renato c.
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domenica 4 ottobre 2015
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buon film biografico
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Renato Vallanzasca, criminale per scelta, per vocazione e non per necessità! Sangue freddo, donnaiolo, e non si fa scrupoli ad uccidere, salvo che per un suo compagno, che poi lascia in vita e per un poliziotto di vent'anni che lascia in vita per la sua età e si lascia arrestare, tanto ormai non aveva più nulla da perdere! Michele Placido fa un bel film soprattutto sulla personalità di questo personaggio oscuro, tuttora vivente!
Nonostante le scene violente descrive soprattutto l'essere umano! Ottima l'interpretazione di Kim Rossi Stuart!
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luca1968
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mercoledì 6 aprile 2016
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bellissimo, con un kim rossi stuart da oscar
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Dopo Romanzo Criminale, Michele Placido ha sfornato un altro bellissimo film che narra con un realismo ed una spettacolare cura dei particolari un'altra storia "nera" del nostro recente passato: quella del bel Renè che ha fatto impazzire per anni polizia e donne di tutta Italia. Il film, tuttavia, finirebbe per essere solo un racconto didascalico se non fosse per l'interpretazione straordinaria di Kim Rossi Stuart e di Filippo Timi. Il primo, che già avevo apprezzato tantissimo in Romanzo Criminale (oltre che nel film tv La Uno Bianca), è riuscito a passare dal romano Freddo della banda della Magliana allo sbruffone milanese Vallanzasca, dipingendo due criminali nostrani completamente opposti.
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Dopo Romanzo Criminale, Michele Placido ha sfornato un altro bellissimo film che narra con un realismo ed una spettacolare cura dei particolari un'altra storia "nera" del nostro recente passato: quella del bel Renè che ha fatto impazzire per anni polizia e donne di tutta Italia. Il film, tuttavia, finirebbe per essere solo un racconto didascalico se non fosse per l'interpretazione straordinaria di Kim Rossi Stuart e di Filippo Timi. Il primo, che già avevo apprezzato tantissimo in Romanzo Criminale (oltre che nel film tv La Uno Bianca), è riuscito a passare dal romano Freddo della banda della Magliana allo sbruffone milanese Vallanzasca, dipingendo due criminali nostrani completamente opposti. Se, come lo stesso attore ha dichiarato in una intervista, il personaggio del Freddo era forse più semplice, in quanto romano come lui e in quanto parzialmente inventato (peraltro, il personaggio del Freddo emerge come vero protagonista del film solo dopo l'uscita di scena dell'altrettanto ottimo Libanese di Favino), il personaggio del bel Renè era molto più rischioso, milanese sbruffone, sopra le righe, e soprattutto ancora impresso nella mente di tutti gli italiani che hanno vissuto quegli anni (anche nella mia, che all'epoca ero ancora un bambino). Davvero straordinario, come il suo corrispondente francese Vincent Cassel nella parte del Vallanzasca francese Jacques Merine, interpretato due anni prima nel Nemico Pubblico n.1. E come dimenticare Filippo Timi (che non conoscevo prima di questo film), che con la sua voce roca e rotta da fumatore incallito dipinge a suo volta meravigliosamente l'amico tossico che nel film fu più una spina nel fianco, che un vero aiuto, per Vallanzasca (non ho idea se sia un personaggio di fantasia, o ispirato a un membro vero della Banda della Comasina). Ultima nota di merito a Valeria Solarino, a sua volta perfetta nei panni della donna della vita del simpatico mascalzone (ovviamente la indubbia simpatia da guascone non può cancellare i suoi crimini, nè il film deve essere letto come una sua apologia), mentre Francesco Scianna, nei panni dell'amico/nemico Francis Turatello, ha un ruolo marginale che interpreta comunque con fascino e classe (chissà com'era il vero Turatello, di cui non ho quasi nessun ricordo). Voto reale al film: 4 stelle e mezza. Voto a KRS: 5 stelle con lode, se fosse americano difficilmente gli avrebbero negato un oscar
