gianleo67
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sabato 16 agosto 2014
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le parole segrete di una dolorosa eredità d'amore
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Hanna è giovane e bella e nonostante la sordità, lavora in una fabbrica di imballaggi nel Nord dell'Inghilterra dove conduce una vita semplice e riservata, nascondendo agli altri e forse a se stessa il ricordo e le tracce indelebili di un terribile segreto che hanno segnato la sua giovinezza. Quando è costretta dal suo capo a prendere un lungo periodo di ferie, trova casualmente la possibilità di prestare soccorso come infermiera ad un giovane tecnico rimasto gravemente ustionato su di una piattaforma petrolifera al largo delle coste scozzesi. Qui imparerà ad aprirsi ed a condividere con un'altra persona tanto le limitazioni del fisico quanto quelle, ancor più profonde e insanabili, dello spirito e della mente.
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Hanna è giovane e bella e nonostante la sordità, lavora in una fabbrica di imballaggi nel Nord dell'Inghilterra dove conduce una vita semplice e riservata, nascondendo agli altri e forse a se stessa il ricordo e le tracce indelebili di un terribile segreto che hanno segnato la sua giovinezza. Quando è costretta dal suo capo a prendere un lungo periodo di ferie, trova casualmente la possibilità di prestare soccorso come infermiera ad un giovane tecnico rimasto gravemente ustionato su di una piattaforma petrolifera al largo delle coste scozzesi. Qui imparerà ad aprirsi ed a condividere con un'altra persona tanto le limitazioni del fisico quanto quelle, ancor più profonde e insanabili, dello spirito e della mente.
Replicando le attenzioni e le sfumature di un cinema che indaga con dolente rassegnazione i segreti tormenti di una donna interrotta ('La mia vita senza me' - 2003) Isabel Coixet si affida una volta ancora alla struggente dolcezza di una Sara Polley in stato di grazia per una produzione iberica in trasferta anglosassone, in cui far risuonare l'eco lontana di un dolore che si propaga nel tempo e nello spazio gelosamente al riparo dalle facili confessioni del dramma sentimentale. Insinuando con la sibillina voce narrante di una fantomatica corrispondenza epistolare le tracce forse reali o forse immaginarie di una eredità sentimentale figlia del dolore e della violenza dell'uomo, la Coixet trascina la sua protagonista lungo un percorso di riscatto (rinascita) e di redenzione che trova nella vicenda complementare del suo paziente un momento irrinunciabile di condivisione e di consolazione reciproca al di là delle menomazioni del fisico (lei è sorda e lui temporaneamente cieco) e di quelle ancor più insanabili della mente, legate come sono ad un passato inconfessabile che sembra averne imprigionato l'esistenza in un eterno presente congelato nel rimorso e nel senso di colpa. Nel parallellismo esemplare su cui gioca la sceneggiatura dell'autrice spagnola e nelle suggestioni remote di un'ambientazione che precipita questa 'corrispondenza d'amorosi sensi' (Lettere di una monaca portoghese) nel non luogo di una precarietà fisica che rispecchia idealmente quella sentimentale dei suoi derelitti protagonisti (persino una coppia di macchinisti sposati e con prole che si baciano tra di loro...'rimanendo veri uomini però'), si trova la misura di una struttura narrativa che mira al paradigma etico confrontandosi coraggiosamente con una materia scivolosa e sdrucciolevole come può essere tanto il ponte di una piattaforma in dismissione battuta dall'incessante moto ondoso del Mare del Nord quanto con quelle di una Storia personale e collettiva che fa ricadere le colpe di molti su quelle dei suoi pochi e disperati sopravvissuti (La guerra dei Balcani). Comunque interessanti le bizzarre idiosincrasie dei personaggi di contorno e le malinconie di un repertorio blues di raffinata bellezza (tra cui la nostrana 'Gioco d'azzardo' di Paolo Conte), il finale indugia tra melodramma e le parole segrete e struggenti di una inconfessabile eredità d'amore. Presentato fuori concorso nella sezione Orizzonti alla Mostra del cinema di Venezia.
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francesco2
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domenica 11 marzo 2012
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parole sommerse e salvate
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Prendendo in prestito alcune parole di Primo Levi, ci si può rifare a quanto detto una settimana fa (Circa) nella trasmissione televisiva "Che tempo cghe fa".
Dove si affermava che ognuno di noi ha una zona sua, personale (Forse "Morta", aggiungo io, citando un Cronenberg non indimenticabile) che andrebbe lasciata in pace. E'quella di Ana; ma non solo, dato che all'inizio, quando il film promette (Forse) qualcosa di più, a un certo punto un personaggio dice: "Siamo in tanti, qua, che vorremmo essere lasciati in pace". Usando uno stratagemma macchinoso, sempre più forse man mano che conosciamo(?) la sua storia, e la Nostra Storia, la ragazza vuole sentire solo le parole che le interessano, e misurare le sue: nonostante né lei né Robbins (In quel momento) possano vedere.
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Prendendo in prestito alcune parole di Primo Levi, ci si può rifare a quanto detto una settimana fa (Circa) nella trasmissione televisiva "Che tempo cghe fa".
