maurizio crispi
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domenica 29 giugno 2008
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la visione del mondo alla maniera di ellroy
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A pensarci bene, una possibile rappresentazione contemporanea dell'Inferno potrebbe essere proprio Los Angeles, così come ormai ci viene proposta in tantissimi film e, prima ancora, in molti romanzi di genere partoriti da scrittori più o meno famosi. Uno di questi, è James Ellroy che - non a caso - viene considerato uno dei maestri del neo-noir metropolitano (le cui storie sono tutti ossessivamente ambientate a L.A.).
La "città degli angeli" sembra essere una metropoli di demoni, non di angeli protettori (o salvifici): demoni sono anche coloro che si presentano con foga moralizzatrice con l'ambizione (soltanto apparente) di voler fare piazza pulita della corruzione imperante, del sistema della bustarelle e del non rispetto delle regole.
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A pensarci bene, una possibile rappresentazione contemporanea dell'Inferno potrebbe essere proprio Los Angeles, così come ormai ci viene proposta in tantissimi film e, prima ancora, in molti romanzi di genere partoriti da scrittori più o meno famosi. Uno di questi, è James Ellroy che - non a caso - viene considerato uno dei maestri del neo-noir metropolitano (le cui storie sono tutti ossessivamente ambientate a L.A.).
La "città degli angeli" sembra essere una metropoli di demoni, non di angeli protettori (o salvifici): demoni sono anche coloro che si presentano con foga moralizzatrice con l'ambizione (soltanto apparente) di voler fare piazza pulita della corruzione imperante, del sistema della bustarelle e del non rispetto delle regole.
Questa visione ci trasmette questo film , intriso della cupa visione del mondo di James Ellroy che è appunto - non a caso - autore della sceneggiatura originale (non tratta da una sua precedente opera: ma la tessitura dei suoi romanzi riposa su uno stesso identico ordito).
Il detective Tom Ludlow (Keanu Reeves) è un'anomalia. In un contesto di corruzione, quale è il LAPD (Los Angeles Police Department) la sua "mission" è quella di fare giustizia, ma scivolando lui stesso su metodi spicci ed immorali, sull'uso della pistola senza appello. Più che da poliziotto si comporta da disinvolto giustiziere, ma è utile al Dipartimento di Polizia corrotto perchè - spinto dalle sue "idealità" deviate fa, per esso, tutti i "lavori sporchi": personaggio scomodo, ma in definitiva utile al sistema ed accettato dai colleghi (seppure sempre vilipeso), comunque, sempre "coperto".
I nodi vengono al pettine quando un ex-collega di squadra viene barbaramente ucciso nel corso di una rapina e qualcuno tenta di incastrare Ludlow. A questo punto, egli dovrà fare da solo per trovare una via di uscita, ma scoprirà alla fine che, anche se si fa piazza pulita dei corrotti, il problema non è mai risolto perchè ci sono altri - corrotti nella stessa misura, se non di più - pronti a rimpiazzarli.
Questa è del resto la visione del mondo di Ellroy che, profondamente segnato da un'esperienza infantile traumatica e, successivamente, da un'adolescenza allo sbando, in preda all'alcool e alle droghe, è diventato il cantore della città degli angeli caduti (la "sua" città maledetta, quella in cui si era consumato il delitto irrisolto della "Dalia nera", quella in cui era stata assassinata la madre praticamente sulla porta di casa e quella che aveva assistito alla sua lunga deriva esistenziale).
Il mondo per Ellroy è fatto così: non c'è salvezza, non ci sono salvatori, non ci sono buoni, tutti sono cattivi, corrotti, marci. Anche chi appare con un volto di umanità, poi - dietro questa apparenza - rivela la crudeltà, la cattiveria, la capacità di infinite bassezze. Il bene e la possibilità di far bene - di fare il Bene - in queso cosmo di reietti, che soltanto casualmente può essere illuminato da un raggio di luce, sono eventi puramente transitori ed accidentali.
Questo è Ellroy e questo è il film che, in maniera abbastanza aderente (per chi ha letto le sue opere), ci presenta il suo mondo.
Il regista, credo, non ha fatto che aderire al tema dominante della sceneggiatura (alla "lezione" che intende trasmettere), dandone un'interpretazione molto caricata sul versante della violenza e delle sparatorie devastanti.
Si tratta d'un film di genere che presenta un modo di vedere la realtà cupissimo: non ci sono redenti, ma soltanto dannati.
