dylan84
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giovedì 29 gennaio 2009
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con questa storia si poteva creare un capolavoro..
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Ci sono film(come "le iene" per esempio)in cui partendo da una sequenza di eventi oggettivamente banale(una rapina in banca e un randez vous in un magazzino)nascono capolavori per l'abilità artistica oggettiva di regista,produttore, autori e attori. Questo film costituisce la nemesi di quanto detto.Da una storia magnifica,con fondamenti reali,imperniata su antichi fenomeni come l'alchimia(che peraltro nel film viene solo accennata,altra grave colpa dell staff del film) e la tanatografia, è nato un film con una storia "forzata", con eventi buttati li per giungere ad una conclusione banale che lascia molto punti oscuri,non per mancata comprensione dello spettatore,ma per effettiva carenza di coerenza e successione logica della narrazione.
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Ci sono film(come "le iene" per esempio)in cui partendo da una sequenza di eventi oggettivamente banale(una rapina in banca e un randez vous in un magazzino)nascono capolavori per l'abilità artistica oggettiva di regista,produttore, autori e attori. Questo film costituisce la nemesi di quanto detto.Da una storia magnifica,con fondamenti reali,imperniata su antichi fenomeni come l'alchimia(che peraltro nel film viene solo accennata,altra grave colpa dell staff del film) e la tanatografia, è nato un film con una storia "forzata", con eventi buttati li per giungere ad una conclusione banale che lascia molto punti oscuri,non per mancata comprensione dello spettatore,ma per effettiva carenza di coerenza e successione logica della narrazione.Non basta far apparire due fantasmi per spiegare le cose,le apparizioni devono avere un senso.Quando si fanno film di questo genere,dal momento che si trattano argomenti sovrannaturali,è imperativo dare una "plausibilità" alla storia,altrimenti la pellicola perde di significato.
Unica nota positiva del film, la recitazione di Geraldine Chaplin, grande attrice. Anche gli altri se la cavano,chi più chi meno, ma la chaplin (madre, non la figlia)brilla sui colleghi.
Insomma se questa storia fosse passata fra le mani di altri registi e autori, sarebbe nato un capolavoro, peccato che così non sia stato...
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filmaker
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domenica 15 marzo 2009
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la lanterna magica
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La lanterna magica (recensione Filmaker's magazine)
Nella dotta enciclopedia pittorico-letteraria di Imago Mortis i semi più raffinati di tre secoli di arte fantastica
di Federico Maria Monti
Alla scuola di cinema F.W. Murnau, un tetro istituto dall’insegna jugendstil che somiglia a un monastero romanico, lo studente Bruno è ossessionato dalle visioni di un giovane ex allievo che con le sue terrificanti apparizioni sembra volergli rivelare qualcosa. Effettivamente l’istituto nasconde un segreto. Il mistero comincia finalmente a diradarsi quando Bruno scopre una cassa contenente un apparecchio prodigioso: il Thanatoscopio. Si tratta di una sorta di camera oscura, capace di produrre una “thanatographia”, ossia un’immagine ottenuta mediante un particolare procedimento di emulsione che permette di impressionare su una lastra l’immagine retinica di una persona nell’istante stesso della morte.
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La lanterna magica (recensione Filmaker's magazine)
Nella dotta enciclopedia pittorico-letteraria di Imago Mortis i semi più raffinati di tre secoli di arte fantastica
di Federico Maria Monti
Alla scuola di cinema F.W. Murnau, un tetro istituto dall’insegna jugendstil che somiglia a un monastero romanico, lo studente Bruno è ossessionato dalle visioni di un giovane ex allievo che con le sue terrificanti apparizioni sembra volergli rivelare qualcosa. Effettivamente l’istituto nasconde un segreto. Il mistero comincia finalmente a diradarsi quando Bruno scopre una cassa contenente un apparecchio prodigioso: il Thanatoscopio. Si tratta di una sorta di camera oscura, capace di produrre una “thanatographia”, ossia un’immagine ottenuta mediante un particolare procedimento di emulsione che permette di impressionare su una lastra l’immagine retinica di una persona nell’istante stesso della morte. L’inventore è Girolamo Fumagalli, alchimista ed eretico del ’700 interessato agli studi di ottica e negromanzia.
