Vallanzasca - Gli angeli del male

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Un film di Michele Placido. Con Moritz Bleibtreu, Paz Vega, Vito Facciolla, Rocco Capraro, Teresa Acerbis.
continua»
Drammatico, durata 125 min. - Italia 2010. - 20th Century Fox Italia uscita venerdì 21 gennaio 2011. - VM 14 - MYMONETRO Vallanzasca - Gli angeli del male * * 1/2 - - valutazione media: 2,73 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Da signorina Giulia a signora Vallanzasca Solarino fa solo donne perdute

di Claudia Arletti Il Venerdì di Repubblica

Jeans, cappottone e cappello calato sulla fronte, per le strade gelide di Roma Valeria Solarino tutto sembra tranne una «divinità pagana». Sorrisetto: «Agli inizi, leggevo gli articoli, “la bella Solarino qui”, “la bella Solarino là.”, e ci rimanevo sempre un po’ così, «ma brava quando me lo dicono?” mi chiedevo. Poi ho pensato di dovermi dare da fare di più».
Pause, di sicuro, negli ultimi anni ne ha conosciute poche: tossica in Fame chimica, cubista in La febbre, precaria in Valzer. Sempre più impegnata e sempre meno «dea pagana», eccola nei tailleur dell'inquieta Signorina Effe (fidanzata con un dirigente Fiat e innamorata di un sindacalista), e, a piedi nudi, lesbica appassionata in Viola di mare. Tutte figure «fuori contesto», donne nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Del resto, è sempre un destino traditore a catapultare Consuelo Ripalta Pioggia, ragazzina siciliana senz’arte né parte, nel mondo di soldi e sangue della Comasina, e a farne la ragazza del bandito. Il film è Il fiore del male di Michele Placido (dal 21 gennaio al cinema); Valeria Solarino interpreta proprio lei, la prima, giovanissima moglie di Renato Vallanzasca, con cui lui ebbe l’unico figlio, Maxim. Il film approda al cinema in modo accidentato: anche se il bandito oggi ha sessant’anni e sul set, dove lo si è visto aggirarsi una mattina, sembrava solo un pensionato col vestito della domenica, i familiari delle vittime temono che si veicoli il messaggio sbagliato, quello dell'eroe maledetto e fascinoso. Lei sa come cavarsela: Il fiore del male risveglia ricordi dolorosi, dice, però è onesto, senza eccessi, «e poi il Bel René non lo ha mica inventato questo film. Ho visto lo spezzone di un vecchio tg: lui è stato appena arrestato ed è li, circondato dai giornalisti, ammiccante e guascone, pronto a diventare uno dei tanti miti costruiti sul niente, su chi non ha nulla da dire. Davanti alle lettere che gli arrivano a centinaia, un detenuto gli chiede: ma perché ti amano? «Che vuoi, è la perversione della casalinga italiana” gli risponde. Capito? Sapeva cosa voleva il “pubblico” e ne approfittava».
(Consuelo, per la cronaca, fuggì da Vallanzasca «appena in tempo» e oggi la si favoleggia in Svizzera, sposata a un fabbricante di bottoni. Maxim porta il suo cognome. L’ultima volta che ha avuto un bacio dal Bel René aveva tre anni).
Di tragedia in tragedia, l’attrice sta anche per portare in teatro La signorina Giulia di August Strindberg (debutto a Torino l'11 gennaio). Un’altra figura «fuori contesto», martirizzato da un destino che - in un qualche universo parallelo magari poteva essere diverso. Tutta il contrario di Valeria Solarino, sì direbbe, che nei panni di sé medesima sembra starci benissimo, «a parte una timidezza pervasiva che in qualche provino mi ha fregato». Madre torinese insegnante, padre siciliano ingegnere («I miei si sono separati quando avevo tre anni, non ricordo di averne sofferto»), frequenta il liceo a Torino e c’è chi la ricorda «parte attiva» nelle occupazioni del Galileo Ferraris: «Non sono certa contraria alle forme di protesta e dissenso, protestare significa esercitare la democrazia»; a vent’anni, con dodici esami di Filosofia già superati (tutti i fondamentali, sia chiaro»), dice basta al tranquillo tran tran dei corsi universitari. «C’è come un momento, sai che è quello, non puoi tirarti indietro»: si presenta a un provino della scuola del Teatro Stabile di Torino con un dialogo dell’Antigone e, per chiudere, una canzone di Ivano Fossati, «ma cantare non è il mio forte, alla prima strofa mi chiesero di smettere». Però la presero.
Undici anni dopo, «sono felice» ammette sottovoce. Felice, cioè, della sua relazione con il regista Giovanni Veronesi, dei libri che le manda sua madre («Valigie piene, e poi mi chiede: hai letto? Che hai capito?»), di mettersi ai fornelli «dopo una giornata di lavoro». Il cliché della relazione attrice-regista, con annessi sussurri e grida di raccomandazioni, la lascia indifferente. Pochi, vecchi amici («Meno di dieci»). Il «giro» dei Veronesi (Giovanni e Sandro), Pieraccioni, Verdone e compagnia — raccontato come una serie infinita di cene ridarole sulle terrazze romane — non corrisponde precisamente a verità: «Sarebbe bello, non lo nego, ma mi capita più spesso di mangiare una pizza con Giovanni». E Verdone, che ha la passione per la medicina, è vero che lei lo interpella come se fosse il suo medico di base? «Ma no, ma che robe si dicono... Solo un giorno, sul set, avevo mal di testa, gli ho chiesto cosa potevo prendere».
Alla sua tavola, piuttosto, con una certa incredulità si è ritrovata più volte accanto Mario Monicelli: «Mai conosciuta una persona di quell’età così lucida. Dopo il suicidio, ho visto in tv un’intervista che gli aveva fatto proprio Giovanni: “Non aspetterò la morte in un letto di ospedale” diceva. “con i parenti che mi portano la minestrina”. No, non si è abbandonato alla disperazione, ha fatto la sua scelta. Però, prima di lasciarsi cadere nel vuoto avrà avuto paura, ed è il pensiero di quell’istante di terrore a dispiacermi tanto».
Un altro film presto sugli schermi (Ruggine), ancora tanto teatro da fare. Più che alla categoria «dee pagane», la Signorina Esse pare appartenere alla schiera attrici-con-la-testa- sulle-spalle. Fin troppo. Il libro appena finito sul comodino: XY di Sandro Veronesi («Lo ha scritto il fratello di Giovanni, ma vale lo stesso, no?»). La tv. «Mi piacerebbe recitare in qualcosa in due puntate, non di più. Però mi hanno chiamato una sola volte e non mi hanno preso. Dissero che ero poco televisiva e, boh, magari avevano ragione». Se le si chiede come vorrebbe essere ricordata tra mille anni, risponde: «Come una persona determinata Anzi no: che sperava di essere determinata». Rimpianti, uno solo: «Non avere iniziato prima a fare questo mestiere, perché più si lavora, meglio lo si fa», e poi quelle che cominciano da ragazzine magari finiscono a Hollywood (ma su questo, comunque, non è ancora detta l’ultima parola).
da Il Venerdì di Repubblica, 17 dicembre 2010


di Claudia Arletti, 17 dicembre 2010

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