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francesco2
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mercoledì 7 settembre 2011
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comunicazione globale (e non)
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Sarà un caso(?), ma in questo film che verte sulla comunicazione globale, esaminata sotto l'aspetto delle "Reti sociali", la prima scena rivela un deficit di comunicazione individuale. Zuckerberg si presenta come un giovanotto un pò troppo sicuro di capacità più mnemoniche che altro, che in un approccio con l'altro sesso si sbilancia con affermazioni forse non dimostrabili, senza assumere consapevolezza della serietà delle proprie considerazioni. Riflettendoci meglio, l'intero film palesa vari deficit di questo tipo che comunque appaiono fortemente un mezzo più che un fine, volto ad esprimere l'impotenza di vari protagonisti: se in scene -relativamente- marginali come l'incontro tra i due "Amici" di Zuckerberg ed il rettore emerge un concetto diverso della "Giustizia", che secondo l'uomo tocca i massimi sistemi (Sic?) ma non un "Codice della moralità" che dovrebbe sussistere a livelli più elementari, la stessa diatriba che finisce per assumere contorni giudiziari evidenzia un diverso concetto del "Copyright", che passa anche attraverso le Confidenze agli altri": ha o no un senso impadronirsi di un'idea non tua, che ti era stata praticamente confidata, ed a cui dovevi solo collaborare?
Se a questo si "Aggiunge" la frase "Non puoi avere tanti amici senza farti qualche nemico", si coglie meglio come un numero maggiore di "Contatti" (tras)porti
con sé anche di perderne altri, o di precluderci quelli che mai abbiamo avuto: ma in fondo, anche nei contatti che abbiamo o non abbiamo la comunicazione svolge un ruolo importante.
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Sarà un caso(?), ma in questo film che verte sulla comunicazione globale, esaminata sotto l'aspetto delle "Reti sociali", la prima scena rivela un deficit di comunicazione individuale. Zuckerberg si presenta come un giovanotto un pò troppo sicuro di capacità più mnemoniche che altro, che in un approccio con l'altro sesso si sbilancia con affermazioni forse non dimostrabili, senza assumere consapevolezza della serietà delle proprie considerazioni. Riflettendoci meglio, l'intero film palesa vari deficit di questo tipo che comunque appaiono fortemente un mezzo più che un fine, volto ad esprimere l'impotenza di vari protagonisti: se in scene -relativamente- marginali come l'incontro tra i due "Amici" di Zuckerberg ed il rettore emerge un concetto diverso della "Giustizia", che secondo l'uomo tocca i massimi sistemi (Sic?) ma non un "Codice della moralità" che dovrebbe sussistere a livelli più elementari, la stessa diatriba che finisce per assumere contorni giudiziari evidenzia un diverso concetto del "Copyright", che passa anche attraverso le Confidenze agli altri": ha o no un senso impadronirsi di un'idea non tua, che ti era stata praticamente confidata, ed a cui dovevi solo collaborare?
Se a questo si "Aggiunge" la frase "Non puoi avere tanti amici senza farti qualche nemico", si coglie meglio come un numero maggiore di "Contatti" (tras)porti
con sé anche di perderne altri, o di precluderci quelli che mai abbiamo avuto: ma in fondo, anche nei contatti che abbiamo o non abbiamo la comunicazione svolge un ruolo importante. Quando poi, come qualcuno ha argutamente osservato in precedenza su questo sito, osserviamo che al milionesimo amico di Facebook se ne perde uno reale, si palesa come il network, "apparato" di gigantesche proporzioni, porti via qualcosa di quantitativamente piccolo ma in realtà importante. Forse Fincher, che a volte aveva ironizzato sulla violenza- culto ("Fight Club"), o parlato di serial-killer ("Seven"), stavolta se la prende con l'illusione della modernità come cura per tutti i mali, ma che in realtà apporta anche alienazione e solitudine.