Studenti di cinema come monaci o apprendisti teologi, insegnanti caligareschi e freudiani, operatori dagli occhi ingabbiati in strani monocoli, sempre curvi nella penombra a frugare come chirurghi nello scasso delle cineprese: questo è Imago Mortis. Con la sua opera Stefano Bessoni introduce in quel “gabinetto delle figure di cera” che è il cinema horror una nuova sinistra figura hoffmaniana destinata a restare immortale: si tratta del Max Schreckesco Girolamo Fumagalli, allievo di Athanasius Kircher, l’erudito scienziato gesuita antesignano dell’egittologia e della camera oscura. Imago Mortis è una dottissima enciclopedia pittorico-letteraria che racchiude i “semi” più raffinati di almeno tre secoli di arte fantastica. Se il rimando al cinema di Freda e Bava è naturale, tuttavia il talento visionario dell’autore vanta ben altre “sifilitiche” Muse. Difatti l’istituto di cinema, labirintico e fatiscente, rischiarato unicamente dalla serra-dimora di una splendida Geraldine Chaplin, richiama piuttosto l’estetica di Wojciech Has, le atmosfere dello scrittore surrealista polacco Bruno Schulz che non le suggestioni caserecce dell’horror nostrano. Il gusto macabro del regista per i cadaveri sezionati, per gli antichi strumenti chirurgici e in genere per l’arte anatomica settecentesca – per intenderci quella dei grandi ceroplasti come Gaetano Zumbo o Clemente Susini (aggiungerei persino il principe di Sansevero Raimondo di Sangro) – oltrepassa in sublime qualsiasi diacronico riferimento al tema thanatografico, compreso Quattro mosche di velluto grigio e Panico en el Transiberiano. Consigliato solamente ai cinefili dal palato gotico.
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peter
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domenica 15 marzo 2009
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imago mortis
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Una scuola vecchia e polverosa che sorge in mezzo a una foresta, locali tetri e dai soffitti alti, cunicoli semilluminati, grotte nascoste, fantasmi, un atavico meccanismo scoperto e poi trafugato, morti atroci e scomparse senza senso; questi sono gli elementi vincenti del film, che ridona splendore e fiducia in un genere cinematografico valorizzato nel Bel Paese, che sembrava ormai senza nessuna speranza di nuova linfa, tradito dalla mancanza di idee del suo re Dario e con gli altri ormai che avevano lasciato questa valle di lacrime o l'attività.
Ci sono autentici momenti di sano e cercato disagio nel vederlo, ansia e suspance, il macchinario per l'estrazione dei bulbi oculari sembra derivato da qualche aggeggio infernale visto nella serie Saw ma è assolutamente di tipologia tortura simil-medievale come impostazione, ha una presa perfetta e la storia della fotografia mortale (che potrebbe avere anche qualche ispirazione asiatica: per omaggio ci sono anche due studenti nipponici, una dei quali è Jun Ichikawa di Cantando dietro i paraventi) è un'idea geniale.
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Una scuola vecchia e polverosa che sorge in mezzo a una foresta, locali tetri e dai soffitti alti, cunicoli semilluminati, grotte nascoste, fantasmi, un atavico meccanismo scoperto e poi trafugato, morti atroci e scomparse senza senso; questi sono gli elementi vincenti del film, che ridona splendore e fiducia in un genere cinematografico valorizzato nel Bel Paese, che sembrava ormai senza nessuna speranza di nuova linfa, tradito dalla mancanza di idee del suo re Dario e con gli altri ormai che avevano lasciato questa valle di lacrime o l'attività.
Ci sono autentici momenti di sano e cercato disagio nel vederlo, ansia e suspance, il macchinario per l'estrazione dei bulbi oculari sembra derivato da qualche aggeggio infernale visto nella serie Saw ma è assolutamente di tipologia tortura simil-medievale come impostazione, ha una presa perfetta e la storia della fotografia mortale (che potrebbe avere anche qualche ispirazione asiatica: per omaggio ci sono anche due studenti nipponici, una dei quali è Jun Ichikawa di Cantando dietro i paraventi) è un'idea geniale. Mettendo anche alcune evidenti citazioni, come il nome di una segretaria, Nicolodi, per ricordare la grande Daria, oppure Caligari (altra citazione al cinema tedesco), il film omaggia ma vive anche di vita propria, si sviluppa in maniera certosina (grande lavoro di controllo davvero quello di Bessoni) con lugubri discorsi assolutamente pacati, come si bevesse un tè, ammaliando lo spettatore che rimane in alcuni momenti nel giusto stato di tensione per essere pronto allo spavento o alla scena macabra.