Dove si affermava che ognuno di noi ha una zona sua, personale (Forse "Morta", aggiungo io, citando un Cronenberg non indimenticabile) che andrebbe lasciata in pace. E'quella di Ana; ma non solo, dato che all'inizio, quando il film promette (Forse) qualcosa di più, a un certo punto un personaggio dice: "Siamo in tanti, qua, che vorremmo essere lasciati in pace". Usando uno stratagemma macchinoso, sempre più forse man mano che conosciamo(?) la sua storia, e la Nostra Storia, la ragazza vuole sentire solo le parole che le interessano, e misurare le sue: nonostante né lei né Robbins (In quel momento) possano vedere. La sua eloquenza (Sic?!) è quantomai misurata, anche se non le impedisce di spendersi , per un attimo, in difesa di chi venga canzonato da altri dell'equipaggio. Non è difficile, purtroppo, accorgersi come alla Polley manchi il rigore per maneggiare questa materia; ma il suo è un film che ci regala scene cone la panoramica "Collettiva" che, ad un certo punto, abbraccia le solitudini di tutti, compresa un'oca a bordo. E poi, a parte l'interpretazione della Polley, non tutti nasciamo Kieslowski.
Ciò che era lecito non aspettarsi era, però, che ad un certo punto il film avrebbe scelto un "umanitarismo" dagli intenti magari nobili, ma che infarcisce il film di una retorica "Collettiva": si comincia con la sensibilità ecologica (Detto senza ironia) di un altro personaggio che scuote la ragazza; della quale, poi, scopriremo quanto custodisca segreti a dir poco raggelanti.
La separazione dei due, finita la parentesi lavorativa, porterà Robbins a mettersi sulle sue tracce, regalandoci altra retorica su certe tematiche e sul dolore di chi vi sia sopravvissuto (Forse salverei una frase: quella sui "sensi dic olpa"). nel finale, lieto ma forse non così stupido, sapremo che la voce narrante sentirà l'esigenza di allontanarsi. Ciò che non ha (Più) fatto la Coixet, che avvicinandoci sempre più alla giovane ha perso loccasione per fare un film veramente provocatorio.
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andrea lade
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martedì 7 marzo 2006
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emozioni forti,ma pesanti
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Un'infemiera sopravvisuta dalla torture infilitte dal corpo bellico a Sarajevo riesce a integrarsi parzialmente in società con un lavoro che le assorbe tutta la giornata.Anni di psicanalisi non le hanno trasformato il dolore intimo di un 'esperienza terrificante fatta di rapimento,violenze fisiche e sadismo militare.Costretta a vedere passivamente la sua amica morire sotto le sevizie riuscì almeno a salvare se stessa e a stenti conduce una piatta esistenza dedicando la sua vita ad un impiego e portando avanti un sentimento di vergogna per essere almeno lei sopravvissuta dopo tanta crudeltà.Le rimane solamente un lavoro che riempie tutta la sua giornata,senza pause,senza riflessioni ,senza concedersi un giorno di ferie e senza nemmeno abbandonarsi al piacere di un cibo diverso di un ripetitivo riso bollito con una mela e un po' di pollo.
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Un'infemiera sopravvisuta dalla torture infilitte dal corpo bellico a Sarajevo riesce a integrarsi parzialmente in società con un lavoro che le assorbe tutta la giornata.Anni di psicanalisi non le hanno trasformato il dolore intimo di un 'esperienza terrificante fatta di rapimento,violenze fisiche e sadismo militare.Costretta a vedere passivamente la sua amica morire sotto le sevizie riuscì almeno a salvare se stessa e a stenti conduce una piatta esistenza dedicando la sua vita ad un impiego e portando avanti un sentimento di vergogna per essere almeno lei sopravvissuta dopo tanta crudeltà.Le rimane solamente un lavoro che riempie tutta la sua giornata,senza pause,senza riflessioni ,senza concedersi un giorno di ferie e senza nemmeno abbandonarsi al piacere di un cibo diverso di un ripetitivo riso bollito con una mela e un po' di pollo.
I suoi occhi hanno visto troppo,le sue orecchie esauste hanno smesso di ascoltare e sembra non ci sia una soluzione facile per una donna che come moltissime ha vissuto gli orrori della guerra.
Alla fine della proiezione la regista Isabel Coixet apparentemente modesta e disposta ad un libero dialogo con il pubblico ci ricorda come se non lo sapessimo già che il film è basato su storie di vita vissuta e che lei stessa non teme di raccontare in tutti i Paesi coinvolti nella ex-Jugoslavia.
Forse lei non è un genio perchè non ci racconta nulla di nuovo , o forse un genio lo è ma non sa che siamo già tutti abbastanza informati su quello che accade ogni singolo giorno in tanti,troppi Paesi coinvolti.Sappiamo tutto...ma forse non vogliamo sapere e ahimè non è la proiezione di un film documentario che ci riporta alla memoria, a quella memoria che numerossissimi registi insitono nel farci tornare .Le orecchie si attivano solo quando vogliamo sentire
La protagonista comunque riesce a vivere di nuovo e non grazie alla psichiatra, un personaggio sicuramente non dotato di empatia( sottile critica alla psicanalisi) ma grazie ad un incontro con un uomo temporaneamnte invalido con il quale riesce a trovare una soluzione al suo angosciante passato.
Il film è bello,a volte un po' lento,un po' insistente su dialoghi in prima persona,ma l'ambientazione originalissima e il reale spessore dei dialoghi riescono a compensare una pesantezza che soprattutto nel primo tempo affiora di tanto in tanto, e stanca anche coloro che vogliono sentire,che hanno le orecchie ben aperte.
Sicuramente da vedere ma non in tarda serata.
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