Se però riflettiamo su un altro risvolto già sottolineato, che lo stesso Zuckerberg è a sua volta un alienato, anche chi scrive, che con orgoglio rivendica il suo profilo su questo social network,ipotizza come quella del giovane miliardario sia un"Alienazione da esportazione": nel suo voler superare le sue difficoltà relazionali ,dapprima riproduce su (Largamente)vasta scala l'atteggiamento nei confronti della ex-fidanzata, poi crea un piccolo(?) (altro) mondo virtuale, i cui "Abitanti", termine forse non eccessivo se si pensa alla fama di cui gode "Second Life", rischiano di cadere nello stesso suo vuoto esistenziale, celato da una pseudointelligenza genialoide(?) e da un'aria da intellettualino. Tra i momenti migliori del film, del resto, ricordiamo
il finto interesse per una ragazza volto in realtà ad accertare l'autentica diffusuione di "Facebook", nonché il ripetuto umorismo sulle galline: i nostri rapporti assumerebbero contorni sempre più falsi e paradossali, e mentre di Zuckerberg si dice alla fine "Cerchi di essere uno stronzo, ma non ci riesci sino in fondo", come aveva dimostrato il suo atteggiamento di fronte all'amico "Perdente", i social network ne escono ppraticamente stroncati: dispensatori di una felicità falsa, come quella di chi brinda al nuovo, milionesimo amico. Su Facebook, appunto.
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xquadro
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martedì 6 settembre 2011
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la solitudine che si fa social
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Perchè guardare "The social network"? Beh, innanzitutto perchè parla del nostro presente, o meglio, di una parte emergente (e in buona parte già emersa) del nostro presente. Se Quarto Potere ha consegnato alla stampa un ruolo che non ha più, se Quinto potere e Poltergeist hanno inquadrato il mostro che ti divora nel tuo salotto, se The Truman Show ha annunciato il dilagare dei reality e delle vite spiate, "The social network" scrive un altro capitolo di questa storia che ad ogni passo sembra voler quasi dimenticare quello precedente. The social network è storia e presente, perchè Facebook è l'amico che entra a tutte le ore nelle case di milioni di persone e si è dilatato come una supernova nell'universo del capitalismo.
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Perchè guardare "The social network"? Beh, innanzitutto perchè parla del nostro presente, o meglio, di una parte emergente (e in buona parte già emersa) del nostro presente. Se Quarto Potere ha consegnato alla stampa un ruolo che non ha più, se Quinto potere e Poltergeist hanno inquadrato il mostro che ti divora nel tuo salotto, se The Truman Show ha annunciato il dilagare dei reality e delle vite spiate, "The social network" scrive un altro capitolo di questa storia che ad ogni passo sembra voler quasi dimenticare quello precedente. The social network è storia e presente, perchè Facebook è l'amico che entra a tutte le ore nelle case di milioni di persone e si è dilatato come una supernova nell'universo del capitalismo. Un altro motivo per non perdere il film è che ti fa incontrare Mark Zuckerberg, disumanizzato dall'interpretazione asciutta e scarnificata di Jesse Eisenberg, con quello sguardo che esprime distacco ma anche disprezzo e un personaggio che mescola genio e meschinità, sete di affermazione sociale e afasia emotiva. Chi avesse dovuto inventarlo, quel personaggio, mai e poi mai se lo sarebbe immaginato così. Zuckerberg è al tempo stesso l'artefice del suo sogno (un po' rubato e quindi condiviso, cioè "social" per definizione fin dall'origine) e il suo venditore, la garanzia che Facebook non tradirà i suoi amici. Tutti gli altri personaggi sono solo comprimari. Il film ha un ritmo veloce, la regia pur senza mostrare tratti marcatamente identificativi è certamente decorosa, il racconto - che non può ignorare i risvolti legali della storia - viene alleggerito con freddure, scenette e scambi di battute che lo rendono più commestibile. L'ambiente che fa da sfondo a tutto questo è forse l'elemento più interessante: il dislivello sociale premia chi sta sotto, l'ambizione diventa un fuoco, la rivalsa il traguardo, gli "amici" una rete virtuale che lega e che divide sciogliendo ogni legame, ogni domanda e ogni risposta in un'incessante sequenza di bit. Bit che catturano sentimenti e stati d'animo. Il dominus, però, alla fine resta solo e lì sta la chiave del suo successo e della sua infelicità. Una storia dei nostri tempi. Consigliato.