Il film è idealmente diviso in alcuni capitoli scanditi sulla lavagna con titoli (paura, morte, destino, ecc.) che sottolineano il momento. Per noi il punto supremo è quando viene mostrato il misterioso film nel film, un tocco artistico di rara suggestione e bellezza, con il suo gusto macabro cadaverico. Sicuramente le inquadrature del macchinario per la thanatografia non sono per stomaci deboli (il divieto ai minori di 14 anni non è casuale), con quegli occhi spalancati, anche se bisogna dire che gli effetti non sono tantissimi – scelta perfetta di calibrazione per creare suspance e non mero riempimento di stomaco, facile cibo per palati non fini. La macchina da presa insiste ad inquadrare il povero Bruno, afflitto da crisi e da visioni, sempre dall'alto e comprimendogli il viso, dando una particolare sensazione di chiusura e di oppressione, altro omaggio al cinema espressionista.
In definitiva un film che riconcilia il pubblico italiano con il genere che stava sfornando solo pochezza e non sostanza, assolutamente ispirato e coinvolgente, eseguito con tanta umiltà da un regista che ha appreso, omaggiato e poi girato in piena vitalità e autonomia un prodotto da non perdere per gli amanti del genere. Una bella lezione di cinema senza inventare nuovo cinema ma reintrepretando il vecchio, dimostrando che si può apprezzare un film anche se non dice niente di nuovo. Le emozioni qui non sono gratuite come in tanti altri casi: qua siamo di fronte a una classe e uno stile personale che speriamo venga ulteriormente migliorato nei lavori futuri. Pietro Signorelli
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natopigro
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sabato 17 gennaio 2009
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buona idea, lic e lac per il risultato
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L'idea c'era tutta, buona l'ambientazione, colonna sonora appropriata.
I dialoghi e la sceneggiatura in alcuni tratti lasciano parecchio a desiderare: la sequenza logica degli eventi non è... logica: le reazioni dei e tra i personaggi spesso non sono appropriate, alcune scene potevano essere tagliate e altre aggiunte. Non ha il crescendo del thriller nè la suspence di un horror.
Per quanto riguarda il cast: il protagonista è dotato di due sole espressioni (una delle quali con occhio lucido del bambino a cui hanno rubato un giocattolo) e il rettore è un po' plastico nei movimenti.
Sopratutto mancano i dettagli a fare di questo film un bel film, i personaggi potevano essere caratterizzati maggiormente (l'interesse non mancava) e si doveva lasciare più spazio agli argomenti "occulti".
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L'idea c'era tutta, buona l'ambientazione, colonna sonora appropriata.
I dialoghi e la sceneggiatura in alcuni tratti lasciano parecchio a desiderare: la sequenza logica degli eventi non è... logica: le reazioni dei e tra i personaggi spesso non sono appropriate, alcune scene potevano essere tagliate e altre aggiunte. Non ha il crescendo del thriller nè la suspence di un horror.
Per quanto riguarda il cast: il protagonista è dotato di due sole espressioni (una delle quali con occhio lucido del bambino a cui hanno rubato un giocattolo) e il rettore è un po' plastico nei movimenti.
Sopratutto mancano i dettagli a fare di questo film un bel film, i personaggi potevano essere caratterizzati maggiormente (l'interesse non mancava) e si doveva lasciare più spazio agli argomenti "occulti".
Ben riuscita comunque la scena finale che comunque non risalta abbastanza non avendo alle spalle un crescendo di tensione.
Se è il primo di altri film, benvengano!
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zerkenzi
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domenica 8 febbraio 2009
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tanto fumo e poco arrosto
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In questo caso non si può certo dire :"il film era esattamente come me lo immaginavo".
Sicuramente IMAGO MORTIS è una pellicola che può vantarsi dell'interpretazione di un'attrice di fama quale Geraldine Chaplin. Ma il film, dopo tutta la divulgazione pubblicitaria che si è fatta, risulta solo un'incomprensibile storia che pare venga retta in piedi con degli stuzzicadenti. L'inizio dà la sensazione di una trama misteriosa e intrigante che poi si scopre essere come un pavimento in legno che scricchiola da tutte le parti. Non c'è una spiegazione logica per cui tutto ciò che viene raccontato nel film avviene e questo si scopre soprattutto verso la fine.