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belliteam
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domenica 29 marzo 2020
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vallanzasca - un fim italiano da esportare
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E' italiano ma sembra un film indipendente americano. Crudo, essenziale, con un Kim Rossi Stuart "divo" eccentrico che impersona il protagonista di questa pellicola, volutamente "mitizzando" il personaggio (ma qui la responsabilita' e' di una trama che a volte si compiace un po' troppo sconfinando in qualche scena un po' troppo calcata ed improbabile). Nonostante cio' comunque il film risulta ben fatto e anche il montaggio si mantiene costante ed intenso x tutta la durata del film
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carlita
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sabato 12 febbraio 2011
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l'anima libera dentro il corpo carcerato
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Una vita vissuta all'eccesso, quella di Renato Vallanzasca, senza vie di mezzo, deliberatamente scelta per inseguire, senza osteggiare, un tracciato conforme alla propria andatura. A costo di tutto: a costo di perdere l'amore di un figlio, a costo della libertà, a costo della dipendenza da quel lato oscuro che anche gli angeli possiedono. Raro se non unico nel suo genere, quest'angelo buono, questo giustiziere di un bene malato, questo paladino nobile che non vuol sentir ragioni, rinuncia alla propria libertà per non dover rispondere di negligenza e omertà verso se stesso. Tutto il film alterna una focalizzazione estrema ad una più appannata ma sempre presente: Renato, l'unico protagonista, l'unico attore colorato di un film in bianco e nero.
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Una vita vissuta all'eccesso, quella di Renato Vallanzasca, senza vie di mezzo, deliberatamente scelta per inseguire, senza osteggiare, un tracciato conforme alla propria andatura. A costo di tutto: a costo di perdere l'amore di un figlio, a costo della libertà, a costo della dipendenza da quel lato oscuro che anche gli angeli possiedono. Raro se non unico nel suo genere, quest'angelo buono, questo giustiziere di un bene malato, questo paladino nobile che non vuol sentir ragioni, rinuncia alla propria libertà per non dover rispondere di negligenza e omertà verso se stesso. Tutto il film alterna una focalizzazione estrema ad una più appannata ma sempre presente: Renato, l'unico protagonista, l'unico attore colorato di un film in bianco e nero. Superfluo dire che l'opera iniziata dalla regia nell'esaltazione del personaggio, viene egregiamente perpetuata dalla sublme interpretazione di un Kim Rossi Stuart che esige (meritatamente) occhi solo per lui e nella scena finale ci regala un sorriso che vale più di tutto il film.
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time_traveler
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lunedì 23 maggio 2011
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il lato "buono" del male
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Vallanzasca Renato. Un moderno Lupin. Questa l'idea che il film dà di uno dei criminali italiani balzati agli onori della cronaca negli '70 e '80. Film incentrato sulla figura dell'eclettico ladro gentiluomo Vallanzasca e della sua banda, che seminarono il panico in tutto il nord Italia, partendo dalla Milano da bere degli anni '70. Pellicola molto criticata, forse eccessivamente, per aver quasi glorificato un'icona di indubbia matrice malavitosa, ma aldilà delle polemiche è un film riuscito: riuscito perchè Kim Rossi Stuart recita bene, benissimo, i personaggi satellite sono altrettanto bravi e le scene proposte non danno mai l'impressione di essere superflue.