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jadis96
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martedì 6 settembre 2011
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oscar meritatissimi per il film su faceboook
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Prima di vedere "The social network" non mi aspettavo granché, ma devo ammettere che mi ha lasciato positivamente sorpresa.
Ottima l'interpretazione dei giovani attori, capaci di infondere il giusto tono ai loro personaggi.
Il film si è rivelato piacevole e scorrevole, anche grazie alla semplicità del montaggio, che alterna passato e futuro senza però appesantire la narrazione.
A tratti un po' lento a causa del rapido susseguirsi delle battute dei dialoghi, ma tutto sommato interessanti e non banali.
In conclusione... un film da vedere.
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z!bbo
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venerdì 22 luglio 2011
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non male!
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thepgm11
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domenica 26 giugno 2011
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also sprach david fincher
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Mark Zuckerberg, nerd di Harvard, rompe con la fidanzata e, per ripicca, la diffama sul suo blog. Nello stesso momento, indice un improvvisato concorso per stabilire on line la ragazza più bella dell'università. Di lì a poco nascerà l'idea che cambierà la sua vita, quella di milioni di persone e l'intero modo di concepire la vita: Facebook.
Fincher si cimenta con un argomento e un personaggio che si presentano in modo emblematico e possente sin dalla prima scena, la quale si dimostra, in un certo senso, programmatica. Le basi su cui Mark costruisce la litigata, infatti, rappresentano tutto quello che il protagonista è, con quella frase ("Io non voglio amici") che sembra essere profetica e beffarda, ma con risvolti che, invece, saranno di tutt'altro genere.
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Mark Zuckerberg, nerd di Harvard, rompe con la fidanzata e, per ripicca, la diffama sul suo blog. Nello stesso momento, indice un improvvisato concorso per stabilire on line la ragazza più bella dell'università. Di lì a poco nascerà l'idea che cambierà la sua vita, quella di milioni di persone e l'intero modo di concepire la vita: Facebook.
Fincher si cimenta con un argomento e un personaggio che si presentano in modo emblematico e possente sin dalla prima scena, la quale si dimostra, in un certo senso, programmatica. Le basi su cui Mark costruisce la litigata, infatti, rappresentano tutto quello che il protagonista è, con quella frase ("Io non voglio amici") che sembra essere profetica e beffarda, ma con risvolti che, invece, saranno di tutt'altro genere. Zuckerberg (un ottimo Jesse Eisenberg) si lascia travolgere dagli eventi pur mantenendo, con una spocchia disincantata, il controllo di quanto ha ideato, facendosi cacciatore e preda al tempo teso. Fincher affronta il tutto con una buona dose di cinismo, di cui già la vicenda è di per sé intrisa, che arriva a farci odiare velatamente ora il protagonista, ora i suoi avversari. Tutti sono mossi dalla smania di primeggiare e nessuno di essi si distingue come totalmente positivo, anzi.
Se con Benjamin Button le fasi melodrammatiche, e un po' retoriche, erano sparse qua e là, in "The Social Network" la melensaggine e la bontà d'animo sono pressoché assenti, sostituiti da un iperrealismo che, di tanto in tanto, sfiora il documentaristico (le invidie tra studenti, la vita dissoluta, le logiche spietate che irrompono non appena le cifre superano i 5 zeri, il faccia a faccia tra avvocati e client), asciutto e al contempo sferzante. Il ritmo è ottimo, gli attori sono bravi e ben diretti, sebbene, specie all'inizio, i termini tecnici possano ubriacare un tantino i non avvezzi alla tecnologia. "The Social Network" mette in mostra l'ego smisurato e inconsapevole di Zuckerberg, fragile dietro il suo volto di estraniato e ambizioso programmatore, che si dissolve, in parte, nel finale: ci si rifà all'inizio, dove va pescato l'inizio di tutto. Mark non punta al denaro, ma a darsi un senso.
