Imago Mortis |
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Un film di Stefano Bessoni.
Con Alberto Amarilla, Oona Chaplin, Leticia Dolera, Geraldine Chaplin, Alex Angulo.
continua»
Thriller,
- Italia, Spagna, Irlanda 2008.
- Medusa
uscita venerdì 16 gennaio 2009.
- VM 14 -
MYMONETRO
Imago Mortis
valutazione media:
2,18
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La lanterna magicadi filmakerFeedback: 0 |
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domenica 15 marzo 2009 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
La lanterna magica (recensione Filmaker's magazine) Nella dotta enciclopedia pittorico-letteraria di Imago Mortis i semi più raffinati di tre secoli di arte fantastica di Federico Maria Monti Alla scuola di cinema F.W. Murnau, un tetro istituto dall’insegna jugendstil che somiglia a un monastero romanico, lo studente Bruno è ossessionato dalle visioni di un giovane ex allievo che con le sue terrificanti apparizioni sembra volergli rivelare qualcosa. Effettivamente l’istituto nasconde un segreto. Il mistero comincia finalmente a diradarsi quando Bruno scopre una cassa contenente un apparecchio prodigioso: il Thanatoscopio. Si tratta di una sorta di camera oscura, capace di produrre una “thanatographia”, ossia un’immagine ottenuta mediante un particolare procedimento di emulsione che permette di impressionare su una lastra l’immagine retinica di una persona nell’istante stesso della morte. L’inventore è Girolamo Fumagalli, alchimista ed eretico del ’700 interessato agli studi di ottica e negromanzia. Studenti di cinema come monaci o apprendisti teologi, insegnanti caligareschi e freudiani, operatori dagli occhi ingabbiati in strani monocoli, sempre curvi nella penombra a frugare come chirurghi nello scasso delle cineprese: questo è Imago Mortis. Con la sua opera Stefano Bessoni introduce in quel “gabinetto delle figure di cera” che è il cinema horror una nuova sinistra figura hoffmaniana destinata a restare immortale: si tratta del Max Schreckesco Girolamo Fumagalli, allievo di Athanasius Kircher, l’erudito scienziato gesuita antesignano dell’egittologia e della camera oscura. Imago Mortis è una dottissima enciclopedia pittorico-letteraria che racchiude i “semi” più raffinati di almeno tre secoli di arte fantastica. Se il rimando al cinema di Freda e Bava è naturale, tuttavia il talento visionario dell’autore vanta ben altre “sifilitiche” Muse. Difatti l’istituto di cinema, labirintico e fatiscente, rischiarato unicamente dalla serra-dimora di una splendida Geraldine Chaplin, richiama piuttosto l’estetica di Wojciech Has, le atmosfere dello scrittore surrealista polacco Bruno Schulz che non le suggestioni caserecce dell’horror nostrano. Il gusto macabro del regista per i cadaveri sezionati, per gli antichi strumenti chirurgici e in genere per l’arte anatomica settecentesca – per intenderci quella dei grandi ceroplasti come Gaetano Zumbo o Clemente Susini (aggiungerei persino il principe di Sansevero Raimondo di Sangro) – oltrepassa in sublime qualsiasi diacronico riferimento al tema thanatografico, compreso Quattro mosche di velluto grigio e Panico en el Transiberiano. Consigliato solamente ai cinefili dal palato gotico.
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