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Vallanzasca Renato. Un moderno Lupin. Questa l'idea che il film dà di uno dei criminali italiani balzati agli onori della cronaca negli '70 e '80. Film incentrato sulla figura dell'eclettico ladro gentiluomo Vallanzasca e della sua banda, che seminarono il panico in tutto il nord Italia, partendo dalla Milano da bere degli anni '70. Pellicola molto criticata, forse eccessivamente, per aver quasi glorificato un'icona di indubbia matrice malavitosa, ma aldilà delle polemiche è un film riuscito: riuscito perchè Kim Rossi Stuart recita bene, benissimo, i personaggi satellite sono altrettanto bravi e le scene proposte non danno mai l'impressione di essere superflue. E' la prova tangibile che esiste ancora del buon cinema italiano, che con un badget un pò più elevato si può fare e bene anche. Certo, non resterà negli annali come una delle pellicole più significative degli ultimi anni, ma resta pur sempre un barlume di speranza per il nostro cinema che , orfano di Fellini o Leone, tanto per citarne due dei più grandi di sempre, potrebbe dire la sua. Certo, Hollywood è lontana mille miglia, ma non è detto che per un bel film serva un cast stellare ed effetti speciali in quantità industriale. Senza infamia e senza lode.
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ignazio vendola
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lunedì 13 giugno 2011
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un "romanzo criminale" alla milanese
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Michele Placido tenta di bissare il suo perfetto "Romanzo Criminale", ma l'operazione riesce solo per metà: la storia di Vallanzasca è meno intricata ed avvincente di quella della Banda della Magliana, e Kim Rossi Stuart non ha le phisique du role per interpretare un vero cattivo. Comunque il film è assolutamente godibile. Per onore di cronaca va detto che il vero Vallanzasca ha rinnegato la sceneggiatura 'troppo fantasiosa'.
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hulk1
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venerdì 22 luglio 2011
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fotoromanzo criminale
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Tralasciamo i commenti di personaggi oscuri, oscurantisti , il peggio del nostro paese. Il peggio erano Vallanzasca, le BR, Fioravanti, Mambro, le stragi impunite, gli anni settanta. Anni con cui ben pochi vogliono fare i conti, analizzare. storicizzare. Riserve riguardo il film Vallanzasca sono state avanate da riviste come Nocturno e Cineforum. Come si spiega questa convergenza? Non di ordine politico, entambe stanno a sinistra, ma Fotoromanzo criminale è stato criticato e considerato un'opera non completa, o meglio 'dalla parte del criminale'. Il parallelo con nemico pubblico, ed istinto di morte non regge. Il dittico francese non è solo una operazione vintage, ma attraverso il protagonista si comprende come il potere, la ribellione, la violenza hanno avuto origine e nel finale con una vera e propria esecuzione , viene uccciso un criminale, ed un periodo dalle sfaccettature complesse.
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Tralasciamo i commenti di personaggi oscuri, oscurantisti , il peggio del nostro paese. Il peggio erano Vallanzasca, le BR, Fioravanti, Mambro, le stragi impunite, gli anni settanta. Anni con cui ben pochi vogliono fare i conti, analizzare. storicizzare. Riserve riguardo il film Vallanzasca sono state avanate da riviste come Nocturno e Cineforum. Come si spiega questa convergenza? Non di ordine politico, entambe stanno a sinistra, ma Fotoromanzo criminale è stato criticato e considerato un'opera non completa, o meglio 'dalla parte del criminale'. Il parallelo con nemico pubblico, ed istinto di morte non regge. Il dittico francese non è solo una operazione vintage, ma attraverso il protagonista si comprende come il potere, la ribellione, la violenza hanno avuto origine e nel finale con una vera e propria esecuzione , viene uccciso un criminale, ed un periodo dalle sfaccettature complesse. Placido ha preso i settanta , facedosi in qualche modo cantore ufficiale e non vi riesce in maniera lucida. Ovvio sono presenti i limiti oggettivi del suo talento, la sua qualità come regista, non è Francesco Rosi. I libri dai quali viene ricavata la sceneggiatura sono la testimonianza di Vallanzasca e secondo me anche dal libro di polidori. Un bandito così cool, grande, forse la migliore interpretazione di Kim Rossi, tutto perfettamente ricostruito, anche se Turatello somiglia a Max Gazè, ed è prorio questo fermarsi alla superfice, limita il film, forse Placido di più non sa dare, ma comunque l'elemento dialettico del commissario Achille Serra manca pesantemente. Ma la sceneggiatura rinuncia copletamento ripeto all'analisi, al mostrare un assassino spietato, egocentrico, in un'ottica distaccata. Al contrario Placido gira, monta, illumina un film tutto azione, lontanissimo dai poliziotteschi anni settanta, cucito per Kim e dalla parte del criminale.