Il film, in sostanza, lascia drammaticamente intenderla direzione che il mondo sta imboccando, tratteggiando un pesante monito. Dipendiamo sempre più dalla tecnologia, da uno schermo acceso e da un tasto da schiacciare, e tutti, chi più chi meno, ne diventiamo schiavi. Che poi si diventi, o meno, miliardari accidentali, non importa.
Così parlò David Fincher.
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dean corso
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venerdì 3 giugno 2011
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l'amicizia evanescente del nuovo millenio
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Tra 20 o 30 anni “The Social Network” sarà considerata come una delle pellicole che meglio hanno saputo fotografare l’epoca che stiamo vivendo. Un istant movie dal ritmo frenetico, capace di rendere appieno la velocità con cui il fenomeno “Facebook” è nato e si è diffuso cambiando, speriamo in maniera non irreversibile, le abitudini relazionali di milioni di persone. L’incapacità di comunicare e di rapportarsi agli altri è uno dei tratti salienti del Mark Zuckerberg dipinto da David Fincher ed interpretato dall’ottimo Jesse Eisenberg. Abbandonato da una ragazza con la quale non riesce ad instaurare un vero dialogo, escluso dalle “prestigiose” associazioni universitarie in cui l’amico-socio Eduardo Saverin cerca ostinatamente di entrare (riuscendoci), l’inventore dell’amicizia 2.
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Tra 20 o 30 anni “The Social Network” sarà considerata come una delle pellicole che meglio hanno saputo fotografare l’epoca che stiamo vivendo. Un istant movie dal ritmo frenetico, capace di rendere appieno la velocità con cui il fenomeno “Facebook” è nato e si è diffuso cambiando, speriamo in maniera non irreversibile, le abitudini relazionali di milioni di persone. L’incapacità di comunicare e di rapportarsi agli altri è uno dei tratti salienti del Mark Zuckerberg dipinto da David Fincher ed interpretato dall’ottimo Jesse Eisenberg. Abbandonato da una ragazza con la quale non riesce ad instaurare un vero dialogo, escluso dalle “prestigiose” associazioni universitarie in cui l’amico-socio Eduardo Saverin cerca ostinatamente di entrare (riuscendoci), l’inventore dell’amicizia 2.0 si rinchiude nella sua stanza e medita, computer alla mano, vendetta.
E’ da questa voglia di rivalsa che il film muove le fila: un ragazzo solo, con un cervello fuori dal normale, che sfoga programmando e scrivendo sul suo blog ansie e frustrazioni. Da questo primo significativo passo seguiranno la notorietà di Zuckerberg come hacker causa dell’incontro-scontro con i gemelli Camero e Tyler Winklevoss, vera genesi del social network più famoso al mondo, il sodalizio con Saverin, l’incontro con Sean Parker, il boom di Facebook, tra menzogne, mezze verità e dispute legali.
Il ritmo è forsennato: la regia tiene il passo della sorprendente sceneggiatura di Aaron Sorkin di cui il dialogo incessante, ironico, spesso pungente, è protagonista assoluto.
Il regista di Denver non sembra prendere posizione sulla vicenda narrata ma mantiene nei confronti di Mark Zuckerberg uno sguardo paterno, non risparmiando però alcune abilissime stoccate.
Il genio del nuovo millennio, il più giovane biliardario del mondo è un nerd perso nel suo mondo, inadeguato in qualsiasi occasione mondana, con un malcelato senso di inferiorità verso i coetanei più sportivi, attraenti, socialmente inseriti. Non a caso tradirà l’amico Saverin a causa della sua “infatuazione” per Sean Parker, fondatore di Napster, ex nerd trasformatosi in un imprenditore scaltro e vincente. Dannatamente cool.
Il finale cinico e spietato (una delle specialità di casa Fincher) solleva una riflessione dal gusto amarissimo.
Mark Zuckerberg è solo ma ha avuto la sua vendetta.