La visione di questo film in'oltre non lascia nessuna sensazione nè emozione di alcun genere a parte il senso di incomprensibile che persiste anche dopo giorni.
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In questo caso non si può certo dire :"il film era esattamente come me lo immaginavo".
Sicuramente IMAGO MORTIS è una pellicola che può vantarsi dell'interpretazione di un'attrice di fama quale Geraldine Chaplin. Ma il film, dopo tutta la divulgazione pubblicitaria che si è fatta, risulta solo un'incomprensibile storia che pare venga retta in piedi con degli stuzzicadenti. L'inizio dà la sensazione di una trama misteriosa e intrigante che poi si scopre essere come un pavimento in legno che scricchiola da tutte le parti. Non c'è una spiegazione logica per cui tutto ciò che viene raccontato nel film avviene e questo si scopre soprattutto verso la fine.
La visione di questo film in'oltre non lascia nessuna sensazione nè emozione di alcun genere a parte il senso di incomprensibile che persiste anche dopo giorni.
In altre parole un film che potrebbe forse piacere solo ai nostalgici dell'horror per così dire "RAFFINATO" come viene definito, un film cioè che non vale quello che è costato ai produttori e al regista.
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ruvidopunk
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giovedì 14 maggio 2009
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imago mortis oculos tuo...
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Diciamo che non vorrei sentir pronunciare questa frase altrimenti rischierei di non trovarmi più gli occhi.
Non son un amante del genere horror ma questo mi è piaciuto, forse perchè non era solo sangue e splatter ma c'è la costruzione dei personaggi e della storia. Bella anche la sceltadi lasciare completamente senzariferimenti temporali precisi la scuola, sembra anni 60 ma il tutto avviene 400anni dopo la prima thalatografia...
Il film attacca con la proiezione di un'altro film -l'origine di tutto-.
Dopo n anni la verità torna a galla (ultio tema fotografico degli esami)
Bellissimi alcuni dettagi come l'evolvere degli animali della contessa, in primis un topo, poi un gatto e alla fine si intravede quello che sembra essere un pitone.
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Diciamo che non vorrei sentir pronunciare questa frase altrimenti rischierei di non trovarmi più gli occhi.
Non son un amante del genere horror ma questo mi è piaciuto, forse perchè non era solo sangue e splatter ma c'è la costruzione dei personaggi e della storia. Bella anche la sceltadi lasciare completamente senzariferimenti temporali precisi la scuola, sembra anni 60 ma il tutto avviene 400anni dopo la prima thalatografia...
Il film attacca con la proiezione di un'altro film -l'origine di tutto-.
Dopo n anni la verità torna a galla (ultio tema fotografico degli esami)
Bellissimi alcuni dettagi come l'evolvere degli animali della contessa, in primis un topo, poi un gatto e alla fine si intravede quello che sembra essere un pitone.
Morale mi ha tenuto incollato allo schermo.
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manfred
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domenica 15 marzo 2009
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l'ossessione dello sguardo
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Poiché Imago Mortis deve portare su di sé un fardello ed una responsabilità che forse non gli competono, come quella di essere il "primo film del nuovo cinema horror italiano" (nel senso della distribuzione ufficiale nelle sale, anche se proprio isolato il tentativo non è: vogliamo ricordare almeno l'esperimento di La notte del mio primo amore lo slasher di Alesssandro Pambianco ucciso da una distribuzione estiva nel 2006?), è bene sgombrare fin da subito il campo dagli equivoci. Le affinità con la (fu) tradizione horror italiana sono solo ed esclusivamente a livello tematico: è vero l'idea dell'immagine fermata sulla retina a seguito di una morte violenta l'abbiamo vista celebrata 37 anni fa in Quattro mosche di velluto grigio, è vero anche che l'Istituto che cela fra le sue mura innominabili segreti non può che rimandare al microcosmo della scuola di danza di Suspiria, è vero anche che fra le innumerevoli citazioni di cui è costellato il film appare anche un personaggio che di chiama "signora Nicolodi" (ma bisogna anche vedere in che misura certi dettagli dello script dipendano da Bessoni).