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massimiliano di fede
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lunedì 30 giugno 2008
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la piaga della corruzione nela polizia
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Un thriller che nella sgeneggiatura non è originalissimo, ma ha un ritmo incalzante con il colpo di scena "prevedibile", di notevole intensità. La storia si svolge a Los Angeles, nella polizia corrotta, spicca una squadra speciale capitanata da un capo (Forest Whitaker) senza scrupoli, pur di arrivare alla massima carica nel corpo della Polizia. Nella squadra c'è un super poliziotto, il Detective Tom Ludlow (Keanu Reeves) che, ignaro delle azioni poco legali dei suoi colleghi, indaga sulla morte di un suo collega che, anni prima lavoravano insieme. Scoprirà dopo una serie di colpi di scena, la verità.
Un buon Cast a partire da Keanu Reeves e Forest Whitaker. Hugh Laurie, che conosciamo bene come il Doctor House della famosissima serie televisiva, lo troviamo nella Sua prima scena, nel suo habitat naturale: L'ospedale.
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Un thriller che nella sgeneggiatura non è originalissimo, ma ha un ritmo incalzante con il colpo di scena "prevedibile", di notevole intensità. La storia si svolge a Los Angeles, nella polizia corrotta, spicca una squadra speciale capitanata da un capo (Forest Whitaker) senza scrupoli, pur di arrivare alla massima carica nel corpo della Polizia. Nella squadra c'è un super poliziotto, il Detective Tom Ludlow (Keanu Reeves) che, ignaro delle azioni poco legali dei suoi colleghi, indaga sulla morte di un suo collega che, anni prima lavoravano insieme. Scoprirà dopo una serie di colpi di scena, la verità.
Un buon Cast a partire da Keanu Reeves e Forest Whitaker. Hugh Laurie, che conosciamo bene come il Doctor House della famosissima serie televisiva, lo troviamo nella Sua prima scena, nel suo habitat naturale: L'ospedale. Ma questa volta interpreta il capitano della polizia James Biggs, un'interpretazione che conferma la sua bravura di attore. Nel cast troviamo anche un bravo attore come John Corbett, che lasciato i panni di Ian Miller, nel film esilarante "il mio grosso grasso matrimonio Greco", interpreta il detective Dante Demille, che non fa una fine molto bella, prendendosi una vanga in testa da Reeves.
Film molto crudo ma, apprezzabile, per il ritmo e la suspence. Incomprensibile la scelta di far cambiare il titolo originale del film (street Kins) in un titolo senza un senso logico come la "Notte non aspetta", ma questa tradizione italiana dovrebbe essere abbandonata ed evitare di cambiare i titoli per attirare più pubblico, si rischia di ottenere l'effetto contrario. Massimiliano Di Fede (www.fmfilm.it)
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antonello villani
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lunedì 30 giugno 2008
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morire nella citta' degli angeli
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Giustizia fai da te nelle notti losangeline. Detective con qualche problema di alcolismo ha il grilletto facile con le gang della città. Tom Ludlow appartiene alla Speciale -una divisione della polizia che pensa di essere al di sopra di tutto- e non ha ancora superato la perdita della moglie quando un collega viene ammazzato davanti i suoi occhi. Trama di certo non originale, “La notte non aspetta” chiude i conti con la corruzione dilagante nel braccio violento della legge ricordando Rodney King e quanti sono vittime di agenti che non disdegnano l’uso della forza. Keanu Reeves è il capro espiatorio di un’organizzazione più attenta al denaro che alla tutela dei deboli, Forest Whitaker muove le fila ricattando politici e personaggi in vista mentre Hugh Laurie, l’ex Dr House, cerca mele marce tra i distintivi che intascano mazzette.
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Giustizia fai da te nelle notti losangeline. Detective con qualche problema di alcolismo ha il grilletto facile con le gang della città. Tom Ludlow appartiene alla Speciale -una divisione della polizia che pensa di essere al di sopra di tutto- e non ha ancora superato la perdita della moglie quando un collega viene ammazzato davanti i suoi occhi. Trama di certo non originale, “La notte non aspetta” chiude i conti con la corruzione dilagante nel braccio violento della legge ricordando Rodney King e quanti sono vittime di agenti che non disdegnano l’uso della forza. Keanu Reeves è il capro espiatorio di un’organizzazione più attenta al denaro che alla tutela dei deboli, Forest Whitaker muove le fila ricattando politici e personaggi in vista mentre Hugh Laurie, l’ex Dr House, cerca mele marce tra i distintivi che intascano mazzette. Tutto già visto eppure il regista David Ayer si muove a ritmo hip hop tra le strade illuminate di una città violenta persino con i contribuenti onesti. Sparatorie e morti ammazzati, in questa guerra senza quartiere non ci sono vincitori né vinti: sono tutti ingranaggi di un sistema che non distingue i buoni dai cattivi. Ennesimo poliziesco che cattura lo spettatore con atmosfere da inferno metropolitano, il film di Ayer vuole giustificare la violenza con un finale che salva capre e cavoli. Andare contro le regole diventa l’unico modo per preservare l’ordine costituito, il resto e’ pura utopia.