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benedetta mattei
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domenica 23 gennaio 2011
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il fiore del male sboccia e poi si arrende
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Mai sparare per primi; mai alle spalle. Le armi servono per spaventare, non per uccidere. Vallanzasca Renato, nato il 4 maggio 1950 a Milano, ha uno stile ed un codice ben preciso. Bello come un angelo affascina l'opinione pubblica del tempo per il suo modo di fare. I giornali parlano solo di lui, oggi come allora, all'uscita dell'ultimo film di Michele Placido, Vallanzasca - gli angeli del male, presentato alla 67a Mostra del cinema di Venezia ed uscito nella sale italiane il 21 gennaio 2011.
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Mai sparare per primi; mai alle spalle. Le armi servono per spaventare, non per uccidere. Vallanzasca Renato, nato il 4 maggio 1950 a Milano, ha uno stile ed un codice ben preciso. Bello come un angelo affascina l'opinione pubblica del tempo per il suo modo di fare. I giornali parlano solo di lui, oggi come allora, all'uscita dell'ultimo film di Michele Placido, Vallanzasca - gli angeli del male, presentato alla 67a Mostra del cinema di Venezia ed uscito nella sale italiane il 21 gennaio 2011. Il regista ed attore pugliese traccia il profilo di una figura mitica. Ricrea quel personaggio mediatico che, impertinente e coraggioso, aveva sedotto uomini e donne. Lettere su lettere per il bel René; articoli, ancora articoli; foto, dichiarazioni. Si vogliono immortalare le gesta del “fiore del male”. Un eroe negativo (a volte freddo e razionale, altre passionale e generoso) disposto ad ingerire chiodi ed iniettarsi urine per evadere, ma anche a dichiararsi colpevole, con coraggio ed onestà, per i propri reati e per quelli dei compagni che non l'hanno mai tradito.
Un profilo che ben si adatta al protagonista di un gangster movie, ma che, alla fine della pellicola, pur avendo creato una figura mitica e allo stesso tempo terrena, non lascia trapelare l'uomo vero. Alla fine la maschera cade ed il personaggio Vallanzasca si arrende mostrandosi umano, stanco, e forse già vecchio. Un uomo che ha già vissuto e che forse si sente troppo maturo, o semplicemente stufo, per continuare a scappare.
La pellicola rispetta i cliché dell'action movie, con inseguimenti e sparatorie, ma mescola anche, in tutta la sua durata, alcuni dettagli fondamentali per capire lo shock che anche i carnefici provano dinnanzi alla morte. La perdita dei propri compagni sotto i propri occhi. Le ossa che si spezzano sotto le ruote di una macchina. Il sangue che fluisce. E poi la confusione concretizzata dalla recitazione di Kim Rossi Stuart (nel ruolo di Vallanzasca) e di Filippo Timi (nel ruolo dell'amico d'infanzia Enzo), oltre che dalle più consuete scelte registiche (macchina da presa tremolante, illuminazione noir, dettagli iper-realistici). Bravi anche Paz Vega, Francesco Scianna, e Valeria Solarino che fanno prendere una forma ed uno spessore ben preciso alle figure che interpretano non lasciandosi schiacciare dal protagonista assoluto. È tutta la banda della Comasina a diventare mitica. Rapine, bella vita; rapine, sangue, carcere; pestaggi, ancora sangue. Il ritmo è incalzante. Il gruppo è unito, ha un leader. Vallanzasca che non si è mai arreso, che è sempre riuscito ad evadere, che sorrideva ai giornalisti lasciando dichiarazioni ad un certo punto si arrende. Ma perché? Ha sempre aderito al personaggio mediatico che si era costruito. Perché ad un certo punto, poco dopo aver urlato la propria gioia di libertà, si scopre tanto stanco di scappare? In un film che è tutto un crescendo di forza ed energia un explicit così sconcerta. Vallanzasca si arrende, seppur con il sorriso sulle labbra, si arrende dimostrandosi umano, ma soprattutto stanco della maschera e del personaggio. Non è certo la conclusione che ci si aspetta in un action movie; e allora è facile pensare che con poco questa pellicola si sarebbe trasformata in molto di più! Forse un occasione sprecata.
