Tony Manero |
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Un film di Pablo Larraín.
Con Alfredo Castro, Paola Lattus, Héctor Morales, Amparo Noguera, Elsa Poblete
Drammatico,
durata 98 min.
- Cile, Brasile 2008.
- Ripley's Film
uscita venerdì 16 gennaio 2009.
MYMONETRO
Tony Manero
valutazione media:
3,26
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Tony Manero, l' ossessione di Raul
di Paolo D'Agostini La Repubblica
Bello quanto straziante, Tony Manero non è certo un film da sabato sera in allegria (riferimento non casuale, come vedremo). Ma non lo erano neanche Un uomo da marciapiede o Quel pomeriggio di un giorno da cani, arcitristi e tuttavia indimenticabili. Il film di questo dotatissimo cileno che si chiama Pablo Larraìn, che è nato a Santiago 32 anni fa e che sta alla sua opera seconda, è appena transitato dal concorso del TorinoFilmFestival, ed è molto probabile che la giuria composta da Alexej German, Jonathan Lethem, Dito Montiel, Alba Rohrwacher e Jerzy Stuhr ne riconosca il valore alla premiazione di domani sera. Il film, tra l' altro, è anche lo specchio di quanta politica diretta o indiretta torni a percorrere il cinema di oggi, quello più sensibile e «autoriale» ma non solo. È solo il riferimento di cui si fa portatore il titolo - Tony Manero è il personaggio di John Travolta in La febbre del sabato sera, datato 1977 - a dirci che siamo nel Cile di fine anni Settanta: la dittatura di Pinochet, vittoriosa da pochi anni, sparge ancora terrore a piene mani. Il film non ne parla, se non per minimi anche se rilevanti accenni ad attività clandestine, eppure ne fa sentire la cappa grigia pesante come un macigno: denunciandone l' orrore - della paura e del sospetto, della disperazione e della perdita di ogni dignità e identità - di fatto in maniera molto più efficace che se fosse una ricostruzione storico-militante. Invece la storia, desolante e sporca oltre ogni sopportazione, è quella di Raùl: un emarginato cinquantenne ossessionato dall' imitazione dell' eroe hollywoodiano. Sul miserabile palcoscenico improvvisato nello squallido bar-pensione di uno squallido quartiere periferico, Raùl con le sue mossette e il suo costume bianco uguale a quello del vero Tony, che va a rivedere a ripetizione nell' altrettanto misero e squallido cinema del «barrio», prepara lo spettacolino che dovrà consegnarlo alla fama e, soprattutto, la partecipazione al concorso per sosia di personaggi famosi indetto da un mostruoso programma televisivo. Le sue relazioni umane si limitano a un uomo più giovane e soprattutto alle due donne che condividono la sua delirante scommessa e anche occasionali quanto marci incontri di sesso. Non solo, a dire la verità. Raùl si relaziona anche a qualcun altro, alle sue vittime. In nome della sua fissazione malata, di ciò che dovrebbe riscattarlo, uccide a ripetizione e senza battere ciglio: per qualche soldo, per un vecchio televisore, per qualche decina di mattoni di vetrocemento che serviranno a fare la pedana illuminata dal basso. Come quella su cui balla Tony Manero. Malattia mentale e cronaca nera si fanno portavoce di una società che ha messo in ginocchio ogni valore e si anestetizza davanti al trash televisivo, così utile a lavare i cervelli. Magari può dire qualcosa a tutti, anche oggi, anche a noi.
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