Antonello Villani
(Salerno)
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elgatoloco
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lunedì 24 luglio 2017
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ottimo film , punto di partenza in ellroy
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Jiames Elllroy da decennni racconta storie di violenza, corruzione, corruzione nella polizia(scritte bene, ispirate a farri reali, a referenti concreti e documentabilli), il film che David Ayer ne trae(ne ha tratto.era il 2008)è decisamente attinente al romanzo, non alla lettera, ma nello"spirito", ossia nella prodiuone di senso, ispirata a durezza, a notevole freddezza(non emozionalità, scarsa emotività, almeno appartente)nella narrazione, dove il titolo originale"Street Kings"rende in pieno il senso della storia/delle storie che Elllroy ci propone, mettendoci di fronte a vicende terribili eppure, a looro modo, "quotidiane". Il lavoro di regia , ma anche quello di montaggio è notevolissimo e impeccabile, assolutamente coerente con quanto si vuol dire, se non"dimostrare"(non è un teorema geometrico, ma neppure una dimostrazione filosofica.
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Jiames Elllroy da decennni racconta storie di violenza, corruzione, corruzione nella polizia(scritte bene, ispirate a farri reali, a referenti concreti e documentabilli), il film che David Ayer ne trae(ne ha tratto.era il 2008)è decisamente attinente al romanzo, non alla lettera, ma nello"spirito", ossia nella prodiuone di senso, ispirata a durezza, a notevole freddezza(non emozionalità, scarsa emotività, almeno appartente)nella narrazione, dove il titolo originale"Street Kings"rende in pieno il senso della storia/delle storie che Elllroy ci propone, mettendoci di fronte a vicende terribili eppure, a looro modo, "quotidiane". Il lavoro di regia , ma anche quello di montaggio è notevolissimo e impeccabile, assolutamente coerente con quanto si vuol dire, se non"dimostrare"(non è un teorema geometrico, ma neppure una dimostrazione filosofica...), il ritmo molto veloce(il montaggio, qui, ha e fa la parte del leone), il continuo dubbio insinato su chi sia corrotto, in polizia anzi proprio nel distretto in cui il protagonista opera anche, idem per la vicenda pregressa della moglie del poliziotto coinvolto in prima persona(il protagonista)che si chiarisce(ma totalmente?Si direbbe di no)alla fine , dove i dubbi accumulati durante la narrazione sostanzailmente non si sciologono mai, non arrivano mai al capolinea di una"risoluzione"che non sarebbe né nelle intenzioni né nelle corde dei due autori, quello letterario e quello filmico, forse neppure in quelle di chi ha realizzato il film, intendendo produttori, attori/attrici, tecnici etc. Un vero e proprio"noir"8cedo sia il termine più opportuno, anche se naturalmente ricorro a un lemma europeo, non statunintense)un polar che non richiede tanto che si arrivi a"smontare"il puzzle(id est a"risolverlo")quanto a lasciarsi sopraffare dalla sorpresa, attendendo quanto si verificherà, pur se la"sorpresa"non è poi mai "risolutiva"in senso assoluto... Da vedere, da apprezzare, sempre che la violenza di alcune sequenze non distolga dalla visione o addirittura faccia rinunciare alla stessa, trattandosi di sequenze dove la violenza non è"sublimata"(o meglio ridotta a bagatella, tipo videoclip, videogame et similia)come in molti prodotti (pordottti, non opere, mentre questa è un'opera filmica in senso pieno, diremmo)ma è esibita nella sua rude concretezza terribile... Keanu Reeves e Forest Whitaker sono interpreti decisamente adatti ai rispettivi ruoli, in posizione antagonistica totale, che anzi più"totale"non si potrebbe neppure concepite-immaginare... El Gato
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andrea
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giovedì 29 gennaio 2009
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l.a. police department
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Il detective Tom Ludlow, dopo una sparatoria da lui vinta, libera due ostaggi femminili di un gruppo di mafiosi dei quartieri malfamati di Los Angeles. La sua situazione all'interno del distretto non è delle migliori. Lui, ha perso la moglie e non è mai riuscito a trovare i colpevoli, il suo capitano, Jack Wander sembra nascondere qualcosa e la squadra dei suoi colleghi sembra voglia risolvere i casi di omicidio in modo corrotto; proprio come quello del collega di Tom, Terrence Washington, ucciso in un negozio da due loschi individui. Per Ludlow è giunto il momento di far luce sull'omicidio e sulla condizione del distretto. Un intenso film poliziesco post Pride And Glory: violento, giustificatorio, ben recitato, diretto e realizzato.