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domenico a
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martedì 25 gennaio 2011
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non è epico, non è romantico, non è storico, allor
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Abbiamo visto “ Vallanzasca – Gli angeli del male “ regia di Michele Placido.
Michele Placido negli anni è diventato un buon artigiano del cinema italiano, sa essere un ottimo direttore di attori, un discreto regista e tratta argomenti dell’Italia del Secolo Scorso cercando di capire misteri e tragedie spesso senza un finale chiaro nella realtà di quei tempi. Devono essere stati anche anni fondamentali per Placido, perché in genere un regista fa al massimo un paio di film ‘ storici ‘ sugli stessi anni ( eccezione Luigi Magni che ha fatto quasi solo film sul Risorgimento e sulla Roma papalina ), invece lui prima di questo non riuscitissimo “ Vallanzasca “ ha realizzato “ Il grande sogno “ ( 2009 ), “ Romanzo criminale “ ( 2005 ) e andando rapidamente all’indietro “ Del perduto amore “ ( 1998 ) e “ Un eroe borghese “ ( 1995 ).
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Abbiamo visto “ Vallanzasca – Gli angeli del male “ regia di Michele Placido.
Michele Placido negli anni è diventato un buon artigiano del cinema italiano, sa essere un ottimo direttore di attori, un discreto regista e tratta argomenti dell’Italia del Secolo Scorso cercando di capire misteri e tragedie spesso senza un finale chiaro nella realtà di quei tempi. Devono essere stati anche anni fondamentali per Placido, perché in genere un regista fa al massimo un paio di film ‘ storici ‘ sugli stessi anni ( eccezione Luigi Magni che ha fatto quasi solo film sul Risorgimento e sulla Roma papalina ), invece lui prima di questo non riuscitissimo “ Vallanzasca “ ha realizzato “ Il grande sogno “ ( 2009 ), “ Romanzo criminale “ ( 2005 ) e andando rapidamente all’indietro “ Del perduto amore “ ( 1998 ) e “ Un eroe borghese “ ( 1995 ). Placido si è ritagliato uno spazio nel panorama del cinema italiano, inserendosi in parte in quello “ civile “, e questo è un suo indiscutibile merito non essendoci più un filone del genere in Italia e i solitari tentativi spesso sono risultati afasici, satolli e inconcludenti. Ma Placido come persona e come sceneggiatore ci sembra molto istintivo, con un carattere fiammiferino che condiziona quel lato delle storie che richiederebbero più freddezza ideologica e razionalità espressiva. Errore che non capitava a maestri del cinema italiano come. in primis, Francesco Rosi, ma anche Elio Petri o Giuliano Montaldo.
E anche in quest’ultimo film c’è un istinto a indugiare sui protagonisti, sinceramente troppo simpatici e piacioni come Vallanzasca e soprattutto Turatello ( che probabilmente saranno stati anche quello ma soprattutto “ degli angeli del male “ che hanno provocato morte e non solo si sono trovati in mezzo alla morte casualmente ). E poi, per noi, “ l’idea “ del film collima spesso con un’analisi, se non ideologica, politica dei personaggi e del tempo in cui vivono, non si può raccontare un’epoca solo cronologicamente; perché chi l’ha vissuto ne sente la mancanza e chi non ha vissuto quegli anni vede solo dei banditi che sparano e ammazzano per una vita migliore. Se vogliamo fare un paragone, citiamo un non eccelso ma efficace “ Banditi a Milano “ di Carlo Lizzani.