Ecco milioni di persone chiuse nelle loro stanze davanti ad un pc a chattare, taggare, caricare foto, flirtare, chiedere ed accettare amicizie, cercare vecchi compagni di scuola con i quali hanno ormai perso ogni contatto…Attività ben più futili che programmare un sito rivoluzionario.
Ci vorrebbe davvero un Tyler Durden per svegliarli tutti da questo torpore.
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nick castle
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lunedì 23 maggio 2011
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un film sopravvalutato...
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Chi mi conosce, sa che sono uno solito ad andare spesso controcorrente. Cosa ha di grande questo film? Non molto, sostanzialmente è solo un film di narrativa, una biografia molto coccolata cinematograficamente parlando. La storia insomma è quella che è, ne abbiamo viste tante simili, no di certo si può accusare Ficher di svogliatezza, infatti, Fincher, dopo la sua rinascita artistica con Zodiac, parallelamente all'inizio della sua devozione verso le telecamere digitali, crea un universo che è tutt'altro che svogliato, in più alla lontana, fotografia e alcune situazioni ricordano vagamente "Zodiac". Il peso più grande dell'anonimato del film lo mette la sceneggiatura come il montaggio, i dialoghi sono esageratamente anfetaminici, e per niente pungenti, lo si capisce già dalla prima scena, tipico dialogo intelletualoide all'americana.
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Chi mi conosce, sa che sono uno solito ad andare spesso controcorrente. Cosa ha di grande questo film? Non molto, sostanzialmente è solo un film di narrativa, una biografia molto coccolata cinematograficamente parlando. La storia insomma è quella che è, ne abbiamo viste tante simili, no di certo si può accusare Ficher di svogliatezza, infatti, Fincher, dopo la sua rinascita artistica con Zodiac, parallelamente all'inizio della sua devozione verso le telecamere digitali, crea un universo che è tutt'altro che svogliato, in più alla lontana, fotografia e alcune situazioni ricordano vagamente "Zodiac". Il peso più grande dell'anonimato del film lo mette la sceneggiatura come il montaggio, i dialoghi sono esageratamente anfetaminici, e per niente pungenti, lo si capisce già dalla prima scena, tipico dialogo intelletualoide all'americana. Il montaggio eccessivamente veloce, brucia le tappe e banalizza scene che avrebbero bisogno di maggior calma. Una buona parola la si spende sicuramente per lodare il dipartimento attori come la direzione degli attori, perchè pur essendo in preda a una logorrea più che irritante, Jesse Eisenberg recita davvero in modo lodevole, apprezzabile ancora di più nella versione originale che in quella italiana. Ma il personaggio più profondo è l'Eduardo Saverin di Andrew Garfield, anche se nessun personaggio viene approfondito più di tanto, mentre lo Sean Parker di Timbarlake (che mi sta proprio sul ... ah mi stava per uscire...) è adagiato sul tipico giovenco intelligente che non mette mai il piede sul freno ed ha sempre una passera sotto mano (per usare il suo linguaggio). Per dirla tutta, il film prende un po' alle palle alla lunga, se la tira annunciando la grande idea del terzo millennio, una cosa di relativa importanza solo a livello sociale, un simbolo della perdita di personalità della gente, in cui le proprie credenziali vengono esposte in una bacheca di bit, invece della classica e umana conoscenza faccia a faccia, ma tutto questo il film lo fa solo annusare, senza mai concedere l'essenza. Non è neanche un peccato, perchè meglio di così questo film non era fattibile, nella sua sufficienza è un film realizzato al meglio, non si poteva sperare oltre ciò che ci è stato proposto. per di più, un ultima parola la vorrei spendere per le orride musiche originali di merda di Trent reznor e Atticus Ross, che non sono musiche ma rumori di acciaieria su un nastro con una sonata di piano. I due se la tirano con la New Age e l'elettronica, credendo di essere alla stessa stregua di Burkhard Dallwitz e riarrangiando in chiave elettronica il quarto movimento della suite n. 1 Peer Gynt n. 1 op. 46 di Edvard Grieg, io spero non vogliano neanche lontanamente paragonarsi a Wendy Carlos. Peccato tanti compositori sarebbero potuti essere adatti a comporre musica per un film del genere: Michael Nyman, Craig Armstrong, Philip Glass, anche lo stesso Dallwitz, o Norman Cordbeil, c'erano tanti e sono stati scelti i due più evitabili.