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Il detective Tom Ludlow, dopo una sparatoria da lui vinta, libera due ostaggi femminili di un gruppo di mafiosi dei quartieri malfamati di Los Angeles. La sua situazione all'interno del distretto non è delle migliori. Lui, ha perso la moglie e non è mai riuscito a trovare i colpevoli, il suo capitano, Jack Wander sembra nascondere qualcosa e la squadra dei suoi colleghi sembra voglia risolvere i casi di omicidio in modo corrotto; proprio come quello del collega di Tom, Terrence Washington, ucciso in un negozio da due loschi individui. Per Ludlow è giunto il momento di far luce sull'omicidio e sulla condizione del distretto. Un intenso film poliziesco post Pride And Glory: violento, giustificatorio, ben recitato, diretto e realizzato. La trama, su sceneggiatura dello stesso regista David Ayer, è di per se, una nuova interpretazione(come la critica la descrive) della pellicola L.A. Confidential di Curtis Hanson e difatti, situazioni e luoghi, sono riproposti in modo uguale ma con originalità. Ciò che però, differenzia Street Kings(titolo originale) dalla sopra citata pellicola sono l'abilità di Ayer nel raccontare la trama del film e del cast, in perfetta sincronia; soprattutto tra Keanu Reeves e il grande Forest Whitaker qui ancora in un ruolo di grande spessore ed impatto. Ed è proprio questo grande duello che sostiene la tesi del film, ovvero raccontare, seguendo una storia comune, gli intrighi e la doppia identità della polizia odierna ritenuta marcia, insicura e priva di autorità. Tra gli altri, nel cast, Chris Evans(I Fantastici 4), Terry Crews(Norbit), Hugh Laurie(Dottor House- serie tv) e Cedric The Entertainer(Nome in Codice: Cleaner) tutti perfetti anche nei piccoli ruoli, come ad esempio quello del detective sospettato interpretato da Common. Da La Notte Non Aspetta non si richiedono scene d'azione ma bensì momenti di crime story e di dramma che tengono alta la tensione e offrono colpi di scena mai gratuiti che cambiano i registri narrativi della trama. Consigliato.
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angela cinicolo
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martedì 29 luglio 2008
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la notte non aspetta
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Quello che gli Americani definiscono crime-thriller, da noi viene spesso tradotto, talvolta a torto, come action, ma ci sono etichette che in certi casi risultano di difficile applicazione. È quanto avviene con Street Kings, pellicola targata Fox Searchlight Pictures e lontana dall'azione violenta e dalle scene realistiche con cui si propone di catturare il pubblico. Il protagonista, interpretato da Keanu Reeves, è Tom Ludlow, un cinico poliziotto della LAPD che beve per dimenticare la morte della moglie mai vendicata e i colpevoli che ammazza a pistolettate da bravo giustiziere della notte (come aveva già fatto nel 2000 con il fumettistico The watcher).
La legge per le strade di Los Angeles non la fanno gli ufficiali in uniformi linde e pinte ma moderni cowboy della città, pronti a infrangere per primi la legge pur di acciuffare i cattivi, ben propensi a sfoderare le loro calibro 38 e fare fuoco su chiunque sia sulla loro strada.
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Quello che gli Americani definiscono crime-thriller, da noi viene spesso tradotto, talvolta a torto, come action, ma ci sono etichette che in certi casi risultano di difficile applicazione. È quanto avviene con Street Kings, pellicola targata Fox Searchlight Pictures e lontana dall'azione violenta e dalle scene realistiche con cui si propone di catturare il pubblico. Il protagonista, interpretato da Keanu Reeves, è Tom Ludlow, un cinico poliziotto della LAPD che beve per dimenticare la morte della moglie mai vendicata e i colpevoli che ammazza a pistolettate da bravo giustiziere della notte (come aveva già fatto nel 2000 con il fumettistico The watcher).
La legge per le strade di Los Angeles non la fanno gli ufficiali in uniformi linde e pinte ma moderni cowboy della città, pronti a infrangere per primi la legge pur di acciuffare i cattivi, ben propensi a sfoderare le loro calibro 38 e fare fuoco su chiunque sia sulla loro strada. Le strade non fanno capo a più re, quelli di una squadra che accalappia i criminali, piuttosto esse sono tenute in pugno da di un unico e grosso re, Wonder, il titanico Forest Whitaker, che il capitano James Biggs (Hugh Laurie direttamente imprestato dal televisivo Dr. House) vuole smascherare. Una mattina Ludlow viene coinvolto nell'uccisione dell'ex partner Washington che poche ore prima aveva scoperto indagare sulle sue modalità d'intervento poco pulite.
