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ciro tapioca
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lunedì 18 febbraio 2008
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una vera tortura!
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Vedere questo film è una sofferenza atroce, più di due ore di agonia, salverei solo la prima parte.
Il protagonista è di bravura indiscussa, ma il resto è un incubo.
[+] si' è vero
(di milena)
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diego
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domenica 17 febbraio 2008
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incredibile
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Mi limito solo a dire che questo orrendo sito ha deciso di dare al film solo 3 stelle considerandolo quindi peggiore ad un film veramente mediocre come turista (questo sito ha avuto il coraggio di dargli 4 stelle) ragazzi ma chi fa le recensione sa che cos'è un film?????
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massimo moratti
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domenica 17 febbraio 2008
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spet-ta-co-la-re!
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Il Petroliere è davvero Spettacolare
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milena
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domenica 17 febbraio 2008
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opprimente
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Grande attore protagonista,è lui che tiene alto il film,eccezionale interpretazione,ma il contenuto è davvero sconvolgente e a me ha dato un senso di grande oppressione e angoscia.Mi piacciono i film drammatici,non banali,ma la cattiveria e la brutalità del protagonista,impareggiabilmente rappresentato da Daniel Day-Lewis,è impietosa,mi chiedo se per certi versi si punta ad ottenere forti reazioni nello spettatore.
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mario scafidi
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domenica 17 febbraio 2008
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sopravvalutato su tre fronti.
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Dal romanzo di Upton Sinclair “Oil” (1927). Daniel Palinview (Daniel Day-Lewis) è un uomo con le idee molto chiare e determinato a far soldi attraverso il petrolio. Inizia la sua attività di trivellatore dissennato completamente da solo, si cala nei buchi del sottosuolo e con le mine crea le vie d’uscita del petrolio. Inseguirà l’oro nero a costo di tutto, accettando il sacrificio della salute del proprio bambino, e sporcandosi le mani col sangue di più di un uomo. La parabola di un self made man raccontata con stile e tanto, tanto accademismo. La propaganda che ha accompagnato la pellicola l’ha definita il nuovo “Quarto Potere” (vizietto dei pubblicitari, che già sei anni fa, in occasione dell’uscita del polpettone “Gangs of New York”, avevano azzardato un accostamento con “Nascita di una Nazione”).
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Dal romanzo di Upton Sinclair “Oil” (1927). Daniel Palinview (Daniel Day-Lewis) è un uomo con le idee molto chiare e determinato a far soldi attraverso il petrolio. Inizia la sua attività di trivellatore dissennato completamente da solo, si cala nei buchi del sottosuolo e con le mine crea le vie d’uscita del petrolio. Inseguirà l’oro nero a costo di tutto, accettando il sacrificio della salute del proprio bambino, e sporcandosi le mani col sangue di più di un uomo. La parabola di un self made man raccontata con stile e tanto, tanto accademismo. La propaganda che ha accompagnato la pellicola l’ha definita il nuovo “Quarto Potere” (vizietto dei pubblicitari, che già sei anni fa, in occasione dell’uscita del polpettone “Gangs of New York”, avevano azzardato un accostamento con “Nascita di una Nazione”). Parliamo chiaramente: siamo lontani anni luce dalla magnificenza della pellicola di Orson Welles. Pur non essendo affatto un fallimento, “Il Petroliere” sembra aver poco da dire; a voler essere scrupolosi in effetti un significato di fondo c’è, e risiede nella risposta ad un interrogativo, che allo scoccare dei 135 minuti - su 160 - viene automatico porsi: ha un senso oggi, raccontare al grande pubblico questa storia? La risposta è sì, e mi sembra l’unica possibile. Il fine del film è quello di riportare (partendo dalle origini) immagine e significato al termine “petrolio”, una parola abusata dalla stampa e ben chiara nel suo valore (in senso strettamente economico) nelle menti degli uomini dei palazzi del potere: l’oro nero è la causa dominante (potremmo dire l’unica?) dei conflitti bellici in Medio Oriente, nei quali gli Stati Uniti investono imponenti quantitativi di energie, uomini, ed il sangue di questi ultimi. Candidato ad otto premi Oscar (tra cui Miglior film, miglior attore protagonista e miglior regia), “Il Petroliere” ha ricevuto i maggiori elogi sul fronte del lavoro fatto da Paul Thomas Anderson (ultimamente premiato a Berlino) e della prova di Daniel Day-Lewis (scontata appare la sua vittoria alla prossima cerimonia dell’Academy). Né l’uno, né l’altro mi sembrano particolarmente di spicco. Per quanto attiene, in particolare, alla regia, appare chiara l’ispirazione di Anderson allo stile di John Ford e Gorge Stevens, e non si tratta di uno scimmiottamento mal riuscito; frequente è l’uso della macchina dolly, delle carrellate e del piano sequenza. Daniel Day-Lewis ha, certamente, dato anima e corpo al personaggio, ma non ha apportato alcun contributo personale capace di sganciare il suo Daniel dallo stereotipo. Film soddisfacente, ma sopravvalutato.
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silvye
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domenica 17 febbraio 2008
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altro che corazzata potëmkin
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ieri sera sono andata a vedere il petroliere. per me e' un film lunghissimo e noiosissimo. da dormire. come infatti accadeva per molte persone al cinema barberini di roma, spettacolo delle 21,30. tutto questo entusiamo per il film lo trovo davverso eccessivo e ai limiti del comico. daniel day lewis e' un onesto attore non davvero marlon brando. ciao silvye.
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alex
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domenica 17 febbraio 2008
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daniel day-lewis
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Un film lunghissimo... sicuramente l'attore Daniel Day-Lewis merita l'oscar! E' un bel film Xò mi aspettavo un pò di più_
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filippo77
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domenica 17 febbraio 2008
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capolavoro
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inutile sprecare troppe parole su di un opera che considero un capolavoro.
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domenica 17 febbraio 2008
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adelchi sevi
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domenica 17 febbraio 2008
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una grande interpretazione di daniel day-lewis.
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D'accordo con i giudizi di un film molto ben congegnato: la fotografia, il colore, la colonna sonora, la recitazione eccezionale del protagonista e di tutti gli altri attori.
Esprimo grosso riserve sull'insieme di problematiche che il regista ha voluto mettere insieme nel film: la nascita del capitalismo; l'ambizione con la misantropia, l'odio e la totale amoralità di Daniel Plainwiev; il fanatismo religioso. Alla fine, lo spettatore né esce sconvolto e con troppi interrogativi!
Era forse anche questo (tra gli altri), il desiderio, del regista Anderson, di turbare il pubblico?
Secondo me, in uno spettacolo, a qualsiasi emozione dovrebbe corrispondere un bagaglio di sensazioni positive, anche se forti.
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D'accordo con i giudizi di un film molto ben congegnato: la fotografia, il colore, la colonna sonora, la recitazione eccezionale del protagonista e di tutti gli altri attori.
Esprimo grosso riserve sull'insieme di problematiche che il regista ha voluto mettere insieme nel film: la nascita del capitalismo; l'ambizione con la misantropia, l'odio e la totale amoralità di Daniel Plainwiev; il fanatismo religioso. Alla fine, lo spettatore né esce sconvolto e con troppi interrogativi!
Era forse anche questo (tra gli altri), il desiderio, del regista Anderson, di turbare il pubblico?
Secondo me, in uno spettacolo, a qualsiasi emozione dovrebbe corrispondere un bagaglio di sensazioni positive, anche se forti. Di questo film mi resta un ricordo sgradevole.
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(di milena)
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