insegnante che insieme ai suoi alunni prova a cercare i loro compagni scomparsi attraverso vie alternative, la madre del poliziotto che, ufficialmente malata di Alzhaimer, si rivela molto più profonda, ragionevole e saggia del figlio.
Tutti cercano di trovare una soluzione al problema a modo proprio, arrivando all’unanime conclusione che senza di “loro” la vita è impossibile, ma non c’è nulla che possa farli ritornare: dal cilindro (in senso letterale, cioè dalla tubatura idrica cilindrica poggiata sul terreno dal cui buio interno la scolaresca dimezzata si aspetta il ritorno degli amichetti di colore) esce solo un coniglio, come dire: è stato tutto un gioco, un trucco da prestigiatore, ma attenzione perché la realtà, se non la governiamo con saggezza ed intelligenza, può fare brutti scherzi di cui sarebbe difficile fronteggiare le conseguenze.
Apologo sul razzismo imperante tra le nebbie padane (e non solo, per la verità) e sulla contraddittorietà di chi disprezza la multietnicità per poi pascersene e servirsene senza scrupoli –guardacaso, nei commenti che ho letto ricorre il nome di Borghezio, con la tragica differenza che nel film il telepredicatore Golfetto è personaggio immaginario, mentre il propalatore di strali xenofobi Borghezio esiste davvero- il film si snoda come una fiaba, basata su un presupposto irrealizzabile ma che suscita profonde riflessioni. Lo spunto è nobile ed interessante, ma cinematograficamente la storia, con risvolti non proprio innovativi, è debole, la sceneggiatura fa acqua ed è a tratti incongrua (vedi lo sviluppo del rapporto tra l’ondivaga insegnante ed il poliziotto), la regia di Patierno è piatta e senza guizzi, i toni da commedia non sono avvalorati da memorabili trovate divertenti (a parte un paio di gag), il finale non ci strabilia per originalità.
Si salvano le prove di alcuni attori, Abatantuono e Mastandrea in particolare, i cui personaggi e schemi interpretativi peraltro non sembrano discostarsi troppo da precedenti prestazioni, e la piacevole colonna sonora (almeno il brano dei titoli di coda) di Cristicchi.
Insomma un’occasione sprecata per un’idea che, adeguatamente supportata, avrebbe potuto coinvolgere e convincere ben più di un’onesta ma modesta opera che, ripensandoci, evocherà più i furori di stampo leghista che le gesta di Golfetto e dei suoi compagni di sventura.
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spike
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giovedì 8 settembre 2011
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occasione persa
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Il vizio del film è che non si capisce cosa il regista voglia presentarci: una commedia?, un film drammatico? Abatantuono fuori ruolo, non è credibile come veneto, il suo imprenditore è una macchietta del Prosperini televisivo. Mastandrea (ottimo attore) sprecato, la Lodovini si limita a qualche posa da maestrina e poco più. Delusione.
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equindi65
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giovedì 8 settembre 2011
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un film "fanta-sociale" senza...finale!
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Il razzismo, la Lega, la violenza sociale e politica: ci sono tutti gli ingredienti di "denuncia" in questo film sulle incongruenze di un'Italia che non ha saputo gestire al meglio un normale processo di integrazione razziale.
L'idea è buona, anzi ottima, ma il film è davvero senza troppe pretese, buono per i passaggi televisi futuri, ma di poco impatto cinematografico.
Il finale (ciò che spesso decreta il successo o la disfatta di un film) lascia con l'amaro in bocca, quasi che il regista sia rimasto indeciso fino all'ultimo secondo se gestire una conclusione positiva o negativa, risultato: nè carne nè pesce, addirittura sembra "troncato di netto"...si esce dalla sala a passi lenti, quasi con la speranza che i titoli di coda smettano di scorrere e venga trasmesso il "vero" finale!
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giacomogabrielli
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lunedì 12 settembre 2011
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cose...cosi'. **
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Cupa commedia pessimista della serie "Come sarebbe il mondo se...?". Un cast rinomato per una sceneggiatura non così eccellente, anzi, esagerata e non priva di buchi. Come sempre bravo Valerio Mastandrea, anche se qui non si supera. Ottimo e bravissimo Diego Abatantuono, qui nei panni di un veneto doc che non risparmia nulla e nessuno con insulti e luoghi comuni sugli immigrati. A tratti simpatico, il film però non stupisce, anche se per qualche istante faceva sperare bene. La regia lascia a desiderare, senza particolari coreografie o movimenti di macchina. Tutto risulta comunque ben chiaro anche se una cosa me la chiedo tutt'ora: ma sti immigrati 'ndo stanno? COSE.