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Poiché Imago Mortis deve portare su di sé un fardello ed una responsabilità che forse non gli competono, come quella di essere il "primo film del nuovo cinema horror italiano" (nel senso della distribuzione ufficiale nelle sale, anche se proprio isolato il tentativo non è: vogliamo ricordare almeno l'esperimento di La notte del mio primo amore lo slasher di Alesssandro Pambianco ucciso da una distribuzione estiva nel 2006?), è bene sgombrare fin da subito il campo dagli equivoci. Le affinità con la (fu) tradizione horror italiana sono solo ed esclusivamente a livello tematico: è vero l'idea dell'immagine fermata sulla retina a seguito di una morte violenta l'abbiamo vista celebrata 37 anni fa in Quattro mosche di velluto grigio, è vero anche che l'Istituto che cela fra le sue mura innominabili segreti non può che rimandare al microcosmo della scuola di danza di Suspiria, è vero anche che fra le innumerevoli citazioni di cui è costellato il film appare anche un personaggio che di chiama "signora Nicolodi" (ma bisogna anche vedere in che misura certi dettagli dello script dipendano da Bessoni)... Poi, credo, le analogie si fermano qui. Ben altro è l'immaginario di cui si nutre il cinema del regista romano.
Prima di tutto, con la sua riflessione sull'ossessione dello sguardo e sulla voglia di immortalità, Imago Mortis si inserisce "semplicemente" in quella che è un'idea fissa del Cinema tout court, da sempre (il cinema, davvero, come tanathographia...). A livello formale, invece, il film di Bessoni immerge le sue radici nell'estetica del new-horror spagnolo o ispanofono (ricordiamo che il film è sostanzialmente una produzione spagnola): vi ritroviamo le atmosfere gotiche ad autunnali dell'Amenábar di The Others (ma rammentiamo che anche il film d'esordio del regista spagnolo, Tesis, è tutta una riflessione teoretica sul cinema e su ciò che il cinema cattura), le oscurità macabre e fantasmatiche di Balaguerò, di Bayona, di Cerdà, le creature di Del Toro o di Castañeda. E Bessoni gira superbamente, sfruttando al meglio le spettacolari location (torinesi), con una sensibilità ed un'irrequietezza più unica che rara: la macchina da presa è letteralmente inquieta, e non nel senso di certo ipercinetismo "à la page", ché anzi il regista non butta al vento inutili virtuosismi, ma del continuo cambiamento delle ottiche e degli obbiettivi in senso espressivo, il che è un lavoro - vivaddio - puramente cinematografico, manuale, artigianale. Stefano Bessoni coordina una squadra perfettamente funzionante e affiatata, di insolita maturità: la spettacolare, sontuosa fotografia "pittorica" di Arnaldo Catinari, la perfetta ambientazione scenografica di Briseide Siciliano che in collaborazione coi costumi di Alessandra Torella riesce a rendere perfettamente l'atmosfera sospesa, nostalgica e atemporale che è uno dei punti di forza del film. E anche la bellissima colonna sonora orchestrale, classicheggiante e sinuosa di Zacarias M. de La Riva, ricamata dal montaggio impeccabile di Raimondo Aiello. Ed anche gli attori funzionano perfettamente, a cominciare dalla nevrotica fragilità del Bruno di Alberto Amarilla, per passare dal candore simpatico che la radiosa Oona Chaplin dona alla sua Arianna, per non parlare della Contessa Orsini di Geraldine Chaplin.