Il film inizia quando Renato Vallanzasca ha otto anni, fa parte ( siamo alla fine degli Anni Cinquanta ) di quel mondo ancora primordiale e quasi preindustriale che cantava Celentano con “ Il ragazzo della via Gluck “, lui però è di zona Lambrate dove la madre aveva un negozio d'abbigliamento. il padre invece era sposato con un'altra donna ( ma nel film tutto questo non c’è, anzi appare una gentile coppia di genitori silente e affezionata ). E’ già un bimbetto carismatico ed ha una piccola banda, con loro prova a liberare una tigre
dalla gabbia di un circo e viene in contatto per la prima volta con la polizia. C’è un salto temporale e ritroviamo Renato adulto e già con il soprannome di “ Bel Renè “, è un bulletto di periferia, protervo, carismatico, pronto a tutto e con una facile presa sulle belle ragazze di night. Prima rapina a un portavalori cercando di non far male a nessuno. Tutto fila liscio, ma la polizia lo incastra e subisce una condanna a sei anni di carcere. Ma oltre a non fare “ la spia “ a non piegarsi ai soprusi in carcere, a essere un capo, è anche autolesionista, si taglia con una lametta sul corpo, sanguina copiosamente, trangugia chiodi per protestare. Evade, accetta che la sua donna con cui ha un figlio ha deciso di non aspettarlo, ritorna “ alla grande “ nella malavita milanese, con il solito armamentario di rapine, bella vita notturna, giocate a poker e bische clandestine; poi inizia lo scontro con il ras delle bische Francesco Turatello. Un blocco del film corposo e “ troppo simpatico “ in cui i due si scontrano e si incontrano dalla strada al carcere inizialmente con morti reciproci e poi diventando amici per la pelle. Altre rapine, carcere ed evasione da una nave durante un trasferimento. Assistiamo a un processo dall’atmosfera da spettacolo leggero e poi con la condanna a vita tutti diventano seri. Renato Vallanzasca sarà condannato complessivamente a quattro ergastoli e a 262 anni di prigione. La scena finale e la conferma dell’idea centrale del film di Placido, Vallanzasca viene fermato ad un autogrill da un giovane poliziotto inesperto di vent’anni, Renato ha la pistola, potrebbe reagire, ma non vuole uccidere un ragazzino, sorride e si fa arrestare.
Sappiamo bene che il cinema non è la realtà, che ci sono tante licenze narrative ( ed è anche giusto ) ma in questo film onestamente non si comprende chi sia stato Vallanzasca. Facendo un bilancio sembra che sia stato un ribelle, simpatico, amato dai suoi compari, rispettato anche dalla camorra di Cutolo, desiderato da migliaia di donne e in fondo un malavitoso che non voleva arrecare morte e danni ma solo vivere sulle spalle della società. In realtà anche un fatto veramente grave come far insorgere un carcere intero, sequestrare dei poliziotti, bruciare e distruggere suppellettili e celle soltanto per poter ammazzare un suo amico pentito sembra un fatto come un altro e non che lui sia veramente un criminale pericoloso; risulta quasi un personaggio romantico shakespeariano.
Un film che si vede con facilità e leggerezza, con una buona regia, un ottimo montaggio, uno splendido cast d’attori e da segnalare l’ottimo Filippo Timi.
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(di salvo)
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(di marezia)
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astromelia
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martedì 25 gennaio 2011
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la scelta
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...la scelta di stare dalla parte sbagliata,quando sai che non ne uscirai se non con la rinuncia alla vita,da dove viene questa fatua maledizione? film con buona scorrevolezza degli episodi anche se all'inizio stenta ad ingranare.
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