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Cupa commedia pessimista della serie "Come sarebbe il mondo se...?". Un cast rinomato per una sceneggiatura non così eccellente, anzi, esagerata e non priva di buchi. Come sempre bravo Valerio Mastandrea, anche se qui non si supera. Ottimo e bravissimo Diego Abatantuono, qui nei panni di un veneto doc che non risparmia nulla e nessuno con insulti e luoghi comuni sugli immigrati. A tratti simpatico, il film però non stupisce, anche se per qualche istante faceva sperare bene. La regia lascia a desiderare, senza particolari coreografie o movimenti di macchina. Tutto risulta comunque ben chiaro anche se una cosa me la chiedo tutt'ora: ma sti immigrati 'ndo stanno? COSE...COSI'. **
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franco cesario
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mercoledì 7 settembre 2011
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cose (purtroppo) di questo paese
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Cose dell'altro mondo è un delicato film dal regista napoletano di Pater Familias Francesco Patierno, su di una storia di ordinario razzismo (che si trasforma in metafora grottesca e straordinaria) ambientata nell'ex opulento nord-est della nostra penisola ormai alla deriva, morale ed economica.
L'opera ha il pregio di affrontare con leggerezza un tema scottante come quello dell'emigrazione e ci fa riflettere, e in alcuni momenti anche commuovere (la scena del mago che come nelle società arcaiche cerca di far ritornare i migranti scomparsi), sul quanto ormai i migranti siano parte del nostro tessuto socio-economico, di quanti ognuno di noi ne conosca e con quanti si interagisce senza (quasi e fortunatamente) essere discriminanti.
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Cose dell'altro mondo è un delicato film dal regista napoletano di Pater Familias Francesco Patierno, su di una storia di ordinario razzismo (che si trasforma in metafora grottesca e straordinaria) ambientata nell'ex opulento nord-est della nostra penisola ormai alla deriva, morale ed economica.
L'opera ha il pregio di affrontare con leggerezza un tema scottante come quello dell'emigrazione e ci fa riflettere, e in alcuni momenti anche commuovere (la scena del mago che come nelle società arcaiche cerca di far ritornare i migranti scomparsi), sul quanto ormai i migranti siano parte del nostro tessuto socio-economico, di quanti ognuno di noi ne conosca e con quanti si interagisce senza (quasi e fortunatamente) essere discriminanti.
Protagonisti un Diego Abatantuono nei panni di un imprenditore xenofobo e santone tv anti-integrazione (facente il verso ad un discusso personaggio realmente esistente, ex assessore regionale, recentemente arrestato in diretta tv per corruzione e turbativa d'asta), segretamente e paradossalmente innamorato di una prostituta nigeriana, Valerio Mastrandrea come sempre grande e perfettamente calato nel personaggio (un poliziotto schizoide e manesco innamorato e abbandonato con tanto di madre affetta da alzheimer) mentre Valentina Lodovini conferma la sua recitazione un pò forzata e ancora acerba.
Il film però ha delle pecche sia tecniche che sostanziali: una lentezza un pò eccessiva in alcuni tratti che svilisce il ritmo scenico e fa perdere il pathos creatosi nell'attesa di un quizzo che alla fine non c'è quasi mai; lo spostare la trattazione quasi esclusivamente sul piano economico (i migranti servono perchè fanno i lavori che noi non vogliamo più fare) e non sulla ricchezza che può dare un serio e circostanziato interscambio culturale.
Un ottima idea riuscita a metà: un vero peccato perchè (per quanto incredibile sia in un paese che dovrebbe essere proiettato nel III millennio e che in passato ha "prodotto" emigrati in ogni dove) oggi in Italia di storie che fanno riflettere ce ne vogliono ogni giorno.
Franco Cesario sinonimomacontrario.splinder.com
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linodigianni
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sabato 10 settembre 2011
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un film da vedere, comunque
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E' un film tipo quelli inutili, da cine-panettone?
No, direi che è un film che affronta, con un racconto appena un po', sopra le righe
una questione che semplice non è, ma che spesso viene affrontata come nel film:
con stereotipi, macchiette, e razzismi strapaesani.
Il telepredicatore televisivo, interpretato da Abatantuono, è perfino inferiore
alla realtà vera di Un sindaco che vuole prendere a fucilate gli stranieri, o togliere
le panchine.
