alesya
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sabato 5 giugno 2010
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io,don giovanni
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Immaginazione o realtà? Il cinema continua a interrogarsi sul genio e sull'estro degli uomini e delle donne che hanno fatto la storia cercando affannosamente una soluzione razionale che possa giustificare e spiegare a noi comuni mortali,come certe meraviglie siano venute alla luce;nella pellicola dello spagnolo Carlos Saura,oggetto di indagine è niente di meno che quel "Don Giovanni" che con forza e passionale imponenza tanto sconvolse e scandalizzò i contemporanei ;a differenza di altre pellicole alla "Shakespeare in love ","io,Don giovanni " non si concentra sull'autore riconosciuto ma su Lorenzo Da Ponte,librettista dell'opera praticamente sconosciuto ai più.
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Immaginazione o realtà? Il cinema continua a interrogarsi sul genio e sull'estro degli uomini e delle donne che hanno fatto la storia cercando affannosamente una soluzione razionale che possa giustificare e spiegare a noi comuni mortali,come certe meraviglie siano venute alla luce;nella pellicola dello spagnolo Carlos Saura,oggetto di indagine è niente di meno che quel "Don Giovanni" che con forza e passionale imponenza tanto sconvolse e scandalizzò i contemporanei ;a differenza di altre pellicole alla "Shakespeare in love ","io,Don giovanni " non si concentra sull'autore riconosciuto ma su Lorenzo Da Ponte,librettista dell'opera praticamente sconosciuto ai più.Che sia lui il vero cuore pulsante dell'opera?Che la sua esperienza di libertino illuminato abbia contribuito in modo determinante a creare il mito?Il film porta avanti la riflessione in modo deciso creando un universo alternativo dove vita e opera intrecciano un percorso di continuità ininterrotto:nessuna location in esterni per una scenografia che ricostruisce artificialmente tutti gli ambienti, dagli edifici alle piazze,dove i passanti sono immobili come in una stampa fino all'arrivo del protagonista che dà inizio alla scena:ciò che è fuori dal palcoscenico è parimenti parte dello stesso e i costumi risultano eccessivi e sfarzosi come solo delle maschere possono essere.L'uso sapiente delle luci e degli effetti e l’esperta fotografia di Vittorio Storaro creano un equilibrio perfetto,una festa per gli occhi che sancisce un connubio affascinante fra teatro e grande schermo, complice anche la colonna sonora ovviamente Mozartiana (con qualche punta dall'estate di Vivaldi che comunque grazie al suo impeto non stona con l'insieme ).Peccato , che con premesse visive e musicali così notevoli la pellicola abbia dei punti deboli incancellabili:una sceneggiatura tristemente semplicistica, che vede per l'ennesima volta un protagonista libertino e peccatore redimersi grazie all'amore di una "donna angelo "(mentre Mozart e Casanova , privi di una guida che gli indichi la via sembrano destinati a condividere le fiamme dell'inferno con Don Giovanni ) ,una figura salvifica certamente ispirata alla moglie del vero Lorenzo Da Ponte Nancy Grahl(che egli conobbe comunque a Trieste dopo la fine della sua collaborazione con Mozart) affrontata secondo schemi che ahimè non sono affatto nuovi , il tutto condito con dialoghi banali e poco ispirati che appiattiscono inesorabilmente la psicologia dei personaggi ;la recitazione degli attori putroppo completa le incertezze ,con un Lorenzo Balducci in parte ma poco appassionato che porta avanti il ruolo come in una fiction di basso calibro e una protagonista femminile esordiente fino alle ossa (lo so che bisognebbe essere comprensivi con gli esordienti ,ma al di là del suo perfetto faccino angelico alla Beatrice la giovane Emilia Verginelli recita più una lista della spesa che una parte cinematografica),mentre il giovane Lino Guanciale dà vita a un Mozart convincente nei modi e nelle movenze, meno divertito e compiaciuto di quello (imbattibile) di Tom Hulce in "Amadeus" ,ma più sofferente e consumato dalla forza della sua musica. Un esperimento comunque decisamente interessante,che non riesce a raggiungere l'equilibrio fra musica e immagini del capolavoro mozartiano di Milos Forman (accettiamo la realtà , Amadeus è UNICO!),ma che sposa al meglio la teatralità visiva e scenica dell'opera con le potenzialità della resa cinematografica.
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ciccio capozzi
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giovedì 29 ottobre 2009
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una riflessione poetica in forma di ipertesto
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“IO, DON GIOVANNI” di CARLOS SAURA; ITA-SPA-AUSTRIA, 09. Lorenzo Da Ponte, avventuriero e “cosmopolita” (A.Gramsci), librettista d’opera e sciupafemmine: da Venezia a Vienna insieme a Mozart, per creare nel 1787 uno dei più grandi capolavori:”Don Giovanni”. Un film strano, complesso e difficile. Si pone come un ipertesto sull’opera di Mozart. Noi assistiamo, quasi in tempo reale, alla sovrapposizione tra l’esperienza biografica di Da Ponte, allievo e confratello di Casanova nella Massoneria, e la sua trasfigurazione letteraria-operistica nell’opera mozartiana. Il libretto dapontiano è di elegante forza poetica, ma, nello stesso tempo, di una grande duttilità funzionale alle esigenze del “linguaggio” musicale.