Ma c'è un altro piano di lettura del film, un luogo dove si rivelano altri modelli e altri fonti di ispirazione di Stefano Bessoni. Si tratta del film nel film (o dello pseudo-flashback, perché così alla fine è, in una costruzione semantica e narrativa piuttosto ardita), della vita dell'alchimista secentesco Fumagalli (immaginato allievo nientemeno che di Athanasius Kircher), raccontata nei frammenti di un remake (non è proprio un remake, ma semplifichiamo) di un film espressionista. E' qui, in questo "laboratorio" che, a mio avviso, si legge la cifra più personale ed ispirata del cinema di Bessoni. Barocche, macabre, stordenti (e pluristratificate) visioni che hanno come padre Peter Greenaway, regista amatissimo dal nostro e al quale si deve, tra l'altro, con Lo zoo di Venere, un contributo non da poco nella riflessione su cinema-occhio-morte-sguardo. E' questo il bivio davanti al quale Bessoni, pur al suo film d'esordio nei circuiti ufficiali, si trova: un cinema di genere mainstream impreziosito da raffinatezze visuali e formali (Argento docet, mutatis mutandis), o un cinema "d'autore" sperimentale, ardito e decisamente poco italico. Se Bessoni seguisse questa seconda strada, allora Imago Mortis finirebbe per essere una sorta di epitaffio su un genere agonizzante nel nostro paese. Se invece seguisse la prima, allora gli consigliamo maggiore attenzione allo script, per evitare le sfilacciature, i cali di tensione e le lungaggini che caratterizzano la sceneggiatura di Imago Mortis soprattutto nel sottofinale (evidentemente i pur importanti interventi di Luis Alejandro Berdejo in fase di ultima stesura non sono bastati a stuccare le crepe dei troppi rimaneggiamenti). Oppure, Bessoni e la sua "factory" riusciranno a fondere questi due aspetti, allora sarebbe un miracolo. Siamo sicuri che, quale che sia la scelta, ne vedremo delle belle.
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arthur
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domenica 15 marzo 2009
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la morte negli occhi
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Dalla recensione di Luciana Morelli
Imago Mortis è una storia di fantasmi, un po' favola nera e un po' thriller, un racconto fuori dal tempo che avvolge lo spettatore in una dimensione magica e lo proietta in un incubo ad occhi aperti, un'avventura agghiacciante che va al di la di ogni immaginazione.
Sia chiaro, Imago Mortis lungi dall'essere il capolavoro annunciato o la panacea di tutti i mali del cinema di genere italiano. E' un film sano, che trasuda fatica e impegno, fatto con vero talento e con quel pizzico di intelligenza che in altre produzioni nostrane latita grossolanamente, un'opera prima che pecca forse di qualche lungaggine di troppo e di qualche ingenuità in fase di scrittura dei dialoghi ma che, vista la complessità delle tematiche e della messa in scena che esse richiedevano, rappresenta senza ombra di dubbio una grande vittoria.
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Dalla recensione di Luciana Morelli
Imago Mortis è una storia di fantasmi, un po' favola nera e un po' thriller, un racconto fuori dal tempo che avvolge lo spettatore in una dimensione magica e lo proietta in un incubo ad occhi aperti, un'avventura agghiacciante che va al di la di ogni immaginazione.
Sia chiaro, Imago Mortis lungi dall'essere il capolavoro annunciato o la panacea di tutti i mali del cinema di genere italiano. E' un film sano, che trasuda fatica e impegno, fatto con vero talento e con quel pizzico di intelligenza che in altre produzioni nostrane latita grossolanamente, un'opera prima che pecca forse di qualche lungaggine di troppo e di qualche ingenuità in fase di scrittura dei dialoghi ma che, vista la complessità delle tematiche e della messa in scena che esse richiedevano, rappresenta senza ombra di dubbio una grande vittoria.
La speranza è che il pubblico possa premiare questi sforzi e che una volta tanto si riesca a preferire un buon film di genere italiano con attori non troppo famosi ad un pessimo film di genere americano con il nome altisonante a fare da specchietto per le allodole. In ultima battuta merita un plauso particolare la realizzazione della sequenza che nel finale del film mostra i risultati del difficile esperimento: una thanatografia perfetta, l'occhio nell'occhio all'infinito, un ultima indelebile immagine ad immortalare la vita nella morte.
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il cinefilo
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domenica 6 giugno 2010
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un opportunità gravemente buttata al vento...
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TRAMA:In una scuola di cinema alcuni studenti cadono vittime di un inquietante mistero legato a un oggetto chiamato "thanatoscopio"che,inventato nel diciassettesimo secolo,sarebbe in grado di "fissare"le ultime immagini di una persona prima di morire...COMMENTO: Una sceneggiatura come quella di IMAGO MORTIS,a mio giudizio,sarebbe stata perfetta se fosse stata affidata a Dario Argento(quando ancora realizzava buone "opere"e cioè più di trent'anni fà)il quale sarebbe riuscito a donargli quel "tocco"di fascino,violenza e mistero di cui questa storia avrebbe avuto tanto bisogno...è un peccato che,come sempre,a un ottimo spunto orrorifico corrisponda ormai uno stile registico che sfiori o il prevedibile,la mezza inettitudine o la completa inettitudine.