E il Veneto è la grande metafora del familismo italiano, che a parole sono
dentro l'onorata famiglia, e nei fatti riempiono i locali di Lap Dance al venerdi sera.
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E' un film tipo quelli inutili, da cine-panettone?
No, direi che è un film che affronta, con un racconto appena un po', sopra le righe
una questione che semplice non è, ma che spesso viene affrontata come nel film:
con stereotipi, macchiette, e razzismi strapaesani.
Il telepredicatore televisivo, interpretato da Abatantuono, è perfino inferiore
alla realtà vera di Un sindaco che vuole prendere a fucilate gli stranieri, o togliere
le panchine.
E il Veneto è la grande metafora del familismo italiano, che a parole sono
dentro l'onorata famiglia, e nei fatti riempiono i locali di Lap Dance al venerdi sera.
Un film che non delude, senza essere un capolavoro, ma consigliabile.
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adler
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sabato 23 luglio 2016
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un vero peccato
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La sceneggiatura, seppur non originale,il cast piu' che buono ed il soggetto avrebbero potuto generare un' opera divertente e profonda, attuale, con messaggi e spunti riflessivi pazzeschi........Invece??.....Invece il regista ha sprecato l' occasione.
Per prima cosa i personaggi non sono per nulla trattati con profondita' ( non e' che basta far piangere un attore per renderlo piu' "complesso"); la tematica del razzismo/ integrazione risponde ai soliti schemi preconfezionati: "senzagliimmigratilavitasarebbeimpossibilemaivenetituttirazzitiedancheunpochinoipocritinonsenrendonoconto"; lo svolgimento della trama, a parte i primi 20 minuti, e' lenta ( se questo fosse a scapito di una maggior riflessivita'delle tematiche non sarebbe neppure un problemone);Abatantuono e' un pochino improbabile come industriale veneto (qulche volta gli scappa una battuta in milanese); sprecato Mastandrea nella parte del poliziotto triste dalla vita incasinata.
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La sceneggiatura, seppur non originale,il cast piu' che buono ed il soggetto avrebbero potuto generare un' opera divertente e profonda, attuale, con messaggi e spunti riflessivi pazzeschi........Invece??.....Invece il regista ha sprecato l' occasione.
Per prima cosa i personaggi non sono per nulla trattati con profondita' ( non e' che basta far piangere un attore per renderlo piu' "complesso"); la tematica del razzismo/ integrazione risponde ai soliti schemi preconfezionati: "senzagliimmigratilavitasarebbeimpossibilemaivenetituttirazzitiedancheunpochinoipocritinonsenrendonoconto"; lo svolgimento della trama, a parte i primi 20 minuti, e' lenta ( se questo fosse a scapito di una maggior riflessivita'delle tematiche non sarebbe neppure un problemone);Abatantuono e' un pochino improbabile come industriale veneto (qulche volta gli scappa una battuta in milanese); sprecato Mastandrea nella parte del poliziotto triste dalla vita incasinata.
Purtroppo da uno spunto davvero buono sarebbe potuto nascere un film molto accattivante. Non e' stato cosi'. Da vedere senza pretese in TV; chi ha pagato 12-14 euri al cinema penso non l' abbia presa tanto bene.
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morgana72
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martedì 20 settembre 2011
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cose del nostro mondo
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Una commedia surreale sull'improvvisa scomparsa degli immigrati extracomunitari, il cui duro lavoro sostiene ormai gran parte dell'economia italiana: questa l'idea dell'ultimo lavoro di Patierno, ambientato in un tipico paese del nordest italiano, immerso nella più becera ignoranza e nella più vergognosa intolleranza nei confronti del 'diverso'. Interprete principale dell'atteggiamento dei suoi concittadini, Abatantuono delinea senza alcuna misura un ingombrante industrialotto cafone e razzista, veramente ai limiti della caricatura, che attraverso una rete privata locale predica contro gli immigrati clandestini e non, sbandierando la superiorità della cultura (?) nostrana, per poi consolarsi tra le braccia di una prostituta nigeriana.