Non è facile riconoscere le regole trite e ritrite dei polizieschi come Training Day, sceneggiato dal regista del film, David Ayer, ma se nel film cui sembra ispirarsi questa pellicola le regole di un sistema scandalosamente marcio funzionavano bene, qui gli schematismi le indeboliscono e ne minano la riuscita. Le tematiche dei poliziotteschi peggio riusciti come la corruzione, l'inquinamento delle prove, i funerali che s'affogano tra le lacrime e le stelle e le strisce della bandiera che sventola a forza in tutta la sua magnificenza, i problemi razziali, un malsano cameratismo annacquano una storia che non si fa fatica a riconoscere come un soggetto dello scrittore James Ellroy (L.A. Confidential e il più recente The Black Dahlia), ma che, tuttavia, annaspa fino al punto di non ritorno finale. I ruoli si confondono, gli scenari s'invertono, i dialoghi s'impicciano con un tono equivoco che suscita il risolino: la scelta di una conclusione non felice, contrariamente a quanto s'aspetterebbero pochi ostinati, non basta e sembra addirittura affettato. Spesso sarebbe più auspicabile un finale felice che uno infelice che ci sventola ovvie pedagogie e facili moralismi come la lezione della verità che non conta perché conta solo la volontà. E noi la volontà di vedere per intero un film che si apre promettendo una carica di adrenalina, con l'eroe che carica il grilletto, e che si chiude con un buffetto sulla guancia - dello stesso, impotente e disfatto, eroe! - ce l'abbiamo messa proprio tutta, ma tentar a volte nuoce!. Angela Cinicolo, da ZaBrisKIe pOInt
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dj
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lunedì 19 gennaio 2009
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ancora il culto del giustiziere solitario...
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Se negli anni '70 vi erano spesso Clint Eastwood e Charles Bronson a vestire (comunque quasi sempre con un certo stile) i panni del poliziotto o del cittadino pronto ad infrangere qualche regola per proteggere degli innocenti e far così trionfare la giustizia, col passare dei decenni purtroppo il genere poliziesco ha finito per doversi "accontentare" di attori (se così si possono chiamare) capaci solo di conferire a questo ruolo sempre meno classe - ma in compenso molta più violenza. Partendo da Stallone e Schwarzenegger, fino ad arrivare agli attuali Van Damme a Diesel, il cinema muscolare made in USA tende frequentemente ad alimentare il culto del giustiziere solitario. Il ruolo tocca ora all'esile Keanu Reeves, con questo film cupo e pessimista - da un soggetto di James Ellroy - che non lascia alcuna speranza di redenzione per lo stra-corrotto Corpo di Polizia di Los Angeles: nella Città degli Angeli non ci sono più nè santi nè eroi.
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Se negli anni '70 vi erano spesso Clint Eastwood e Charles Bronson a vestire (comunque quasi sempre con un certo stile) i panni del poliziotto o del cittadino pronto ad infrangere qualche regola per proteggere degli innocenti e far così trionfare la giustizia, col passare dei decenni purtroppo il genere poliziesco ha finito per doversi "accontentare" di attori (se così si possono chiamare) capaci solo di conferire a questo ruolo sempre meno classe - ma in compenso molta più violenza. Partendo da Stallone e Schwarzenegger, fino ad arrivare agli attuali Van Damme a Diesel, il cinema muscolare made in USA tende frequentemente ad alimentare il culto del giustiziere solitario. Il ruolo tocca ora all'esile Keanu Reeves, con questo film cupo e pessimista - da un soggetto di James Ellroy - che non lascia alcuna speranza di redenzione per lo stra-corrotto Corpo di Polizia di Los Angeles: nella Città degli Angeli non ci sono più nè santi nè eroi. David Ayer dirige con ritmo e competenza il suo teso action-movie, ma non riesce a dare spessore a nessuno dei suoi personaggi, nè ad arginare le falle di una sceneggiatura a dir poco inverosimile. Si ha quindi l'impressione di assistere ad un film solo parzialmente riuscito, che non sfrutta appieno le proprie potenzialità. Ne è una prova anche il modo in cui regista e sceneggiatore sprecano Forest Whitaker, l'attore migliore del cast, imprigionato in un ruolo privo di sfacettature.
Voto: 6
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