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TRAMA:In una scuola di cinema alcuni studenti cadono vittime di un inquietante mistero legato a un oggetto chiamato "thanatoscopio"che,inventato nel diciassettesimo secolo,sarebbe in grado di "fissare"le ultime immagini di una persona prima di morire...COMMENTO: Una sceneggiatura come quella di IMAGO MORTIS,a mio giudizio,sarebbe stata perfetta se fosse stata affidata a Dario Argento(quando ancora realizzava buone "opere"e cioè più di trent'anni fà)il quale sarebbe riuscito a donargli quel "tocco"di fascino,violenza e mistero di cui questa storia avrebbe avuto tanto bisogno...è un peccato che,come sempre,a un ottimo spunto orrorifico corrisponda ormai uno stile registico che sfiori o il prevedibile,la mezza inettitudine o la completa inettitudine...con questo film è il secondo caso a prevalere e tutto va a rotoli.
L'inquietante atmosfera della sequenza iniziale mi era sembrata promettente ma,in seguito,si è rivelato tutto un fenomenale "vaudeville" di luoghi comuni(a partire dal ragazzo protagonista i cui genitori sono defunti nel solito incidente stradale e tutti lo credono matto fino alle per le solite "apparizioni" dei soliti "fantasmi")ma l'aspetto peggiore del film sono le interpretazioni dei giovani attori in quanto mi è sembrato che semplicemente non fossero capaci di recitare.
Il film in questione(la regia è di Stefano Bessoni)malgrado le gravi "mancanze" sopra citate,può vantare al suo attivo un ambientazione quasi perfetta e,appunto,una "storia" che avrebbe potuto essere sfruttata molto meglio e dal punto di vista rigorosamente stilistico è una vera disgrazia.
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cronix1981
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venerdì 15 ottobre 2010
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un senso a questa storia
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Parafrasando una strofa di una canzone di Vasco Rossi: “[…] Voglio trovare un senso a questa storia / Anche se questa storia un senso non ce l’ha […]”. In questa frase è racchiuso il sunto di questo film.
Si può discutere sulla location e l’ambientazione (soprattutto gli interni), peraltro ben fatta ed attenta ai minimi particolari. Si può discutere sull’atmosfera fuori dallo spazio e dal tempo, infatti non ci sono riferimenti temporali né tantomeno sul luogo dove accadono i fatti. Si può discutere sull’atmosfera ricreata, tipica del cinema horror italiano dei tempi andati. Si può discutere sulla colonna sonora, presente a sottolineare i pochi momenti di tensione.
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Parafrasando una strofa di una canzone di Vasco Rossi: “[…] Voglio trovare un senso a questa storia / Anche se questa storia un senso non ce l’ha […]”. In questa frase è racchiuso il sunto di questo film.
Si può discutere sulla location e l’ambientazione (soprattutto gli interni), peraltro ben fatta ed attenta ai minimi particolari. Si può discutere sull’atmosfera fuori dallo spazio e dal tempo, infatti non ci sono riferimenti temporali né tantomeno sul luogo dove accadono i fatti. Si può discutere sull’atmosfera ricreata, tipica del cinema horror italiano dei tempi andati. Si può discutere sulla colonna sonora, presente a sottolineare i pochi momenti di tensione.
Ma su una cosa non si può discutere: l’inconsistenza e la pochezza della trama unita ad una flebile regia. Il soggetto alla base è interessante e accattivante, e su questo si poteva e si doveva costruire una trama più consistente e articolata. La pressapochezza con cui è sviluppato il film, per non parlare del finale discutibilissimo, senza tralasciare la poca consistenza di alcuni degli attori, lasciano lo spettatore molto deluso dopo la visione di questa pellicola.
Veramente un peccato, perché gli ingredienti erano ottimi. C’era un’ampia gamma di possibilità di sviluppare in modo molto più efficace la storia. Era necessario sicuramente trovare un attore protagonista che fosse un vero attore e non una comparsa sulla scena. E soprattutto una regia più capace. Il mio giudizio nei confronti del film è molto critico. In una scala da 1 a 10 sicuramente il 4 è il voto che rende meglio l’idea di quello che è questa pellicola.
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