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Una commedia surreale sull'improvvisa scomparsa degli immigrati extracomunitari, il cui duro lavoro sostiene ormai gran parte dell'economia italiana: questa l'idea dell'ultimo lavoro di Patierno, ambientato in un tipico paese del nordest italiano, immerso nella più becera ignoranza e nella più vergognosa intolleranza nei confronti del 'diverso'. Interprete principale dell'atteggiamento dei suoi concittadini, Abatantuono delinea senza alcuna misura un ingombrante industrialotto cafone e razzista, veramente ai limiti della caricatura, che attraverso una rete privata locale predica contro gli immigrati clandestini e non, sbandierando la superiorità della cultura (?) nostrana, per poi consolarsi tra le braccia di una prostituta nigeriana. Una volta rimasto senza dipendenti e senza colf , però, lo stesso dovrà imparare a collaborare in casa con un'elegante consorte (Sandra Collodel) e cercare di racimolare invano qualche operaio qua e là per non dover chiudere la fabbrica, per poi apprendere infine che sua figlia è incinta di un giovane di colore. Ma a sua volta anche un giovane poliziotto di lei innamorato (Valerio Mastandrea), meno insensibile dei suoi concittadini ai problemi delle minoranze etniche, dovrà affrontare comunque il confronto con la diversità, trovandosi a fare da compagno alla ragazza rimasta sola ad affrontare la gravidanza e quindi a far da padre al nascituro. Si disegna così il dramma collettivo di almeno due generazioni alle prese con una società multietnica e la conseguente esigenza di una catarsi pubblica: da qui l'episodio centrale dell'incendio della vecia, tradizionale cerimonia trevigiana, che evoca un'antica esigenza di purificazione dal male in concomitanza con l'inizio del nuovo anno, a segnalare l'aspirazione profonda e appassionata della gente di buona volontà a superare i clichés.
Ma l'effetto globale di tutto il film è la poca chiarezza dello stile: ll'impostazione nettamente caricaturale dei tipi messi in scena e una certa levità generale del tono contrastano sia con la serietà e la realisticità delle problematiche proposte sia soprattutto con l'intento di denuncia che evidentemente anima il lavoro, e che appare chiaro durante l'episodio catartico di cui si diceva. Un equilibrio maggiore non avrebbe guastato.
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syntheticking
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venerdì 9 settembre 2011
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appropinquante fine mundi!
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film accompagnato da una marea di polemiche, decisamente ingiuste, perchè i veneti sì sono tirati in ballo direttamente, ma in questo film si parla di tutta l'italia, anzi di tutti gli italiani.
un italia che non è più belpaese, ma accozzaglia di brutture, di bassezze, di santoni anti-negri che vanno a mignotte (ovviamente nigeriane...), di poliziotti schizoidi, di insegnanti che hanno relazioni con extra-comunitari, ma non li sposano perchè intimamente bloccate (razzismo di secondo livello?).
questa è l'italia raccontata qui, e personalmente trovo il dipinto estremamente calzante.
ma oltre alla critica sociale, o supposta tale, il film è divertente, scorrevole, con un continuo saltellare tra la serietà del dramma e il dipinto ironico e pungente delle psicopatologie dei protagonisti e della cultura del "malpaese".
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film accompagnato da una marea di polemiche, decisamente ingiuste, perchè i veneti sì sono tirati in ballo direttamente, ma in questo film si parla di tutta l'italia, anzi di tutti gli italiani.
un italia che non è più belpaese, ma accozzaglia di brutture, di bassezze, di santoni anti-negri che vanno a mignotte (ovviamente nigeriane...), di poliziotti schizoidi, di insegnanti che hanno relazioni con extra-comunitari, ma non li sposano perchè intimamente bloccate (razzismo di secondo livello?).
questa è l'italia raccontata qui, e personalmente trovo il dipinto estremamente calzante.
ma oltre alla critica sociale, o supposta tale, il film è divertente, scorrevole, con un continuo saltellare tra la serietà del dramma e il dipinto ironico e pungente delle psicopatologie dei protagonisti e della cultura del "malpaese".
sì ride, si ride amaro, come hai tempi di una certa commedia all'italiana. non manca anche un pò di manierismo, di sentimentalismo e di messaggi positivi, ma non si finisce mai nel libro "cuore".
molto belli, toccanti, i rimandi e le citazioni dell'italia che fù, quella dei genitori, dei valori morali, e dei maghi che esorcizzavano le paure; il ricordo di un italia rurale, probabilmente corrotta anch'essa, ma non in maniera così lampante.
dopo tanto tempo, un film che mi ha fatto veramente piacere vedere, che mi ha fatto divertire, e che mi ha insinuato un paio di buoni spunti su cui meditare.
ma non ditelo a veneti e leghisti...
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