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“IO, DON GIOVANNI” di CARLOS SAURA; ITA-SPA-AUSTRIA, 09. Lorenzo Da Ponte, avventuriero e “cosmopolita” (A.Gramsci), librettista d’opera e sciupafemmine: da Venezia a Vienna insieme a Mozart, per creare nel 1787 uno dei più grandi capolavori:”Don Giovanni”. Un film strano, complesso e difficile. Si pone come un ipertesto sull’opera di Mozart. Noi assistiamo, quasi in tempo reale, alla sovrapposizione tra l’esperienza biografica di Da Ponte, allievo e confratello di Casanova nella Massoneria, e la sua trasfigurazione letteraria-operistica nell’opera mozartiana. Il libretto dapontiano è di elegante forza poetica, ma, nello stesso tempo, di una grande duttilità funzionale alle esigenze del “linguaggio” musicale. Il suo sapersi genialmente coniugare con l’immortale musica mozartiana ha reso un servigio non di poco peso alla riuscita dell’opera. Il film, grazie alla fotografia di Vittorio Storaro, esplora livelli espressivi molto audaci (anche se non del tutto nuovi). Che passano dal cinema al teatro-cinema, in cui, cioè, la finzione scenografica diviene particolarmente e volutamente evidente, con coerenza e continuità narrative. Che vengono dalla forte identificazione tematica: quella relativa all’illustrazione illuministica dell’assoluta indipendenza e autonomia di pensiero di Don Giovanni, sottratto al suo banale destino di tombeur irredento.
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lisbeth
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sabato 24 ottobre 2009
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musica,luce,immagini per un nuovo don giovanni
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Saura porta la grande musica al cinema e racconta il Don Giovanni partendo da un punto di vista insolito,quello del suo librettista Lorenzo da Ponte.
Intitola Io, don Giovanni, e modella l’opera sull’esperienza personale del libertino in fuga da Venezia,Serenissima Repubblica che aveva già bandito il suo maestro di vita Giacomo Casanova.
Approdato a Vienna,dove il genio di Mozart,la disciplina di Salieri e il mecenatismo di Giuseppe II convivevano in eccezionale alchimia,il giovane abate,dedito più alle gioie della carne e dell’intelletto che a madre chiesa,trova il giusto spazio per il suo talento di scrittore e la simbiosi con Mozart sarà perfetta.
La scommessa di Saura è notevole,puntare il focus su Da Ponte e far ruotare intorno a lui Mozart e Casanova,la corte di Vienna e il fascino indiscreto di caffè e bordelli d’antan,non è scelta facile.
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Saura porta la grande musica al cinema e racconta il Don Giovanni partendo da un punto di vista insolito,quello del suo librettista Lorenzo da Ponte.
Intitola Io, don Giovanni, e modella l’opera sull’esperienza personale del libertino in fuga da Venezia,Serenissima Repubblica che aveva già bandito il suo maestro di vita Giacomo Casanova.
Approdato a Vienna,dove il genio di Mozart,la disciplina di Salieri e il mecenatismo di Giuseppe II convivevano in eccezionale alchimia,il giovane abate,dedito più alle gioie della carne e dell’intelletto che a madre chiesa,trova il giusto spazio per il suo talento di scrittore e la simbiosi con Mozart sarà perfetta.
La scommessa di Saura è notevole,puntare il focus su Da Ponte e far ruotare intorno a lui Mozart e Casanova,la corte di Vienna e il fascino indiscreto di caffè e bordelli d’antan,non è scelta facile.
Eppure ne esce un film intrigante,come sempre quando si opta per una prospettiva nuova, che getta luce su particolari fino a quel momento in ombra.
La musica di Mozart e la popolarità della figura del Burlador de Sevilla di Tirso de Molina, che da Molière a Saramago,passando per Kierkegaard,ha catalizzato un’attenzione che si riserva solo ai grandi eroi del mito,hanno sempre spostato in secondo piano questa figura di letterato sui generis che, pure, ebbe una parte non inferiore a quella di Mozart nella costruzione di quel capolavoro.
Saura coglie l’eccezionalità di una simbiosi artistica,la porta sullo schermo dando ad ognuno la sua parte,ci regala un Mozart quotidiano quanto mai vicino alla realtà,capace di far dimenticare i manieristici infantilismi di Amadeus,fa di Da Ponte l’epigono di un mondo che sta lentamente tramontando,e la scelta di affiancare Casanova (ormai vecchio e in disarmo)al giovane libertino suo erede,è quanto mai felice,delineando con giusti riferimenti un momento storico, un gusto, dei costumi, tutto quanto segnò il carattere di quell’Europa dei lumi e del libero pensiero che stava dando gli ultimi bagliori di crepuscolo,mentre l’orizzonte s’incupiva e spazzava via quell’ ésprit de géometrie et de finesse che della musica del grande salisburghese sono l’anima più profonda e leggera.
Con l’apporto, anche questo simbiotico alla sua regia, della fotografia di Storaro,che fonde linguaggio e luce, ritmo dell’immagine e della musica in quadri di grande bellezza cromatica e suggestione visiva,Saura compone teatro e cinema con movimenti di macchina che oltrepassano il palcoscenico e vanno oltre le quinte e dietro le maschere,sottolinea fermo immagine e ripresa del movimento, utilizza sfondi disegnati in sequenze reali e interviene con la fotografia e gli effetti digitali sulla scena di un teatro di tradizione,crea mescolanza di linguaggi per esprimere il complesso processo di gestazione di un’opera che, mentre rappresenta una idea del mondo cupa e problematica, ne restituisce anche il grande fascino.
Magnifica la scena finale con la morte di Don Giovanni.
La statua del Convitato di pietra,trasportata da una chiatta nella luce azzurrina,fra le nebbie ovattate del Canal Grande nella sequenza d’apertura, aveva simbolicamente svelato la tramatura di questo “fare” cinema nel teatro e viceversa.
Ora il processo illusorio è completato, la statua vive, canta “Pentiti, scellerato”, le fiamme avvolgono il dissoluto impenitente,la musica del genio trionfa e ancora una volta l’incantesimo del cinema è compiuto,nonostante slabbrature e lungaggini qua e là.Si dimenticano volentieri
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