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hollyver07
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domenica 8 maggio 2011
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un fenomeno sociale annegato di cinismo
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Ciao. Film che si fa apprezzare per l'ottima qualità realizzativa e le valide performance recitative degli attori, in questo c'è ben poco da opinare. Per quanto concerne gli aspetti morali... il discorso, a mio personalissimo avviso, cambia e non poco. David Finch ha confezionato un prodotto minuziosamente studiato in tutti i particolari e "ben orientato", anzi... "opportunamente orientato", avvalendosi dell'ottima interpretazione di Jesse Eisenberg il quale, nonostante qualche sostanziale difformità estetica dal vero Zuckerberg, riesce a conferire una personalità abbastanza aderente al personaggio reale. Altresì...
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Ciao. Film che si fa apprezzare per l'ottima qualità realizzativa e le valide performance recitative degli attori, in questo c'è ben poco da opinare. Per quanto concerne gli aspetti morali... il discorso, a mio personalissimo avviso, cambia e non poco. David Finch ha confezionato un prodotto minuziosamente studiato in tutti i particolari e "ben orientato", anzi... "opportunamente orientato", avvalendosi dell'ottima interpretazione di Jesse Eisenberg il quale, nonostante qualche sostanziale difformità estetica dal vero Zuckerberg, riesce a conferire una personalità abbastanza aderente al personaggio reale. Altresì... di tale personaggio... non sono certo sottaciuti gli aspetti di estremo cinismo ed arroganza che lo caratterizzano, beninteso oltre alle sue capacità ma... sono sicuramente connotati in un'ottica decisamente meno melliflua ed ammorbidita, rispetto a quello che abitualmente mostra in pubblico (pur ammirandone l'intelligenza ed evidenti abilità personali - per chi ne abbia l'occasione, di questo Deus Ex Machina, vedasi le rare interviste e gli interventi in sedi universitarie). Ad ogni buon conto, sfumature sui personaggi a parte, la pellicola sa tanto d'incensazione al "padre" di un prodotto di condivisione planetario; è quindi implicito che l'incensazione sia, di riflesso, da attribuirsi al prodotto stesso, sul quale è legittimo sollevare qualche dubbio sulle contemporanee, oppure le legittime, finalità (in merito vedasi il progr. di RAI3 - "Report, il prodotto sei tu" - di qualche tempo fa, il quale non è da prender per oro colato ma qualche interessante riflessione su Facebook la proponeva). In sostanza, considero il film una furba operazione pubblicitaria e d'immagine, basata su alcune vicende di un Self-made man tipicamente USA (che... guarda un pò... resta la terra delle opportunità...!). La mia "votazione", nonostante l'ottima qualità tecnica del film (penso sarebbe giusto almeno un 3 o 4 stelle) risente però pesantemente del fatto che nella pellicola il contesto di riferimento sia espresso da personalità intrise di cinismo ed opportunismo (non conta come si vince... la regola è questa non è vero...?!). I "soggetti" che vivono anche di emozioni sono moralmente i perdenti, o destinati (immancabilmente) ad esser tali. Saluti a tutti
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(di hollyver07)
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dario
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lunedì 2 maggio 2011
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impegnato
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La regia robusta e capace rende il prodotto accettabile. La storia, vera, è romanzata secondo un punto di vista molto convenzionale: il successo fa vivere male, nulla è più genuino. Così vuole il bieco sistema capitalistico americano. Questo schema abusato, rende schematico lo svolgimento del film, con personaggi tagliati con l'accetta e sentimenti rappresentati con grossolanità. Non mancano scene madri e non manca la morale. Gli attori sono bravi in quanto riproduttori fedeli di clichè collaudati.
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levo95
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lunedì 25 aprile 2011
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il capolavoro dell'attualità
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“The Social Network” (2010) è un film di David Fincher che con imparzialità, dà una visione lucida di quello che è ormai diventata la vita in rete.
Mark Zuckerberg è un brillante studente di Harvard dalle scarse doti sociali. Una notte, solo con gli amici dopo essere stato lasciato dalla ragazza, si ubriaca e crea un sito che viola i sistemi di sicurezza del college. Diviene così uno degli studenti più chiacchierati dell’università e due atleti facenti parte dell’élite di Harvard gli commissionano la creazione di un social network che riporti la vita del college su internet. Mark però ha un’idea migliore e dà così vita a Facebook che diventerà presto un fenomeno mondiale, e lui, il suo creatore, uno degli uomini più ricchi del pianeta.
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“The Social Network” (2010) è un film di David Fincher che con imparzialità, dà una visione lucida di quello che è ormai diventata la vita in rete.
Mark Zuckerberg è un brillante studente di Harvard dalle scarse doti sociali. Una notte, solo con gli amici dopo essere stato lasciato dalla ragazza, si ubriaca e crea un sito che viola i sistemi di sicurezza del college. Diviene così uno degli studenti più chiacchierati dell’università e due atleti facenti parte dell’élite di Harvard gli commissionano la creazione di un social network che riporti la vita del college su internet. Mark però ha un’idea migliore e dà così vita a Facebook che diventerà presto un fenomeno mondiale, e lui, il suo creatore, uno degli uomini più ricchi del pianeta. Ma non raggiungi cinquecento milioni di utenti senza farti nemici. Mark viene quindi citato per aver rubato l’idea di Facebook, che è però solo una parziale verità.
Probabilmente il film più attuale del nuovo millennio, esso infatti senza clamore, ma con stile documentaristico ci fa riflettere su cosa è diventato per i nostri amici, vicini, parenti e magari anche per noi la vita in rete. Una specie di universo parallelo dove tutti noi possiamo fingere di essere qualcun altro, dove ci sentiamo più coraggiosi e a volte stranamente appagati dal numero di amici che abbiamo accumulato sul social network.
Così il concetto di amico ha subito una notevole alterazione. Da vocabolario:” Con amicizia, da un punto di vista oggettivo, si indica un tipo di legame sociale accompagnato da un sentimento di affetto vivo e reciproco tra due o più persone dello stesso o di differente sesso”. Con l’avvento dei Social Network, il concetto di amicizia è passato dall’essere un legame speciale e difficilmente corruttibile, alla mera conoscenza di una persona.
Anche Socrate duemila anni fa cercò di dare il proprio significato alla parola amico definendo l’amicizia perfetta come:” l’amicizia degli uomini buoni e simili per virtù: costoro, infatti, vogliono il bene dell’altro, in modo simile in quanto sono buoni, ed essi sono buoni per se stessi. Coloro che vogliono il bene degli amici per loro stessi sono i più grandi amici”.
Ora su Facebook, ma anche altri social network come Myspace e Twitter, noi siamo capaci di dichiararci amici di persone, che magari, neanche ci piacciono, o addirittura non conosciamo. Da questo deriva un certo distacco e irrigidimento nelle quotidiane relazioni sociali. Portando gli iscritti ad un ispezionamento maniacale di tutto ciò che viene postato, detto di se, e degli altri sul sito. Trattando poi il tutto come fosse oro che cola. La situazione sentimentale, i parenti dichiarati, le tag, i post e i commenti.
Nel film veniamo portati a conoscenza dell’invenzione di un espressione: ”ci facebookkiamo”, per intendere l’incontro sulla chat in rete. Come a preferire l’incontro falso, e a volte imbarazzante, della chat room, a un caffè per chiacchierare faccia a faccia. Perché sul network tutto è più facile, per smettere di chattare con una persona basta un click, per portare una persona nella tua vita basta un click, e per dimenticarla un altro click.
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